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Autore: Sammy_Stark    25/09/2020    1 recensioni
Il detective Ashton M. Fell era in procinto di versarsi una buona tazza di tè (non c'era niente di meglio per accompagnare salsicce, uova strapazzate e funghi trifolati) quando il campanello suonò insistentemente per alcuni secondi.
Ashton sospirò e posò la teiera sul fornello.
Un nuovo giorno, un nuovo omicidio a Los Angeles.
Genere: Commedia, Noir, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Los Angeles. Anni '40.

Il detective Ashton M. Fell era in procinto di versarsi una buona tazza di tè.
Non c'era niente di meglio per accompagnare salsicce, uova strapazzate e funghi trifolati.

Naturalmente, nella colazione del detective, non potevano mancare tre pasticcini al cioccolato. Avrebbe poi preparato un bicchiere di spremuta d'arancia, senza zucchero, per stare attento alla linea.

Dicevamo... Il Detective stava per versare il tè quando il campanello suonò insistentemente per alcuni secondi.
Ashton sospirò e posò la teiera sul fornello.

Era una persona molto gentile e pacata, nessuno lo aveva mai sentito pronunciare una parola cattiva, eppure odiava essere disturbato durante i pasti.
Tutto quel suo sentimento negativo si sfogò in un sospiro mesto, seguito da un'occhiata languida ai pasticcini.

Il campanello suonò di nuovo.
-Arrivo! Un momento!- Disse, in un tono di voce abbastanza alto da farsi sentire anche fuori casa. 
Appena aprì la porta, si ritrovò davanti il commissario di polizia James Marple.

Ashton sapeva ancora prima che l'uomo parlasse che si trattava sicuramente di un nuovo omicidio.

Veniva chiamato solamente per i casi più intricati perché aveva un certo sesto senso per scovare i colpevoli e, soprattutto, per riconoscere gli innocenti.
-Si tratta di un omicidio!- annunciò infatti l'omone che corrispondeva al nome di James Marple.

Aveva cinquantasei anni, dei baffoni grigi e la fronte stempiata. Gli occhi erano di un bel color nocciola. Da giovane doveva essere stato un uomo affascinante ma il tempo non era stato molto clemente con lui.

-Oh, santo cielo! sono appena le sette! Stavo per fare colazione...- si lamentò debolmente il detective.
-Il crimine non ha orari!- gli rispose prontamente il commissario. 
-Ti aspetto in macchina.- annunciò e se ne tornò nell'auto.
Sapeva bene che con Fell non aveva bisogno di insistere troppo.
L'uomo infatti alzò lievemente gli occhi al cielo, abbozzò un sorriso sconsolato e poi rientrò in casa per recuperare il suo fedele cappotto, e un pasticcino, ovviamente.

- Allora, dov'è successo?- chiese, una volta salito nel posto accanto al commissario. 
L'uomo gli lanciò un'occhiata quasi di rimprovero: Ashton aveva il mento sporco di zucchero a velo. Sbuffò e spostò lo sguardo sulla strada per mettere in moto e partire.
-Villa Sanders. Il proprietario è stato ucciso nella notte.- lo informò, asciutto.
Il detective si pulì la bocca con un fazzolettino, quasi avendo intuito quello sguardo, e cercò di focalizzare villa Sanders. Ne aveva già sentito parlare, ne era sicuro...
-E' quella delle..- iniziò a dire, ma il commissario annuì ancor prima di fargli finire la frase.
-Le feste degli svitati. Non mi sorprende che abbia fatto quella finaccia. Povero diavolo...- mormorò, scuotendo il capo fra sé.

Ashton aveva intravisto diverse volte sul giornale le lamentele dei vicini di Sanders riguardo i suoi festini "demoniaci".
Lui pensava che l'occulto fosse molto interessante.
Non credeva assolutamente a nulla ma leggeva volentieri di riti magici e cose simili... 

Mentre era perso in questi pensieri, il detective non si accorse del loro arrivo alla villa, fu quindi molto sorpreso di vedere la grande magione addobbata come per El dia de Los Muertos in Messico.
Trovava tutto ciò estremamente affascinante, così tanto da strappargli un sorriso.

Solo qualche momento più tardi, sentendosi osservato dal commissario, si ricordò di essere sulla scena di un crimine e quindi tornò immediatamente serio.
I due scesero dall'auto e si avviarono all'ingresso, dove, una singhiozzante e l'altro statuario, li stavano aspettando una cameriera e un maggiordomo.

La donna aveva più o meno una quarantina d'anni, così come il suo collega.
Aveva gli occhi rossi e stava ancora piangendo. Il fazzolettino che stringeva in un pugno era fradicio.
Il maggiordomo conservava la sua aria seria e professionale.
Teneva in mano un foglio di carta su cui erano riportati dei nomi in una calligrafia elegante.
-La lista degli invitati, come da voi richiesto.- esordì, porgendo il foglio al commissario.
Naturalmente un paio di volanti erano già arrivate prima del commissario e del detective e avevano già iniziato a lavorare.
Ashton intercettò il foglio e gli diede una rapida occhiata.
-Erano tutti presenti?- chiese, sorpreso della quantità di nomi riportati in così poco spazio.
-Non è possibile saperlo, signore. Non teniamo traccia di chi partecipa e chi no per motivi di riservatezza.- Rispose il maggiordomo.
Il commissario sbuffò.
-Questa sarà una rogna!- commentò, seccato.
Un giovane poliziotto corse in fretta fuori dalla casa e si liberò della colazione dietro ad un cespuglio. 
Ashton aggrottò la fronte, perplesso.
La cameriera scoppiò di nuovo in lacrime.
-Una scena davvero orribile! Orribile, signori! Quel pover'uomo! Povero signor Sanders!- singhiozzò, con autentica disperazione.
Il detective sospirò lievemente, era così straziante vedere una signora piangere in quel modo.
-Avanti, cara, si faccia coraggio! Lui non vorrebbe di certo vederla così!- tentò di rassicurarla.
-Ci porti da lui.- Ordinò semplicemente il commissario, molto più brusco nei modi. 
La cameriera annuì, smettendo di tirare su col naso.

Li guidò in casa, su per le scale, lungo un corridoio lungo quanto largo, e poi si fermò davanti ad una porta aperta.
-Vi prego, non fatemi entrare di nuovo!- li supplicò.
Marple alzò un folto sopracciglio. -E' stata lei a trovarlo, giusto? A che ora aveva detto?- chiese, scambiandosi un'occhiata d'intesa con il detective.
-Alle sei e un quarto. Ero arrivata da poco... Sono andata a cambiarmi e poi, non vedendo il signor Sanders in sala da pranzo, sapete, lui si alzava ogni giorno alle sei, sono andata a chiamarlo in camera, credevo che stesse ancora dormendo, dopo la festa di ieri sera... Gli piaceva bere e quel giovanotto ieri aveva portato del vino dalla Francia...-raccontò, cercando di non scoppiare di nuovo in lacrime.

Ashton prese un taccuino e una matita da una tasca del cappotto e annotò la storia della cameriera. Sottolineò la parola "Giovanotto" e "Vino". Potevano essere due dettagli molto utili.
Il commissario ringraziò frettolosamente la cameriera ed entrò nella camera da letto di Archibald Sanders.

Con le gambe sul letto e una guancia schiacciata contro il pavimento, fermo in una posa assolutamente innaturale, giaceva un uomo sui sessant'anni.
Indossava un completo in stile Ottocentesco, elegante. Archibald era un uomo molto ricco e stravagante ma aveva anche un ottimo gusto per le stoffe più pregiate.
Le aveva vendute, e le vendeva ancora, almeno fino a qualche ora prima, per quarant'anni. Aveva creato così la propria fortuna.

Adesso se ne stava lì, scomposto, sgozzato e lasciato a dissanguarsi come il più vile dei criminali. Doveva avere anche alcune ossa rotte.
Il detective Ashton M. Fell deglutì a fatica, lievemente disturbato dalla vista di tutto quel sangue.
Ora capiva quel povero poliziotto di poco prima.
Il commissario, per una volta, evitò occhiatacce.

Ashton prese ad esaminare la scena. C'era un bicchiere vuoto appoggiato sul comodino, alcune gocce di vino lasciavano intuire che ci fosse un bicchiere gemello da qualche parte.
Attento a non sporcare i pantaloni color sabbia, il detective si inginocchiò dalla parte libera del letto.

Bingo!
Il bicchiere mancante era proprio sotto il letto, come pensava. Indossò dei guanti e lo raccolse.
Era sporco di vino rosso, come le gocce presenti sul comodino e sulla moquette.
Lasciò il calice ad un giovane poliziotto ed iniziò a cercare anche la bottiglia: se fosse stato vino Francese avrebbe già avuto un potenziale colpevole...
Ma della bottiglia non c'era nemmeno l'ombra.
Poco importava, sapevano che Archibald era in compagnia di qualcuno, la notte del suo omicidio.

-Doveva essere una persona fidata... Hanno bevuto del vino e poi... E' stato aggredito...- sussurrò Ashton, come se pensasse ad alta voce.
Il commissario fece una smorfia.
-Una donna non può averlo ammazzato così, come un maiale! Non ne avrebbe avuto la forza!- fece notare, convinto.
Il detective gli rivolse un'espressione quasi di smarrimento. 
-Non ho parlato di una donna...- mormorò.
Scese un silenzio imbarazzato tra i poliziotti presenti nella stanza.
-Comunque...- riprese prontamente a parlare il commissario -Non sappiamo nemmeno se l'altra... persona... Sia stata rapita o uccisa e portata da un'altra parte.- 

Per quanto Ashton sentisse che non si trattava di nulla di tutto ciò, non se la sentì di ribattere alle parole del "collega".
Fece un altro veloce giro di perlustrazione della stanza e, accertato che non ci fosse altro di interessante, uscì e si fermò nel corridoio.
-Torno a casa a studiare la lista degli invitati! Ti farò avere presto notizie!- Sorrise cordiale al commissario, il quale grugnì in risposta e annuì appena col capo.
-Buona colazione!- Sorrise e ridacchiò.
Ashton arrossì lievemente e si avviò in strada, riponendo il foglio con i nomi nella tasca del cappotto. 

Non aveva nemmeno i soldi per un taxi ma poco importava, ormai la sua povera colazione era diventata fredda, tanto valeva camminare fino a casa, avrebbe sicuramente giovato alla sua linea.
   
 
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