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Autore: Il cactus infelice    20/09/2020    7 recensioni
Estate 2020. Il riscaldamento globale colpisce non solo il mondo Babbano, ma anche quello dei Maghi. La frenesia dei social, della tecnologia, sta travolgendo anche i maghi e le streghe. Bisogna tenersi al passo coi tempi.
Ma mentre queste questioni vengono lasciate ai Babbani - che se ne intendono di più - il Mondo Magico avrà un'altra gatta da pelare.
Harry Potter si ritroverà a dover risolvere un altro mistero, forse addirittura a combattere un'altra guerra e questa volta lo riguarda molto, molto da vicino.
Tutto inizia con un ritorno inaspettato una mattina del 10 Luglio 2020.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Famiglia Potter, Famiglia Weasley, I Malandrini, Nimphadora Tonks, Teddy Lupin | Coppie: Bill/Fleur, Harry/Ginny, James/Lily, Teddy/Victorie
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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RAB


Teddy pensava che una volta tornato a casa sarebbe stato tutto più semplice, che il nervoso del non poter fare nulla gli sarebbe passato. Invece ora era ancora più ansioso di prima e non gli faceva di certo bene dopo un intervento al cuore. Si pentiva amaramente di non essere tornato nel suo appartamento, ma si rendeva ben conto di avere bisogno di supporto nei giorni di convalescenza. E almeno così poteva stare un po’ più vicino ai genitori.

Andromeda non faceva che offrirgli del cibo, lamentandosi di quanto fosse magro - eppure era sempre stato magro, non era che non mangiava, era che il suo fisico era così, gli ricordava di prendere le medicine - come se Teddy non ne fosse in grado nonostante i libri di medicina che si divorava, e a controllarlo tutte le volte che poteva, ovvero ogni cinque minuti quasi. Se si trovava in cucina, buttava sempre un occhio nel salotto adiacente quando Teddy era steso sul divano, e se invece si trovava in camera veniva al piano superiore ogni ora per controllarlo. Lei pensava che lui dormisse, invece Teddy era sveglio e vigile, semplicemente se ne stava steso a occhi chiusi a pensare. 

Era a pochi secondi dall’urlarle addosso. 

Vicky era impegnata con le prove e Teddy non voleva certo che le saltasse per stare con lui, perciò veniva quando poteva, verso sera soprattutto, ma a Teddy mancava terribilmente ad ogni ora del giorno. Quando stava tra le sue braccia riusciva a trovare un po’ di calma e serenità, anche se non si dicevano nulla in particolare. E in aggiunta a tutto ciò faticava anche a trovare la concentrazione per studiare. 

Poi, un giorno di questi - poco prima di cena - Remus lo invitò ad accompagnarlo per una passeggiata. Era una delle poche cose che gli erano concesse; evitare gli sforzi ma cercare di passeggiare una volta al giorno. Si sentiva già un ottantenne.

“Non ho avuto occasione di ringraziarti bene per quella canzone”, disse Remus dopo qualche minuto che camminavano.

“Non devi. È stato bello scriverla, mi è uscita spontanea”.

Remus infilò le mani in tasca e abbassò lo sguardo, trascinando i piedi. 

“Credo… Credo di aver recepito il messaggio. Quello che volevi dirmi nella canzone”.

“Sì?”

“Sì”.

Il marciapiede era piena di foglie autunnali cadute dagli alberi e sotto i loro piedi facevano un bel suono croccante. 

“Mi dispiace per essere fuggito come un codardo. Anche se le scuse sono poco per come mi sono comportato. Hai ragione, non aveva senso quello che stavo facendo”.

Teddy sospirò e alzò lo sguardo sul sole che tramontava. 

“Ti capisco. Non c’è nulla di cui dispiacersi. Tutti ci perdiamo qualche volta”.

Teddy si sedette su una panchina che trovarono lungo la strada e allungò le gambe davanti a sé. “Quando succedono delle cose brutte - di cui ci sentiamo responsabili magari - ci sembra che il mondo ci sia crollato addosso e nulla ha più senso. Ma devi credermi quando ti dico che io non ti incolpo di nulla. E nemmeno la mamma o la nonna. Sono più che convinto quando ti dico che la licantropia mi è servita per diventare più forte e non più debole. Mi piace la persona che sono oggi ed è anche merito tuo”.

Remus si sedette accanto al figlio e fu quasi tentato di piangere a quelle parole, ma si trattenne; da chi aveva preso Teddy tutta quella sensibilità e quella forza d’animo? Da Dora  molto probabilmente. 

“Sei molto meglio di me a quanto pare”, gli disse Remus con un velo di ironia. “Ma non avevo dubbi su questo”.

Ted ridacchiò. “Sì, ma da qualcuno ho preso”

Padre e figlio rimasero così per qualche tempo, seduti vicini a guardare il sole tramontare dietro l’orizzonte. Finché non fu l’ora di tornare a cena.


Dominique si mordicchiava le unghie dal nervoso e continuava a lanciare occhiate con la coda dell’occhio da una parte e dall’altra dell’aula; aveva la sensazione che tutti la stessero guardando. Non riusciva a sentire niente di quello che l’insegnante di antiche rune stava dicendo. Era riuscita a buttare giù solo qualche appunto dall’inizio della lezione prima che l’ansia e la paranoia la assalissero dall’interno.

Stava così ormai da due giorni, costantemente nervosa, in ansia e a volte quando percorreva i corridoi aveva ma sensazione di essere seguita. E ormai si era mangiata le unghie fino a farle sanguinare. 

Sapeva benissimo a cosa erano dovute quelle sensazioni, ma non pensava di esserci caduta così tanto da avere così forti sintomi da astinenza.

L’unica cosa a cui riusciva a pensare in quel momento era quanta voglia avesse di prendere qualcosa, una di quelle caramelle di Xander o magari qualche pasticca.

La ragazza seduta vicino a lei la fulminò con lo sguardo e solo in quel momento Dominique si accorse di aver iniziato a graffiare il banco di legno con le unghie. Si tirò le maniche del maglione fino a coprire le dita e abbasso lo sguardo sul foglio di pergamena, prendendo a scarabocchiare dei disegni per distrarsi e non pensare alla droga - disegno di solito l’aiutava a svuotare la mente - e provò a concentrarsi sulle parole dell’insegnante.

Doveva resistere solo qualche altro giorno. 


Harry seguì Sylvia nel Dipartimento di Arti e Magie Oscure che si trovava nei sotterranei ricordandosi come solo qualche mese fa ci era andato e la sua vita era cambiata completamente da un giorno all altro. O meglio, più che cambiata aveva decisamente avuto una svolta inaspettata. 

Ora si chiedeva che cosa avrebbe visto.  

Sylvia era una giovane apprendista che stava svolgendo il turno di notte e si vedeva dalle occhiaie che era piuttosto stanca. Quando lo aveva fatto convocare nel dipartimento gli aveva risposto con una voce timida e sembrava essere davvero dispiaciuta di doverlo disturbare proprio mentre si preparava per tornare a casa. Harry non gliene faceva una colpa, dopotutto stava solo lavorando ed evidentemente si trattava di qualcosa di importante.

“È qui”, disse la ragazza fermandosi di fronte a una stanza con la porta aperta. “Lo abbiamo trovato vicino a una statale e abbiamo motivo di credere che si tratti di un altro dei resuscitati”.

Harry spostò lo sguardo da Sylvia all’uomo steso nel letto. O meglio, al ragazzo steso nel letto. Anche a quella distanza si vedeva che era molto giovane.

Harry entrò nella stanza e si avvicinò allo sconosciuto che dormiva profondamente. 

“E lo avete trovato svenuto?”

“Sì, signore”.

La prima domanda che gli passò per la testa fu come mai visto che gli altri che avevano trovato erano sempre stati ben vigili e coscienti. Poi notò le manette magiche che lo legavano alle sbarre del letto.

“Come mai è smanettato?” 

“Guardi il suo avambraccio sinistro”, gli disse Sylvia rimasta vicino alla porta con un’espressione vagamente timorosa. 

Harry si avvicinò al letto e con indice e pollice sollevò la manica della camicia nera che lo copriva scoprendo il Marchio Nero dei Mangiamorte. Poi alzò lo sguardo sul suo volto e si stupì di quanto fosse giovane - non che ci fosse nulla di straordinario dato che a Voldemort non interessava l’età dei suoi seguaci, purché gli fossero fedeli - ma quel ragazzo poteva avere sì e no l’età di suo figlio maggiore, forse poco più. I capelli scuri, gli zigomi pronunciati e la fronte alta che caratterizzavano un viso piuttosto regale gli ricordavano qualcuno; non riusciva bene ad associare quella sensazione di familiarità, però era come se già ci fosse nel suo repertorio mentale di conoscenze. Eppure no, lui contro questo giovane non aveva mai combattuto nella Seconda Guerra Magica. 

Il ragazzo all’improvviso si mosse e aprì lentamente gli occhi dalle ciglia lunghe.
Sarebbe stata una serata lunga, pensò Harry mentre tirava fuori il telefono per dire a Ginny che non tornava per cena. 


Sirius fece accomodare Harry in cucina e si sedette al tavolo di fronte a lui.
“Di che cosa mi volevi parlare?” gli chiese ricordando la chiamata di pochi minuti prima, piuttosto seria e quasi nervosa.
“Hai un po’ di brandy?” gli chiese il capo Auror appoggiando le braccia sul tavolo.
Sirius capì da quella richiesta che dovevano affrontare qualcosa di spinoso, ma non protestò e tirò fuori la bacchetta per servire a sé stesso e a Harry un bicchiere di brandy a testa. 

“Si tratta di tuo fratello, Sirius”, disse Harry, la voce resa roca per aver bevuto l’intero bicchiere di brandy in un colpo solo.

Sirius strabuzzò gli occhi e aspettò che Harry andasse avanti. 

“Ti ricordi che mi avevi detto che era morto in circostanze misteriose e che forse si era spaventato e aveva cercato di tirarsene fuori?” 

Sirius annuì versando altro brandy in entrambi i bicchieri. 

“Be’, ho scoperto come mai è morto e non era per quello”. 

E allora Harry iniziò a raccontare e cercò di colmare la storia di tutti i dettagli per renderla il più chiara e lineare possibile, impedendo qualsiasi fraintendimento, ma soprattutto cercando di mettere in buona luce Regulus; non che ce ne fosse bisogno, gli occhi un po’ commossi di Sirius quando scoprì che il fratello era morto cercando di recuperare un Horcrux la diceva lunga, ma Harry già sapeva che Regulus - nonostante avessero preso due strade completamente opposte - non aveva mai smesso di essere nel cuore di Sirius. 

Harry gli mostrò anche il biglietto di Regulus che aveva trovato nel medaglione falso e Sirius lo prese tra le mani leggendo attentamente ogni singola parola, osservando la sua scrittura elegante e quelle g un po’ strane che entrambi facevano allo stesso modo, più somiglianti a delle y che a delle g

“E perché mi stai dicendo tutto questo soltanto ora?” gli chiese poi, il tono con una certa nota di rimprovero. 

“Avrei dovuto dirtelo prima effettivamente e mi scuso per questo. Non volevo tenertelo nascosto, sono solo successe un sacco di cose e… Comunque sia, te lo sto dicendo ora perché…”.
“Perché…?”
“Perché anche tuo fratello è tornato in vita, Sirius”. 


***


Buonsalve a tutti, signori.

Come è andato questo weekend? Spero bene :) 

Allora? Cosa ne pensate del capitolo? Vi aspettavate il ritorno di Regulus? Diversi di voi avevano ipotizzato il ritorno di Silente o Piton, ma nessuno ha pensato a Regulus… Ebbene, sorpresa!
Spero abbiate apprezzato e fatemi sapere cosa ne pensate. 


Ne approfitto per ringraziare tutte quelle persone che recensiscono puntualmente ogni capitolo: siete fantastici e sono molto contenta di star guadagnando sempre nuovi recensori. Chiedo scusa se ci metto sempre un po’ di tempo a rispondervi, ma le vostre recensioni sono sempre così lunghe e analitiche che vorrei prendermi più tempo per rispondervi come si deve. 

E ovviamente ringrazio anche chi segue in silenzio :) 


Alla prossima,

C.

   
 
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