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Autore: _Malila_Pevensie    23/09/2020    0 recensioni
Prima storia della serie "Le Saghe di Finian"
Il mondo di Finian non conosce giustizia da quasi cento anni, fin dall'istante in cui la tirannia della Regina Mirea ha avuto inizio.
Freya non l'ha mai vissuta in modo diretto, protetta dalla quiete delle Foreste di Confine in cui sua madre l'ha cresciuta. Le è stato fatto l'immenso dono della libertà e lei non ha mai pensato di lasciare il luogo che l'ha vista diventare ciò che è.
Aran, Principe alla corte di Errania, non ha mai visto in Mirea null'altro che la propria salvatrice. La sorte gli ha concesso ogni ricchezza e privilegio, ma gli ha lasciato anche un fardello d'immense bugie in cui non sa di star affondando sempre più.
La verità, celata dietro quelle esistenze che sembrano destinate a ripetersi sempre uguali a loro stesse, si rivelerà presto in tutta la sua schiacciante realtà.
Il loro destino, racchiuso in una Profezia antica di un secolo e ultimo lascito dei draghi, si presenterà proprio nell'instante in cui le loro vite entreranno inaspettatamente in collisione.
Il Tempo del Silenzio è giunto alla fine e il momento di scegliere si fa sempre più vicino.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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CAPITOLO 17
- NEL BUIO -


Non pensare mai al tuo nome.
Questa regola fondamentale le era stata ripetuta fino allo sfinimento, ai tempi del suo apprendistato. Non importava quante volte l'avessero già fatto: quando si accingevano a dare inizio a un Richiamo, il suo maestro le ribadiva quel concetto, scandendo bene le parole come se lei fosse un'imbecille.
Era stato un periodo duro, quello, in cui nulla era mai stato certo e ogni giorno tutto ciò che credeva di sapere veniva messo in discussione; eppure, proprio in quegli anni aveva compreso quale fosse il suo potenziale e aveva imparato a imbrigliare qualcosa che sfuggiva ai più: la propria forza di volontà. Forse, quello era il motivo per cui la regola le era rimasta addosso ed era diventata sua abitudine: le ricordava che doveva sempre avere il controllo. Avrebbe dovuto piantarla con quelle assurde reminescenze; arrivati a quel punto, non servivano più a nulla.
Mentre attendeva, lasciò che la sua mente venisse avvolta sempre di più dal buio. Era sorprendente come potesse apparire tanto vuota; appena sotto quel velo di quiete che lei stessa aveva steso, una fitta rete di pensieri e progetti continuava a delinearsi ininterrottamente. Sapeva però che era assolutamente necessario lasciarli fuori, se voleva riuscire a stabilire il contatto. Tutto si reggeva sulla capacità della sua mente di rendere concreta una realtà labile, che nessun altro poteva vedere.
Il tempo, intanto, andava lentamente perdendosi. Cercare di tenerne la percezione era inutile, perché colei che stava aspettando non ne aveva alcuna, né tanto meno era interessata ad averla. Tutti quei decenni legate senza via di scampo e ancora nulla del mondo esterno l'aveva in qualche modo raggiunta. Non che ve ne fosse necessità: il contatto con la realtà non le era mai servito per esercitare il suo potere.
Il buio cresceva sempre di più. Poteva avvertirlo premere sulle pareti della propria mente, come se volesse disintegrarle e arrivare ad avvolgere il mondo intero, che giaceva quieto appena là fuori,  nella sua ignoranza. Quale misteriosa forza, l'oscurità. Nessuno ne aveva mai conosciuto le potenzialità, fino a che lei non si era spinta oltre. Se mai ne avesse avuto timore, era stato prima di comprendere appieno dove l'avrebbe potuta portare.
Fu proprio quando quella nera coltre divenne impenetrabile, annullante, che una figura ben conosciuta iniziò a emergerne. Inizialmente, si palesò come nulla più che una sagoma fumosa, indistinta, i cui contorni sfumati impedivano di riconoscerle qualunque aspetto umano. Poi, parve improvvisamente prendere sostanza: le sue forme si fecero sempre più solide, fino a divenire le inconfondibili curve di un corpo femminile, che andavano disegnandosi nel nulla. Solo quando la sagoma fu completamente delineata iniziò a intravedersi un volto, i cui lineamenti erano attraversati da un sorriso che avrebbe saputo far rabbrividire chiunque. La sua forma era umana, ma ciò che si nascondeva al di là di essa non lo era neanche lontanamente.
Finalmente, lei potè muoversi. Sentì la propria proiezione mentale avanzare, mentre la figura faceva lo stesso e si avvicinava a passo lento. Quando furono una di fronte all'altra, le due si guardarono dritte negli occhi. Quel sorriso non abbandonava il volto dell'altra, mentre il suo era impassibile, come sempre.
Gli occhi totalmente neri e privi di pupilla della sua interlocutrice brillarono, prima che parlasse. «Potresti mostrare un po' di gioia, una volta tanto» disse, con la sua voce dal timbro di velluto. Quanto poteva essere  ingannevole l'apparenza?
«Che cosa hai percepito?» domandò lei, senza perdere il proprio contegno. Sapeva molto bene quanto all'altra piacesse giocare, quanto la divertisse detenere il potere attraverso ciò che solo lei poteva sapere, ma dalla sua risposta sarebbe dipeso molto.
La figura misteriosa si fece seria per un breve momento, prima che il sorriso ricomparisse. Questa volta, in esso vi era una nota minacciosa. «Quale trappola insidiosa, l'influenza del passato. Dovresti ben sapere che quello che sottovalutiamo, in una maniera o nell'altra,  finisce con il scivolarci fra le dita» aggiunse poi, spezzando il contatto visivo e superandola. La stoffa nera della tunica in cui era avvolta fluttuò nella sua scia, senza produrre alcun rumore.
Quelle parole sarebbero potute essere l'unica cosa capace di incrinare la sua imperturbabilità. Sentì la collera iniziare a risalire lungo tutto il proprio corpo, minacciando di straripare. Eppure, non si scompose. Sapeva perfettamente di poterla controllare, così come aveva sempre fatto con ogni sua singola emozione. Si voltò. «Non ho intenzione di commettere lo stesso errore una seconda volta» sentenziò, lapidaria. «Ora, parla.»
Per un attimo, la figura restò silente. Chiuse gli occhi e prese un profondo respiro. Di cosa, lei non avrebbe saputo dire: quella creatura non viveva delle stesse leggi di chiunque altro, confinata in quel mondo immateriale. Quando riaprì le palpebre finalmente parlò: «Il potere è stato liberato ed è vivo, ardente. O almeno, così è stato per un attimo. Adesso è solo un lieve palpitio, ma la sua traccia è inconfondibile.»
Nemmeno allora esternò traccia di emozione. Solo i suoi occhi tradirono una qualche reazione, scintillando della stessa luce che balenava in quelli della sua alleata, spalancati nel buio. Non disse più nulla, ferma e immobile in quell'attimo che avrebbe cambiato ogni cosa, per sempre.
Quel giorno, che per molte vite ignare non sarebbe stato diverso da qualunque altro, era per loro il preludio di tutto ciò che sarebbe accaduto da lì in avanti. Per il momento, non c'era nient'altro che avesse importanza.
Lentamente, la figura misteriosa iniziò a dissolversi. La sua voce, però, giunse forte e chiara un'ultima volta, echeggiando in quel nulla che nulla in realtà non era: «Presto arriverà il momento.»
Sì, presto sarebbe arrivato il momento, si disse lei. E il mondo avrebbe tremato.
   
 
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