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Autore: NPC_Stories    24/09/2020    3 recensioni
Una raccolta di flashfic e oneshot che attraverso una parodia quasi sempre comica di alcuni cliché letterari racconteranno frammenti di vita dei miei personaggi ricorrenti, o anche piccoli missing moments di altre storie.
Aggiornamento a random quando mi sento ispirata.
Genere: Fantasy, Parodia, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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Nota: questa storia si svolge dopo la fine di Lezioni di sopravvivenza - Primo livello, ma prima di L'alba del Solstizio d'Inverno

1363 DR: Dream Ghost


Primo livello dell'Undermountain, vigilia della Festa della Luna

Daren aveva scordato che fosse già il periodo della Festa della Luna. Nonostante il nome potesse trarre in inganno, non era una festa chissà quanto sentita dalla sua gente, i seguaci di Eilistraee. Certo forse in quel momento qualche sacerdotessa stava ballando in Superficie, coraggiosamente senza vestiti anche se si era quasi in inverno, ma solo perché la Festa della Luna coincideva spesso con una notte di luna piena.
Nell'Undermountain le stagioni arrivavano più ovattate, ma il primo livello del dungeon, il più superficiale, ancora risentiva un pochino dei cambiamenti climatici, soprattutto nelle aree più vicine alla grande caverna naturale che si apriva sotto Monte Waterdeep.
Tuttavia il drow quella notte riposava beatamente ignaro di che giorno fosse, perché ormai la sua routine quotidiana si era fatta così abitudinaria che era facile perdere il conto dei giorni e delle notti.
Si stava concedendo un paio d'ore di sonno. Naturalmente avrebbe potuto fare la reverie anziché dormire, riposarsi grazie allo stato di trance rilassante che gli elfi erano in grado di raggiungere, e di norma lo avrebbe fatto: la reverie permetteva di rivivere memorie piacevoli e lui poteva onestamente vantarsi di averne molte. Quelle memorie però al risveglio gli facevano più male che bene, quindi alcuni mesi prima era riuscito ad appropriarsi di un anello magico perfetto per l'occasione. Si trattava di un oggetto molto comune nei mercati drow d'alta classe: era un anello che poteva soddisfare le necessità fisiologiche del suo corpo, togliendogli così il fastidio di doversi nutrire e dandogli l'abilità di sentirsi perfettamente riposato dopo sole due ore di sonno... che però doveva essere sonno vero, non bastava una trance rilassante.
Daren si era interrogato spesso sul motivo per cui quell'oggetto fosse così apprezzato dal suo popolo. Era perché diminuiva drasticamente la possibilità di essere avvelenati dal cibo? O era perché forse, dopo tutto, la sua gente preferiva affidare il proprio riposo all'incertezza dei sogni, piuttosto che alla certezza di rivivere solo ricordi orribili con la reverie?
Il guerriero conosceva la risposta per sé stesso: ottimizzazione dei tempi. Due ore di sonno normale contro quattro ore necessarie per rilassarsi con la reverie, insomma, non c'era confronto se dovevi vivere in un dungeon pericoloso in cui chiudere gli occhi anche solo per qualche minuto poteva costarti la vita.
E poi c'era Dee Dee. Doveva anche badare a lei. Quel dungeon diventava pericoloso il doppio se oltre a sopravvivere dovevi anche farti carico dell'incolumità di una ragazzina. La giovane dhampir non era mai lontana dai suoi pensieri e anche quella notte Daren si abbandonò al sonno con animo turbato e preoccupato. Lei stava reagendo bene al suo addestramento, ma mostrava ancora una rigidità di pensiero, dei limiti etici, che avrebbero potuto farla uccidere se mai fosse davvero andata ad abitare nella città sotterranea di Skullport. Ma era davvero un suo diritto calpestare i valori della ragazza? In quanto seguace di Eilistraee, non gli era forse richiesto di cercare di salvare i suoi simili dalla prigionia della loro cultura malvagia? Cosa gli dava il diritto di fare il contrario con Dee Dee, corrompere il suo animo innocente, solo perché lei non era drow?
Daren aggrottò le sopracciglia, pensieroso. Sapeva che l'elfa mezza vampira non era e non sarebbe mai stata una cattiva persona. Lui non avrebbe mai voluto che lo diventasse. Però d'altra parte essere eccessivamente candida era una caratteristica che non si sposava bene con la vita nel sottosuolo. Se solo fosse riuscito a convincerla a diventare un po' più flessibile, più capace di scendere a compromessi, senza però farle perdere di vista i suoi valori nel quadro generale...
L'ultimo pensiero dell'elfo scuro prima di addormentarsi aveva il sapore dell'esasperazione: Perché a me? Io non so niente di come si educano i ragazzini!

Un attimo dopo, il drow realizzò con chiarezza cristallina che quella era la notte della Festa della Luna.
Era una strana epifania da ricevere in sogno, ma lo capì dal fatto di trovarsi davanti un uomo che non conosceva. Era un umano bardato in un'armatura completa. Nonostante la corta barba e il suo aspetto adulto aveva un'innocenza nello sguardo che non sarebbe sfigurata sul volto di un bambino.
Inoltre, era trasparente.
Il drow, anche in sogno, non si scompose più di tanto. Aveva una certa esperienza con i morti.

"E così." Esordì, un po' a disagio perché l'umano non sembrava voler parlare. "Siamo già alla Festa della Luna, eh?"
L'umano trasparente annuì soltanto.
"Già, già. E com'è il tempo là fuori?" Continuò in tono colloquiale.
"Non saprei" finalmente l'altro guerriero schiuse le labbra e parlò. "Sono morto da molti mesi."
"Oh?" Daren tradì un'espressione sorpresa. "Ma pensavo che soltanto i morti recenti restassero in giro fino alla Festa della Luna, per poi andare verso l'aldilà."
L'umano sorrise dolcemente, e in quel sorriso c'era la stessa innocenza che brillava nei suoi occhi. "Ma io sono già nell'aldilà. Sono tornato per una notte solo per parlare."
"Con me, seguace di Lathander?" Il drow fece un gesto a indicare il simbolo sacro inciso sull'armatura dello spirito. "Mi chiedo cosa mai possiamo avere in comune, e allo stesso tempo non riesco a ricordare che siamo mai stati nemici. Che cosa vuoi, quindi?"
L'uomo lo fissò negli occhi senza mostrare alcun disagio. "Io saluto il sorgere del sole come tu saluti il sorgere della luna. Non siamo così diversi. So che parliamo la stessa lingua."
C'era un'inflessione nel tono della voce che alle orecchie dell'elfo scuro suonò come una vaga provocazione, non di natura malevola, ma come uno scherzo di cui solo loro due avevano la chiave. Per qualche motivo a Daren venne in mente quella volta in cui aveva parlato in linguaggio celestiale con Tuyy, il gigantesco pipistrello antropomorfo, per fargli prendere atto di essere un guerriero consacrato dal suo dio-pipistrello. Forse anche questo umano stava parlando in celestiale? Era così difficile capirlo, nei sogni. Di certo però il riferimento al venerare il sole o la luna indicava una cosa: lo spirito, che un tempo doveva essere un chierico o un paladino del dio dell'alba, era a conoscenza del fatto che lui invece era un seguace di Eilistraee, una dea legata alla luna. La cosa di per sé non li rendeva alleati, ma nel grande schema del mondo entrambi combattevano dalla stessa parte.
"Aspetta, riformulo: sei un seguace di Lathander, sono sicuro di non averti mai visto prima, affermi di essere morto da un po' di tempo, quindi la mia domanda a questo punto non è perché tu stia parlando con me. La mia domanda è perché non stai parlando con
lei." Rettificò, indicando la tenda in cui dormiva la giovane Dee Dee, che da ragazzina era stata salvata proprio da un paladino di Lathander. "Non pensi che lei vorrebbe vederti, Valaghar?"

L'umano scosse lentamente la testa, ma sembrava colpito dalla sua deduzione.
"Vedermi le farebbe solo male. A volte anche i ricordi più dolci possono ferire."
Di nuovo Daren provò la fastidiosa sensazione che questo tizio avesse fin troppe informazioni su di lui. Era proprio ciò che stava pensando poco prima di addormentarsi, che i ricordi piacevoli fossero troppo dolorosi, al risveglio.
"E poi lo sai, noi seguaci di Lathander onoriamo la nascita, onoriamo la vita, onoriamo la morte come parte del ciclo naturale. Noi siamo nemici di tutto ciò che ristagna e si aggrappa al mondo anche dopo la morte. Se la mia bambina non riuscisse a lasciarsi alle spalle il lutto, allora io non sarei diverso da un non morto per lei. Sarei un pensiero negativo che le risucchia la vita."
"Eppure sei venuto da me. Sai tante cose sul mio conto e non sai che la mia danza si spinge molto vicina alla non morte? Non sai che ben due volte sono morto ma non ho mai trovato la pace che hai trovato tu?"
Lo spirito sorrise di nuovo e questa volta la sua espressione era un po' meno serena, ma un tantino più complice. "Non hai mai trovato la pace eppure non ti sei mai aggrappato al mondo con odio. Hai usato la non morte come un mezzo, hai accettato la tua prigione e l'hai resa un'arma per i tuoi scopi, ma sei riuscito a non diventare mai un nemico della vita. Se io fossi vivo e tu fossi morto, dovrei invocare il mio Dio e distruggerti. Invece tu sei vivo e io sono morto, per fortuna, perché io nella morte ho trovato la pace e tu forse puoi trovarla nella vita. Inoltre so che tu non hai alcun obbligo di combattermi."
"Quindi mi ringrazi di avere quell'elasticità mentale che tu non puoi avere, paladino?" Daren sollevò un sopracciglio. "So che alcuni della tua risma sono ipocriti, ma questa è la prima volta che uno di voi lo ammette apertamente."
"Oh no" negò lo spirito sfoggiando un'espressione timida, come se il drow gli avesse appena fatto un complimento. "Siamo tutti molto consapevoli dei limiti che ci vengono imposti dai nostri giuramenti. Sappiamo che a volte il dovere non coincide perfettamente con la giustizia. Alcuni di noi odiano collaborare con persone benintenzionate che però sono capaci di compromessi, e credo che lo odiino perché abbiamo sacrificato così tanto per poter fare del bene al mondo, che alcuni di noi non amano confrontarsi con chi riesce a fare del bene pur senza aver sacrificato altrettanto. Io non ho questo limite. Ho capito da tempo che abbiamo i nostri ruoli da recitare e sono tutti indispensabili. Infatti, tu puoi fare quello che io non ho potuto fare. Con tutta la tua imperfezione, con la tua testardaggine, con il tuo attaccamento morboso al mondo, puoi anteporre le persone al dovere. Puoi prenderti cura della mia bambina."
Daren segui lo sguardo dell'umano e vide che era di nuovo puntato sulla tenda di Dee Dee.
L'elfo scuro annuì, ma era un gesto in qualche modo incerto.
"Sta crescendo, sai. Non sarà una bambina per sempre."
"Lo so. Con te sta crescendo più velocemente di quando era con me. Ho visto come mi guardava, come cercava di imitarmi in tutto. Tu pensi che le abbia insegnato i miei valori. Non è così. Mi ha preso ad esempio senza che lo volessi. Non ero sicuro che quella fosse la sua strada, dopo tutto."
"Che io sia dannato se quella sarà la sua strada" sbottò Daren, incapace di trattenersi oltre. "Vedere il mondo in bianco e nero significa perdersi così tanto dell'esperienza della vita, disprezzare così tante persone senza conoscerle. Forse voi Paladini accettate volentieri la morte perché non concedete a voi stessi di apprezzare pienamente la vita."
"Forse quello è il nostro ruolo" replicò Valaghar senza la minima esitazione. "Forse è uno sporco lavoro ma qualcuno deve farlo. O pensi che questo si applichi solo a quelli come te? A coloro che devono scendere a troppi compromessi? Forse la mia ideologia, il rifiutare ogni sfumatura di grigio, può portare a perdere se stessi tanto quanto la tua, il non saper definire chiaramente i propri valori."

Daren questa volta si sorprese a guardare il paladino con una maggiore dose di rispetto. Indipendentemente da chi si trovava davanti, da quali fossero le sue idee o le sue aspirazioni, poteva sempre trovare una parola di lode per chi capiva e accettava i propri limiti. E anche per chi sapeva compiere sacrifici e riconoscere quelli degli altri.
"Sì. Mi prenderò cura della tua bambina. Ma quando non avrà più bisogno di me..."
"Allora la lascerai andare come lei deve lasciarmi andare" accettò Valaghar, intuendo i non detti.
"Devo dirle che ti ho visto?"
"Cielo, no. Te l'ho detto, le farebbe solo male."
"Un altruista senza macchia fino alla fine" il drow lo provocò con un sorriso sghembo.
"Oltre la fine" lo corresse il paladino defunto. "Io sono già morto."


Due ore dopo Daren si svegliò, con il vago ricordo di avere fatto un sogno molto strano, un po' disturbante. Non riusciva a ricordare con esattezza proprio tutti i dettagli, ma c'era qualcosa che gli risuonava con fastidio da qualche parte in fondo alla mente. Era come se nel sogno qualcuno o qualcosa gli avesse ribadito l'importanza di prendersi cura della dhampir.
"Che cosa stupida, come se non lo sapessi già" borbottò fra sé e sé, poi si alzò con una certa urgenza per cominciare i suoi esercizi mattutini. Al risveglio si sentiva sempre un pochino anchilosato, visto che il suo giaciglio e il suo mantello servivano a Dee Dee per dormire più al caldo.


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Questa storia si ispira al trope Spirit Advisor, di cui il Dream Ghost è un esempio. Il trope consiste nel ricevere consigli da un maestro di vita che di solito si incontra in sogno, e che di solito è un mentore defunto. Una teoria molto gettonata è che questo fantomatico consigliere non sia altro che una parte del nostro subconscio che si manifesta in quel modo per comunicarci cose che già sappiamo. In questo caso la particolarità sta nel fatto che Valaghar non era il mentore di Daren, ma di Dee Dee, e che è per davvero uno spirito.
   
 
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