Videogiochi > Altro
Ricorda la storia  |      
Autore: Batckas    23/09/2020    0 recensioni
[Kingdom of Amalur]
Nel regno di Amalur, durante la geurra del Cristallo, il Senzafato sperimenta emozioni che aveva dimenticato.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Gwyn distolse lo sguardo dal Senzafato temendo di essersi soffermata fin troppo a lungo. Il giovane, però, non si era accorto di nulla, era impegnato nella cottura della carne, qualche minuto prima erano riusciti a cacciare due antilopi.
La dokkalfar si sentiva in soggezione davanti al Fedele al Vero, anche se il Senzafato non aveva mai fatto vanto di quel titolo e, al contrario, si era battuto per fare in modo che fossero poste delle scuse a Gwyn dopo che era stata tacciata di tradimento. 
Da quando avevano impedito ai niskaru di invadere il mondo Gwyn e il Senzafato erano diventati compagni di viaggio, con la guerra che diventava una minaccia sempre più imminente cercavano di aiutare dove potevano, il mondo sembrava essere preda più che mai della malvagità.
“Mangiamo.”, disse il Senzafato porgendo la fetta di carne in una scodella alla dokkalfar.
“Grazie.”, rispose lei prendendo il piatto. “Come ti senti?”
“Bene, non mi fa più male.”, il Senzafato le fece vedere la medicazione che la ragazza gli aveva applicato sul fianco dopo una ferita dovuta alla lama di un ettin.
“Guarisci in fretta.”
“A quanto pare.”
“È buona la carne.”
“Molto.”
Era una sera tranquilla, l’accampamento era in montagna, c’era una sola via da cui era possibile accedervi, l’indomani avrebbero ripreso il cammino, erano diretti ad un campo di ettin che minacciava la città vicina.
Mangiarono in silenzio, bevvero un sorso di vino, il Senzafato si privò dell’armatura, Gwyn voleva fare lo stesso. Come Warsworn era abituata a trattare tutti ugualmente, uomini e donne, ma in quel momento, con il Fedele al Vero, si sentiva in imbarazzo. Il Senzafato, però, al contrario degli altri Warsworn, nonostante ne avesse scalato rapidamente i ranghi, non era abituato al loro stile di vita e lasciò alla dokkalfar la sua intimità. I due indossarono abiti più comodi che portavano sempre con loro per riposare. Entrambe le corazze erano robuste, ma anche comode e facilmente indossabili per una persona singola.
Nonostante stesse calando la notte i due restarono davanti al fuoco, in silenzio.
“Sono fiera di te, non so se te l’ho detto.”
“Grazie, Gwyn, ma senza di te non sarei andato da nessuna parte. Hai unito i puntini, hai capito subito dove dovevamo andare e cose fare, io ho solo eseguito.”
“Senza di te, però, scommetto che non ci saremmo riusciti… non so… c’è qualcosa in te di diverso rispetto a tutti gli altri.”
Il Senzafato si oscurò in volto, solo i Tessitori conoscevano il suo segreto.
“Ho detto qualcosa di sbagliato?”, Gwyn si avvicinò al ragazzo.
“No, no, non preoccuparti.”
“Sicuro? Hai cambiato espressione…”
Il Senzafato mise un altro tizzone nel fuoco.
“Ti confesserò una cosa, ma ti prego: deve rimanere tra noi, nemmeno gli altri Warsworn possono saperlo.”
“Certo! Siamo… amici, i tuoi segreti sono al sicuro con me.”
“Conosci i Tessitori?”
“Certo, si dice che possano vedere il fato di ciascuno di noi.”
“Sì, beh, io non ne ho uno. Da quanto mi ha detto uno di questi Tessitori, Agarth, la mia sola esistenza modifica le tele del fato impedendo loro di leggerlo. In pratica… cambio il destino delle persone.”
Gwyn non fu sorpresa da quelle parole.
“Hai compiuto l’impossibile. Ti credo.”, sorrise.
“C’è un’altra cosa. Ero morto e sono stato riportato in vita da uno gnomo con il Pozzo delle anime. Non ricordo niente della mia vita prima di morire… so solo che… sono tornato.”
“Incredibile.”
“Sì, sto cercando, infatti, di capire cosa sia successo. Voglio porre fine alla Guerra del Cristallo.”
“Sei tornato dalla morte e la prima cosa a cui hai pensato è stata la guerra?”
“Sono tornato in vita per un motivo, devo avere uno scopo, devo avere… qualcuno che vuole qualcosa da me. Non saprei dirti con esattezza.”
“Lo scopriremo, allora, no? Una persona aiutata alla volta.”
“Sì. Credo di sì.”
Gwyn accarezzò la mano del Senzafato.
“Riuscirai a plasmare il tuo fato come meglio credi.”, gli disse guardandolo negli occhi.
Il Senzafato strinse la mano della dokkalfar. Il fuoco crepitava.
“Devo dirti un’altra cosa.”, la voce del Fedele al Vero era più bassa.
“Dimmi.”, impercettibilmente Gwyn si fece più vicina.
“Dal primo momento che ti ho vista… ho provato qualcosa per te e sono convinto che avendo combattuto con te, avendo temuto di perderti, avendoti avuto al mio fianco…”, le parole vennero meno. “Ti amo, Gwyn.”
La dokkalfar non sapeva come rispondere, non aveva mai immaginato una situazione del genere né tantomeno che il Senzafato fosse così diretto con i suoi sentimenti. Anche lei provava qualcosa per lui. Quando lo aveva visto combattere con la furia degli eroi antichi il cuore le aveva tremato, quando era stato nominato Fedele al Vero aveva percepito un sentimento d’orgoglio e d’affetto tanto forte che l’amicizia non era in grado di contenere.
Il giovane sembrava attendere una risposta mentre i suoi occhi erano fissi in quelli della ragazza. Gwyn si sistemò i capelli corti dietro le orecchie a punta. Era spaventata, ma il calore del fuoco non era forte come quello del tocco del Senzafato. Gwyn non trovava le parole giuste per esprimere le sue emozioni. Sfiorò la guancia del giovane e lo baciò delicatamente come se fosse un vaso che potesse rompersi, baci fugaci come se dovesse rubarglieli.
“Costruiamo insieme il tuo fato?”, gli domandò la dokkalfar sospirando. Il Senzafato la strinse a sé.
La Luna illuminava il loro accampamento, i suoni della natura accompagnarono i due amanti nell’abbraccio del sonno.

L’indomani si svegliarono all’alba, stretti l’uno all’altro. Gwyn lo salutò con un timido bacio sulle labbra. In trenta minuti furono pronti e lasciarono l’accampamento. Si incamminarono.
“I rapporti tra Warsworn sono leciti?”, domandò il Senzafato.
“Sì, non dobbiamo nasconderci… a meno che, ovviamente, tu non voglia tenere gli altri all’oscuro. Capirei!”
“Non esiste, Gwyn, pensi che mi vergogno di te?”
“Sono una dokkalfar, tu no.”
“Non mi interessa.”
Gwyn sorrise. In cuor suo sapeva che quelle sarebbero state le risposte del Senzafato ma udirle dalla sua bocca la rassicurò.
Erano a duecento metri dal campo degli ettin, vedevano le bestie trastullarsi e mangiare.
“Ne conto dieci.”, disse Gwyn. “Come vuoi procedere?”
Il Senzafato si guardò attorno.
“Scalerò su quella roccia e li affronterò, tu occupa l’ingresso e impediscigli di fuggire.”
Gwyn annuì.
“Fai attenzione.”, disse al giovane.
“Anche tu.”
Il Fedele al Vero si arrampicò sulla roccia, raggiunse il punto elevato, lui e la dokkalfar si scambiarono un cenno di intesa, poi il Senzafato precipitò con lo spadone sguainato nel campo degli ettin. Gwyn avanzò in posizione.
Aveva già visto combattere il Senzafato, il giovane combinava un uso spietato e rabbioso dello spadone con la maestria e l’eleganza dei chakram, non aveva mai visto nessuno combattere in quel modo.
Gli ettin furono facile preda dei due Warsworn, ma una parete della montagna crollò svelando una porta. I due decisero di investigare e si inoltrarono nella roccia.
I corridoi erano illuminati con delle deboli fiaccole, alcune pietre reagivano alla presenza magica del Senzafato, il pavimento era coperto da una patina giallastra. All’interno furono attaccati da altri ettin che si comportavano in modo inconsueto, sembravano aver perso la loro rabbia animalesca.
“Qualcuno li sta controllando.”, commentò il Senzafato.
I due raggiunsero una porta, la dokkalfar la aprì.
Entrarono in una sala molto più grande delle altre, al centro c’era un altare, davanti a questo un uomo con una tunica lunga che, appena percepì la presenza dei due sconosciuti si voltò impugnando uno scettro. I Warsworn si prepararono a combattere, ma quando lo straniero vide che i due non erano ettin si rilassò e abbassò l’arma.
“Dovete scusarmi.”, disse con tono cordiale e allontanandosi dall’altare. “Sono Balo Vixen della Scholia Arcana.”
“Sei lontano da casa.”, rispose il Senzafato che ripose le sue armi.
“Io… ti conosco?, Balo si avvicinò per esaminare meglio il giovane, Gwyn frappose la sua spada tra i due. Balo si scansò e ridacchiò. “Una guardia del corpo molto zelante, a quanto vedo.”
“Non è la mia guardia del corpo. E no, non ci conosciamo, Balo. Posso sapere cosa fai qui? Sei tu che controlli questi ettin?”
“Notevole, vero?”, Balo era fiero e pieno di sé. “Ho controllato questi ettin che hanno cacciato via i loro simili… certo poi hanno fatto crollare la montagna e sono rimasto intrappolato qui…”
“Quegli ettin che hai cacciato dalle grotte hanno minacciato le città vicine.”, fece notare Gwyn con un pizzico di rabbia.
“Avrei dovuto uccidere anche gli altri con il mio piccolo esercito, ma, come ho detto, sono rimasto bloccato qui.”
“Temevi comunque l’arrivo degli ettin.”, commentò il Senzafato pensando alla reazione di Balo a quando li aveva sentiti arrivare.
“Sì, ho chiaramente ordinato di non avvicinarsi a questa stanza, quindi ho temuto per la mia vita.”
“Che tipo di incantesimo stai usando?”, chiese il Senzafato.
“Uno di mia invenzione!”, rispose orgoglioso.
“Uccideremo questi ettin e tu tornerai alla Scholia Arcana.”, tagliò corto Gwyn.
“Ma loro rappresentano il mio esercito privato! Non potete ucciderli!”
“Per quanto tempo pensi di poter mantenere il controllo?”, domandò il Fedele al Vero.
“Tutto il tempo che voglio! Ho modificato la loro natura alla base.”
“Abbiamo ucciso degli ettin venendo qui.”, disse Gwyn.
“Lo so! Un vero peccato, ma ce ne sono molti altri in queste grotte. Era una nidiata, posso farli accoppiare e via dicendo…”
Gwyn e il Senzafato si scambiarono un’occhiata. Un’armata di ettin agli ordini di un mago non era una buona idea.
“Non possiamo permetterlo.”, disse con autorevolezza la dokkalfar. “Uccideremo gli ettin e tu tornerai alla Scholia.”
“Distruggereste il lavoro di una vita!”
“Mi dispiace, Balo, ma non abbiamo altra scelta.”, intervenne il Senzafato.
“Non è vero!”, il mago si allontanò tornando verso l’altare.
“Non costringerci alla violenza.”, intimò Gwyn.
“Provateci pure!”, il tono di Balo era acuto e nervoso, lanciò un incantesimo verso Gwyn, il Senzafato la scansò e la magia colpì lui.
Gwyn si rialzò velocemente e caricò Balo con la sua lancia, ma il mago evitò il colpo con una capriola all’indietro, alle sue spalle si aprì un’altra porta da cui arrivarono altri ettin. La dokkalfar guardò il Senzafato che, in ginocchio, aveva gli occhi persi nel vuoto.
“Cosa gli hai fatto?”, tuonò.
“Non vi lascerò distruggere il mio lavoro!”
Gwyn scagliò la sua lancia contro Balo perforandogli il costato e impalandolo al suolo, sguainò la spada e difese il Senzafato dalle orde di ettin che si avvicinavano.
Minuto dopo minuto, cadavere dopo cadavere sentiva le forze che gli venivano meno, ma non cedeva, non si era mai ritirata da una battaglia come Warsworn e non lo avrebbe fatto quando la vita del suo amato era in pericolo.

Aprì gli occhi.
Scattò in piedi sul letto, un dolore lancinante le attraversò il petto e tutti i muscoli, si guardò attorno, era vestita con solo degli stracci, ricordava l’odore del sangue degli ettin e Balo impalato alla sua lancia. In un angolo erano state ordinatamente riposte le sue cose. Un rumore alle sue spalle.
“Gnomo in arrivo, non fate male allo gnomo!”, la supplicò una voce.
Gwyn si voltò.
“Chi è lei?”
“Gebbrim al suo servizio!”, lo gnomo fece un inchino.
“Con me c’era un uomo, dov’è?”
“Da questa parte.”
Lo gnomo la portò in un’altra sezione della piccola casa, dietro un telo azzurrognolo c’era il Senzafato bloccato nella stessa posizione in cui Gwyn lo ricordava: in ginocchio e con lo sguardo nel vuoto, come se fosse stato pietrificato.
“Non ho potuto aiutarlo, se lo guarda negli occhi, però, si accorgerà che è come se stesse sognando.”
Gwyn lo fece. Lo baciò. Lo gnomo fece finta di distrarsi.
“Chi potrebbe aiutarlo?”, domandò la dokkalfar.
“Onestamente non saprei, non ho capito nemmeno di che magia si tratta, io non sono un guaritore, ma non mi sembra nemmeno una maledizione, è qualcosa di diverso.”
“Come ha fatto a portarci via?”
“Con l’aiuto di Kat, la mia orsa!”
“Ho bisogno di aiuto… e della sua orsa.”

Non ricordava di aver bevuto, quindi l’immagine davanti ai suoi occhi doveva essere reale: una dokkalfar, il Senzafato e uno gnomo su un orso. Si massaggiò gli occhi più volte. Era reale quello che stava vedendo. La dokkalfar gli si avvicinò con fare preoccupato, le lacrime agli occhi, ma la determinazione di una guerriera.
“Lei è Agarth, vero? Il Tessitore.”
“Sì, sono io. Chi sei tu?”
“Gwyn, una Warsworn. So che lo conosce.”, indicò il Senzafato.
“Cosa gli è successo?”, Agarth aiutò Gwyn e lo gnomo a calarlo dall’orsa, era come una statua.
“Un mago della Scholia Arcana gli ha lanciato un incantesimo e da allora è rimasto così.”
“Che fine ha fatto il mago?”
“Morto.”
“Ottimo. Portiamolo dentro.”
Agarth li fece accomodare nella piccola casa in cui viveva, sistemarono il Senzafato sul letto. Il Tessitore si presentò allo gnomo.
“Perché è qui? Dovreste visitare un curatore.”
Gebbrim prese la parola.
“Ci siamo andati, ma ci hanno detto che il problema non è qui nel mondo reale, ma nel mondo delle possibilità. E chi meglio di un Tessitore conosce le possibilità di una vita? Alla fine voi vedete il fato di tutti.”
Agarth aggrottò le sopracciglia, non disse nulla. Provò a leggere il destino del giovane, ma così come era accaduto la prima volta non ne fu in grado.
“Aspettate…”, scorse qualcosa.
Gwyn si avvicinò al Tessitore come se potesse vedere meglio.
“Ci sono!”, Agarth andò al tavolo in legno e scrisse qualcosa su un foglio che porse alla dokkalfar. “Ho bisogno di queste cose. Sono gli ingredienti per una pozione particolare che permette all’anima di lasciare il proprio corpo per un breve lasso di tempo.”
“Ma noi dobbiamo fare il contrario!”
“Non preoccuparti, fanciulla, so cosa faccio. Andremo insieme. Tu… gnomo, tu resterai di guardia.”
“Ma io dovrei tornare alle mie faccende! Ho una locanda da gestire!”
“Non oggi!”
Agarth prese Gwyn per il polso e la trascinò fuori. Quell’urgenza fece preoccupare la ragazza, ma quando furono fuori l’atteggiamento del Tessitore mutò.
“Non volevo parlare davanti allo gnomo. Il nostro amico bloccato, come saprai, non ha un fato.”
“Come sai che lo so?”
“Ci sono cose che i Tessitori vedono nei fili del fato, altre che possono scorgere negli occhi di una giovane innamorata. Se lo hai portato da me in particolare significa che ti ha raccontato la sua storia.”
Gwyn voleva scoppiare in lacrime, ma non se lo permise.
“Quegli ingredienti ci serviranno davvero?”, domandò.
“Sì. Ma dipenderà da lui. In questo momento è intrappolato a metà tra la vita e la morte, il suo fato non solo è indistinguibile… è arrabbiato e triste. Ha mutato i destini di innumerevoli persone… e ora sta facendo i conti con ognuno di loro e con le sue infinite possibilità d’essere, con tutto ciò che sarebbe potuto diventare ma non è stato. Dobbiamo liberarlo.”
“Esistono magie di questo tipo alla Scholia Arcana?”
“Sono proibite, sono incantesimi fae che solitamente vengono effettuati sotto stretto controllo per fare in modo che il fae che si prepara alla rinascita veda ciò che ha fatto nella sua vita per essere migliore.”
“E perché è in pericolo?”
“Perché non ha mai avuto un fato, le sue possibilità sono infinite, significa che dovrà combattere infiniti nemici.”
“Oh no.”
“È forte e ce la farà. Noi pensiamo a quegli ingredienti.”
“Sì…”
Erano in procinto di recuperare l'ultimo ingrediente quando furono intercettati da un gruppo di maghi.
“Dobbiamo chiedervi di non continuare nella vostra missione.”, disse uno di quelli.
“Posso chiedere perché vi intromettete?”, domandò Agarth.
“Balo Vixen non è mai stato un membro della Scholia Arcana, al contrario, era un ricercato. Ha rubato dei tomi dalla Casa delle Ballate. Non possiamo permettere che i fae vengano a conoscenza di questo incidente altrimenti le ripercussioni sarebbero terribili. Pertanto dobbiamo chiedervi di lasciar morire il giovane, la sua fine giungerà entro dieci giorni, vi preghiamo di non fare niente per impedirla.”
Gwyn sguainò la spada.
“Smettiamola con questa sceneggiata.”, la dokkalfar era agguerrita. “I vostri assassini dovrebbero allenarsi meglio.”
La Warsworn fu aggredita da due individui, Agarth non ebbe nemmeno il tempo di reagire, ma non ce ne fu bisogno, la ragazza uccise con fendenti decisi i suoi avversari.
La spada volteggiò nella mano salda di Gwyn.
“Tocca a voi.”
I maghi attaccarono.
Agarth e Gwyn uccisero alcuni degli aggressori mentre altri fuggirono. Recuperarono l'ingrediente e tornarono indietro.
“Ci daranno la caccia.”, commentò Agarth.
“Che ci provino pure.”
Tornarono alla capanna.
Agarth iniziò a fabbricare la pozione, Gwyn prese di peso Gebbrim e se lo portò all’altezza degli occhi.
“Ho bisogno di un favore.”
Lo gnomo sapeva che avrebbe potuto dire di no, ma qualcosa negli occhi della dokkalfar gli faceva ricordare la sua giovinezza. Annuì col capo. Gwyn sorrise e lo abbracciò.
Il Tessitore si fermò un istante, guardò la ragazza.
“Stanno arrivando.”, disse.
Gwyn baciò la fronte del Senzafato.
“Mitharu, Lyria, Ethenne, chiunque sia disposto ad ascoltarmi. Vi prego: salvatelo.”, pregò in silenzio. Si rivolse ad Agarth. “Se non dovessi farcela… ditegli che lo amo e che lo attenderò dove tutto finisce.”
Il Tessitore annuì.
La giovane Warsworn varcò la soglia della capanna.
Guardò verso il cielo, le nuvole che avevano oscurato il Sole non erano di originale naturale, i maghi erano in arrivo.
“Consegnacelo e potrai vivere.”, disse una voce.
“Mai.”, il tono di Gwyn era calmo.
Il suo respiro era regolare.
Impugnò la lancia.
“Come desideri…”, la voce si perse nell’etere.
Demoni niskaru apparvero.
Aveva sempre combattuto per l'onore e per difendere i più deboli, quello era il giuramento che aveva fatto. C'era chi chiamava i Warsworn mercenari, ma lei sapeva che non era vero. Come i suoi genitori prima di lei, il suo dovere era essere la spada di chi non poteva impugnarla.
In quell'istante in cui abbatteva demone dopo demone, però, si rendeva conto di non star combattendo per altri che per se stessa. E si sentì libera. Il suo corpo si muoveva come un automa programmato per la guerra, gli anni di allenamento la guidavano in quella danza mortale.
I maghi palesarono la loro presenza, i niskaru non erano in grado di superare la dokkalfar.
La lama della spada si spezzò.
Un niskaru la ferì al braccio, gli spallacci dell'armatura caddero nel sangue dei demoni, uno dei maghi si avvicinò troppo e la dokkalfar lo sgozzò.
Il fiato iniziava a venirle meno, assaporava il suo stesso sangue, fu infilzata all'altezza della spalla, i suoi movimenti diventarono gonfi e lenti, la vista si annebbiò. I niskaru caricarono per darle il colpo di grazia.
"No."
Gwyn gridò tra le lacrime, era l'unica difesa per il suo amato e la morte non l'avrebbe avuta, non quel giorno. Con un solo braccio, con i denti digrignati in una furia disperata, la dokkalfar mantenne la posizione.
E fu in quel momento che l’udì.
Un corno.
Un suono che aveva sentito innumerevoli volte, ma che mai come quella volta le riempì il cuore di gioia. Guidati da Kat e dallo gnomo, i Warsworn si lanciarono all’attacco per proteggere la loro sorella.
I maghi furono colti alla sprovvista, volsero i niskaru contro i soldati in arrivo, ma poterono poco contro le forze dei Warsworn.
Gwyn piangeva di gioia, l’orso Kat allontanò da lei un niskaru, Gebbrim le porse la mano, la dokkalfar salì sulla comoda pelliccia macchiandola del sangue delle sue ferite.
La battaglia tra i Warsworn e i niskaru sembrava volgere a favore dei primi, ma gli stregoni erano intenzionati a cambiare il fato di quello scontro.
I tiranni niskaru ruggirono facendo tremare i cuori dei soldati, con i loro terribili artigli decimarono con pochi colpi le truppe dei Warsworn, Kat condusse il padrone e la fanciulla al sicuro su un lato della capanna e lì lo gnomo la fece nascondere. Gwyn assistette alla rovina dei suoi compagni che, fedeli al giuramento, non arretravano di un passo, prima di poterli superare i niskaru dovettero fare a pezzi i loro corpi.
Nelle ere a venire le gesta dei Warsworn di quel giorno sarebbero state cantate come emblema di coraggio e di sacrificio.
Gwyn non aveva più forze per camminare.
Se doveva morire voleva farlo tra le sue braccia.
Aveva sempre immaginato la sua morte su un campo di battaglia, ma in quel momento voleva soltanto lo sguardo del suo amato. Si trascinò supina verso una delle finestre della capanna, ma non riusciva ad arrivarci, si accasciò al suolo sull’erba bagnata, pianse.
Agarth non le aveva detto il suo destino quando era uscita, forse perché l’aveva vista morire nel fallimento e non aveva voluto condannarla ad un tale peso nel cuore prima della battaglia. Gebbrim la raccolse da terra e la nascose sotto il corpo caldo di Kat.
I tiranni niskaru ulularono orribilmente e vittoriosi.
La terra tremò.
I lampi nel cielo distrussero le nuvole oscure.
I niskaru fermarono la loro avanzata. Ebbero paura.
Una corazza di fulmini e pura energia del fato simili a saette nelle pupille.
Il Senzafato era tornato.
Nelle sue mani si materializzavano armi di pura energia con cui annientava i suoi nemici.
I Warsworn, riconoscendo il Fedele al Vero, furono galvanizzati, dimenticarono la stanchezza e si gettarono all’assalto.
Agarth si appoggiò allo stipite della capanna e, sorseggiando del vino, si godette lo spettacolo.
Il Senzafato riscrisse la storia.

“Come stai?”, domandò a Gwyn.
“Sono stata meglio.”
“Ti meriti una vacanza.”
La dokkalfar rise, ma le provocò dolore.
Il Senzafato le baciò la fronte.
“Tu cosa hai visto?”, gli domandò la ragazza.
“Gli innumerevoli fati che ho toccato cambiandoli per sempre. Ho dovuto combattere. Ho dovuto farmi strada tra la matassa dei destini di coloro che ho ucciso e dei miei destini che non ho concretizzato. Ho visto ciò che sarei potuto essere, ma l’unico destino a cui volevo tornare era questo.”, le strinse la mano. “A questo, con te.”
Una lacrima del Senzafato bagnò le bende di Gwyn, la fanciulla gli accarezzò il mento barbuto.
“Ti amo.”
“E io amo te.”

“Sapevi che Gwyn sarebbe sopravvissuta?”, domandò il Senzafato ad Agarth.
“No. Non ho potuto leggere il suo fato perché è legato al tuo. Hai il dono di poter modificare il destino degli individui.”
“Dono o maledizione?”
Agarth gli diede una pacca sulla spalla.
“Cos’è per te Gwyn?”
“Una benedizione.”
Agarth sorrise.
“Allora penso tu abbia anche una risposta alla tua domanda. Ci vediamo in giro, ragazzo.”
Agarth si allontanò.
Il Senzafato si voltò e vide che Gwyn era in piedi e camminava a fatica. Il giovane la raggiunse e la sorresse.
“Posso fare da sola.”
“Non ne ho dubbi, ma almeno ho un motivo per abbracciarti.”
“Non hai bisogno di un motivo.”
Risero.
“Dove andiamo ora?”, chiese Gwyn appoggiando la sua testa alla spalla del Senzafato.
“Ovunque ci spinga il vento.”
La baciò.
 











 




            


 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Altro / Vai alla pagina dell'autore: Batckas