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Autore: daphtrvnks_    19/09/2020    2 recensioni
La mia pelle una volta pallida, un vanto per chi viveva nel lusso, ora è scura.
L'americana continua a guardarmi, abbiamo legato in queste ultime settimane, sa che io, una stupida cinese, non posso fare molto.
Riproverò questa notte. 
Sopravviverà, ne usciremo insieme.''
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bulma, Chichi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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26 Ottobre 1946.


Il tavolo in mogano vedeva radunate tutte le più alte cariche dell’esercito, nonostante il corso della guerra e quella che poteva apparire come una imminente sconfitta per il Giappone coloro che vi erano attorno sembravano calmi e non perdevano occasione nel lasciarsi sfuggire battutine di dubbio gusto sulle loro mogli e sulla famiglia lasciata a casa. 

Riempivano i loro bicchieri di una sostanza simile all’acqua, poi prima che l’ordine venisse richiamato la scolavano velocemente riversandola nelle loro bocche rugose. 

Vegeta osservò i documenti che teneva tra le mani, su di questi vi erano scritte informazioni sui nomi dei caduti, i scomparsi, gli spostamenti, i tipo di rifornimenti e i mezzi. 

L’alleanza con la Germania non faceva che favorire l’esercito nipponico a crescere, venivano mandati un gran numero di soldati, come se sul fronte europeo quei crucchi non ne avessero bisogno. 

Eppure, da quel che si sentiva, la triplice alleanza era sul punto di vacillare e all’intesa vi si erano uniti altri stati. 

Il giovane sospirò portando il suo sguardo su Pixys che non perse occasione per ribadire uno dei suoi tanti motti. 

Quel vecchiaccio era acclamato e ben rispettato, aveva fatto parte della campagnia in Cina anni addietro portando buoni risultati. 

- Bene, ora che ci siamo tutti, la riunione può essere aperta. – 

Affermò dopo che la porta venne richiusa per l’ultima volta da uno dei soldati. 

Vi era sempre la strana convinzione che si potesse essere spiati, soprattutto in quel tipo di situazioni.

I vari comandanti tenevano le mani sotto il tavolo tastando spesso la superficie, nessuno si sentiva al sicuro ed i loro occhi tenevano sotto controllo i presenti in sala. 

- Come ben sapete l’America vuole il controllo della base aerea del Guadalcanal, la quale è nostro punto di sbocco per la conquista definitiva dell’indonesia. Se ciò non accadesse oltre ad una sconfitta, state certi, che avremmo anche un attacco. – 

Il generale si alzò in piedi, le mani ben ferme dietro la schiena e chiuse in due pugni, i suoi passi pesanti facevano rizzare i capelli a quei poveri soldati che assistevano alla runione. 

-Ciò che dice la radio ed i discorsi del nostro imperatore sono giusti ma non veri, abbiamo bisogno di nuove reclute, nuove strategie e mezzi, al momento non possediamo neanche un quarto dell’armamento americano e da ciò che voci di corridoio affermano hanno una tecnologia superiore anche a quella tedesca. – 

Gli uomini presenti storsero il naso ma solo uno tra questi ebbe il coraggio di esprimere le proprie perplessità. 

- Non bisognerebbe fidarsi delle voci di corridoio, Pixys, lo sapete bene. - 

A parlare non fu nient’altro quell’ubriacone di Nara che per quanto fosse un acclamato stratega tendeva ad essere fin troppo impulsivo e ingenuo. 

L’anziano sospirò annuendo col capo per poi continuare. 

- Bisogna prestar attenzione anche a quelle, detto ciò i nostri scienziati si stanno dando da fare per rispondere a tono alle provocazioni americane. Tornando al punto di questa riunione assieme al comandante Hatake abbiamo assegnato ai presenti dei nuovi compiti. - 

Disse indicando col capo uno dei più giovani comandanti in carica, determinato e rispettato da tutte le cariche. 

Il comandante Hatake era un tipo schivo, autoritario e dagli occhi stretti e lunghi, una lunga cicatrice sull’occhio destro che nascondeva da una bandana che copriva metà del volto. 

Si raccontava tra le reclute del suo corso che non si fosse scoperto neanche una volta, alcuni vociferavano che avesse qualche malformazione alla bocca ma non erano altro che bazzecole. 

Vennero dati ai presenti dei documenti e tra le mani di Vegeta e di Kakaroth al suo fianco, piuttosto annoiato e non presente con la testa, finirono due fogli pieni di timbri e firme. 

Non erano richieste, erano obblighi a cui non potevano in alcun modo ritrarsi. 

- Il tenente e il suo sottoposto Son verranno mandati nelle provincie interne dell’isola alla guida dei due battaglioni di fanteria per la conquista dello spazio aereo, confidiamo in loro per la riuscita del piano. Oltre a loro per la marina abbiamo Uzumaki e Rayzake, per quanto riguarda l’aeronautica lascio parte del mio incarico a Harade e Kizumoto. Questo è tutto. - 

Detto ciò tutti si alzarono in piedi, dopo il consueto saluto la sala venne abbandonata ad eccezione di Pixys che richiamò Vegeta e Kakaroth per le ultime informazioni. 

Vegeta tornò a sedersi ripiegando i documenti e portandoli nella tasca della sua divisa, al contrario Kakaroth rimase poggiato alla parete esaminando i documenti che teneva ben ferme tra le dita. 

- Volevo giusto informarvi che data la situazione le vostre signore verrano riportate a Sumatra, non saranno liberate per ragioni diplomatiche, inoltre se ci fosse una fuga di informazioni sui campi di concentramento l’opinione pubblica non sarebbe… per così dire, allegra, e non riporrebbe più fiducia nel loro tanto amato esercito, intesi? - 

Kakaroth rialzò lo sguardo puntando i suoi occhi scuri in quelli del generale, sul punto di obiettare Vegeta lo fermò rialzandosi in piedi e rispondendo con un semplice e fermo ‘Sì signore’ abbandonando la sala e trascinando via con sé il suo sottoposto. 

Avevano fatto di tutto per portarle via con loro ed adesso la guerra le reclamava indietro, senza la loro protezione avrebbero fatto la stessa fine delle loro compagne, patito nuovamente la fame e ridotte a pelle ed ossa, con il loro temperamento sarebbero finite in pasto a soldati meno clementi e solo i Kami potevano sapere se prima o poi sarebbero finite sotto tre metri di terra. 

- Dobbiamo fare qualcosa, non ho intenzione di lasciar tornare Chichi a Sumatra e.. - 

Vegeta gli si parò davanti spingendolo indietro con entrambe le mani facendolo arrancare di qualche passo. 

- Fottitene, dobbiamo pensare ai nostri doveri e non a due sporche puttane. - 

- Fottermene? Sbaglio o anche tu tieni a quell’americana, non te la saresti portata fin qui se non ci tenessi. - 

Vegeta rise trascinando i suoi scarponi sul pavimento e ignorando lo sguardo del suo amico per puntarlo sul via vai di gente. 

- Oh sì, solo perché mi apre le gambe ogni volta che glielo chiedo, sei così ingenuo Kakaroth, le mie punizioni non sono servite a nulla. - 

Strinse i pugni, quell’espressione che Vegeta oramai aveva già visto. 

Non capiva perché non si mettesse in testa che in quel mondo crudele i favori non sarebbero mai stati ricambiati, non serviva a nulla fare il gentiluomo, mettere la propria vita alla mercé di una donna che non gli avrebbe dato altro che grane. 

Eppure, forse, Kakaroth aveva ragione. 

Non lo avrebbe mai ammesso, neanche a sé stesso, ma nella sua mente, in un angolo, un pensiero continuava a premere martellandogli le tempie e facendogli contorcere lo stomaco dal dolore. 

Senza volerlo, senza riuscire a smettere, riappariva il volto candido della giovane, i suoi capelli turchesi morbidi al tatto, le labbra carnose, i suoi ansimi nei timpani e una sofferenza che squartava il suo petto al pensiero che altri avrebbero potuto provare lo stesso con lei. 

Non era innamorato, di ciò era sicuro, ma qualcosa c’era ed era determinato a sdraticarlo dal suo corpo, dalla sua testa o, per meglio dire, dalla sua anima. 

- Io le salverò, che tu lo voglia o meno. - 

Lo superò e percepì la sua rabbia dai passi pesanti. 

- Domani partiremo, goditi questa notte perché sarà l’ultima. - 


26 Ottobre, 21: 07 


Era da tanto che non tastava la morbidezza di un cuscino, il calore delle lenzuola sulla sua pelle dopo una lunga dormita. 

Quella camera d’hotel non era male, seppur non fosse lussuoso Chichi non chiedeva molto e si adattava. 

Una volta alzata si sedette dinanzi alla scrivania al lato della stanza, il diaro posato sulla sinistra assieme alla penna, la lettera da portare al marito della tedesca ed il suo ciondolo.

Si osservò allo specchio notando le occhiaie scure sotto gli occhi, la pelle rossastra, le spalle e le braccia colme di segni e chiazze violacee, le sue gambe erano combinate peggio ma si riteneva fortunata, per lo meno non era ancora morta. 

A quel pensiero accennò un lieve sorriso recuperando dal cassetto sulla sua destra una spazzola, prese con lentezza a pettinare i suoi capelli. 

Quel movimento ripetitivo le fece tornare alla mente quando chiusa nella sua stanzetta si ammirava allo specchio e lentamente si accarezzava i crini scuri e lunghi, lava nera e lucente che si posava sullo schienale della sua sedia. 

Tutti le facevano i complimenti dicendole fosse il ritratto della madre e che, prima o poi, sarebbe diventata una bellissima donna in sposa ad uno dei mercanti della sua città. 

Suo padre le ricordava che non bastava essere affascinante per attirare un uomo, le serviva la cultura e l’ingegno. 

Chichi si impegnava, studiava, ma non per un uomo bensì per se stessa. 

Sua madre sarebbe stata fiera di lei, ne era sicura. 

La porta si aprì facendola ritornare alla realtà, si aspettò la voce cinguettante di Bulma ma a sorpresa udì quella di Goku. 

Si voltò sentendosi violata da un uomo in quel momento di intimità. 

Si strinse nella camicia da notte regalata da una delle donne presenti all’hotel una volta arrivata. 

La porta venne richiusa ed il ragazzo si avvicinò lentamente sedendosi sul letto, la osservò dallo specchio per poi sorriderle. 

Nelle sue iridi una profonda malinconia, difficile da non notare.

- Domani parto, non so se tornerò e se ci rivedremo di nuovo. - 

Iniziò allungando una mano verso il viso della ragazza, Chichi lo lasciò fare, le sfiorò la guancia per poi concentrarsi sulle sue ciocche corte. 

- Volevo solo dirti questo, se sono di disturbo vado. - 

Lei abbassò lo sguardo sulle sue cosce poi si alzò sedendosi al suo fianco sul letto. 

Sospirò e si tirò in avanti posando la testa sulla sua spalla, chiuse le palpebre percependo le mani del giovane stringersi intorno alla sua vita in un tiepido abbraccio. 

Goku pensò che quella fosse davvero l’ultima volta e che avrebbe dovuto far ciò che sentiva, sarebbe stata impressa nella sua memoria e chissà, forse anche in quella di Chichi. 

- Mi scriverai, vero? - 

Il ragazzo deglutì a quella domanda posta con tanta speranza e tenerezza nella voce, come poteva dirle che sarebbero state rimandate a Sumatra?

Che forse non si sarebbero più visti e che quella sarebbe stata l’ultima occasione per stare insieme prima che uno dei due morisse? No, lei non sarebbe morta, lei avrebbe continuato a vivere, non sarebbe tornata a Sumatra, l’avrebbe salvata. 

- SÌ. - 

Mentì, si sporse sfiorando con la punta del naso la sua guancia, il respiro caldo contro la pelle della cinese e poi, un bacio dolce. 

Il rossore sulle guance di entrambi era evidente, quando anch’ella riaprì gli occhi ritrovò il viso paffuto di Goku, in imbarazzo. 

Risero entrambi, appena a disagio, ma desiderosi che ciò accadesse di nuovo, e così fu. 

Si strinsero, si attorcigliarono tra le lenzuola candide togliendo i vestiti, corpi nudi che si toccarono ed esplorarono. 

Parlarono l’uno nell’orecchio dell’altro, parole d’amore in lingue che non conoscevano. 

Si dedicarono il cuore, l’eternità in un domani incerto e quando tutto fu finito, in un ultimo sussulto, nei seni traballanti di lei e il fiato corto, il sudore e le ciocche umide di lui, si guardarono nuovamente, si osservarono e risero scambiandosi un lungo bacio. 


  
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