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Autore: Biblioteca    28/09/2020    1 recensioni
I quattro fondatori preparano il castello per le future generazioni di maghi.
Ma come fare per essere sicuri che le sale comuni possano essere accessibili solo agli appartenenti della casa stessa?
Ecco dunque una sfida: ognuno dovrà cercare di entrare nella casa degli altri, per valutarne la sicurezza.
Salazar riesce a intrufolarsi sia nella sala di Corvonero, che in quella di Grifondoro.
Alla fine crede di aver trovato l'accesso anche alla casa di Tassorosso, e convice Godric Grifondoro a seguirlo e ammirare il suo successo. Ma le cose non sono come sembrano....
(Pubblicata anche su Wattpad)
Genere: Comico, Commedia, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Corvonero, Godric Grifondoro, I fondatori, Priscilla Corvonero, Tassorosso, Tosca Tassorosso
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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- Questa storia fa parte della serie 'Quattro fondatori per un castello'
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“Perché ci tenete tanto che venga anch’io?”
“Perché è sempre meglio avere un testimone. In più credo che Tosca non sia in questo momento nella sua sala.”
Salazar e Godric scesero le scale (già incantate e in movimento) verso la Sala Grande da cui poi avrebbero avuto accesso alle cucine.
Le pareti erano completamente vuote.
I ritratti incantati sarebbero stati appesi di lì a poco e il loro numero sarebbe cresciuto negli anni.
Ma questo nessuno dei due maghi ancora lo sapeva.
“Perché dici che Tosca non è nella sua sala?” domandò Godric
“Perché l’ho vista mentre salivo da te.” Spiegò Salazar “Dopo averla seguita, stavo per arrivare alla tua sala, per poter dire di averne conquistate due nella stessa notte, ma prima volevo essere sicuro di ricordare quanto ascoltato. Sono corso verso la mia sala e ho preso nota del numero dei colpi dato. Tornando indietro e risalendo alla sala grande ho visto Tosca che svoltava l’angolo, anche lei per salire da qualche parte. In verità credevo l’avrei trovata davanti al tuo ritratto. Ho atteso un po’ prima di salire, ma lei non c’era. Il ritratto mi ha poi confermato che ha tentato ieri ma senza successo.”
“Dove può essere andata a quest’ora della notte?”
“Non ne ho idea, Godric. Ma ha davvero importanza?”
Godric non rispose ma certo era strano.
Tosca non avrebbe rinunciato a un buon sonno senza motivo. E di solito i motivi di Tosca erano sempre collegati alla sua personalità materna e laboriosa: un lavoro da finire o qualcuno da soccorrere.
“Che si sia sentita male Priscilla? Non sarebbe la prima volta che Tosca le offre il suo aiuto e le conoscenze mediche che ha acquisito negli anni. È brava a preparare pozioni anti-vomito quanto a cucinare. In più Priscilla non chiederebbe mai aiuto a noi…” pensò Godric mentre continuava a seguire Salazar verso la sua meta.
In un punto un po’ nascosto, c’erano delle scale che scendevano e conducevano a un corridoio lungo che portava verso le cucine. Il muro del corridoio era invaso di enormi botti di legno, chiuse con tappi di sughero e impilate l’una sopra l’altra per tutta l’altezza dello stesso.
La loro grandezza rendeva il passaggio molto più stretto di quello che Godric ricordava.
Salazar si fermò all’improvviso con gli occhi sgranati. Fissava intensamente la parete delle botti.
Godric non ci mise molto a capire qual’era il problema.
“Avete sentito che batteva su una botte, ma non sapete quale…” mormorò il mago sorridendo.
Salazar lo fulminò con lo sguardo.
“Non ci vorrà molto a ritrovarla, sono pieno di risorse, io!”
“Pieno di arroganza semmai…” pensò Godric.
Salazar fece avanti e indietro per la lunga fila con sguardo torvo per qualche secondo, prima di fermarsi finalmente davanti a una delle botti. La quarta della terza fila verso le scale.
Si avvicinò con la faccia ad essa e poi la indicò con un ghigno.
“Tombola!”
“Cosa vi fa pensare sia quella?”
“C’è un segno nel legno, vedi?”
Godric notò che c’era effettivamente un segno nel legno.
“Potrebbe essere un segno del tempo.”
“No. L’ha sicuramente tracciato Tosca per ricordarsi quale fosse la botte giusta.”
Detto quello, Salazar aprì la piccola pergamena dove aveva preso gli appunti e battè per sei volte contro il legno.
Non accadde nulla.
Godric si lasciò sfuggire un sorriso.
“Ebbene, vi siete sbagliato…”
“Shhhh!” Lo zittì il purosangue “Ascoltate!”
In effetti nello stretto corridoio iniziava a riecheggiare uno strano e profondo rumore.
Poco dopo i due maghi si accorsero che le botti stavano tremando tutte quante.
Salazar sfoderò un sorriso vittorioso convinto che ben presto l’ingresso della Sala comune di Tassorosso si sarebbe aperto rendendolo vincitore della sfida.
Ma non andò così: all’improvviso da una delle botti saltò il tappo di sughero che lo colpì dritto sulla testa pelata, seguito da un violento getto di quello che si rivelò essere, al gusto, aceto.
Così accadde anche con un’altra botte. Godric riuscì ad evitare il tappo ma non il getto.
Ben presto da tutte le botti saltò via il tappo e l’intero corridoio fu inondato di aceto.
I due maghi, già a terra, tentarono di alzarsi ma scivolarono sui loro stessi piedi. Tenevano gli occhi chiusi perché l’aceto di certo non era una bella sostanza con cui bagnarli e tossivano perché nella sorpresa ne avevano ingerito parecchio.
Quando riuscirono a mettersi seduti e a stropicciarsi gli occhi, un altro suono attirò la loro attenzione: il suono di due fragorose risate femminili.
Priscilla Corvonero e Tosca Tassorosso erano in cima alle scale a ridere come matte sorreggendosi l’un l’altra.
Tosca indossava i suoi soliti abiti, mentre Priscilla era coperta da una pelliccia e aveva i capelli avvolti in un panno di lino, come per asciugarli.
Godric, il primo che riuscì ad aprire gli occhi, osservò le due donne sorpreso e anche un po’ umiliato, ma quando si girò verso Salazar e vide la sua testa pelata ancora grondate d’aceto e la sua barba completamente bagnata appiccicata al petto, non riuscì a resistere: dopo pochi secondi scoppiò a ridere anche lui.
Dal canto suo, Godric aveva i capelli appiccicati alla testa mentre la barba si era “allungata” come quella che di solito Salazar teneva quando era asciutto, facendolo sembrare un gatto bagnato.
Quando Salazar riprese la vista si rivolse subito alle donne: “CHE COSA AVETE DA RIDERE!? NON C’È NIENTE DA RIDERE!!!” poi vide Godric che rideva tutto bagnato d’aceto. Alla fine non resistette e anche lui si lasciò andare a una risata, sebbene più composta e trattenuta di quella degli altri tre.
Nel frattempo Tosca, sempre ridendo, era scesa per andare ad aiutarli.
Aggrappati a lei, i due maghi salirono le scale e raggiunsero Priscilla che continuava a ridere furiosamente.
“Dovrebbero farvi un ritratto!” esclamò la maga.
“Non ci pensate nemmeno!” sbottò Salazar che fu il primo a calmarsi.
“Se può consolarvi, questa sera ho avuto anch’io l’onore di fare un bagno nell’aceto.” Disse Priscilla.
Mentre la maga aiutava i due a rimettersi in piedi, Tosca fece un incantesimo che riportò aceto e tappi ai rispettivi barili.
Lei sorresse Godric, Priscilla sorresse Salazar e insieme andarono verso la sala grande.
 
Continua…

 
  
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