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Autore: Lost on Mars    25/09/2020    4 recensioni
È difficile per Lily avere un migliore amico che non perde mai l’occasione di azzuffarsi con suo fratello. È meno difficile aggiustare il naso di Scorpius, nonostante lui non riesca a stare fermo per dieci secondi consecutivi. È facilissimo invece risolvere i problemi altrui, così da non pensare ai propri.
Per Albus, al contrario, è estremamente facile attaccar briga con chiunque gli dia fastidio. È un po’ meno facile stare a sentire gli avvertimenti dei suoi migliori amici, che cercano di tirarlo sempre fuori dai guai – tranne Frank, che lo appoggia in tutto. È difficilissimo chiedere scusa e riconoscere di aver sbagliato, colpa del suo maledetto orgoglio.
Per entrambi, è assolutamente impossibile fare ordine tra il caos che regna sovrano nella loro testa, nella loro famiglia e nelle loro vite.

“Mi limito a guardare Lily, che gli sorride in un modo genuino, spontaneo, che non ha niente di forzato. Se devo dirla tutta, Malfoy non sembra avere più quell’aria da dio sceso in terra, né quell’atteggiamento tanto odioso che lo caratterizza. Il modo in cui la sta guardando, in cui le si rivolge, o anche il semplice tono calmo e gentile della sua voce, lo fanno sembrare tutt’altra persona.”
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Roxanne Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Lily/Scorpius
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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XXXVII – ALBUS
 
Il brindisi mancato
 
Il grande giorno è arrivato.
Le ultime due settimane sono state tutt’altro che scorrevoli e serene. Oltre ad assicurarci che Zoe non inventasse qualche strampalata idea per dare buca a tutti e non presentarsi all’uscita, abbiamo dovuto avere a che fare con quell’arpia di Clemence Zabini, che ci ha dato così tanto filo da torcere da farci dimenticare, per qualche giorno, di tenere d’occhio Zoe.
Come se non bastasse, ci sono ovviamente stati tutti i compiti da fare. E mentre io tenevo d’occhio la Zabini e Frank e Derek continuavano a corteggiare le amiche di Zoe per non rendere palese a tutti che il loro era solo un piano per farmi vincere la scommessa, Bellamy era l’addetto ai compiti. Ma a lui non dispiaceva, li ha fatti sempre assieme a Cassiopea e sono sicuro che insieme abbiano passato del tempo davvero di qualità.
Giovedì scorso, durante Storia della Magia, la Zabini leggeva  e rileggeva fino allo sfinimento una lista di ingredienti e fortunatamente io e Frank ci trovavamo abbastanza vicini al suo banco per leggerli e trascriverli, e successivamente sventolarli davanti agli occhi di Bellamy, per chiedergli quale intruglio ne sarebbe uscito fuori. L’abbiamo visto impallidire e lui, con un filo di voce, ci ha risposto: «D-disillato della morte vivente.»
Così, mi sono preso la briga di tenere d’occhio la Zabini costantemente, di starle sempre con il fiato sul collo. Ad un certo punto, ho dovuto chiedere la Mappa a Lily, per assicurarmi che non si avvicinasse al magazzino di Lumacorno, e lei ha ovviamente voluto sapere a cosa mi servisse.
Malfoy era, neanche a dirlo, insieme a lei e anche lui ha ascoltato tutte le mie spiegazioni: sorprendentemente, con un fare troppo amichevole che non gli si addice affatto, mi ha dato una pacca sulla spalla e mi ha detto che ci avrebbe pensato lui ad impedire che sua cugina trasformasse qualche povera malcapitata nella Bella Addormentata. Mi sono chiesto come facesse lui a conoscere una fiaba babbana, ma ho deciso di fidarmi e spero di non aver fatto un errore.
Non dovrei, dato che ad oggi, nessuna delle amiche di Zoe è stata portata urgentemente in infermeria. Quando io e gli altri scendiamo in Sala Comune, sono tutte e due vigili, sorridenti e tremendamente emozionate. In particolare, Rachel.
L’unica che sembra pronta a partecipare ad un funerale – il mio, con ogni buona probabiltà – è proprio Zoe: è vestita di nero dalla testa ai piedi, i capelli ricci sono completamente sciolti e le coprono metà del viso, donandole un’aria cupa e a tratti minacciosa e inquietante, se ne sta appoggiata sul bracciolo di una poltrona con le braccia incrociate a guardare fuori dalla grande finestra e sembra non essersi accorta che siamo arrivati. Tuttavia, i gridolini eccitati di Rachel che corre radiosa a salutarci la destano immediatamente e la fanno voltare verso di noi.
«Siete in ritardo» è tutto ciò che dice, in modo tagliente, senza dar segno di allentare nessuno dei suoi muscoli, tesi nello stringere le braccia al petto.
«Colpa mia, temo» esordisce subito Frank. Ho come l’impressione che non si toglierà quel sorriso affabile dalla faccia fino a stasera, mi dispiace per la sua mascella.
«Oh, saranno cinque minuti» dice Rachel. «Non abbiamo aspettato molto.»
L’altra ragazza, Grace, tossisce poco convinta e Zoe alza gli occhi al cielo.
«Vogliamo andare?» esordisce Bellamy, che sembra avere fretta. Non lo biasimo: ci ha detto che Cassiopea ci avrebbe aspettato fuori dalla nostra Sala Comune, e Zoe non ha torto a dire che siamo leggermente in ritardo.
Senza aggiungere nulla, mi incammino verso l’uscita assieme a lui, ma dopo aver attraversato il buco nel ritratto e aver messo piede in corridoio, Bellamy si avvicina subito a Cassiopea per salutarla e io rimango nuovamente da solo e in silenzio, dato che Frank è stato ormai irrimediabilmente artigliato da Rachel e persino Derek ha avuto il coraggio di mettersi a parlare con Grace. Quantomeno non sono l’unico: Zoe è dietro di loro e li guarda torva. Minacciosa, ma in silenzio. Non credo sia una cosa positiva, il silenzio è pericoloso quando si è in compagnia di una ragazza, per di più una ragazza arrabbiata, irritata e seccata. Di sicuro starà premeditando il mio omicidio.
Tuttavia, non sarà di certo questo a demoralizzarmi o arrestarmi. Bellamy aveva ragione, una settimana fa: la scommessa non sarà vinta finché non ci siederemo tutti insieme ai Tre Manici di Scopa e non ci rimarremo per un considerevole lasso di tempo, ma che razza di appuntamento sarebbe se io e Zoe non ci rivolgessimo nemmeno la parola? Sono sicuro che sarebbe capace di utilizzare questa argomentazione a suo favore, pur di farmi perdere, e io non glielo permetterò.
Perché io sono Albus Potter e per definizione la faccio sempre franca: non sarà proprio lei a mettere fine a quella che è la mia caratteristica principale. E soprattutto, se crede di avermi in pugno così facilmente, è proprio stupida.
«È morto qualcuno, per caso?» le chiedo beffardo, avvicinandomi mentre gli altri accelerano il passo per non lasciarsi scappare la rampa di scale che si è appena assestata sul pianerottolo.
«Non ancora, Potter» mi risponde, apatica. «A fine giornata, però, potrebbe esserlo la tua carriera scolastica.»
«Sarebbe scorretto, non credi?» continuo io. «Oggi è San Valentino e… ops! Tu stai venendo ad Hogsmeade proprio con me!»
«No, io sto andando con le mie amiche. Tu sei solo un effetto collaterale della colossale cotta di Rachel per Paciock» ribatte lei, stavolta decisa. «Non credere che non mi sia accorta che questa è tutta una messa in scena.»
«Non so di cosa stai parlando» le dico allora io, rivolgendole un bel sorriso tranquillo.
«Ah, davvero?» domanda lei, riesco a percepire l’irritazione che cresce attraverso il tono della sua voce. «Allora vorresti direi che è una pura casualità che magicamente Paciock si sia interessato a lei quando una settimana fa non conosceva nemmeno il suo nome?»
«A quanto ne so io, è stato un atto di gentilezza per averla imbrattata d’aglio.»
«Oh, certo, come no..»
E questo è tutto ciò che ci diciamo finché non arriviamo al villaggio, perché Zoe poi ha smesso di rispondere ad ogni mia provocazione. O meglio, ha smesso di rispondermi con il linguaggio umano e ha deciso di cominciare a farlo con quello che mi sembra il linguaggio animale, dato che tutto ciò che è uscito dalla sua bocca sono stati grugniti e versacci di disapprovazione.
In compenso, mentre il sorrisone di Frank stonava con il suo sguardo a dir poco disperato, anche la conversazione di Derek con Grace ha avuto vita breve e lui mi ha tenuto compagnia durante la strada. Poco prima di arrivare ad Hogsmeade, Cassiopea mi ha invitato in mezzo a lei e Bellamy e devo ammettere che non è stato affatto strano o imbarazzante: a tratti, direi che è stato addirittura piacevole chiacchierare con lei.
«Oh no!» esclama, quando arriviamo davanti ai Tre Manici di Scopa, appoggiando la testa sulla spalla di Bellamy. «Non entreremo mai!»
In effetti, ci sono ad occhio e croce una decina di persone già in fila di fronte alla porta. Quello che Cassiopea non sa, tuttavia, è che per noi c’è sempre posto, ai Tre Manici di Scopa.
«Certo che entreremo» ridacchia Frank, cercando una qualsiasi scusa per smettere di farsi riempire le orecchie dalle chiacchiere di Rachel. «Bellamy non ti ha mai detto che questo posto è di mia madre?»
«No!» risponde entusiasta Cassiopea, che sembra addirittura felice nell’ammettere di non essere a conoscenza di qualcosa.
«Da qualche anno, ormai. Quando la vecchia Rosmerta ha messo in vendita questo pub, lei non si è fatta scappare l’occasione» la informa gentilmente Frank. «Certo, non lo gestisce personalmente, perché ha anche il Paiolo Magico a cui badare, però il signor Redwick mi conosce, quindi per me c’è sempre posto.»
«Ma è strabiliante, Frank!» esclama Rachel. «Quindi, tua madre è tipo… un’imprenditrice?»
«Una cosa?» domanda lui, corrugando improvvisamente le sopracciglia.
«Una persona che gestisce una o più attività economiche» lo informa immediatamente Bellamy. «Temo sia una figura lavorativa prettamente babbana, ma può benissimo applicarsi anche a noi maghi!»
«Oh, beh… credo di sì, allora» dice Frank, in conclusione.
«Che facciamo?» mi intrometto, impaziente. Zoe è tornata taciturna, negandomi persino i grugniti, e il meteo rimane quello di un qualsiasi quattordici febbraio che si rispetti. Preferisco parlare di qualsiasi cosa sia un imprenditore seduto vicino al fuoco scoppiettante. «Mi sto congelando.»
«Hai ragione» mi dice Frank. «Seguitemi!»
Così, Rachel gli si attacca di nuovo al braccio e insieme varcano la soglia del locale, noi li seguiamo a ruota, mentre i ragazzi in fila ci guardano male e si bisbigliano qualcosa all’orecchio. Frank cammina baldanzoso tra i tavoli, diretto verso il bancone, ed è pronto a rispondere a tono al saluto malizioso del signor Redwick, che gli chiede sempre delle sue stragi di cuori, quando mi rendo conto che oggi, a gestire tutto il putiferio del pub, non c’è solo il signor Redwick. È affiancato da una donna all’apparenza minuta, ma forte abbastanza da tenere tra le braccia un pesantissimo vassoio pieno di bevande, con il volto un po’ arrossato dal caldo e dall’affanno, lasciato libero dai sottili capelli biondi, raccolti dietro la nuda.
È Hannah. La signora Hannah Paciock, per l’esattezza, la famosa imprenditrice di cui blateravano prima, la moglie del nostro professore di Erbologia, nonché madre di Frank.
E se Frank già mal sopporta l’idea di avere suo padre, tutti i santi giorni, per ventiquattro ore al giorno, sotto il suo stesso tetto, è comprensibile che alla vista di sua madre, nel bel mezzo di una gita ad Hogsmeade, in compagnia di una ragazza, sia letteralmente diventato bianco in faccia e prossimo allo svenimento. Anzi, trasparente, oserei dire.
«Frank, tesoro!» esclama, da dietro il bancone. Dice qualcosa al signor Redwick – un ometto di mezza età, quasi completamente calvo, ma con un’espressione sempre gioviale in volto – e poi ci raggiunge, salutando Frank con due grossi baci su entrambe le guance.
Se non altro, ora lui è molto più vicino allo sbarazzarsi di Rachel di quanto non lo fosse trenta secondi fa.
«Che ci fai tu qui, proprio oggi?» le domanda Frank, senza nemmeno ricambiare il saluto.
«Mi sono presa una pausa da Londra, ho lasciato Daisy al Paiolo Magico. Mi ha fatto una buona impressione in questi mesi e l’ho assunta» gli risponde lei, con un grande sorriso. «Penso che me ne starò qui ad Hogsmeade per un po’, lo sai che dopo un po’ tu e tuo padre cominciate a mancarmi.»
«Sì, beh… c’è posto per me e i miei amici?» cerca di borbottare Frank, ma sua madre ha puntato gli occhi castani su di me.
«Albus, ciao!» mi saluta, facendosi spazio tra Frank e Rachel per dare anche a me due grandi baci sulle guance. «Come stai? Mamma e papà tutto bene?»
Deglutisco, mentre sento tre paia di occhi puntati su di me. «Sì, tutto a posto» le rispondo, sfoderando un sorriso gentile e una colossale bugia.
«È una sorpresa vederla qui, signora Paciock» dice a questo punto Bellamy, per smorzare la tensione. Lo guardo con riconoscenza.
«Oh, Bellamy, sempre così composto tu, eh? Mi devi chiamare Hannah, suvvia!» scherza la madre di Frank. «Almeno io non sono la vostra professoressa.»
«Menomale» commenta Frank. «Altrimenti sarei andato dritto a Durmstrang.»
«Non essere cattivo» lo riprende timidamente Derek, che da sempre trova Hannah divertente e simpaticissima: la cosa è reciproca comunque, ogni volta che andiamo da Frank, Derek è quello che si becca più caramelle di tutti.
«Ben detto» gli da manforte lei. «Bene, venite con me. Sapevo sareste venuti qui, ovviamente, ma non avevo idea che ormai vi foste tutti fidanzati! Se me lo avessi detto, Frank, avrei fato preparare un tavolo più grande.»
«Oh, non siamo fidanzati, mamma» brontola Frank. «Solo Bellamy e Cassie lo sono.»
«È vero» mi aggiungo io, per aiutare Frank. «Loro sono Rachel, Grace e Zoe e sono solo delle nostre amiche.»
«Sì, sì, e io sto per diventare Ministro della Magia» borbotta Hannah, sorridendo divertita.
«Un bell’avanzamento di carriera, allora» le risponde Frank.
«Ecco qui» annuncia sua madre, ignorando il suo commento. Ci indica un modesto tavolo rettangolare con quattro sedie. «Dovreste stringervi un po’, dirò a Redwick di portarvi altre sedie.»
«Va benissimo» dice coraggiosamente Rachel, con un sorriso che va da un orecchio all’altro. «Grazie mille, signora Paciock.»
Solo quando la madre di Frank è andata via e noi, ritrovando chissà quale galanteria all’interno dei nostri animi rozzi, abbiamo fatto sedere le ragazze, sento la voce pungente di Zoe, stranamente non rivolta a me, ma alla sua amica Rachel: «È inutile che fai così, sai benissimo che l’unico motivo per cui siamo qui è perché Frank vuole far vincere la scommessa a Potter.»
Sembra però che io sia l’unico ad averla sentita, perché Bellamy e Frank sono in piedi, vicini, a confabulare tra di loro,  Cassie sta parlando con Grace, che sembra trovare molto gradevole la sua presenza, mentre Derek le ascolta interessato. Non riesco ad impedire ai miei muscoli facciali di contrarsi in un’espressione alquanto sorpresa: non credevo che il malumore di Zoe, oggi, potesse essere tale da dire qualcosa di così rude ad una delle sue amiche.
La risposta di Rachel, comunque, non si fa attendere e non è molto più gentile: «Il mondo non gira intorno a te e a Potter, potresti anche smetterla con questa stupidaggine della scommessa.»
Zoe incrocia le braccia e sbuffa, per poi puntare lo sguardo da qualche altra parte. Quando il signor Redwick ci porta finalmente le sedie, anche noi ragazzi prendiamo posto. Ed io, nonostante la voglia di avere la faccia corrucciata e imbronciata di Zoe davanti agli occhi per tutto il giorno sia pari a zero, decido di immolarmi a questa causa perché, se devo essere sincero, mi fa un po’ pena.
Rachel ha solo occhi per Frank, sembra che Grace continui a trovare Cassie interessante e Zoe se ne sta all’estremità del tavolo, seria e in silenzio, senza guardare nessuno di loro. È evidente che non ha voglia di essere qui, o quantomeno non ha voglia di stare con noi, però mi sento dispiaciuto per lei, così la sedia dall’altro lato del tavolo diventa la mia.
«Fai ancora le prove per il mio funerale?» le domando, attirando finalmente la sua attenzione in qualcosa di concreto.
«Simpatico» ribatte seccamente, senza mutare espressione.
«Grazie, lo so» le rispondo io a tono. «Sai che non muori se per qualche ora dimentichi di odiarmi e provi a divertirti, sai?»
«Senti, Potter, a me non va di essere qui, d’accordo?» mi dice lei, diretta e senza troppi fronzoli. «Persino l’alternativa di rimanere al castello da sola mi sembra allettante, ora come ora.»
«È perché ci sono io?» le domando, provando ad indovinare la causa più plausibile. La risposta, tuttavia, è piuttosto sorprendente. Zoe non dice niente, nessuna battutina acida. Si limita a sospirare e a scuotere debolmente la testa. «E allora perché?»
«Non ti riguarda» risponde, ritornando in sé.
Nel frattempo, arriva di nuovo la madre di Frank a chiederci cosa vogliamo ordinare.
«Comunque, se vuoi qualcuno con cui parlare, con me puoi tirare in ballo qualsiasi argomento. Una volta mi sono messo a parlare con una ragazza di… beh, ora non ricordo cosa, ma lei era molto sorpresa che fossi ferrato in quell’argomento. Ma d’altronde sono anche i vantaggi di avere una sorella che parla e straparla ogni santo giorno, a casa, e…»
«Zoe, a te interessa l’astrologia?» Cassiopea mi sovrasta involontariamente, ma Zoe decide di prestare più attenzione a lei che a me e iniziano a parlare di Saturno in opposizione con Mercurio e altre cavolate degne di una lezione della Cooman. Il malumore di Zoe, infatti, non può arrivare fino a trattare male una ragazza che lei non conosce e che non le ha mai fatto niente di male.
Così mi metto a parlare con Derek, seduto vicino a me. Dopo un po’, arrivano le nostre bevande e continuiamo a chiacchierare di tutto e di niente per più di un’ora. Il tempo scorre molto velocemente: anche se ci sono le ragazze, non è poi così diverso dal solito. Certo, Frank ha l’espressione più sofferente del solito, e il fatto che sua madre sbirci da dietro il bancone ogni volta che Rachel si spalma senza problemi sulla sua spalla non lo aiuta, ma tutti gli altri sembrano perfettamente a loro agio.
Tranne Zoe, che dopo aver discusso di astrologia di Cassie e aver fatto qualche battuta sul vecchio Lumacorno con Derek e Grace, è tornata nel suo angolino di silenzio e malcontento.
E nemmeno io mi sento a mio agio, in realtà, perché questo suo atteggiamento mi disturba, e in un certo senso mi fa sentire un po’ in colpa, anche se lei mi ha assicurato che non è a causa mia che è così di malumore.
La giornata comincia a movimentarsi quando un grosso barbagianni comincia a picchiettare insistentemente alla finestra con il becco. Redwick sta servendo un tavolo di undici persone, così è Hannah che corre ad aprire la finestra, non prima d’aver borbottato tra sé e sé qualche buffo improperio.
«È per te, Albus!» esclama, avvicinandosi di corsa al nostro tavolo. «C’è il timbro della posta urgente!»
Il mio cuore smette di battere per qualche istante. La posta urgente del Ministero è una faccenda seria e il mittente è mio padre. Mi cominciano a tremare le mani e all’improvviso non ho tanta voglia di aprirla.
«Di chi è?» chiede Frank, preoccupato.
«Di mio padre» rispondo, apatico.
«Beh, aprila!» mi incoraggia di nuovo lui.
«No, ho paura» confesso. «Mio padre che usa la posta urgente… o è morto qualcuno o lui e mamma hanno deciso di lasciarsi per davvero.»
«Posso?»
Al nostro tavolo cala un silenzio tombale e tutti gli occhi sono puntati su Zoe, che però sta guardando solo me e mi tende il palmo della mano. Vuole che le dia la lettera: se non voglio aprirla io, ci penserà lei. Perché mai dovrei far leggere una lettera di mio padre proprio a lei? Questo non lo so, ma a dirla tutta, non so nemmeno perché il mio braccio ha cominciato a muoversi, come se decidesse da solo dove andare e cosa fare, e dopo qualche secondo di esitazione, le mie dita lasciano andare la presa sulla busta, che scivola con grazia sulla pelle chiara e liscia della mano di Zoe.
Devo essere davvero tanto turbato se le sto permettendo di farsi i fatti miei in questa maniera: in quella lettera potrebbe davvero esserci scritto di tutto, potrebbe contenere una notizia sulla mia famiglia di estrema riservatezza, e io la sto facendo leggere proprio a Zoe Caplan quando avrei potuto farlo fare ad uno dei miei amici, che mi conosco sicuramente meglio di lei.
Il tempo non passa mai. Sembra che le ci voglia un’eternità per aprirla e tirare fuori la pergamena. Finalmente sfila il foglio, abbandonando la busta sul tavolo. Lo legge in poco tempo, deve essere un messaggio molto breve: potrebbe essere un buon segno, come potrebbe significare un’imminente catastrofe.
Dopo aver letto, alza lo sguardo su di me e sospira. Giuro di vedere l’ombra di un mezzo sorriso sul suo volto, il primo che fa da quando ci siamo incontrati in Sala Comune.
«Va tutto bene» annuncia, allungandomi la lettera. «Nessuno è morto e… nessuno sta per lasciarsi.»
Afferro la pergamena al volo e subito mi ritrovo sotto il naso la scrittura di mio padre. Zoe ha ragione, va tutto alla grande, perché lui non ha usato la posta urgente per comunicarmi qualche brutta notizia, al contrario, per darmene una fantastica.
«Si tratta di  Teddy e Victoire» mormoro tra me e me. «Poche ore fa… è nato il bambino!»
E mentre le ragazze assumono un’espressione confusa, il volto dei miei amici invece si illumina e si adorna di un gran sorriso. Mi arriva subito una pacca sulla spalla da parte di Derek, sento Bellamy dire a Cassiopea che Victoire è mia cugina e allora anche lei sorride e si congratula con me.
«Io… come… cos’è per me il figlio di mia cugina?» domando, mentre rileggo per la terza volta le parole scritte da mio padre.
A Lily sarà appena arrivata la stessa lettera? Nel messaggio non menziona di dirlo anche a lei, quindi suppongo di sì. Immagino perfettamente la sua reazione: Lily è sempre stata così entusiasta riguardo la gravidanza di Victoire, ogni volta che poteva stare con lei durante le vacanze estive lo faceva, e negli ultimi tempi, a Natale, le è sempre stata vicino chiedendole se poteva aiutare in qualche modo. Sono sicuro che anche lei non sta più nella pelle per vedere il piccolo Remus James Lupin.
Mi viene da ridere, ripensando a mio fratello: alla fine, è riuscito a convincerli a fargli avere il suo nome.
«Boh, un cugino?» mi risponde subito Frank.
«No, credo sia qualcosa come tuo nipote» si aggiunge Bellamy.
«Beh, allora sono appena diventato zio!» esclamo, alzandomi di scatto in piedi. Nel trambusto generale, ho attirato anche l’attenzione della madre di Frank, che dice di dover subito scrivere ai miei genitori.
«Signor Redwick?» dico ancora, cercando di farmi notare dal barista. «Ci porti altre otto burrobirre, offro tutto io!»
Mi siedo di nuovo sulla sedia, ma non riesco a stare né fermo, né composto, tanta è la felicità che mi scorre in corpo. Ora non parlano d’altro, Rachel mi chiede come l’abbiano chiamato e Grace mi chiede come mai, e allora io le spiego tutta la storia di Teddy e dei suoi genitori, e riesco sorprendentemente a non rattristarmi, mentre lo faccio.
Arrivano anche le altre burrobirre, ma in questo momento al tavolo cala di nuovo il silenzio, ed è sempre Zoe a provocarlo, essendosi alzata in piedi di scatto.
«Vado solo a prendere un po’ d’aria, torno subito» dice, ma l’ombra del sorriso che le avevo visto prima è del tutto scomparso e la sua voce è di nuovo seria e composta, quasi inflessibile. Nessuno le dice niente, lei si copre con il mantello e si fa strada tra i tavoli fino a raggiungere la porta.
Non riesco a non notare lo sguardo che si scambiano Rachel e Grace: la prima ha tutta l’aria di non capire cosa diavolo sia appena successo, mentre la seconda invece sì, ma ovviamente non può dirlo di fronte a tutti noi.
«Abbiamo fatto qualcosa di sgradevole?» si chiede Cassie, guardando le due amiche di Zoe.
«Ma no…» la rassicura sotto voce Bellamy, che è confuso quanto tutti noi riguardo a questa improvvisa uscita di scena.
«Beh, sarebbe scortese brindare senza di lei» commento. «Dopotutto, è stata la prima a sapere della notizia, no?»
«Sono d’accordo!» esclama immediatamente Grace, facendo sobbalzare il povero Derek, al suo fianco. «Qualcuno dovrebbe andare a chiamarla.»
«Posso andarci io» avanza timidamente Rachel. «Dopotutto, l’ho convinta  io a venire qui, oggi.»
«No, non preoccuparti» le dico, mentre il mio cervello ha già ordinato alle mie gambe di spingere la sedia all’indietro e di alzarmi in piedi. «Il brindisi è il mio.»
C’è una qualche assurda moralità che mi spinge ad uscire fuori e a riportare Zoe su quella maledetta sedia, qualche vocina fastidiosa nella testa che mi dice che, nonostante tutto, lei merita e deve stare con tutti noi a quel tavolo, a far cozzare il suo bicchiere con il mio, a ridere un po’ di più, perché prima, quando lo ha fatto mi è parsa tutt’altra persona. E quando sento l’aria gelida sferzarmi sul viso, realizzo che a questo punto non so se voglio riportarla dentro solo perché è giusto o perché io voglio che sia così. Inizio a pensare troppo velocemente per il mio povero cervello, che già sta andando in sovraccarico, e mi ritornano in mente le parole di Lily di un paio di settimane fa, il giorno in cui ho scoperto il fattaccio tra lei e Malfoy.
“Quella con i capelli ricci, credi che io non ti osservi? Ti siedi sempre vicino a lei a tutti i pasti, le passi l’acqua, il succo di zucca, i vassoi con il cibo… se non è la tua ragazza lei, allora non so, dato che non mostri quella gentilezza con nessun altro essere umano al mondo”
Qual è davvero il motivo della mia gentilezza nei suoi confronti? Dieci giorni fa avrei detto che lo facevo solo per vincere la scommessa e dimostrare che sono capace a tutto, una volta che mi si lancia una sfida, ma adesso che non ha più senso parlare di tutta questa assurda storia, perché mi sto comportando in modo così gentile con lei? Perché le ho fatto aprire la mia lettera? E perché adesso la sto cercando per trascinarla di nuovo seduta di fronte a me?
Non posso più ragionarci su, però, perché l’ho trovata appoggiata ad un muretto, non molto distante dai Tre Manici di Scopa.
«Ehi» le dico. Lei si accorge di me e sussulta.
«Che ci fai qui?»  mi domanda, ma adesso la durezza nella sua voce è scomparsa, sembra che sia addirittura spaventata dalla mia presenza.
«Te ne sei andata quando stavamo per brindare al mio nuovo status di zio, e dato che sei stata tu a sapere la notizia per prima, abbiamo pensato che dovevi esserci» le rispondo, con tutta la tranquillità di cui sono capace, anche se sto riscoprendo questa spiacevole sensazione di… agitazione, che ho provato davvero pochissime volte in vita mia.
«Io non… non c’entro niente con il figlio di tua cugina» ribatte lei, allontanando il suo sguardo da me.
«Neanche gli altri» le faccio notare subito. «E neanche io, in realtà. Insomma, mica ho partorito io!»
E a questo punto succede di nuovo: Zoe ride, e stavolta non sono solo le sue labbra a farlo, ma anche la sua voce. È una risata breve, quasi singhiozzata, ma sincera, e in qualche modo mi fa sentire una sorta di soddisfazione.
«Ah! Ti ho fatta ridere!» esclamo, alzando il tono di voce. Lei fa di nuovo un sorriso, ma è strano, e mi sembra che abbia per un attimo alzato gli occhi al cielo.
«Non ti monterai la testa anche per questo, spero» risponde prontamente, per poi schiarirsi la voce, che è stata leggermente roca.
«Chissà…»
«Beh. Ora puoi tornare dagli altri e dirgli che sto bene qui da sola» continua, ritrovando sempre più sicurezza. Si infila le mani nelle grandi tasche del mantello e punta lo sguardo sulla strada, dove gruppetti di studenti camminano in tutte le direzioni.
«Neanche per sogno» ribatto io, cercando di essere il più convincente possibile.
«Sono seria» mi fa lei, rifilandomi uno sguardo bieco.
«Anche io» dico. «E non me ne andrò finché non mi dirai cosa ti è preso.»
Alle mie parole, le sue sopracciglia scure di contraggono in un’espressione perplessa. Forse non si aspettava questa mia presa di posizione.
«Non è niente, è che io…» inizia, titubante. «Io odio perdere, ecco.»
«Senti, penso che possiamo finirla con la scommessa e metterci una pietra sopra, non credi?» cerco di rassicurarla. È davvero questo il motivo per cui se n’è andata? Perché si è accorta di aver perso? Non riesco a credere che per lei tutto questo abbia ancora senso, sa benissimo che l’unico motivo per cui si è ritrovata ad Hogsmeade con noi è un ammasso di sotterfugi e raggiri e lo ha reso ben chiaro prima che lasciassimo il castello, questa mattina. Adesso che cosa accidenti è cambiato?
«Oh, ma chi se ne frega di quella stupida scommessa!» sbotta, girandosi con tutto il corpo verso di me. Ora sono decisamente sorpreso. «È che odio perdere con me stessa. Convincermi così tanto e poi scoprire che mi sono sempre sbagliata!»
«E in che modo la lettera di mio padre ha scatenato tutto questo?» le domando, perché il suo repentino cambiamento è avvenuto dopo aver aperto la busta.
«Senti, ora stammi a sentire e stai zitto per favore» inizia così, senza nemmeno rispondere concretamente alla mia domanda, e lo fa con un’aggressività meravigliosa, addirittura stringendo in modo anche leggermente doloroso entrambe le mie braccia con le mani. «Ho sempre pensato che tu fossi uno sbruffone viziato, uno che con il suo cognome otteneva tutto quello che voleva senza il minimo sforzo, che se ne fregasse completamente delle conseguenze delle sue azioni e dei sentimenti di tutti gli altri. La storia di Bellamy all’inizio non ha fatto altro che confermarmelo e…»
Qui cerco di bloccarla, per spiegarle i motivi dietro a tutta la faccenda che ha scatenato tutto il nostro odio.
«No, ho detto stai zitto!» sbotta nuovamente. «Negli ultimi tre mesi mi sono convinta che tu fossi una persona di merda, ma prima quando ti è arrivata la lettera… sembravi così preoccupato che fossero brutte notizie, il modo in cui hai detto di aver paura che i tuoi genitori si fossero lasciati... eppure ti sei fidato di me, è come se mi avessi affidato un po' della tua paura e della tua tristezza e me l’hai fatta leggere prima di tutti, e poi quando hai scoperto di cosa si trattasse, mi sei sembrato felice come un bambino e… e ho visto un altro Albus Potter, non quello viziato e insensibile che pensavo di conoscere. Mi sono sempre sbagliata come se fossi la più grande delle deficienti e questa cosa non mi va giù!»
«Posso prenderlo come un complimento?» provo a chiederle, ma scopro solo quando parlo che mi sento come se non riuscissi a respirare abbastanza e avessi bisogno di più aria.
«Merlino, ma allora sei davvero stupido!»
«Credo che tu abbia quasi superato Malfoy in quanto ad insulti pronunciati in meno di un minuto…»
Zoe sospira con aria di sconfitta e lascia la presa sulle mie braccia e abbassa lo sguardo sul terriccio ancora ghiacciato.
«Bene, adesso che mi sono ridicolizzata così, puoi anche tornare dentro» taglia corto, facendo un passo indietro.
«Non credo che lo farò» le annuncio. «Ora che ci penso, anche io ho qualcosa con cui ridicolizzarmi.»
«Sarebbe a dire?» mi chiede lei, un po’ spaesata.
«Non vorrei distruggere ancora di più le tue convinzioni, ma… hai presente tutti i miei atti gentili delle scorse settimane?»
«No.»
«Come no? Ti passavo il cibo a colazione, ti aiutavo nelle verifiche…» comincio a spiegarle, gesticolando nervosamente con le mani che non so dove mettere. «Immagino che tu abbia pensato che fosse finalizzato a vincere alla scommessa.»
«Lo penso tutt’ora»
«E ti sbagli.»
«Ah sì?»
«Sì, l’ho fatto perché mi andava di farlo e basta. O almeno, adesso so che è così. Un atto di gentilezza verso una ragazza carina.»
La guardo adesso e non capisco cosa mi vuole trasmettere il suo sguardo. Non è più la stessa persona che era qualche ora fa in Sala Comune, quando con un tono che a questo punto ho la certezza fosse finto e costruito, ci ha rimproverato per il ritardo. Non ha più lo sguardo duro o l’aria irritata, tutti i suoi muscoli sono rilassati adesso, persino il suo volto sembra più luminoso e calmo, nonostante la perenne ombra che i suoi capelli scarmigliati vi gettano sopra. Ed è buffo adesso ripensare a quello che mi ha detto Lily, convinta che fosse la mia ragazza; è ancora più buffo ripensare alla mia risposta, ossia al fatto che probabilmente Zoe Caplan non starebbe con me neanche per tutti i galeoni del mondo.
Forse, mi sono sbagliato anche io su di lei.
«Hai presente quando sai di stare per fare qualcosa che potrebbe rovinarti la vita?» sussurro, riprendendomi quel passo all’indietro che lei ha fatto prima, in modo da ritornare alla stessa distanza a cui eravamo qualche minuto fa.
«Temo di non aver mai provato questa ebbrezza, Potter» mi risponde lei, ma ora non riesce più ad avere il solito tono di sufficienza di sempre. Mi sembra di vederla adesso per la prima volta, come se questa fosse la sua gemella buona e non davvero lei.
«Io la sto provando ora» le dico, sempre a bassa voce, perché la distanza pericolosamente ridotta adeso le permette di sentirmi comunque.
«E sentiamo, cosa stai per fare di tanto pericoloso?»
Vorrei poterglielo spiegare a parole quanto considero pericoloso quello che sto per fare, ma per qualche strano scherzo del destino, mi sembra di non ricordare più come si articola una frase… proprio io, che ho sempre la risposta pronta a tutto. D’altronde, a volte i fatti spiegano meglio delle parole, in alcuni casi un solo gesto vale più di un complesso e ricercato discorso.
Con una sensazione strabiliante e terrificante allo stesso tempo, che mi fa sentire sia invincibile, sia come uno che ha i minuti contati in questo mondo, penso che ho finalmente trovato un posto alle mie maledette mani, che si posano rispettivamente sulla guancia sinistra e sulla guancia destra di Zoe, che nonostante le temperature rigide, sono incredibilmente calde.
L’ultima cosa che mi impongo di vedere prima di fare quello che forse mi renderà un morto tra qualche secondo, è l’espressione sul suo volto. E non è arrabbiata, non è confusa, non è nemmeno sorpresa, a dirla tutta… sembra quasi che sappia esattamente quello che sta succedendo e che le vada bene.
È forse questa consapevolezza a darmi un grosso calcio sulla schiena e a farmi cadere dritto nel baratro dell’irreversibilità: perché non posso più tornare indietro nel momento in cui decido di baciarla, sapendo che forse mi sono appena rovinato la vita, ma che sinceramente non me ne può importar di meno.
Passano i secondi, forse i minuti, non lo so… ma nei brevi momenti in cui le mie labbra si separano dalle sue per permettermi di respirare, vorrei poter non aver bisogno di ossigeno per vivere. Mi sembra di essere stato trasportato in una realtà parallela dove io e Zoe non ci siamo mai odiati, dove ci siamo semplicemente incontrati per caso e una serie di eventi diversa da quella realmente accaduta ci abbia portati fino a questo momento, a baciarci ai margini della strada, mentre i nostri amici siedono ignari ad un tavolo dei Tre Manici di Scopa ad aspettare il nostro ritorno.
E soprattutto, è sorprendente il fatto che lei non mi abbia spinto via, non abbia urlato contro e che abbia semplicemente deciso di baciarmi a sua volta, di accarezzarmi il collo con le dita esili e gelide, al contrario del suo viso che sembra invece andare a fuoco, sotto i miei polpastrelli, che non abbia avuto alcuna strana reazione dopo aver sentito la mia mano sul suo fianco, che l’avvicinava a me il più possibile.
Quando riapro gli occhi, siamo sempre davanti al muretto di pietra, mentre la strada continua ad essere affollata di gente e nessuno ha fatto caso a noi due.
Per la prima volta in vita mia, non ho la più pallida idea di cosa dire, così rimango in piedi di fronte a lei e la guardo semplicemente negli occhi. Sorrido, anche se non ho deciso di farlo, è come se avessi dei ganci appesi agli angoli della bocca che hanno improvvisamente deciso di tirare verso l’altro.
Ci pensa Zoe a dire qualcosa.
«Sai, non mi va di tornare dagli altri.»
«No?» le domando sottovoce, il mio respiro ancora affannato produce buffe nuvolette di valore.
«Vorrei tornare al castello» risponde Zoe, avvicinandosi di nuovo al mio viso. La sua mano sta cercando la mia. «E vorrei che tu venissi con me.»
 
Quando Frank, Bellamy e Derek ritornano in camera, fuori è già buio e dovrebbe essere quasi ora di cena. Non sono ben sicuro di che ora sia, non so nemmeno quanto tempo ho passato seduto sul bordo del letto a contemplare la porta, e adesso che questa si è aperta, rivelando i miei amici, il ritorno alla realtà è così brusco da farmi chiudere gli occhi per qualche secondo.
«Ah! Ecco il nostro fuggitivo. Ma si può sapere dove sei sparito?» Frank mi prende in giro lanciandomi il mantello gelido addosso, ma la cosa mi lascia impassibile.
«Al?» mi chiede di nuovo.
«Albus, ci sei?» Stavolta è Derek ad accertarsi del corretto funzionamento del mio cervello.
«Sicuri che sia vivo?» si domanda ironicamente Bellamy. «Magari Zoe l’ha ipnotizzato.»
«Chiamiamo qualcuno?» propone ancora Derek, che al suono della parola “ipnotizzato” si allarma, evidentemente deve essergli tornata in mente quella volta in cui sono stato vittima del filtro d’amore della Zabini.
«Sto bene» annuncio, prima che mi spediscano senza motivo in Infermeria.
«Ah  beh… almeno parla» osserva Frank.
«Ma che ti è successo?» mi chiede Bellamy, sedendosi vicino a me.
«Sono un cretino, ecco cosa è successo» rispondo, diretto e senza troppi fronzoli. Riesco a non far trasparire eccessivamente la tragicità della cosa e riesco a parlare con uno tono abbastanza apatico, il che fa insospettire i miei amici ancora di più.
«Albus che si insulta da solo» continua Frank, rimarcando l’ovvio. «Dovremmo misurargli la febbre?»
Bellamy lo ignora e continua a rivolgersi a me: «Puoi spiegarti meglio? Vi abbiamo aspettato per quasi un’ora prima di capire che non sareste tornati.»
«Oh, no! Dovevo pagare le burrobirre!» esclamo, sbattendomi con poca grazia una mano sulla fronte. Sono in debito con chiunque di loro abbia pagato, devo assolutamente ridargli i soldi. Al momento, questa mi sembra la cosa più importante dell'intero universo. Pensandoci bene, però, una qualsiasi cosa adesso potrebbe diventare la priorità assoluta della mia vita, qualsiasi cosa pur di far sì che l'idea di me stesso mentre mi comporto da imbecille esca definitvamente dalla mia testa.
«No, lascia stare» mi dice subito Frank. «Mia madre non te l’avrebbe mai lasciato fare, e poi era felice come una pasqua per Teddy e Victoire, ci ha detto di non preoccuparci.»
«Ma si può sapere comunque che fine avete fatto per più di due ore?» mi chiede Derek. 
«Qui» rispondo. «Siamo venuti qui.»
«Beh, era abbastanza ovvio che foste tornati al castello…» osserva Bellamy, corrugando la fronte. «Vi abbiamo cercato per tutta Hogsmeade.»
«No. Intendo proprio qui, in questa stanza.»
Per qualche lungo istante non si sente nemmeno il suono dei nostri respiri, vorrei poter dire che le loro reazioni siano tutte differenti l’una dall’altra, ma non è così: ora, ben tre paia di occhi sbarrati mi stanno osservando. Forse non si aspettavano esattamente una risposta del genere.
Quando però ricominciano a respirare regolarmente, sento Frank prendere un bel respiro, ma gli impedisco di parlare, perché so esattamente qual è la domanda che gli frulla per la mente.
«Prima che tu possa dire qualsiasi cosa, Frank, la risposta è no
«Che vuol dire no?!» esclama lui, ancora più sconcertato di prima. «C’è solo un motivo se è arrivata a mettere piede in questa stanza. E non credere che non abbia visto che le tue coperte sono tutte spiegazzate, se è arrivata anche lì sopra spiegami perché la risposta è no
«È no perché non è successo, non perché io non lo volessi» cerco di spiegargli.
«Ma?» incalza Bellamy, per fare più luce sulla questione.
«Ma non ce l’ho fatta» ammetto, ma in questo istante non riesco più a sopportare nessuno dei loro sguardi così decido di buttare la testa in avanti come il primo dei disperati e di circondarla con le mani.
«Intendi che…» inizia timidamente Derek, alla mia destra. «Che lui non ha funzionato?»
Quasi oltraggiato da una simile insinuazione, dimentico la mia disperazione e mi tiro repentinamente su, guardandolo.
«Oh no, lui stava funzionando fin troppo bene» esclamo. «È solo che… non era il momento giusto, tutto qui. Non so come spiegarvelo.»
Loro non dicono nulla, in un primo momento. Non li biasimo, neanche io saprei cosa dire se mi trovassi nei loro panni.
«Ora, tutto quello che voglio fare è rimanere su questo letto a contemplare il nulla e disperarmi per aver perso l’occasione di fare quello che probabilmente sarebbe stato il miglior sesso della mia vita, dato che sicuramente, dopo una simile delusione, Zoe non vorrà più rivolgermi la parola.»
«Non ci posso credere» mormora Frank, incredulo. Forse il fatto di averlo detto chiaramente e a voce alta ha definitivamente quantificato quanto sono stato stupido e Frank deve essersi reso conto della gravità della cosa.
«Cosa c’è di strano?» inizia Bellamy, in mia difesa. «Non è che solo perché siamo maschi dobbiamo comportarci come animali, siamo comunque esseri capaci di discernimento e se ad Albus non sembrava il momento, che male c’è?»
«Che cosa significa discernimento?» mormora Derek tra  sé e sé, ma nessuno di noi gli presta la dovuta attenzione, perché Frank sta per controbattere.
«Ma lui è Albus!» esclama. «Hai capito, Al? No puoi tradire te stesso in questo modo! C’è solo un motivo per cui potresti aver fatto una stronzata del genere, e cioè tu stai pensando ad una relazione con lei! Una cosa… seria!»
«Non capisci, Frank» gli dico, sconfitto. Non ho la forza per rispondere a tono. «Non è mai esistita una ragazza capace di tenermi testa come sa fare lei. O se esiste non l’ho mai incontrata! Io non… non voglio che pensi che volevo solo andare a letto con lei.»
«L’abbiamo perso…» sospira Frank, probabilmente più rivolto a se stesso che a qualcuno di noi.
«Secondo me Albus è stato onesto sia con lei che con se stesso, io sono d’accordo con lui» si fa avanti Derek, dandomi una pacca rassicurante sulla spalla. «Hai fatto bene.»
«Grazie, Derek» dico debolmente. «Ma penso di aver comunque bruciato ogni possibilità.»
«Devo capire meglio le dinamiche della cosa» s’intromette di nuovo Frank. «Chi dei due ha deciso di salire fin quassù?»
«Me l’ha chiesto lei…»
«E TU TI SEI TIRATO INDIETRO?»
«Precisamente.»
«Allora sì, ti sei bruciato davvero tutto, compreso il cervello!»
Bellamy, evidentemente stufo dell’immotivata reazione aggressiva e sconvolta di Frank, gli lascia un cuscino in faccia e gli intima di starsene in silenzio.
«Se è una ragazza intelligente non si fermerà solo a questo, e se proprio questa cosa ti tormenta, diglielo!» mi consiglia. «Sono sicuro che apprezzerà, dopotutto è una cosa… nobile, vero Derek?»
«Molto nobile» gli dà manforte lui.
«Rimpiango solo di non essermi visto le tette quando mi sono trasformato in lei, con la Polisucco» sospiro. «Dato che probabilmente non avrò più la stessa occasione.»
«Ma che dici, sarebbe stato da pervertiti!» esclama Bellamy.
«E alquanto scorretto» continua Derek.
«Io lo avrei fatto» continua Frank, e stranamente questo suo commento mi fa sorridere. Lo guardo mentre si massaggia ancora il lato destro della faccia, dove il cuscino che gli ha tirato Bellamy è atterrato con non poca violenza. È incredibile di come siano riusciti a migliorare il mio umore – anche se di poco – in soli dieci minuti
«Non avevamo dubbi, Frank.»
 

Ciao a tutti!
In un ritardo scandoloso come al solito, ma finalmente ho "partorito" questo bambino! Anche questo capitolo è lungo in maniera imbarazzante, ma non mi sarei mai perdonata se lo avessi spezzato e non mi andava di troncarlo subito dopo l'evento clou del capitolo, serviva un po' di sano disagio verso la fine. Sono immensamente soddisfatta di quel che è venuto fuori perchè è uno dei capitoli a cui tengo di più in assoluto (insieme a quelli di Scorpius durante le vacanze di Natale, ovviamente ♥), sarà la nascita di nuovi amori che mi elettrizza ogni volta, ma mi piace davvero molto e spero che sia lo stesso per voi!
Mi sono attenuta al "canon" per quanto riguarda Hannah e Neville, spero non me ne vogliate, so che in molti amano la coppia Neville/Luna, ma in questa storia lei è felicemente sposata con Rodolphus Scamander  xD
A volte, la frase "chi disprezza compra" è proprio vera, e forse sotto sotto Zoe ha sempre avuto un debole per Albus, ma da brava Grifondoro orgogliosa ha dovuto tenere alto il suo onore e disprezzarlo per un po', prima di arrendersi all'evidenza e di andare oltre le apparenze e i pregiudizi. Albus, invece, ha il cuore un po' più tenero ♥
Beh, a questo punto vi ringrazio per aver letto e sono molto curiosa di conoscere le vostre opinioni *-* 
Al prossimo capitolo, dove ritorneremo tra i nostri cari Serpeverde!
Mars
 
   
 
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