Capitolo
1
- Non si hanno ancora notizie della bambina scomparsa, che manca dalla casa familiare già da tre giorni, ma la polizia pensa o ad un rapimento o ad una fuga. –
La voce della giornalista riempiva la cucina, quella mattina di inizio estate.
La colazione per due persone era disposta allegramente su piatti colorati, accompagnati da posate di plastica verdine.
- Non è scappata da casa. – disse Lou, secca, sedendosi al suo posto.
Lou era una bambina pratica. Aveva solo otto anni, ma certe volte si esprimeva con tale schiettezza da somigliare ad una donna adulta, soprattutto quando si trattavano cose serie.
Questa era una di quelle.
- Dalia non è scappata. –
- Tesoro, ma che dici? – esclamò la mamma, spegnendo il fornello. Si avvicinò alla bambina e le carezzò i capelli color miele con una mano.
- Te l’ho detto, non sarebbe potuta scappare. – mormorò Lou, addentando una frittella fumante.
- Oh, certo! Per via della vostra promessa, vero? –
Lou sospirò.
Non aveva mai dimenticato la promessa che lei e Dalia avevano stretto quando avevano quattro anni.
Sedute tra
teneri steli d’erba, Lou e Dalia giocavano con le piccole tessere di
legno di
un domino, e le disponevano in modo da formare dei muri di una casa,
dove
facevano vivere le loro bambole.
- Lou... –
- Sì? –
chiese la bambina, distraendosi dalla sua occupazione.
- Stanno
arrivando, sai? –
- Chi sta
arrivando, Dalia? –
- Le mie
amiche, quelle di cui ti parlavo, tra poco verranno a farci compagnia.
–
Lou annuì.
Lei non aveva
mai visto queste “amiche” di cui parlava Dalia, ma aveva notato che
molto
spesso la bambina pareva giocare da sola o parlare apparentemente con
nessuno.
- Eccole,
eccole! – esclamò Dalia, ad un tratto, scattando in piedi. I suoi
capelli rossi
e ricci, che la facevano somigliare tanto ad un cespuglio, si agitarono
al
vento, mentre correva verso qualcosa.
Piccoli globi
di luce colorata danzarono attorno alla bimba, solleticandole il viso e
muovendo i lembi del suo abitino estivo.
Lou,
naturalmente, non vedeva nulla.
- Oh, quanto
vorrei che tu potessi vederle, Lou! Sono così brillanti! E sono
simpatiche,
sai? – disse Dalia.
Lou, sorrise
mestamente.
- Aspetta...
un modo c’è! – mormorò l’amica. – Vi prego, fatine... cogliete un mazzo
di
fiori freschi per la mia cara Lou. –
I piccoli globi
di luce si mossero velocemente, come se la delicata danza si fosse
trasformata
in una vorticosa tempesta.
Perfino Lou,
che non riusciva a vedere le fate, notò con stupore lo spostamento
d’aria, che
creava un vento innaturale, e sentì perfino un forte profumo, che si
intensificava sempre più.
Poi, tra un turbine
di foglie, a mezz’aria apparve un mazzolino di fiori di campo, legati
insieme
da un delicato nastro bianco.
Lou fissava
la scena a bocca aperta, incredula.
- Non l’ho
mai detto a nessuno, che potevo vederle. – mormorò Dalia,
all’improvviso.
L’amica, che
aveva preso i fiori in mano, la fissò, enigmatica.
-
Penserebbero che io sia pazza, no? –
Lou annuì, un
po’ perplessa.
Dalia fissò i
fiori per un attimo, poi alzò lo sguardo verso l’amica.
- Prometti di
non dirlo a nessuno? Specialmente ai miei genitori... – disse,
all’improvviso.
- Certo,
Dalia, lo prometto! – esclamò Lou, correndo verso di lei e le strinse
forte le
mani.
- E
promettiamo anche che ci diremmo sempre tutti i nostri segreti. -
Le due si
sedettero per terra nuovamente, e iniziarono a canticchiare la
filastrocca che
usavano sempre quando c’era un segreto da mantenere.
- Bianco
sorriso
dipinto
sul viso,
apri i
tuoi occhi,
sogna
balocchi.
Sogna
magie e
sogni
d’amore,
tieni
il segreto
nel
fondo del cuore. –
Dopo la colazione, Lou uscì nel giardino di casa sua, e si arrampicò sulla staccionata, scrutando dentro il giardino dei vicini, dove fino a tre giorni prima la sua amica scorrazzava insieme a tutti i suoi animali: due cani, un gatto e una tartaruga.
Ora invece era così desolato e silenzioso... perfino gli animali non osavano uscire dalle loro cucce.
Dalle finestre della casa, si intravedevano le ombre dei genitori di Dalia, che si aggiravano per le stanze pieni di angoscia, in cerca, forse, di una risposta ai loro dubbi, o di una spiegazione alla scomparsa della loro bambina.
Lou sospirò, saltando giù dallo steccato.
“ Non può essere scappata. Se ci fossero stati problemi me ne avrebbe parlato. E comunque non sembravano esserci disaccordi in famiglia o cose simili...”
Tante piccoli
globi di luce fluttuavano attorno a Lou.
La bambina
era stupita, ma anche affascinata da quegli oggetti, che ad un’occhiata
più
accurata, risultavano essere creaturine magiche dotate di ali
trasparenti.
Un forte
sibilo si dipanò dalle creature, che ora avevano formato un cerchio che
ruotava
vorticosamente.
- Che cosa? –
esclamò Lou.
- Cosa state
cercando di dirmi? Non capisco! Parlate più forte! –
Il sibilo
aumentò, fino a divenire un suono crivellante.
Lou si tappò
le orecchie, non riuscendo più a sopportare quel rumore...
- Basta! – gridò Lou, aprendo gli occhi.
Si ritrovò seduta nel suo letto, con il leggero lenzuolo disteso sulle gambe.
“Era... un sogno?” si disse, strofinandosi gli occhi.
- Lou, vuoi venire con me a fare la spesa? – chiese la mamma, quella mattina.
La bambina annuì. Fare qualcosa l’avrebbe distratta dai pensieri che la tormentavano, e dai ricordi di quello strano sogno.
- Mamma! Compriamo il budino? – esclamò Lou, vedendo la bella confezione su uno scaffale del supermercato.
- Ma si, perché no? Quale vuoi, quello al cioccolato? O quello alla fragola? –
- Cioccolatooo! – fece la bimba, sorridendo soddisfatta.
Seguendo gli scaffali dei dolci, Lou cercò ancora qualcosa da poter mettere nel carrello, ma quando si voltò vide che il carrello e sua madre erano spariti.
“ Accidenti! Mi sono allontanata troppo.” pensò, e così si aggirò tra gli scaffali, tentando di scorgere la chioma castana della mamma.
- Piccolina! Ti sei persa? – esclamò una voce all’improvviso.
Lou alzò lo sguardo, e si ritrovò faccia a faccia con una giovane donna.
Era giovane e longilinea, con i capelli lunghi che le ricadevano sulle spalle, e una fascia colorata legata sulla testa.
La bambina notò che quel volto le era familiare, tuttavia c’era qualcosa nel suo sguardo... come una scintilla...
- Non mi sono persa, e non sono piccola. – disse, secca.
- Scusa, non volevo offenderti! – fece la donna, sorridendo.
“ Ecco che cos’è...” penso Lou. “ I suoi occhi... non riflettono il mondo... Normalmente gli occhi della gente sono come specchi. Se ci si concentra a scrutarne i riflessi, si può vedere tutto ciò che ci circonda, perfino noi stessi, ma... i suoi occhi sono diversi... sembrano liquidi, in un certo senso.”
- Pensavo... – disse la donna. – ...che avresti bisogno di un aiuto. Per ritrovare qualcuno, giusto? –
“Dalia!” si disse la bimba.
- Ritrovare qualcuno? –
- Beh, non stai cercando tua madre? –
Lou si ricordò solo in quel momento. – Ah... – mormorò, un po’ delusa.
- Comunque... – proseguì la donna. – Se non ti serve qualcosa, prova a guardare qua dentro. –
Così dicendo, porse alla bambina un sacco. Era di cuoio marrone, e aveva due piccole bretelle, proprio come uno zaino.
- Che cosa... secondo te mia madre sarebbe li dentro? – esclamò Lou, cominciando ad innervosirsi.
- Non ho detto questo... – rise la donna, facendo l’occhiolino.
- A... ad ogni modo, io non accetto regali dagli sconosciuti! – fece la bimba, e corse via.
- Tesoro! Ma dove eri finita? – esclamò la mamma, preoccupata, caricando le buste della spesa in auto.
- Oh, da nessuna parte... Ti stavo cercando... – disse la bambina, semplicemente.
- Mh... La prossima volta non allontanarti così, ok? –
Lou annuì, sedendosi comodamente sul sedile posteriore.
Per tutto il viaggio di ritorno a casa, la bambina rimuginò sulle parole della donna sconosciuta.
Quella notte, come sempre, dopo il bacio della buonanotte, Lou si distese nel suo lettino e chiuse gli occhi, lasciandosi pervadere dall’aria fresca che entrava dalla finestra semiaperta.
I grilli frinivano dolcemente, e gli occhi nocciola della piccola si chiudevano poco a poco...
Si svegliò disturbata da un raggio di sole, che filtrava attraverso le tende verdi, e colpiva Lou in pieno volto.
Ancora mezzo addormentata, si alzò dal letto e si mise alla ricerca delle ciabattine, che erano sotto il letto.
In quel momento si riscosse improvvisamente dall’intorpidimento del sonno, e si rimise in piedi.
“ C’è qualcosa che non va.” si disse. “Non capisco cos’è, ma non è tutto come al solito.”
In effetti, guardando bene, Lou si accorse che l’atmosfera che la circondava era cambiata.
I colori della sua camera, rosa e verde, erano stranamente diventati più acidi, e quasi disturbavano la vista; inoltre, lo sprazzo di cielo che si poteva osservare dalla finestra era di un azzurro molto forte, troppo strano per quell’ora del mattino.
La bambina si vestì in tutta fretta e corse per le scale, fino a raggiungere la cucina.
Anche in quella stanza i colori erano di tonalità più acidula, quasi metallica.
Una donna dai lunghi capelli dorati, intenta a preparare la colazione, stava di spalle, trafficando con pentole e fornelli.
- E tu chi sei? – esclamò Lou, spaventata, arretrando di qualche passo.
La donna si voltò, sorridendo dolcemente.
Lou spalancò gli occhi, incredula.
- Ma... mamma? – mormorò.
- Tesoro, che c’è? Va tutto bene? –
La mamma bionda dispose la pancetta e la frittata nel piatto di plastica verde.
- Quando... quand’è che ti sei tinta i capelli? – chiese Lou, sedendosi a tavola.
- Tinta i capelli? – ripeté la mamma, non riuscendo a capire. – Io non mi sono mai tinta i capelli! –
Lou continuò a fissare la donna.
Quella era sua madre, eppure...
Improvvisamente si alzò dalla sedia, e corse alla porta.
“Se è vero quello che sto pensando...” pensò, girando la maniglia.
- Tesoro, ma dove vai? – fece la mamma, ma Lou non la sentì nemmeno, già corsa fuori in giardino.
Era come pensava lei.
Anche i colori di tutto ciò che si trovava all’esterno erano aciduli e metallici, e a volte davvero strampalati.
L’erba del giardino aveva una strana luminescenza viola, pur mantenendo un certo colore verde, e così anche nei giardini delle villette circostanti.
- Cosa sta succedendo? – mormorò Lou, arrovellandosi per capire.
Ma poi qualcosa attirò la sua attenzione.
Sul marciapiede, vicino alla cassetta delle lettere, c’era un sacco.
Un sacco di cuoio marrone con due bretelle.
Ambiguo come inizio,
non trovate? In realtà è la prima storia horror che scrivo, e anche la
prima
con protagonisti dei bambini, quindi, diciamo, il risultato è stato un
po’ una
sorpresa...
Questa storia, per
la verità, nasce da un sogno che ho fatto tempo fa ( a volte i miei
sogni sono
davvero assurdi!)!
Spero vi sia
piaciuto questo primo (di tre) capitolo.
Alla prossima
settimana, con il secondo! XDD