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Autore: Eevaa    20/09/2020    9 recensioni
A due anni dalla conclusione della Seconda Guerra Magica, Harry Potter decide di prendersi una pausa dalla vita frenetica dell'eroe. A sua insaputa troverà qualcuno che, come lui, sta fuggendo da un passato colmo di orrori.
Un viaggio. Una strada. Due persone che, per la prima volta nella loro vita, si ritrovano a camminare nella stessa direzione.
In un momento storico in cui viaggiare sembra solo un ricordo lontano, voglio portarvi in viaggio in una terra che tanto ho amato e che porto sempre nel cuore.
L'Irlanda.
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Disclaimer: Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte del loro universo sono di proprietà di J.K.Rowling.
Le seguenti immagini non mi appartengono e sono utilizzate a puro scopo illustrativo
Nessun copyright si intende violato.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.


 
 
–THE WILD ROVER–

CAPITOLO 7
Iris
 
 

Harry si svegliò presto quel mattino. Il gran vociare dei gabbiani fuori dalla finestra sancì il sorgere dell'alba. Aprì gli occhi a fatica e si stiracchiò nella comodità di un materasso largo e tutto per sé.
Ma, sebbene non avesse ancora inforcato gli occhiali, non gli fu difficile notare che alla propria destra non ci fosse più nessuno, se non un mucchio di lenzuola e coperte sfatte.
Si alzò lentamente, sbadigliando. Lo zaino di Draco era ancora lì, ma le scarpe, la giacca e la chitarra non erano più alla soglia dell'ingresso.
Dopo essersi dato una sistemata in bagno, Harry si infilò i vestiti e la giacca per poter uscire. Scese le scale dell'ostello e, dal grosso orologio a cucù appeso a una parete scrostata, realizzò che fossero solo le sei del mattino.
Non appena aprì la porticina rossa d'ingresso, venne investito da una raggiera di colori brillanti, dal viola all'azzurro al ciano. Rimase senza fiato di fronte all'alba più bella che avesse mai visto.
Il mare di sfondo, le nuvole sparpagliate sopra Inishmaan, l'erba umida che rifletteva i primi raggi del sole e in lontananza, a ridosso della scogliera, un ragazzo biondissimo con una chitarra a completare quel quadro.
Scattò una foto con la macchina Polaroid, conscio però del fatto che in fotografia tutto sarebbe stato meno magico. Rimase quindi lì a contemplare meglio quello spettacolo, fissandolo nella propria mente per non dimenticarlo mai più. Solo quando si fu sufficientemente inebriato di tutto ciò, mosse i primi passi per avvicinarsi.
Draco lo accolse con gli occhi luminosi e acconsentì a farlo sedere accanto a sé sulla coperta in flanella.
«Non riesci a dormire?» domandò Harry, quando Draco interruppe il giro d'accordi.
«Mi piace vedere l'alba. Mi ispira» ammise, pizzicando in modo distratto le corde. Un ciuffo gli cadde sulla fronte.
«Continua. Non volevo disturbarti» lo invitò Harry, ed egli scrollò le spalle. Continuò a suonare qualcosa di probabilmente inedito, perché Harry non l'aveva mai sentito prima.
Più volte Draco si fermò a pensare, a riflettere, cambiò qualche accordo, abbozzò qualche parola che Harry non comprese, ma era bello. Suonava bene, era dolce. Profumava di speranza.
Le coste di Inishmaan divennero tutte rosa per un gioco di luci, e gli occhi di Draco divennero quasi viola per riflesso.
Harry si domandò quanta meraviglia sarebbe stato in grado di sopportare il proprio cuore prima di esplodere. Non molta di più, decisamente, perché quando Draco sbagliò un accordo e arricciò il naso con un sorriso, Harry si sentì ridotto in mille pezzi. Eppure si sentì tremendamente vivo.
Da quanto tempo non si sentiva così vivo? Da quanto non avvertiva l'ossigeno bruciare in quel modo nei polmoni?
Si morse il labbro e si lasciò cadere a peso morto sulla coperta. Respirare aveva acquisito tutto un altro significato, da quando l'aria profumava di iris.
Harry si lasciò cullare dalla musica fino a quando, forse stanco, Draco decise di interrompersi e sdraiarsi a sua volta. Accanto a lui.
Con le braccia distese lungo i fianchi le loro mani si sfioravano a malapena, ma gli sguardi collidevano così forte da far quasi rumore.
«Sei diverso... quando suoni» sussurrò Harry. Il naso insopportabilmente dritto di Draco di fronte al proprio viso, a poco meno di un palmo di distanza. Una distanza fittizia, fin troppo labile.
«Diverso?»
Le loro nocche si sfiorarono di nuovo, in un contatto che fu ben distante dall'essere solo casuale.
«Ti si illuminano gli occhi e sembri... sereno» spiegò Harry, arrossendo. Non riuscì però a frenare la lingua, la lasciò scivolare sul palato per concedersi totale sincerità. «Mi piaci».
Gli piaceva davvero, ma forse ciò rappresentò un serio problema.
Draco sgranò gli occhi e si irrigidì. Allontanò la mano, allontanò anche lo sguardo. Sembrava un gattino spaventato. Uno di quelli che soffia, che tira fuori le unghie, che ha paura persino di essere portato al sicuro.
«Ho detto qualcosa che non va?» domandò Harry, candidamente.
«È Drew Mamphies che ti piace. Forse è lui che vuoi vedere... ma tu sai bene chi sono in realtà» mormorò Draco, voltando il capo dall'altra parte. Si vergognava di se stesso, o meglio di una parte di ciò che era.
Harry arricciò le sopracciglia, stentava a credere alle proprie orecchie. Non che Draco soffrisse di un disturbo di duplice personalità, ovviamente, ma quanto enunciato sembrava avvicinarsi molto.
«E chi saresti, sentiamo?»
Draco sbuffò una risata sarcastica.
«Un nobile viziato del cazzo che per tutta la vita è stato sotto gli ideali di suo padre. Oh, e guarda un po' dove ci hanno portati questi ideali!» sbottò e gesticolò ampiamente con le braccia. «Se non altro lui non è vissuto abbastanza a lungo per fare la fame».
«Malfoy...» lo redarguì innocentemente Harry, tentando di aggrapparsi alle sue dita come per riportarlo con i piedi per terra. Ma si divincolò da quella presa, si sollevò e si chiuse a riccio con la testa tra le ginocchia.
«Lasciami perdere, Potter...» mormorò infine, con voce soffocata.

Draco era fragile, Harry lo sapeva. Era capace di tenersi sollevato, di aggrapparsi alla vita con una presa forte e salda, ma in quei momenti mostrava una fragilità disarmante. Reduce da una Guerra vissuta dalla parte sbagliata, reduce dall'odio delle persone, delle conseguenze, di una presa di coscienza arrivatagli in faccia.
Le cicatrici che portava alla base delle clavicole – cicatrici che Harry stesso aveva inflitto, e lo sapevano entrambi – non erano niente in confronto a ciò che si portava dentro.
Ma a Harry non importava niente. Non in quel momento che aveva imparato a guardarlo con occhi diversi. La Guerra era finita. Anche la loro.
Si alzò anch'egli e si portò più vicino.
«Ti ho detto di lasciarmi perdere...» sbuffò nuovamente lui, e si chiuse ancor di più a riccio quando Harry lo toccò dentro con la spalla.
«Sto lasciando perdere Drew Mamphies. Posso parlare un po' con Draco Malfoy?» domandò, chinandosi ancora un poco per spiarlo da sotto le braccia.
«Draco Malfoy non ha nulla da dire» rispose lui, affranto.
Maledetto Serpeverde del cazzo, pensò Harry. Ma quel maledetto Serpeverde del cazzo profumava di iris. Aveva sempre profumato di iris, anche a scuola. Si ricordava quel profumo, gli riempiva le narici quando se le davano di santa ragione. Lo stesso profumo di iris che invadeva gli spogliatoi dopo le partite di Quidditch. Lo stesso profumo che aveva sentito addosso in mezzo a tutto quel fumo, quando l'aveva portato in sella alla propria scopa per salvarlo dall'Ardemonio.
Draco era cambiato, ma era sempre Draco. Quel maledetto Serpeverde del cazzo che profumava di iris.
«Quello che tu hai descritto è il tuo passato. E ok, non lo puoi cancellare, non me ne dimenticherò mai nemmeno io di quello che sei stato e di ciò che hai fatto, ma è qualcosa che sono ben riuscito a perdonare. Forse... forse è il momento che impari a perdonarti anche tu, non credi? Perché sei andato avanti anche grazie a quello che eri e... ora c'è qualcosa di nuovo in te. Qualcosa che non è solo un nome diverso, o una facciata. Lo sei per davvero. Ed è questo, che mi piace. Mi piace tutto quello che ti ha portato a essere il Draco Malfoy di adesso, anche se ti fai chiamare Drew Mamphies».
Draco, dopo un momento di totale silenzio, alzò di poco il capo dalle braccia. Giusto per spiarlo con un occhio da sotto il ciuffo. Aveva gli occhi lucidi e brillanti come i colori dell'alba.
«Non pensavo che qualcuno... qualcuno del mio passato sarebbe mai riuscito a pensare una cosa simile di me. Che qualcuno riuscisse a vedere chi sono» ammise.
Il gattino aveva appena tirato dentro le unghie, forse come sancire un permesso di poterlo toccare.
«Forse è perché anche io sono cambiato. Solo che io ho il problema inverso, quello che ero prima piaceva a tutti... ma in pochi sono riusciti a farsi piacere il nuovo Harry Potter» ridacchiò Harry, stringendosi nelle spalle. Si avvicinò un pochino di più, giusto per fronteggiarlo di nuovo.
Draco alzò la testa e mostrò entrambi gli occhi.
«A... a me sì. Sei un po' diverso... ma... mi piaci» sussurrò, arrossendo.
Harry sorrise. Sorrisero entrambi. La Guerra era finita.
Il sole si era appena svegliato, e Harry più che mai si sentì desto, finalmente, quando il profumo di iris si fece più intenso sotto le proprie narici.
Il naso di Draco, visto da così vicino, era comunque dritto. E la sua bocca morbida esattamente come Harry si era immaginato.

Aveva un buon sapore, quel sorriso. Sapeva di speranza, sapeva di passato e di futuro, tutto insieme.
La bocca di Malfoy sapeva anche di salato. Forse perché aveva pianto.
Harry poteva sentire sotto la sua lingua tutta quella perfetta schiera di denti bianchissimi. Aveva i canini appuntiti.
Draco sapeva di Irlanda. Era maestoso come lei, cambiava umore esattamente come il suo cielo. Era musica, era un sentiero stretto tra l'oceano e le verdi colline. Gli occhi di Draco brillavano come l'alba sulla baia, e il suo sorriso era un tramonto sul Connemara. Sapeva essere spiritoso come le serate in Temple Bar, ma silenzioso come una lunga passeggiata tra i boschi nella contea di Kildare. Ci si poteva perdere ore solo a guardarlo in tutte le sue sfaccettature.
Draco era l'Irlanda e, di certo, i suoi baci erano caldi come il sole sulla baia di Galway. Roba da prendere una Giratempo e tornare indietro di diversi anni e tramutare una delle loro risse in... beh, in quello che stavano combinando in quel momento. Lì, su una coperta umida a ridosso di una scogliera, con la benedizione di Inishmaan.
Harry doveva ammetterlo: divorarlo su un prato era decisamente più soddisfacente che spaccargli il setto nasale – quel drittissimo setto nasale – a pugni.
Avrebbe dovuto far freddo, in linea di massima, ma Harry non ci fece nemmeno caso. Forse avere Malfoy addosso attenuava la sensazione di congelamento.
«Ti piacciono anche i miei capelli, allora?» domandò Harry, avvertendo le mani di Draco attorcigliate ai propri ricci. Egli si lasciò sfuggire una risata contro la sua bocca.
«Non esageriamo. Quelli sono rimasti tali quali a prima» rispose egli, poi gli lasciò un bacio leggero sul mento. «Ossia un ingarbuglio senza capo né coda».
Harry sbuffò e gli morse il labbro inferiore. Risero entrambi, ma dell'alba non vi era più traccia.
Il sole si stava destando alto nel cielo e loro due erano ancora lì, su quella coperta. Si erano dimenticati del mondo ed era bello, bello così. Il mondo era lontano, loro erano vicini.
Solo quando il vociare di alcuni turisti li colse alla sprovvista, si resero conto che il loro traghetto li attendesse al porto alle nove in punto. E, a guardar bene l'orologio, erano le otto e mezza.

«Porca Morgana!» imprecò Draco - con linguaggio chiaramente aristocratico - nel rendersi conto che si fossero persi via a pomiciare come due adolescenti.
Harry raccattò la coperta e Draco la chitarra, e insieme corsero all'ostello per recuperare i loro effetti. Corsero lungo il sentiero che li avrebbe portati al porticciolo, veloci come due Cercatori che inseguono il Boccino.
Risero ad alta voce della loro stupidità, precipitandosi uno di fianco all'altro a Lower Kilronan. Immagini e scenari plausibili incapparono nella mente di Harry, durante la sua folle corsa.
"Ehi, Harry, hai trovato te stesso in Irlanda?"
"No, ma ho limonato duro con Malfoy su una scogliera. E lui non ha tentato di buttarmi giù, da quella scogliera".
Oh, Ron ci sarebbe rimasto secco! Per poco Harry non inciampò in una radice sul selciato a quel ridicolo pensiero.
«Muoviti, Potter! Sei lento come un bradipo!» gli gridò Draco, una manciata di metri avanti a lui. Maledetto Malfoy e quelle gambe incredibilmente lunghe. Facile essere più veloce, con quelle gambe lì!
Harry ricordò alla perfezione l'estate dopo il secondo anno, quando si era ritrovato Draco davanti al binario Nove e Tre Quarti. Aveva pensato che l'avessero innaffiato tutta estate per farlo crescere in quel modo smisurato. Erano stati alti uguali per i primi due anni e poi, beh... qualcosa era andato storto, perché lui era rimasto un metro e una banana schiacciata, mentre Draco era diventato una pertica.
Col vento che gli sferzava in faccia Harry continuò a correre, i polmoni spezzati in due dal fiatone, le gambe tremanti dallo sforzo e lo zaino pesante sulle proprie spalle. Ci aveva ficcato dentro persino la chitarra di Draco. Era estremamente affaticato, ma l'avrebbe ricordato come uno dei momenti più allegri della propria esistenza.
«Dai, Potter, sembri un novantenne!»
Sentiva Draco ridere più avanti, col verde che sfrecciava a destra e a manca e uno strano motivetto irlandese nella propria testa. Irish Washerwoman[1]. Sempre più veloce, sempre più vento, sempre più verde.
Poi, come un miraggio, Lower Kilronan. Il porto il lontananza, il loro traghetto che stava già per issare le cime.
«EHI, ASPETTATECI! ASPETTATECI!» urlò Harry, con la voce rotta dal fiato corto. Avrebbe dato qualsiasi cosa per aver con sé la sua Firebolt.
Saltarono entrambi sulla passerella con un gran balzo, ammoniti da un addetto al pontile, il quale protestò a gran voce in gaelico. Non capirono una parola, ma fu meglio così.
Sudati, stremati e con fiatone si piegarono sulle ginocchia, non riuscendo però a smettere di ridere. Quando Harry alzò lo sguardo, Draco ricambiò l'occhiata. Aveva le guance rosse come fragole mature e la fronte imperlata di sudore. E, attenzione attenzione, i capelli scompigliati.
«Morirò giovane» si lagnò e si strinse il fianco corrispondente alla milza.
«Non fai più... il gradasso... eh!» ribatté Harry, beccandosi un debole pugno sulla spalla.
Il traghetto salpò in direzione della baia di Galway. Si sedettero vicini sulla panchina a riprendersi, e ci vollero dieci minuti buoni.
«Comunque è stata colpa tua» asserì Draco, una volta riacquisto il suo consueto color latte.
Harry sbuffò.
«E figurarsi! Guarda che l'orologio ce l'hai anche tu! Prenditi le tue responsabilità, Malfoy!»
«E che responsabilità avrei? Ah già, scusami: quella di essere incredibilmente attraente. Te lo concedo e ti chiedo umilmente perdono. Non avrei dovuto distrarti!» farneticò, ammiccando con un sorrisetto sghembo.
Per quanto Harry detestasse ammetterlo, non è che avesse poi tutti i torti. Ma aveva assai da dissentire sul fatto che fosse stato un errore "distrarlo". Tutto ciò che uscì dalle sue labbra, però, fu un timido e imbarazzato «uhm».
Draco ridacchiò.
"Che razza di imbranato", gli avrebbe detto Hermione.

 

Attraccarono alla baia di Galway in tarda mattinata, giusto in tempo per un caffè bollente al Grind. E un paio di scones ai mirtilli.
Grande miracolo, per conto di Harry, che Draco non se la fosse data a gambe appena giunti sulla terra ferma. Avrebbe scommesso una cospicua somma di Galeoni che si sarebbe dileguato – per l'imbarazzo, per un repentino cambio d'idea, per il vento o chissà quale attacco di bipolarità – e invece si era addirittura prodigato a offrirgli la colazione. Colazione che non fu esente di sguardi e sorrisi sotto ai baffi, battiti di ciglia e fossette. Quelle dannate, meravigliose fossette.
«Suoni, stasera?» domandò Harry, mani in tasca e mento sul petto, dondolandosi sui piedi. Era giunto il momento di salutarsi.
«Sì» rispose Draco, pragmatico, con un braccio appoggiato al muro a grana grossa del bar.
Silenzio. Harry sollevò lo sguardo e trovò quello beffardo e strafottente del ragazzo. Non avrebbe aggiunto altro, quel maledetto. Una prima donna, ecco cos'era.
«... e dove?» domandò infine Harry, una volta capita l'antifona.
Draco rise e gettò indietro la testa, poi si avvicinò di un passo. Da dove arrivava quell'intraprendenza?
«Facciamo un gioco» propose lui, montando un ghigno a metà tra il provocante e il provocatorio. «Entra in ogni pub e bevi una pinta in ognuno, fino a quando non mi trovi!»
Prima. Donna.
O forse la sua tendenza a rendergli la vita un inferno non si era affatto esaurita ai bei tempi scolastici. E in quel momento Draco Firstlady Malfoy aveva dalla sua parte persino l'arma della seduzione.
Mayday. Mayday. Harry Potter, sei in pericolo.
«Mi vuoi morto? Hai idea di quanti pub ci siano a Galway?» domandò Harry, inebetito da quelle fottute fossette.
Draco si avvicinò ancora di più e Harry, aspettandosi un bacio a fior di labbra, chiuse gli occhi. Tuttavia, tutto ciò che ne derivò fu solo un sussurro all'orecchio. E quel naso ingiustificatamente dritto contro il lobo.
«Paura, Potter?»
Harry deglutì ma, prima ancora che riuscisse a rispondere, Draco se ne era già andato. Lo guardò allontanarsi con le mani nelle tasche del parka e la testa alta, con quell'andatura aristocratica che lo aveva sempre caratterizzato.
Harry Potter, sei un uomo finito.


 

Harry trascorse tutto il pomeriggio disteso sul letto a osservare il soffitto, con un sorriso ebete stampato in faccia e l'insana voglia di mettersi in continuazione una mano nei pantaloni.
Credette di essere impazzito quando, sistemandosi – hah! – i capelli davanti allo specchio del bagno, si morse le labbra e avvertì un intenso sapore di iris. Lo sentiva ovunque, persino nella doccia.
Da quando era così ossessionato da Draco Malfoy?
"Dal sesto anno" rispose la vocetta di Hermione Granger nel suo cervello.
«Solo perché volevo scoprire i suoi segreti».
"E che segreti volevi scoprire negli spogliatoi del Quidditch, di grazia?"
«Silenzio!»
Stava parlando da solo. Insensato.
Eppure Hermione – così aveva soprannominato la voce della sua coscienza – non aveva poi tutti i torti. Forse era stato sempre un poco ossessionato da Malfoy, e quello che stavano vivendo in quel momento non era altro che un prolungamento molto bizzarro della loro storica rivalità. Solo che, ai bei tempi dell'accademia, era ancora troppo giovane e troppo un illuso eterosessuale per accorgersi di quella strana attrazione che incorreva tra loro. Senza contare che Malfoy fosse stato uno stronzo indisponente, al tempo. Mentre lì... mentre lì era l'Irlanda.
Troppo facile invaghirsi di un biondo musicista dall'aria misteriosa, gli occhi di ghiaccio e la voce di un angelo. Senza contare che non fosse più uno stronzo. Indisponente, forse, ma stronzo proprio no.

Non seppe spiegare se si fosse precipitato in strada in orario di cena perché l'Hermione nella sua testa lo avesse costretto, o perché sentisse già un discreto bisogno di vedere Draco. E perché fosse il caso smetterla di farsi le seghe pensando a lui.
Chissà come, stette al gioco e diede retta alla sua manifestazione evidente di follia. Gli occorse qualche tentativo per trovare il posto giusto ma, per sua grande fortuna, il pub tanto agognato non era affatto distante dal proprio appartamento.
Ringraziò Godric, Salazar e tutti e quattro i fondatori quando entrò nel locale e la voce graffiante di Drew Mamphies gli giunse alle orecchie. Quando Draco lo vide entrare, sogghignò. Stava cantando una canzone recente, dei Goo Goo Dolls. Iris, si chiamava. L'iris c'entrava sempre.

Quando il concerto si concluse, Draco si avvicinò con la stessa andatura baldanzosa di quando lo prendeva in giro al terzo anno per i Dissennatori. Harry non si fece intimorire e, intrappolandolo con le braccia contro il bancone del bar, diede sfoggio di un ghigno poco da Potter. «Ti ho trovato, piccolo bastardo» gli disse, in un soffio.
«E, a giudicare dalla vivacità del tuo sguardo, ci hai messo un bel po'» si compiacque Draco, divertito.
«Solo quattro pub, questo compreso. Tu pensa!» si vantò Harry, pericolosamente vicino. Quattro pinte non lo rendevano di certo ubriaco, ma i freni inibitori imposti da Hermione erano tutti bellamente andati a farsi friggere.
«La tua solita fortuna sfacciata».
Un nuovo gruppo di musicisti salì sul palco e attaccarono il concerto con un reel molto conosciuto con violino, mandolino e chitarra acustica. Tutti gli autoctoni nel pub iniziarono a ballare sullo standard con una tipica danza irlandese, e coinvolsero anche i turisti e gli stranieri in quella specie di girotondo tra i tavoli. Tacchi che pestavano a terra, giravolte, grida di festa sulle note di An Irish Party in Third Class, come in quel film Babbano sul Titanic.[2]
«Vieni!» propose Harry, prendendo Draco per mano. Senza alcun freno inibitorio.
«No! Io non ballo, non ci pensare nea-»
Prima che potesse operare alcuna protesta, Harry lo trascinò tra la folla tra le giravolte e gli ubriachi che cadevano.
Nessuna idea di come si ballasse una danza irlandese, naturalmente, ma non era poi così difficile e, soprattutto, nessuno era lì per giudicare. Bastava saltellare, prendersi sottobraccio e pestare i piedi sul pavimento.
Il Ballo del Ceppo era stato di gran lunga più disastroso. Tutte quelle mosse, quelle formalità. Eppure Harry ricordava alla perfezione che Draco se la cavasse piuttosto bene con quelle movenze aristocratiche.
Nonostante tutto, però, non era da meno in quell'accozzaglia informale di spiriti ubriachi danzerecci. Tuttalpiù che di nobile Draco non avesse più proprio un bel niente, a parte il nasino aristocratico e l'andatura.
Un gruppo di irlandesi li trascinò volteggiando.
«Ti odio, Potter!» urlò Draco, esplodendo in una risata mai sentita mentre veniva issato su un tavolo da Harry.
«Ti odio, Mamphies!» gli urlò di rimando e, dopo essere salito anch'egli, riprese a saltare. Battiti di mani a tempo del tamburo bodhràn, le corde acute del violino che vibravano e fiumi di birra che scorrevano.
Harry non aveva mai visto Draco ridere in quel modo. Forse nella sua tenuta nel Wiltshire le feste per aristocratici erano tutte come il Ballo del Ceppo. Quindi per nulla divertenti – fino al concerto delle Sorelle Stravagarie.
O forse rideva di lui, di quanto fosse goffo e impacciato, tanto da cadere dal tavolo dopo pochi salti. Per fortuna la folla fu pronta ad accoglierlo e accompagnarlo in piedi prima che si rompesse l'osso del collo. Draco rimase sul tavolo a ballare, dandogli una vera dimostrazione di quanto potesse essere infinitamente più aggraziato di lui persino in una danza così sconclusionata.
Quando il brano terminò, balzò sul pavimento e lo raggiunse con un ghigno e un dito medio alzato. Scroscianti applausi si levarono nel locale.
«Ok, me la sono cercata» ammise Harry.
«Oh, sì. Ma, devo ammetterlo, non è stato così male» decretò Draco, incrociando le braccia al petto con soddisfazione. «Anche se mio padre si starà rivoltando nella tomba».
«Credo che lo stia facendo già da stamattina».
Draco rise di nuovo, per fortuna. Per un attimo Harry aveva pensato di essere stato indelicato.
Si passò una mano tra i capelli sudati, indeciso se proporgli un'altra pinta oppure uscire a fare una passeggiata, quando una mano nodosa gli si posò sulla spalla destra.
«Oh, per tutti gli Avvincini orbi, ma è proprio lei, allora! Harry Potter!»
Harry si paralizzò, e gli occhi di Draco si spalancarono grossi come fanali. Un grosso signore panciuto si piazzò accanto a loro, facendo vibrare i baffi arancioni in una risata grassa. Teneva in una mano una birra scura e sulla testa un cappello a coppola verde, come la camicia.
Draco, intimidito, si voltò in direzione del bancone - probabilmente per non dare nell'occhio più di quanto avesse già fatto. Con tutta probabilità, però, il signore in questione aveva l'aria di non sapere chi fossero i Malfoy, e Draco teneva sempre il Marchio nero ben nascosto sotto le maniche lunghe.
«Sono onorato, signor Potter. Davvero onorato che lei sia qui! Avevo sentito che si trovava in Sud America!» bofonchiò l'uomo, con un gentile sorriso un poco ingiallito.
«S... sì. Infatti!» confermò Harry ritornando in sé dopo lo shock iniziale, sfoderando quindi tutto il suo appeal da conferenza stampa. «Sono tornato da pochi giorni solo per incontrare una persona, ripartirò domattina per Bogotà!»
«Capisco. Grazie, grazie, Harry Potter. Ha salvato la vita di mia figlia! Da nata Babbana, sono stati tempi duri per lei, quelli della Guerra!» spiegò l'uomo, dopo essersi avvicinato un poco per non farsi sentire nei dintorni. «Io sono un Babbano, anche mia moglie. Impazziranno quando dirò loro che ho incontrato l'Eroe del Mondo Magico!»
Il signore sembrava emozionato. Non era scortese, e nemmeno così invadente da risultare fastidioso. Harry poteva comprendere come potesse sentirsi, dopo la paura di perdere sua figlia durante la Guerra. Non era esattamente la gente come lui che lo infastidiva, quando lo chiamavano "eroe" - sebbene lui non si identificasse come tale.
Non era quello il problema. Il problema era che non ci voleva proprio, che qualcuno lo incontrasse lì!
«Oh, ehm... in realtà sono in... missione segreta per conto di un mago sudamericano, non dovrebbe saperlo nessuno, sa?» buttò lì Harry, sfoderando il bel sorriso ampio che in più di un anno di conferenze noiosissime aveva imparato a forzare. «Sarà un segreto tra me e la sua famiglia, ok?»
Il signore sgranò gli occhi dallo stupore, poi diede a Harry un'amichevole pacca sulla spalla che lo fece boccheggiare.
«Ma certo, signor Potter! Ma certo!» lo tranquillizzò l'uomo, ridacchiando sotto i baffoni. «Posso offrirle da bere?»
Draco, in quell'istante, si allontanò per recuperare la chitarra. Harry lo seguì con lo sguardo, incapace di comprendere le sue intenzioni e, soprattutto, le sue emozioni.
«Lei è molto gentile, signor...?»
«O'Donnell! Trevor O'Donnell» si presentò e strinse forte la mano di Harry il quale, però, non aveva nessunissima intenzione di rimanere in quel posto un secondo di più.
«Molto gentile, signor O'Donnell. Ma devo scappare! Domattina partirò presto. È stato un vero piacere!» asserì Harry, sfoderando uno charme che non aveva alcuna idea di avere.
«Piacere mio! Tutto mio, sul serio!» confermò il signor O'Donnell con un'altra potente pacca sulla spalla. La birra gli tremò nella mano e si rovesciò sulla camicia a quadri verdi.
Harry ridacchiò un altro poco e, con un sorriso brillante, si allontanò tra la folla per andare a recuperare Draco.

Lo ritrovò fuori dal locale, con lo sguardo perso verso il cielo e la custodia della chitarra stretta tra le mani.
«Il re delle stronzate! Non male, Potter!» gli disse in un mezzo sorriso, riferendosi alle scuse accampate al signor O'Donnell per giustificare la sua presenza a Galway.
«Avevo la scusa pronta da quando ho iniziato il viaggio. Nell'evenienza...» ammise Harry, poi si prese il volto tra le mani. Quella, decisamente, non ci voleva. «Almeno non ha riconosciuto anche te» aggiunse, tirando gli angoli della bocca in un sorriso amaro.
Draco lo emulò, poi calciò un piccolo sasso dentro un tombino.
«Dovrai andare via, domani...» constatò, dopo un buon minuto di gelido silenzio. Il suo tono era piatto.
Harry sospirò amaramente. Si morse il labbro e si passò ancora la mano tra i capelli.
Non che il signor O'Donnell sembrasse intenzionato a spargere la voce in giro ma... ma era comunque rischioso rimanere nei paraggi e farsi vedere da altri maghi o affini in quella città.
«Temo di sì. Io... non voglio rischiare che mi si veda ancora in giro qui, a Galway. Credo che sia meglio spostarmi. Pensavo di rimanere qui di più, ma credo anticiperò la mia rotta verso Cork già domani» ammise.
Draco lo guardò con occhi impenetrabili e le mani arpionate alla custodia della sua chitarra.
«Già...» constatò, stretto nelle spalle.
«Già...» ripeté Harry, con la mani nelle tasche del giaccone e un'insana voglia di strozzarsi con la sua stessa lingua.
Non era nei suoi programmi andarsene così presto. Soprattutto dopo ciò che era successo quella mattina.
Quella, però, sembrava essere destinata l'ultima sua notte a Galway. Avrebbe ripreso a vagabondare per l'Irlanda esattamente come nei suoi piani, perché in fin dei conti era lì per quello. Era ciò che voleva. Solo, sarebbe rimasto volentieri ancora... un po'.
«Beh. Allora... buon viaggio» mormorò Draco, forzando un altro sorriso. Senza fossette.
Oh, no. Harry non poteva accettare di salutarlo in quel modo, con un sorriso senza quelle dannate fossette.
Non poteva accettare che non si sarebbero rivisti per chissà quanto tempo senza nemmeno... si sentì uno sciocco, forse anche un po' un pervertito. Ma era da quella mattina che non riusciva a togliersi di testa quel maledetto profumo di iris e, per tutti i folletti, avrebbe voluto averlo addosso ancora.
Se quella sarebbe dovuta essere davvero l'ultima notte a Galway, allora non voleva passarla da solo, nel suo cazzo di appartamento, con la mano nelle mutande.
Se quella sarebbe dovuta essere l'ultima notte a Galway, l'ultima sera con quello strampalato compagno di viaggio, allora meritava di essere ricordata in modo migliore. In modo perfetto.
Stava davvero per chiedere a Draco Malfoy di passare la notte insieme?
La voce della sua coscienza non gli disse nulla in contrario. Era evidente che non fosse la vera Hermione.
«Draco, io... lo so che magari hai l'alloggio per stasera al pub, ma insomma... mi chiedevo... ehm» balbettò, perdendo però tutto lo charme in un impeto di imbarazzo. Arrossì tanto violentemente che temeva gli si appannassero gli occhiali. O che glieli spezzasse Draco con un pugno.
Draco, però, iniziò a ridacchiare.
«Quanto sei imbranato, Potter!» lo schernì. «Sì».
Harry sollevò lo sguardo, incredulo.
«Che?» domandò, chiedendosi se avesse capito bene.
Draco gli prese la mano e strinse le dita fredde tra le sue. «Andiamo da te».
Aveva capito bene.






 
Continua...

[0] Il titolo del capitolo è ispirato alla famosissima canzone dei Goo Goo Dolls - citata a metà capitolo. Figli degli anni novanta, chi di voi non ha amato quel brano? 
[1] Irish Washerwoman, una jig tradizionale irlandese, che parte lenta e finisce sempre più veloce. Ecco il link: https://www.youtube.com/watch?v=KuMDjNQrdjY
[2] An Irish Party in Third Class, è la canzone della festa in terza classe degli irlandesi nel film Titanic. Sicuramente non vi suonerà nuova, soprattutto la seconda parte: https://www.youtube.com/watch?v=Z_CsykS5YHI


ANGOLO DI EEVAA:
Buongiorno gente!
Che dire... questo è stato uno dei miei capitoli preferiti da scrivere. Spero tanto che vi sia piaciuto, so che stavate aspettando questo momento dall'inizio della storia ma, beh, mi conoscete e sapete quanto sono solita dilungarmi.
Tutta la seconda parte, al pub, è tantissimo ispirata alla festa in terza classe del Titanic. Sapete, quello è stato il primo momento in cui mi sono innamorata degli irlandesi, da piccola :D
Finalmente i nostri due piccioncini ce l'hanno fatta a porre fine alla loro personalissima guerra. Purtroppo il prossimo sarà l'ultimo capitolo... beh, siete pronti per l'ultima notte a Galway? T___T io no. 
Sono troppo affezionata a questa storia per lasciarla andare ma, ovviamente, sono già pronta ad intervenire di gran carriera con qualcosa di nuovo.

Ho da parte due long Drarry - una leggera e quasi comica, l'altra molto seria e pesante - ma siccome la prima è in lavorazione, partirò con la pubblicazione della seconda tra un paio di settimane.
Ambientazione? Durante la Seconda Guerra Magica (ricerca degli Horcrux). Avvertimenti: dramma, dramma, dramma a non finire. Che dire... siete pronti? 
Ovviamente non ho ancora un titolo xD aiutooo.


Maggiori dettagli la prossima settimana! Grazie a tutti!
Eevaa


 

Aran Islands


Galway Bay

  
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