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Autore: Voglioungufo    25/09/2020    6 recensioni
TimeTravel!AU
Naruto finisce indietro nel tempo e decide che tutto merita un'altra possibilità.
"Nessuno ucciderà nessuno!" sbottò con stizza, incrociò le braccia e guardò il cielo con esasperazione. "Vorrei evitare di avere Uchiha emotivamente isterici in questa linea temporale, è chiedere troppo?!"
Oppure: Obito voleva solo distruggere il mondo, Naruto glielo ha impedito e ora si trova a essere un padre di famiglia e Shisui gli chiede consigli d'amore.
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Itachi, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Obito Uchiha, Shisui/Itachi | Coppie: Asuma/Kurenai, Naruto/Sasuke
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Capitolo 10
Esplosioni di glitter come inviti a cena
 
 
«So show me family
All the blood that I will bleed.»
(The Lumineers – Oh Hey)
 
Forse la notte prima Nozomi aveva avuto ragione: Obito doveva recuperare le energie.
Quando la mattina dopo si svegliò era un’ora molto tarda, il sole illuminava l’intera stanza da notte ed era solo sul letto sfatto. Si passò una mano a stropicciarsi il viso, poi si alzò per raggiungere l’altro al piano di sotto; non pensò di vestirsi, in realtà provava un sadico piacere nel mettere in difficoltà gli ANBU che dovevano spiarli. Visto che invadevano la loro privacy dovevano sopportarne le conseguenza.
Peccato che gli ANBU non fossero gli unici a invadere la loro privacy.
Si bloccò davanti all’entrata della cucina, sorpreso di vedere Kakashi seduto al loro dannato tavolo intento a bere un caffè. Caffè che sputò non appena lo vide fare la sua gloriosa e nuda entrata.
“Non è qualcosa che voglio vedere di prima mattina” tossicchiò.
“Nemmeno io. La tua faccia” precisò Obito contrariato.
Nozomi al cucinino si lanciò uno sguardo alle spalle e gli occhi brillarono di divertimento nel capire la situazione.
“Dai, vai a vestirti”.
Obito brontolò ma fece come gli veniva detto e cercò un paio di pantaloni da indossare.
“Che cosa ci fai qui, Bakakashi?” volle sapere.
Quello non rispose, socchiuse solo l’occhio visibile e alzò gli zigomi a dimostrare che sotto la maschera stava sorridendo.
“Felice di vedermi?”
“No”.
Obito fece il giro della tavola raggiungendo Nozomi al piano della cucina, notò quello che stava facendo e gli tolse la confezione da scongelare nel microonde prima che si avvelenasse.
“Non stai avendo ramen la mattina” lo avvisò.
Nozomi tentò di riavere la confezione da scongelare.
“Ho fatto colazione per anni con il ramen istantaneo!”
“E infatti guarda come sei cresciuto”.
“Sexy e irresistibile?” domandò mettendosi in posa.
“Stavo per dire basso e idiota”. Ridacchiò all’espressione offesa, gli pizzicò una guancia. “Vai a sederti, ci penso io”.
Nozomi andò a sedersi imbronciato. “Non riuscirai a impedirmi di mangiare ramen per sempre” lo minacciò.
Obito preferì ignorarlo mentre metteva la confezione di ramen istantaneo al suo legittimo posto – la spazzatura – e cominciò a prendere ingredienti per una colazione più sana.
“Sai, non ti facevo tanto uomo di casa” commentò Kakashi.
“Taci” lo seccò Obito.
Quando si girò aveva due piatti e Kakashi si sorprese di vedere uno di essi essere messo davanti a lui.
“Per me? Ti lamenti della mia faccia qui e poi mi fai la colazione?” punzecchiò per nascondere l’incredulità.
“Magari è avvelenato” propose lugubre.
“So che non lo è”.
“Non tentarmi”.
Nozomi ridacchiò a quell’interazione. Aveva già le guance piene per tutto il cibo che si era ficcato in bocca e i suoi occhi azzurri brillavano vispi.
“Smettila di fare lo tsundere” lo riprese certo di infastidire ancor di più Obito.
Kakashi approfittò di quel momento in cui entrambi erano distratti per portarsi le bacchette alla bocca, rimise veloce la maschera al suo posto un secondo prima che tornassero a guardarlo. Rise internamente all’espressione delusa di entrambi, a quanto pare Obito era ancora deciso a scoprire come fosse il suo viso sotto la maschera.
“Tu non mangi?” chiese spensierato.
“Non ho bisogno di mangiare” rispose Obito con tono monotono. “Né di bere, andare in bagno o dormire spesso. Sono le cellule di Hashirama” snocciolò come se fosse una risposta che aveva dato troppo spesso.
Kakashi lo guardò sorpreso, preso in contropiede. Quella scoperta gli provocò uno strano malessere, forse perché si rese conto di quanto il corpo di Obito fosse cambiato; era già ovvio dalla sua capacità di guarire quasi istantanea, ma era una capacità che spesso esisteva in certe linee di sangue, ma non aver bisogno di mangiare o bere? Era una cosa inumana.
Nozomi aveva già spazzolato tutto dal suo piatto e si stiracchiò con un verso di soddisfazione.
“Comunque, come mai sei qui?” domandò verso Kakashi. “Non ce l’hai ancora detto”.
“Oh, giusto” sembrò realizzare il jōnin, ma con un tono troppo finto, era palese che avesse nascosto volontariamente il motivo del suo arrivo lì quella mattina. “Hokage-sama mi ha mandato per dirvi che vuole incontrarvi. Per decidere i turni delle pattuglie al villaggio”.
“D’accordo, quando dobbiamo andare?”
Kakashi guardò l’orologio pensieroso. “Dunque, l’incontro… era un’ora e mezza fa”.
Nozomi annuì. “Allora vediamo di prepara… cosa?!” sbottò realizzando che cosa aveva detto.
Obito scattò in piedi. “Perché ce lo dici solo ora?!”
“Siamo in ritardo!”
Kakashi li guardò pacifico mentre si agitavano per cercare vestiti e rendersi presentabili.
“È solo che quando sono arrivato eravate così carini, ancora addormentati… E poi Nozomi si è offerto di farmi il caffè, tu mi hai fatto la colazione…”
Obito sembrò pronto a scagliarsi al suo collo e colpirlo con il piatto della suddetta colazione, Nozomi riuscì a bloccarlo in tempo. L’Uchiha aveva lo sharingan attivo.
“Tu non sei Kakashi!” strillò accusatorio. “Che ne hai fatto? Dov’è il vero Kakashi?”
“Suvvia, non ti sembra di esagerare…”
“Lo hai fatto apposta!” ruggì liberandosi dalla presa di Nozomi.
L’intera agitazione allarmò gli ANBU di guardia, che intervennero all’interno della casa pronti al combattimento. Ma alla vista di uno dei loro jōnin d’elite intento a difendersi da un Uchiha mezzo nudo e un Uzumaki che tentava di salvare la cucina… be’, non seppero esattamente che cosa fare.
 
֎
 
Prima che se ne rendessero conto, scivolarono in una routine. Le prime settimane a Konoha passarono veloci, troppo, quasi dando la sensazione che non ci fosse abbastanza tempo per fare tutto.
L’Hokage non aveva perso tempo e li aveva inseriti in tutti i turni, non solo di sorveglianza al cancello ma anche alla scrivania per questioni burocratiche come la consegna delle missioni e dei rapporti. Inoltre, Kakashi trovava sempre un modo per imbucarsi con loro e se Obito dopo l’iniziale straniamento di vedere Bakakashi non essere il solito misantropo si era abituato, non si era abituato invece alla conseguenza della presenza costante di Kakashi: Gai.
Oh dei.
Crescendo una persona dovrebbe perdere il proprio costante entusiasmo, diventare più seria e conscia di ciò che è socialmente accettato o meno – e per chiarire: quella tuta aderente verde non è socialmente accettata! – ma Gai sembrava essere lo stesso genin che interrompeva gli allenamenti del Team Minato per sfidare il suo acerrimo rivale. Il che portava a un altro cambiamento: Kakashi accettava le sfide.
Certo, alla fine dei conti Obito aveva potuto costatare che il vecchio compagno di squadra in fondo era restato lo stesso, era ancora molto restio al contatto con altri e i suoi atteggiamenti eccentrici servivano proprio per allontanare le persone. Nonostante ciò, c’erano piccoli e significativi cambiamenti (come appunto l’accettare le sfide di Gai), che Obito non si sarebbe mai aspettato, che lo portavano a vedere Kakashi come una sorta di alieno.
Comunque, Kakashi non era l’unica persona che si intrometteva costantemente nelle loro vite. Obito stava sviluppano una sorta di repulsione per Anko. La kunoichi sembrava divertirsi proprio nello stuzzicarlo e non perdeva occasione per farlo stando troppo vicino a Nozomi. C’era poi Shikaku, che più di una sera li aveva invitati a casa sua a cena e li aveva sfidati a scacchi. Nozomi gli aveva confidato che probabilmente stava cercando di capire che tipo di persona fosse da come muoveva le pedine e dalle sue strategie. Quella spiegazione lo lasciava molto scettico, lo shogi era un gioco con regole precise e non capiva come potesse discernere il carattere di una persona dal seguire regole. Gli scacchi possono essere prevedibili, le persone no e Nozomi lo dimostrava fin troppo bene.
Anche il resto dei Jōnin di Konoha presero l’abitudine di frequentarli e Obito sapeva che il colpevole era proprio Nozomi. Il compagno era una tale farfalla sociale da essere capace di attirare tutti nella sua zona di influenza e riuscire a essere apprezzato da tutti. Era ormai ovvio che Nozomi fosse entrato nelle benevolenze degli shinobi della foglia, tant’è che lo consideravano già un loro pari.
Obito non se ne dispiaceva, tutt’altro. Innanzitutto era evidente quanto quel riconoscimento, quel passare tempo con altre persone, rendesse felice Nozomi; ma la conseguenza davvero importante era che in questo modo entrambi non erano più visti con diffidenza. Certo, c’erano ancora le ombre a sorvegliarli, sia quelle dell’Hokage che quelle di ROOT, ma si mantenevano a una discreta distanza di sicurezza. Non erano loro il problema.
Il problema era che qualcuno nel villaggio stava tentando di sabotarli.
I campanelli d’allarme avevano cominciato a suonare quando Obito aveva evitato la prima trappola. Era un lavoro ben congegnato, un meccanismo che sarebbe esploso nel momento esatto in cui avrebbe attraversato un portico specifico. Troppo specifico perché fosse stato messo lì a caso, il suo ideatore doveva sapere bene che Obito percorreva quel passaggio specifico quando tornava dalla spesa di verdure. Qualcuno lo aveva osservato, studiato per creare una trappola particolare per lui.
Sul momento si impensierì troppo per provare a farla scattare con una finta e vedere cosa succedeva, la consapevolezza che qualcuno avesse ideato una trappola così ben riuscita solo per lui lo turbò. A quanto pare c’erano ancora dei nemici nel villaggio. Quindi si teletrasportò direttamente davanti all’entrata del composto Namikaze1 deciso a non dire ancora nulla a Nozomi. Prima avrebbe indagato sulla faccenda.
Cosa che fece.
I suoi occhi vigili individuarono altre trappole create specificatamente a sue spese, sempre più infime e difficili da notare. Riusciva a vederle solo perché le cercava, perché sapeva ci potevano essere. Era un lavoro così ben fatto che perfino un jōnin si sarebbe trovato in difficoltà. Continuò a evitarle e il suo inseguitore continuò a crearle.
Poi un giorno vide Nozomi evitare con nonchalance una di queste sulla sua strada, il cambio di direzione era stato troppo brusco perché frutto del caso. Nozomi aveva visto la trappola e senza preoccuparsene l’aveva evitata. Quindi l’inseguitore aveva preso di mira non solo Obito, ma anche il suo compagno.
Avevano un nemico.
Deciso a scoprire chi fosse ideò una strategia. Si nascose e con un kage buhin fece scattare una delle trappole e rimase sconvolto nel vedere che si trattava di una valanga di glitter appiccicosi e crema colorante istantanea per capelli. Chi al mondo faceva trappole del genere? Lo scoprì un secondo dopo che fece disperdere il kage bushin, quando il loro inseguitore finalmente si presentò nel luogo del delitto, sicuro di aver preso la sua preda.
Il bambino biondo e vestito di arancione rimase molto deluso nel vedere che i suoi glitter non si erano appiccicati su nessuno e che non c’era nessuno ad avere i capelli di un improponibile verde erba. Obito osservò dal suo nascondiglio il bambino fare il giro dell’albero in cerca della sua preda per poi urlare di frustrazione davanti all’ennesimo buco nell’acqua.
Obito non poté trattenere un sorriso confuso mentre si ritirava. Il loro inseguitore era Uzumaki Naruto.
Che diavolo?
 
Naruto non si perse d’animo e, nonostante i continui fallimenti, continuò a tendere loro trappole. Obito ormai cominciava a esserne infastidito, soprattutto perché non capiva perché diavolo il bambino lo facesse e si impegnasse così tanto nel farlo!
La sua pazienza infine si esaurì del tutto, precisamente quando vide una delle suddette trappole esplodergli in faccia. Troppo impegnato a scappare da Anko non aveva quasi visto la trappola impostata nel vicolo ed era riuscito a schivare solo un secondo prima che tutto esplodesse colorando l’intera zona – e Obito– di un arancione brillante e indecente.
Furioso ed esasperato da tutto quello, si teletrasportò al composto, direttamente davanti a Nozomi.
“Che cosa stai cercando di fare?!” sbraitò.
Nozomi lo guardò confuso, poco impressionato dai suoi vestiti arancione sgargiante, ma preoccupato per l’espressione omicida.
“Uhm… studio il sigillo maledetto di Anko?” offrì mostrando il rotolo che aveva davanti.
“Non tu tu!” sbottò levandosi i vestiti incriminati con gesti bruschi ed esasperati. “Il mini te! Il chibi-Naruto!”
“Ah! Oh…” guardò la veste a terra, le macchie di arancione simili a esplosioni di vernice e i suoi neuroni cominciarono a fare gli ovvi collegamenti. “È stato lui a farlo?” rise sotto i baffi.
Obito lo incenerì.
“Sono giorni che ci perseguita con queste… trappole, questi…”
“Scherzi” offrì in suggerimento.
Fece un verso stizzito con la mano.
“Quel che è!” concluse. “Perché? E più passa il tempo più diventa agguerrito!”
Nozomi gli rivolse un sorriso imbarazzato e finse di tornare a concentrarsi sui suoi appunti.
“No, sta solo… cercando di attirare la nostra attenzione” spiegò.
Obito inarcò un sopracciglio. “Elabora”.
“Immagino sia frustrato dal nostro ignorarlo… probabilmente il Sandaime non gli ha spiegato la situazione. Fare scherzi è sempre stato l’unico modo che avevo per essere riconosciuto dagli altri, anche se era solo per essere sgridato o deriso…”
Lasciò la frase in sospeso, senza aggiungere altro. Obito rimase a fissarlo, cercando di capirne la logica.
Meglio essere sgridato che ignorato.
Strinse gli occhi, perché capiva il terrore di non essere riconosciuto dagli altri, l’essere ignorato dal resto del clan era la norma nella sua infanzia e come il piccolo Naruto anche lui aveva fatto tutto il possibile per essere riconosciuto dagli altri.
Ma non attentando la loro vita!
Sua nonna gli aveva insegnato che le persone gentili sono sempre quelle più apprezzate, quindi aveva sempre fatto piccole gentilezze per chiunque – come portare la spesa delle nonnine – e almeno in parte aveva funzionato. Il comportamento che aveva il piccolo Naruto, visto il suo fine di riconoscimento, era inutile e dannoso, perché in quel modo si auto-sabotava: quegli scherzi lo rendevano solo più odioso agli occhi del Villaggio.
“Comunque, ho già vendicato il tuo onore”.
Nozomi aveva rialzato gli occhi brillanti dal rotolo ed erano puntati beffardi sulle macchie di arancione che aveva tra i capelli. Sembrava che faticasse dal trattenersi dallo scoppiare a ridere.
“Uh?” grugnì infastidito dell’ilarità a sue spese.
“Diciamo che quando tornerà a casa, troverà una piccola sorpresa…”
 
֎
 
Naruto non ricordava l’ultima volta che si era sentito così soddisfatto. Finalmente dopo giorni di buchi nell’acqua era riuscito a colpire il ninja con le cicatrici che accompagnava suo zio!
Ed è stato fantastico, dattebayo.
Cercare di prendere suo zio negli scherzi era stato impossibile, li evitava con una tale nonchalance da sembrare conoscesse in anticipo la minaccia. Anche il ninja con le cicatrici – Naruto non ricordava quale fosse il suo nome – era stato subdolo e perciò Naruto aveva dovuto essere ancora più subdolo.
Alla fine aveva vinto lui e il risultato era stato impagabile, insieme all’espressione sconvolta e furiosa dell’adulto.
Felice per la riuscita del suo piano tornò a casa saltellando, riuscendo per una volta a non vedere gli sguardi rancorosi dei civili che si scansavano al suo passaggio. Tutti dicevano che era un incapace, ma come potevano considerarlo tale se riusciva a intrappolare quei ninja fortissimi?
Sono il migliore, il futuro Hokage!
Con quei pensieri soddisfatti aprì la porta del suo bilocale e…
Soffocò in un’improvvisa cascata di glitter.
“Dattebayo!” gridò mentre la valanga glitterata rischiava di soffocarlo e con un salto scappò all’interno del soggiorno, ma ormai il danno era fatto: ogni centimetro del suo corpo era occupato da brillantini di tutti i colori, era come un’enorme palla da discoteca.
Sbalordito e confuso da quello che era appena successo, guardò la montagnola di glitter che si erano accumulati davanti alla porta; sopra di essi era appoggiato un biglietto, caduto per ultimo.
Chi la fa l’aspetti, recitava e Naruto, invece di arrabbiarsi e infuriarsi, sorrise a trentadue denti.
Non c’erano dubbi su chi fosse l’ideatore dello scherzo, si trattava o di suo zio o del suo amico, che si erano vendicati dei suoi. E lo avevano fatto in un modo fantastico! Invece di riportare a Jiji le sue malefatte avevano partecipato al suo stesso gioco con un’idea grandiosa, chissà se poteva riciclarla in qualche modo...
Si rialzò sempre sorridendo, tentò di passare le mani sui suoi vestiti ma i glitter ormai erano tutti appiccicati, per toglierli avrebbe dovuto fare una doccia.
Be’, poco male.
Del resto quello era un chiaro invito a cena da loro e lui non poteva presentarsi sporco.
 
Qualche tempo dopo, stava di nuovo camminando per le vie del Villaggio. Sapeva dove abitava suo zio, più di una volta lo aveva seguito di nascosto ed era rimasto dapprima estasiato di vedere quanto grande fosse la casa, poi si era infuriato alla realizzazione che non lo avevano invitato a stare da loro nonostante tutto lo spazio che ci fosse. Si era arrabbiato all’idea che lo stessero ignorando senza un motivo, ma alla fine avevano dimostrato che non lo stavano davvero ignorando quindi non era più arrabbiato.
Nonostante la doccia non era riuscito a levarsi tutti i glitter, ma non gli importava davvero, con il tempo sarebbero andati via. Insomma, niente poteva rovinare il suo buon umore.
Ma quando imboccò il vialetto che portava al giardino della casa di suo zio, due figure atterrarono dai tetti bloccandogli la strada. Naruto li riconobbe subito, erano quei ninja strani con le maschere che a volte Jiji gli sguinzagliava dietro.
Li guardò contrariato mentre si mettevano in un modo che gli avrebbe impedito di proseguire.
“Naruto-kun” disse quello con la maschera di un cervo. “Hokage-sama desidererebbe cenare con te alla Torre dell’Hokage, ci ha mandato a chiamarci”.
L’espressione contrariata di Naruto si accentuò. La verità è che quella non era la prima volta che tentava di raggiungere la casa di suo zio, o suo zio in generale. Fin da subito aveva tentato di andare da lui, ma ogni volta che ci provava c’era sempre qualcuno che lo bloccava, principalmente proprio quei ninja strani, che ogni volta gli dicevano che Jiji lo voleva vedere.
Era un complotto. Naruto non era stupido come tutti credevano, capiva le cose e capiva che lo stavano facendo apposta a impedirgli di incontrare suo zio. Forse era anche lo stesso motivo per cui suo zio non era mai andato a cercarlo.
Decise che questa volta non avrebbe fatto il bravo bambino ubbidendo. Aveva un obiettivo e quando si metteva in testa qualcosa nessuno poteva fargli cambiare idea, Iruka-sensei lo chiamava dannato testardo per un motivo!
Quindi fece la cosa più ovvia: tirò fuori la lingua per fargli una smorfia e poi corse via, verso una scorciatoia che conosceva solo lui.
I ninja dell’Hokage non reagirono subito, sorpresi di vederlo disubbidire quando almeno al Sandaime obbediva sempre, e iniziarono a inseguirlo con qualche secondo di ritardo. Ormai Naruto era già riuscito a raggirarli ed entrare nel giardino. Corse verso la strada, ma quando ormai credeva di aver vinto un muro di terra crebbe davanti a lui impedendo la sua corsa.
“Ma no, dattebayo!” si lagnò. “La magia ninja non vale!”
Si guardò intorno con un groppo in gola, per nulla intenzionato a lasciare che finisse così, anche se gli ANBU ormai lo avevano raggiunto.
“Non voglio cenare con Jiji!” gridò stringendo i pugni.
“Sono gli ordini dell’Hokage”.
Gli fece un’altra smorfia, poi scattò per raggirare l’ostacolo e raggiungere finalmente la sua meta. Gli ANBU gli furono subito addosso e lo stavano per catturare, quando delle radici esplosero dal terreno costringendo i ninja a deviare per non finire infilzati. Naruto guardò con meraviglia quelle radici creare una barriera tra lui e i ninja, ma purtroppo il tremore del terreno esplose gli fece perdere l’equilibrio. Lanciò un gridolino mentre cadeva e chiuse gli occhi, ma non sbatté mai sul suolo. Qualcuno lo prese al volo e quando riaprì gli occhi si ritrovò stretto tra le braccia di suo zio in persona. Arrossì furiosamente nel realizzare la stretta, il fatto che lo stesse tenendo forte contro di lui. Era la prima volta che qualcuno lo abbracciava…
Gli occhi di Nozomi erano seri, attenti e simili al ghiaccio mentre guardava le guardie ANBU in allerta dietro le radici. Naruto spiò dietro la spalla dello zio, vedendo che anche lo shinobi con il viso sfregiato era uscito dalla casa, ma restava a una distanza di sicurezza pronto a intervenire in caso di bisogno.
“Potete spiegarmi” iniziò lentamente Nozomi, “perché state inseguendo mio nipote attaccandolo nella mia proprietà?” ringhiò.
Naruto sentì la pancia svolazzare al pronome possessivo nei suoi confronti. Senza genitori o parenti di qualsiasi tipo non aveva mai avuto nessuno che lo considerasse suo, era bello.
“Uzumaki-san” disse con rispetto uno degli shinobi inquietanti. “Sandaime-sama ha richiesto la presenza di Naruto-kun nel suo ufficio, ma lui non sta collaborando. Stiamo eseguendo i suoi ordini”.
Naruto si infuriò, perché quella spiegazione lo faceva sembrare colpevole come sempre quando questa volta lui non c’entrava niente.
“Non voglio cenare con Jiji!” gridò quindi. “Voglio cenare con mio zio! E lo so che volete tenermi lontano da lui, dattebayo! Non sono stupido! Lasciatemi in pace!”
Le sue furono parole al vento, gli ANBU lo ignorarono completamente.
“Uzumaki-san…” avvertirono.
Naruto cominciò a preoccuparsi, suo zio non stava dicendo niente. Almeno continuava a tenerlo stretto, sperò che non lo lasciasse andare e che mandasse via quei ninja antipatici. Ma prima che suo zio potesse prendere una decisione, l’altro ninja che lo accompagnavo si teletrasportò dal nulla davanti agli ANBU. Li guardò negli occhi senza dire niente, poi quelli si irrigidirono e se ne andarono. Naruto li guardò allontanarsi stupefatto.
“Li ho messi sotto genjutsu” spiegò lo shinobi con le cicatrici, mentre faceva ritrarre anche le radici che aveva evocato.
Il petto di suo zio tremò per una risata.  “Potevamo parlarci”.
“Sì, be’, non avevo voglia” fece spallucce. “Quindi devo fare la cena anche al moccioso” considerò un po’ seccato.
Naruto lo guardò con gli occhi sgranati mentre rientrava a casa, aveva abiti scuri e camminava dolente, come se non avesse appena cacciato quei ninja inquietanti con uno solo sguardo.
Wow, che figo, pensò.
 
 
La casa di suo zio era enorme. Ma davvero, davvero enorme! Si chiese che cosa se ne facessero di tutto quello spazio.
Non riuscì a trattenersi e appena fu libero si mise a sgambettare per tutte le stanze, curioso della nuova esplorazione. Per questo motivo non gli dispiacque più di tanto quando suo zio smise di tenerlo in braccio. C’erano così tante stanze che non sapeva a cosa servivano la metà di esse ed era tutto molto spazioso, non come nel suo appartamento.
Nozomi lasciò che il bambino esplorasse il posto e si avvicinò a Obito, già ai fornelli.
“Sai che questo ci metterà nei guai, vero?”
Obito scrollò le spalle, poco impressionato.
“Se l’Hokage avrà qualcosa da ridire ce lo farà sapere. Non è come se lo avessimo rapito o altro, il moccioso sta solo cenando con noi”.
“Hai messo i suoi ANBU sotto genjutsu”.
Obito non rispose, limitandosi a ghignare soddisfatto.
“Mi piace essere pratico”.
“Avremmo potuto parlarci, trovare un compromesso”.
“Be’, avremmo potuto. Ma sarebbe stato più lungo e faticoso, probabilmente fallimentare. Così abbiamo risolto prima”.
Nozomi andò a sedersi sul tavolo e incrociò le braccia, sprofondando la testa fra esse.
“Quante volte dovrò ripetere che bisogna fare le cose giuste, non più facili?”
“Andiamo! Lo so che volevi restasse, non lo avrebbero mai permesso”.
Aprì la bocca per protestare, ma lo scalpiccio leggero dei passi di un bambino anticipò l’entrata di Naruto nella cucina.
“Che cosa si mangia?” domandò con un sorriso enorme. Lui non sembrava per nulla scosso di aver disobbedito all’Hokage, ma non ne era poi così stupito.
“Ramen!” rispose subito Nozomi.
Gli occhi di Naruto si illuminarono e Obito gli tese contro il mestolo, in segno di minaccia.
“Lo abbiamo mangiato anche ieri!”
“Ma ieri non c’era Naruto con noi” ragionò Nozomi.
Il bambino, che si dimostrò più sveglio del previsto, capì subito chi aveva il potere lì, o per meglio dire chi avrebbe cucinato. Quindi si voltò nella direzione di Obito, gli occhi sgranati e il labbro sporgente. L’Uchiha aveva già separatamente difficoltà a dire di no a Nozomi e ai bambini in generale, davanti a quella versione chibi di Nozomi era impossibile resistere. Provò a tenere il punto, ma durò solo qualche secondo. Dovette distogliere lo sguardo e borbottò che immaginava fosse giusto. Non vide i due Uzumaki farsi il segno di vittoria.
Naruto arrossì a quel gesto e si sentì in impaccio, perché non aveva mai avuto nessuno con cui essere complice. Anche nei suoi scherzi era sempre solo, non c’era mai nessuno con cui condividerli. Nozomi era suo zio… ma si chiese se potesse essere anche suo amico, sarebbe stato grandioso.
“Almeno degnatevi di preparare la tavola, disgraziati!” gridò Obito dai fornelli, facendo sussultare il bambino.
Nozomi lo notò e ridacchiò. Gli fece cenno, mostrando dove tenevano la tovaglia e le bacchette.
“Non fare caso ai modi di Obito. Gli piace fare il burbero, ma è un tenerone” gli sussurrò.
Naruto annuì, registrando il nome dell’uomo. Dietro alle vesti aveva lo stesso simbolo che aveva visto anche sulle magliette di Sasuke, era il simbolo del clan Uchiha, quindi doveva essere un parente di Sasuke.
“Secondo me è figo” ammise, ricordando non solo lo scontro epico a cui aveva assistito, ma anche come lo aveva difeso con quei civili cattivi. Per non parlare di poco prima, di come era riuscito a sbarazzarsi di quei ninja inquietanti solo con uno sguardo!
Super-mega-figo!
“Anche io diventerò così forte” disse.
Nozomi gli sorrise, poi calò la mano sulla sua testa, spazzolandogli i capelli.
“Lo scommetto”.
Si immobilizzò al contatto, il cuore che batté furioso nelle orecchie mentre un calore sconosciuto si irradiava dalla testa per tutto il suo corpo. Quando tolse la mano desiderò che rimanesse, che continuasse a spettinargli i capelli in quel gesto che aveva visto molti adulti fare su altri bambini, ma mai a lui.
Si appiccicò a Nozomi, letteralmente, premendosi contro il suo fianco e afferrando il bordo della sua maglietta. Voleva stargli vicino, voleva che lo abbracciasse, voleva tanto sapere come ci si sentisse ad avere qualcuno ad abbracciarti.
“Quindi ti piace il ramen?” domandò Nozomi.
Alzò il viso verso di lui e annuì con forza.
“È la cosa che mi piace di più in assoluto, dattebayo!” garantì allargando ancor di più il sorriso.
“Ottimo, lo adoro anch’io. Così avrò un alleato contro Obito” aggiunse alzando il tono della voce.
“Niente ramen per più di tre volte a settimana!” gridò quello in rimando. “Fa male!”
Naruto sgranò gli occhi. “Solo tre volte a settimana?” gracchiò. “Ma è…”
“Illegale, lo so” roteò gli occhi Nozomi.
“Il mio ramen preferito è quello di Ichiraku” spiegò il bambino. “Potresti mangiare quello di nascosto… con me” offrì.
L’adulto scoppiò a ridere e per un momento sperò che passasse ancora la mano sui suoi capelli. Invece si limitò a distribuire i bicchieri sulla tavola.
“Sicuro, e grazie per l’informazione. Ne farò tesoro”.
“Che bello, finalmente qualcuno che apprezza il ramen come merita, dattebayo!” gioì.
“Credo sia nel sangue degli Uzumaki apprezzare il ramen”.
A quella frase, Naruto tacque di colpo. Si morse le labbra, un po’ incerto sul porre la domanda. Il fatto è che c’erano così tante cose che voleva sapere, soprattutto della sua famiglia.
“Gli Uzumaki… sono tipo un clan?”
Nozomi si bloccò di colpo, cristallizzandosi a metà nell’azione e rimase rigido così per un secondo che a Naruto parve infinito. Cominciò a temere di aver fatto la domanda sbagliata e si morse il labbro quando lo zio si voltò. Aveva uno sguardo strano, quasi amareggiato.
“Non sai niente del clan, vero?”
Lo aveva chiesto con il tono di chi conosce già la risposta, lo stesso che aveva Iruka-sensei quando gli chiedeva se aveva dimenticato di fare i compiti, perciò non rispose.
Vide Nozomi allungare un braccio verso di lui e tremò di aspettativa, certo di ricevere un abbraccio. Invece rimase deluso, picchiettò soltanto sulla sua schiena.
“Sai cosa significa questa spirale rossa?”
Socchiuse gli occhi. La spirale rossa era su tutti i suoi vestiti, Jiji stesso la faceva cucire su di essa e Naruto ne era molto contento, perché gli piaceva come segno distintivo. Recentemente si era reso conto che assomigliava ai simboli di clan che alcuni bambini avevano sul retro dei loro vestiti, ma era un simbolo che tutti gli shinobi di Konoha avevano sull’uniforme, quindi pensava fosse semplicemente un segno distintivo del villaggio.
Ma a pensarci meglio, anche Nozomi ne aveva uno sui suoi vestiti. E Nozomi era suo zio, un Uzumaki…
“La spirale è il simbolo del clan Uzumaki” disse Nozomi, spostò gli occhi sulla schiena. “Come il ventaglio è il simbolo del clan Uchiha”.
Annuì, illuminandosi. “Quindi faccio parte del clan Uzumaki! Come te!”
“Esatto, cucciolo”.
Naruto sorrise raggiante e arrossì un po’ al nomignolo.
“Ma se siamo in un clan, dove sono gli altri?”
Capì di aver fatto una domanda dolorosa dal modo in cui gli occhi azzurri dell’adulto si spensero. Anche le labbra si strinsero in una piega amara. In silenzio Nozomi fece sedere entrambi davanti al tavolino, Naruto aveva la sensazione che stesse per succedere qualcosa di importante.
“È complicato… e un po’ lungo da spiegare” disse, ma nonostante ciò riprese a parlare e non si fermò per molto tempo.
Naruto non era bravo a seguire le lunghe spiegazioni, ma questa volta rimase zitto e ascoltò tutto. Tacque e lasciò che l’aria fosse piena solo della voce di Nozomi e del rumore dei fornelli di Obito.
Stupefatto ascoltò la storia di una città in un’isola lontana, una città come Konoha con un Uzukage, dove anche lì c’erano shinobi. Ascoltò tutto quello che Nozomi aveva da dire su Uzushio, del clan Uzumaki, della loro alleanza con Konoha e… la distruzione del villaggio.
Ascoltò tutto e quando Nozomi finì di parlare si sentì come se non fosse abbastanza. Voleva sapere di più, conoscere tutto del suo clan e delle sue origini. Improvvisamente sentì di appartenere a qualcosa, di non essere davvero solo, anche se quel qualcosa era stato distrutto tanto tempo fa. La consapevolezza gli fece venire il magone: aveva appena scoperto di avere un clan, ma quel clan ormai era sparito nel tempo.
“Siamo solo noi due, quindi?” chiese abbattuto.
Poteva capire perché Nozomi gli fosse parso così triste prime.
“Probabilmente nelle altre Nazioni Ninja ci sono altri Uzumaki nascosti” rispose suo zio. “Ma…”
“Allora dobbiamo trovarli!” esplose interrompendolo. “Dobbiamo trovarli e portarli qui! Possiamo ricostruire il clan qui, dattebayo!” propose.
Del resto Jiji li avrebbe sicuramente accolti, proprio come aveva fatto con suo zio. Potevano ricostruire la loro famiglia, dovevano solo trovarli.
Nozomi sbatté le palpebre all’esplosione del bambino, ma dopo il momento di sorpresa ricambiò il sorriso. Era normale trovare la propria versione più piccola così adorabile?
“Lo faremo sicuramente!” garantì. Del resto sapeva dell’esistenza di ben altri due Uzumaki, anche se Nagato al momento era intento a progettare piani di distruzione e conquista del mondo.
Obito interruppe le loro fantasticherie appoggiando due ciotole sul tavolo.
“Sì, sì. Qualsiasi cosa, ma ora mangiate” disse sbrigativo.
Gli occhi di Naruto si sgranarono davanti al buon odore dei piatti e con eccitazione prese le proprie bacchette. Si bloccò di colpo però, fissando proprio Obito.
“Tu non mangi?” indagò.
“Ho già cenato” rispose quello, senza curarsi della bugia.
Spiegare a Kakashi perché non aveva bisogno di mangiare era un conto, spiegarlo a un bambino era tutt’altra faccenda.  
“Oh” commentò Naruto. “Grazie per averci fatto la cena, allora” disse molto seriamente.
Obito inarcò un sopracciglio, non aspettandoselo.
“Quindi sai essere educato, oltre che un moccioso pestifero”.
Naruto sgranò gli occhi. “Non sono pestifero, dattebayo!” protestò.
“Si chiamano così i bambini che passano il tempo a fare scherzi”.
Invece di offendersi ancora o protestare, questa volta Naruto sorrise raggiante e lo guardò con orgoglio.
“Prima o poi ti prenderò” assicurò.
“Non credo”.
“Invece sì, dattebayo. Te lo prometto e io non rimangio le promesse!” gridò.
Obito sorrise. “Oh, che paura”.
“Dovresti averne” garantì, poi socchiuse gli occhi con soddisfazione. “Anche perché ti ho quasi preso” aggiunse mettendo le mani sui fianchi.
Non ci fu risposta.
Naruto riaprì gli occhi confuso, giusto in tempo per vedere i due adulti che si scambiavano uno sguardo serio e preoccupato. Molto preoccupato, uno di quello che preannunciava guai.
Non ebbe alcun modo di chiedere cosa fosse successo, perché entrambi sparirono all’improvviso dalla tavola, teletrasportandosi via.
E Naruto rimase solo davanti alla tazza di ramen.
 
 
 
ZAN ZAN che è successo?
Prossimo capitolo – che arriverà prima, lo prometto! – si scoprirà. Niente di troppo grave comunque, non preoccupatevi!
I nostri ninja sono riusciti a creare una routine a Konoha, ma soprattutto Naruto si è finalmente rotto di aspettare e ha deciso di fare la sua bella comparsa. Che ne dite? Vi è piaciuto? Spero di sì!
Grazie per le recensioni e per seguire questa storia, vi si ama!
 
1. D’ora in poi la casa dove abitano Obito e Nozomi verrà chiamato composto Namikaze, visto che effettivamente erano le proprietà di Minato.
   
 
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