Michael
si sentiva potente in quel luogo, anche se era consapevole
fosse solo colpa della suggestione. Doveva riconoscere ai
mortali che, quando si impegnavano, erano capaci di creare
opere di un certo rilievo. Le iridi scure scivolarono
sulla parete affrescata, dove la tinta prevalente era
l'azzurro cielo.
«Non è meraviglioso?» chiese la turista al suo fianco, una
corpulenta signora di San Francisco.
Michael la guardò con fastidio. Aveva volutamente ignorato
quel gruppo di americani troppo pieni di colesterolo, ma
trovavano comunque il modo di infastidirlo. Sospirò
sconsolato. «Un vero peccato che Michelangelo sia
all'Inferno.»
La donna rise gioviale. «Sciocchezze, un artista di questo
calibro sarà sicuramente finito in Paradiso.»
«Se fosse arrivato in Paradiso, me ne sarei accorto»
replicò lui. «No, è andato sicuramente nell'Underworld...»
replicò scontento. «Quell'idiota di mio fratello
riuscirebbe a rovinare chiunque, lui e i suoi stupidi
favori» soffiò.
La signora aggrottò la fronte poi, pensando di trovarsi di
fronte a uno squilibrato, decise di allontanarsi.
Michael tornò a concentrarsi sulla parete dietro l'altare
della Cappella Sistina, inspirando a fondo. Si staccò dal
gruppo di turisti con i quali era entrato e si diresse
verso il cuore degli archivi del Vaticano.
«Ehi...»
L'angelo si fermò, voltandosi a guardare l'umano che gli
si era rivolto a quel modo. Indossava una divisa, forse un
custode. Quello gli disse qualcosa in italiano e Michael
alzò gli occhi al cielo. Non potevano usare il latino? Era
solo felice che Dante stesse bruciando all'Inferno, per
aver codificato quella nuova lingua.
La guardia gli si rivolse finalmente in inglese. «Questa
area non è aperta ai turisti, deve uscire.»
Michael sorrise. «Ah! Capisco, sono mortificato per
l'errore. Mi dica, è davvero la mia presenza qui a
spaventarla? È davvero questa la sua più grande paura?»
domandò, fissando intensamente gli occhi del custode.
Quello schiuse le labbra, rimanendo incatenato a quegli
occhi che parevano mettere a nudo la sua anima. Quello
sguardo gli stava scavando dentro e l'uomo deglutì a
fatica, sentendo il dolore emergergli dal petto. «Ho paura
di morire... mi hanno trovato un piccolo polipo e temo di
avere un tumore. Mio padre è morto dello stesso male!»
L'espressione di Michael si fece contrita. «Oh, mi
dispiace, è terribile. Perdere il proprio tempo qui,
costretto a badare a questi indisciplinati turisti, quando
la vita potrebbe essere così breve e terminare in maniera
così dolorosa, tramutandoti nell'ombra della persona che
eri...» Sorrise. «Ma dovresti essere felice: quando
arriverà a quel punto, non avrai più paura di
morire, anzi, non ne vedrai l'ora» spiegò sorridendo.
La guardia lo fissò, fece un passo indietro, mentre sentì
la paura dilagargli nel cuore. Il dolore, non aveva
pensato al dolore. Suo padre aveva perso quaranta chili
prima di morire, il tumore lo aveva ridotto a pelle e ossa
e nemmeno la morfina riusciva a placarne la sofferenza.
Scosse il capo, si voltò e iniziò ad allontanarsi. Il
passo si fece sempre più svelto, sino a tramutarsi in
corsa.
Michael lo guardò scomparire lungo il corridoio e scosse
il capo divertito. «Umani...»
Oltrepassò una porta, trovandosi nella navata laterale di
una chiesa. Iniziò a camminare sul marmo rosso del
pavimento, quando udì dei passi e vide un prete in abito
talare avvicinarsi. Doveva essere di recente nomina, data
la giovane età. Gli si rivolse in italiano.
Perché diamine davano tutti per scontato di trovarsi
davanti a qualcuno che parlava quella stupida lingua? Non
era la lingua più parlata sulla Terra, potevano
abbandonare quel fastidioso pregiudizio! Bei tempi, quando
il latino lo parlavano tutti o quasi!
«Mi scusi, Padre» lo interruppe Michael. «Sto cercando
Padre Kinley» disse in inglese, sorridendo gentilmente.
«Padre Kinley non è qui» rispose il giovane pretucolo.
«Non tornerà, è stato scomunicato» spiegò.
Michael alzò le sopracciglia e si mostrò davvero
dispiaciuto. «Che cosa infelice... Avevo così bisogno del
suo aiuto, ma forse lei può aiutarmi. Vede, Padre Kinley
mi aveva giurato di avere trovato la soluzione al problema
che mi affligge. Mi disse che aveva trovato un antico
libro in merito...»
Il prete annuì. «Capisco... ma non saprei come aiutarla.
Penso che il libro di cui parla sia ancora negli uffici di
Padre Kinley, non sono ancora stati vuotati, ma non la
posso portare lì» spiegò accomodante.
Michael fece un passo avanti, sovrastando di tutta la
testa il ragazzo. La luce delle candele davanti alle varie
nicchie dava una strana luce allo sguardo dell'angelo.
«Padre, è proprio sicuro? Non le capita mai di avere paura
di essere mancante in qualcosa, di non fare mai abbastanza
per servire Dio Onnipotente?»
Il giovane si perse in quegli occhi scuri che parevano
trafiggerlo da una parte all'altra. «Ho...» si umettò le
labbra. «Ho paura di non essere abbastanza forte, di non
essere in grado di resistere alle tentazioni... di
fallire... di non poterlo servire come dovrei...»
«Non è forse dovere di Santa Romana Chiesa aiutare il
prossimo?» rispose Michael. «Non aiutarmi, equivale a
rifiutare l'aiuto a un devoto figlio di Dio...» E
sicuramente lui, in quanto angelo, era un figlio ben più
vicino a Lui, che qualsiasi altro essere umano, se si
escludeva Adamo, che era stato creato direttamente da suo
Padre.
Il giovane prete chinò il capo, annuì. «Ha ragione... Mi
segua!» lo esortò quindi, facendogli strada sino
all'ufficio che un tempo era appartenuto a Padre Kinley.
Era decisamente angusto, pieno di tomi polverosi. Su un
tavolo c'era anche un mortaio, un alambicco e qualche
fiala.
«Non voglio farle perdere altro tempo, Padre. Vada pure»
mormorò l'angelo.
L'altro annuì, schiuse le labbra ma preferì tacere. Forse
avrebbe dovuto dirgli di non toccare nulla, soprattutto di
non prendere nulla, ma quell'uomo gli metteva ansia.
Sorrise imbarazzato e lasciò la stanza.
Michael si avvicinò alla scrivania ingombra di fogli e
libri sparsi in maniera disordinata. Fece una smorfia,
sollevando qualche incartamento, poi sollevò le
sopracciglia, adocchiando qualcosa di interessante. Spostò
la sedia e si accomodò, sfilando da sotto alcuni fogli un
fascicolo dove spiccava una foto di Chloe Decker a spasso
per Roma in compagnia di una bambina. Lesse il fascilo, ma
non conteneva nulla che già non sapesse. Aprì i cassetti.
Uno era chiuso a chiave, nulla che potesse impedire a un
angelo di far saltare la serratura. All'interno trovò un
diario. Lo prese e iniziò a sfogliarne le pagine. Dopo
quasi un'ora trovò un indizio di quello che stava
cercando. Lesse il nome del libro indicato, quindi si alzò
e iniziò a cercarlo sulla libreria. Non tutti avevano il
titolo scritto sulla costa e fu costretto a sfilarli per
leggere la copertina, alcuni dovette persino aprirli, ma
non riuscì a trovare il testo che gli serviva.
«Dannazione» ringhiò. Non era in quell'ufficio. Aveva di
nuovo bisogno del giovane prete. Sospirò sconsolato
all'idea e si avviò verso la porta.
Saltiamo
da un gemello all'altro, ritroviamo Michael mescolato tra i
turisti in visita alla Cappella Sistina, ma pare che il suo
viaggio a Roma celi qualcosa.
Intanto vorrei ringraziare LadyOscar1620 per aver recensito
la storia lasciando il suo feedbeck, cosa che fa enormemente
piacere a ogni autore, perché abbiamo un ego.
Ho altri due capitoli pronti, ho avuto meno tempo per
scrivere, devo darmi da fare :D
Grazie
a tutti i lettori.
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preferiti/seguiti/ricordati per darle visibilità.
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interessato, può passare a trovarmi presso il mio gruppo
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Daniela
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