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Autore: Marian Yagami    18/08/2009    0 recensioni
La migliore amica di Lou, Dalia, è scomparsa, e nessuno ha più sue notizie da diversi giorni. Solo Lou, però, conosceva il segreto di Dalia, un segreto legato alla sua scomparsa, che porterà la bambina a vivere una straordinaria, spaventosa, avventura. Terza classificata al contest "I Tre Oggetti" di niobe88
Genere: Fantasy, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2

 

- Non è possibile... Non... non può essere! – esclamò Lou, correndo verso il sacco.

Sembrava che lo avessero lasciato li sul marciapiede, abbandonato, ed era l’unico oggetto che aveva un colore pressoché normale.

“ Proprio come me, ora che ci penso...” si disse la bimba, osservando le proprie mani e gli abiti.

- Buongiorno! Hai trovato il mio regalo? – disse una voce di donna, all’improvviso.

Lou alzò la testa, guardando la persona che le aveva rivolto la parola.

- Di nuovo tu? – mugugnò la bambina, notando che si trattava della donna del supermercato.

Lei sorrise, chinandosi a raccogliere il sacco.

- Chi sei? – chiese Lou, sospettosa.

- Mi chiamo Lena. – disse, facendo una risatina. – Io sono la Regina delle fate! –

Lou la guardò di sottecchi. – See, e io sono Harry Potter... –

- Ma Harry Potter non era un maschio? Voglio dire... sei libera di non credermi! –

- Infatti è quello che farò. – affermò la bambina.

- Tuttavia... – riprese Lena, - dovresti credermi, invece, perché io ti posso aiutare a salvare Dalia. –

Lou spalancò gli occhi.

- Dalia! – sussurrò, dimenticando tutto quello che stava pensando, per concentrarsi solo su quell’unico, piccolo nome.

- Cosa... cosa stai dicendo! Dalia è sparita da cinque giorni! – gridò, furibonda.

Come poteva prendersi gioco di lei? Credeva fosse una sempliciotta, o forse credeva che fosse così facile farla abbindolare?

- Hai ragione. Dalia è scomparsa. È stata portata qui. –

Lou non riusciva a capire.

- In che senso “è stata portata qui”? Cos’è “qui”? –

- Vedo che hai già capito che questo non è il tuo mondo. Questa è una dimensione parallela, o meglio, è una dimensione che coesiste con quella in cui vivi, solo che pochissime persone sono in grado di vederla. – spiegò Lena. – La tua amica Dalia riesce a vederla, e vede anche i suoi abitanti. –

- ... le fate! – mormorò Lou, che finalmente capiva.

- Ma... perché allora è stata portata qui? E perché ci sono finita pure io? –

Lena girò attorno alla piccola, osservandola.

- Sono io che ti ho portato qui, perché credo che tu possa salvare Dalia. –

 

 

- Io non capisco. Se Dalia si trova qui avresti potuto salvarla tu, no? –

Lena scosse la testa.

- Purtroppo io non posso. Dalia è stata portata qui dal nemico giurato delle fate. Io non ho il potere di affrontarlo, perché questo essere è in grado di sopraffare perfino me che sono la Regina. –

Lou abbassò la testa, fissandosi la punta delle scarpe.

- Ma allora come credi che possa riuscirci io? – mormorò.

Lena porse il sacco alla bimba, che lo guardò stupita.

- Io non posso affrontare la creatura, ma posso fornirti tutto quello di cui hai bisogno per salvare la tua amica. E questo sacco è quello che ti serve. –

- Un sacco? –

- Non fermarti alle apparenze. Non è un sacco qualunque, te ne accorgerai presto. –

Lou accettò il regalo con mano ferma, anche se in verità il suo cuore tremava un po’.

Si chiedeva come avrebbe fatto a salvare Dalia tutta da sola, e soprattutto, si chiedeva perché era stata scelta proprio lei per svolgere questo compito.

- Non fare quella faccia… – disse Lena, dando un buffetto alla bambina.

- Non devi preoccuparti di niente. Voi due siete legate, capisci? C’è un vincolo molto potente, tra te e Dalia, che non permetterà che vi succeda niente di male, stanne certa! –

Lou annuì. Sapeva di cosa stava parlando la Regina, ma non riusciva a dargli un nome.

- Dimmi dove si trova Dalia. Andrò a riprenderla. –

Lena sorrise, fiera di quella piccola bambina dal cuore così grande.

- Dalia è prigioniera nella sua stessa casa. La troverai addormentata, ma non preoccuparti, è un incantesimo di protezione che le ho fatto. Sta bene, non le è accaduto nulla. –

 

 

La porta bianca in stile coloniale era socchiusa, ma dalla piccola fessura semiaperta non si intravedeva niente, se non tanta oscurità.

Lou deglutì, alzando la testa per osservare la casa nel suo complesso.

Era una villetta, molto simile alla sua, sviluppata in tre piani, e tutto attorno si estendeva un giardino verdeggiante.

Dava l’impressione di essere una casetta tranquilla, ma una strana aura le si propagava tutto attorno, mandando vibrazioni negative.

- Su, forza. Entra in casa. Non c’è niente di cui aver paura. – mormorò la bambina, facendosi coraggio.

Salì i tre gradini che conducevano al porticato, e si avvicinò cautamente alla porta.

Le sue mani tremanti stringevano convulsamente le bretelle del sacco, mentre procedeva lentamente verso l’oscurità.

Improvvisamente una folata di vento si levò da lontano, e spalancò la porta con uno scatto.

Lou cercava di resistere alla potenza della raffica, ma si faceva via via più forte, tanto che riuscì a sollevare la bambina e a farla ruzzolare all’interno della casa.

Un’altra folata di vento, infine, chiuse la porta, e tutto divenne buio.

 

 

Lou non vedeva niente. Era circondata dall’oscurità.

Appena i suoi occhi si furono abituati al buio, riuscì a scorgere il profilo della ringhiera delle scale e di un tavolino poggiato alla parete.

Si ricordò allora che vicino al tavolino c’era una finestra, così si volse in quella direzione e seguì a tastoni il muro, finché con le dita non sfiorò la superficie liscia del legno.

Quando riuscì a spalancare le persiane, l’ambiente si riempì di una tenue luce azzurrina, che dava un’atmosfera lugubre. Ad accrescere questa impressione stava il fatto che la casa era immersa nel silenzio.

Non si udiva alcun rumore, e perfino i passi della piccola sembravano ovattati, come se camminasse su un tappeto d’erba.

Lou strinse ancora di più le bretelle del suo sacco, facendo qualche passetto verso la cucina.

La porta era aperta, e la bambina entrò nella stanza, dove, attorno al tavolo, si trovavano due persone.

Una era una donna, con un’inquietante sfumatura verde tra i suoi ricci rossi. Sorrideva delicatamente, ma i suoi occhi erano vuoti, privi di espressione.

L’altra persone era un uomo, seduto al suo fianco, che leggeva un quotidiano, scorrendo un articolo con gli occhi, ugualmente vuoti e senza espressione.

- Voi siete... i genitori di Dalia? – chiese sottovoce Lou.

Le due persone si voltarono verso di lei nel medesimo istante, facendola rabbrividire.

- Si tesoro! Non ti ricordi più di noi? – disse la madre, con voce melliflua, socchiudendo gli occhi.

In effetti, la bambina conosceva già i genitori della sua amica, ma questi che aveva davanti agli occhi somigliavano piuttosto ad una fotocopia sbiadita degli originali.

- Ehm... Dalia... è in casa? –

Era una domanda sciocca da porre, ma Lou sentiva che in quel mondo strano le cose non erano come sembravano.

- Sì, certo! È nella sua camera, adesso. – disse il padre.

- Ah... grazie... – mormorò la bambina, arretrando di un passo verso la porta.

Il due pseudo genitori la seguirono con lo sguardo finché lei non fu uscita dalla stanza.

 

 

Salì di corsa le scale, a volte facendo due gradini alla volta, fino a che non arrivò al pianerottolo, che proseguiva in un lungo corridoio.

Con passo sicuro si diresse verso l’ultima porta, bianca, su cui spiccava un adesivo colorato che rappresentava un orsetto che dormiva in un lettino rosa.

Lou allungò una mano verso la maniglia dorata e la girò, aprendo la porta.

Si ritrovò davanti la solita camera dell’amica, solo con i colori sfalsati.

Sulla destra, vicino alla porta, si trovava un grande armadio di legno, azzurro, dipinto con motivi floreali da Dalia e la mamma, molto tempo prima. Vicino all’armadio si trovava una grande finestra, che dava sul giardino, mentre nella parete di fronte si trovava una piccola scrivania, anch’essa azzurra, e un lettino coordinato, dalle coperte tutte balze e fru fru.

Proprio su quel letto era distesa Dalia, i capelli rossi sparsi sopra il cuscino, le braccia distese lungo i fianchi.

Lou si fiondò subito da lei.

- Dalia! Presto, svegliati! Dobbiamo scappare! – esclamò, prendendola per un braccio.

Lei tuttavia restava li, addormentata, come se non sentisse ciò che le veniva detto.

Lou allora si ricordò che Lena, la Regina delle fate, le aveva spiegato che il sacco l’avrebbe aiutata in ogni situazione.

Mentre se lo sfilava dalle spalle, però, un rumore proveniente dall’esterno della stanza la fece sobbalzare.

Era una sorta di fruscio, simile a quando il vento muove un lembo di stoffa, tuttavia non si sentiva per niente un suono di passi che procedevano per il pavimento.

Con il cuore in gola, ma non capendo il perché di questa paura improvvisa e immotivata, aprì di corsa un’anta dell’armadio e si nascose dentro, richiudendolo.

Lasciò aperto solo un piccolo spiraglio, per vedere cosa accadeva nella stanza.

In quel momento, infatti, la porta si aprì.

Lou trattenne uno squittio.

 

 

La figura, che incedeva come fosse sopra un nastro trasportatore, aveva il corpo coperto da un pesante mantello nero, e anche la testa era nascosta da un cappuccio, calato fino a far sembrare il volto una scura ombra indistinta.

Il cuoricino di Lou batteva all’impazzata, mentre tentava di trattenersi dal gridare e scappare via.

Non poteva farlo.

La sua amica aveva bisogno di lei.

Nel frattempo la figura si era avvicinata al letto, e si era fermata davanti a Dalia.

Improvvisamente, da sotto il cappuccio, uscì un lamento mostruoso e cavernoso, che si alzava e abbassava di tono, diventando quasi metallico.

- Ho scoperto delle cose molto interessanti, sai? – disse poi, con la sua voce raccapricciante, rivolta a Dalia.  – La tua cara amica è venuta a trovarti. Crede che possa salvarti... -

Lou si ritrasse più a fondo nell’armadio.

- Ho scoperto anche... – riprese la creatura, - ... il motivo del tuo misterioso sonno. La cara Lena ne è la causa. Ma questa non è una bella cosa, sai? La mia fame aumenta, e senza di te non posso saziarla... –

Lou non capiva cosa stesse dicendo quella creatura.

Come poteva, Dalia, servire agli scopi di una tale entità?

Era forse il suo cibo?

No, non poteva essere... Se fosse stata il suo nutrimento l’avrebbe già potuto consumare...

No.

Lei serviva a quella creatura, e bisognava capire il perché.

 

 

La creatura incappucciata si chinò su Dalia, e dal mantello fece fuoriuscire una mano.

Era la cosa più mostruosa e impressionante che Lou avesse mai visto.

Era come se le ossa della mano fosse ricoperta da una strana sostanza molto sottile e appicicaticcia, di un colore grigiastro, che faceva intravedere ciò che stava dentro.

Allungò un dito verso il viso della bambina, che, come se se ne fosse accorta, assunse un’espressione contrita.

Lou si sporse più avanti, impaurita da ciò che stava facendo il mostro.

- Lasciala stare! – gridò all’improvviso, sbucando fuori dal suo nascondiglio.

Il suo cuore batteva come quello di un piccolo canarino, ed era terrorizzata, ma non le importava.

Dalia era più importante.

La creatura si voltò lentamente.

Da sotto il cappuccio sembrò muoversi qualcosa, ma forse era solo un’impressione di Lou, dettata dalla paura.

- Finalmente! – disse il mostro. – Stavo aspettando che uscissi da li dentro. –

Lou fece un passo avanti.

- Non provare a toccarla. – mormorò, tremante.

Il mostro emise un verso, molto simile ad una risata.

- Non ne avevo l’intenzione... – rispose. – Vedi, io non posso sfiorare la bambina nemmeno con un dito, a causa dell’incantesimo di Lena, ma volevo farti uscire allo scoperto, e quindi... -

Lou ebbe un’idea improvvisa. “ Se non può toccare lei, forse non può nemmeno toccare me!”

- So cosa stai pensando, ma ti sbagli! – grugnì la creatura, e con uno slancio si protrasse in avanti, stringendo la sua putrida mano attorno al braccio della bambina.

Lou emise un grido acuto, non tanto per la paura o il ribrezzo, ma per il forte dolore che le aveva invaso la mente.

Delle immagini si avvicendavano, creando una visione davanti ai suoi occhi serrati.

 

 

Tanti globi di luce volteggiavano attorno ad una bambina, che giaceva incosciente in un prato.

Ad un’occhiata più accurata, si notava che il suo colorito non era propriamente “vitale”. La sua pelle aveva perso la freschezza e la sfumatura rosea tipica dell’infanzia, e aveva un colore grigio, tendente al verde.

Quella bambina era morta.

Le piccole fatine volavano in cerchio, disperate, finché qualcosa non le spaventò.

Qualcosa si stava avvicinando. Era una creatura ossuta, dalla pelle grigiastra e gelatinosa, completamente nuda, che si dirigeva verso il piccolo cadavere.

Le fatine cercavano di fuggire via, ma non era possibile, poiché erano legate da un filo invisibile alla piccola, anche dopo la morte.

Il mostro avvicinò il proprio volto a quello della bambina.

Era un volto cereo, disgustoso, percorso da tutta una serie di solchi e cicatrici.

Gli occhi erano due fessure, cucite da uno spesso filo nero, mentre il naso era formato da due semplici buchi allungati, posti al centro della faccia.

L’unica cosa che si distingueva nettamente era la bocca. Una voragine nera che faceva emergere tanti denti aguzzi, gialli, in contrasto con le gengive nere.

Con una mano, la creatura toccò la piccola, e in un istante i loro due corpi si fusero in uno solo.

Dopo alcuni secondi, il cadavere ebbe un tremito, e spalancò gli occhi.

Con una strana espressione in viso, si rialzò.

Le fatine iniziarono a volare convulsamente, emettendo versi striduli e isterici, mentre la bambina, con un sorriso sardonico, cercava di attirarle a se.

- Sono io, fatine, non mi riconoscete? – disse, con voce mostruosa e metallica.

Con una manina afferrò una fata, che si dimenava, e se la cacciò in bocca.

 

 

Lou riaprì gli occhi, ansimando e tenendosi il petto, la fronte imperlata di sudore freddo.

La creatura ritrasse la mano, come se si fosse ustionata, arretrando.

- Cosa... cosa mi hai fatto? – ringhiò.

Lou la guardò interrogativa, poi, sbattendo più volte le palpebre, perse i sensi.

 

 

 

 

 

 

Eccomi si nuovo qui! Come promesso, dopo una settimana, ecco per voi il secondo capitolo!!!

È qui che si sviluppa realmente la storia, come avrete notato...

Un mondo parallelo, uguale al nostro, ma con differenze che a Lou non passano certo inosservate! E poi Dalia, addormentata, e la creatura mostruosa...

Come si concluderà la vicenda?

Lo scoprirete nel terzo e ultimo capitolo, che posterò tra una settimana.

X mivi (posso chiamarti così? XD): sono felice che ti sia piaciuta la mia storia! Hai proprio ragione sul conto di Lou, in effetti sembra un po’ troppo adulta per la sua età, perché, come ripeto, è la mia prima storia di bambini, e non sono ancora molto brava ad immedesimarmi in una bimba do otto anni. Però ti ringrazio molto per avermelo detto, perché così non rischierò di fare lo stesso errore! ^^

Per quanto riguarda la scena del prato, sono molto felice che ti sia piaciuta. L’atmosfera soffusa e rarefatta era proprio quella che volevo dare!

Grazie ancora per la tua recensione, e grazie anche a tutti quelli che hanno letto!

Alla prossima settimana! ^_______^

  
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