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Autore: Alessia Krum    29/09/2020    0 recensioni
Acquamarina aveva continuato a vedere immagini, immagini brutte e spaventose, che non avrebbe mai voluto vedere. Acqua poteva pensare e vedere quelle figure, ma non stava né dormendo, né era svenuta, non era sveglia e non poteva svegliarsi. Voleva vedere e capire che cosa stava succedendo. Vide un villaggio, un piccolo villaggio sormontato da un castello. Il paesino sembrava tranquillo, ma fuori dalle mura si stava svolgendo una feroce battaglia. Persone con la pelle blu e le pinne combattevano con tutto quello che avevano e una grande speranza contro eserciti interi di mostri viscidi, squamosi e rivestiti da armature pesanti che mandavano bagliori sinistri. La battaglia infuriava. Per ogni mostro abbattuto, morivano almeno due uomini. Poi Acqua vide un uomo, protetto da un cerchio di mostri, che sembravano i più potenti e i più grossi. Quell’uomo aveva un qualcosa di sinistro e malvagio. Indossava un pesante mantello nero e continuava a dare ordini e a lanciare fiamme ovunque.- Avanti, Cavalieri, sopprimete Atlantis e l’oceano intero sarà mio! –
Genere: Fantasy, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 45
Mamma

Acqua abbandonò la testa sulla spalla di Max, sentendo le palpebre farsi sempre più pesanti. Le giornate si susseguivano tutte uguali, come se fossero lo stesso istante sospeso nel tempo. Era quasi rassicurante, però, quel senso di calma e attesa speranzosa che aleggiava su tutti loro. Acqua non lasciava mai la stanza di Azzurra, se non per mangiare e riposare qualche ora la notte. Facevano i turni, perché tutti volevano assicurarsi che qualcuno fosse presente al risveglio della regina; ma la principessa era sempre lì, irremovibile, e continuava  a declinare qualsiasi proposta di svago. 
Celeste e Max spesso andavano e venivano dal castello, dovendo occuparsi di un’infinità di faccende che ovviamente non potevano essere rimandate. Acqua allora rimaneva sola con Corallina, che era stata messa al corrente di ogni cosa in un lungo pomeriggio di chiacchiere, e non poteva contenere la sua eccitazione per il fatto di essere finalmente considerata meritevole di sapere. A volte la rossa trascinava con sé Henri, e Acqua non poteva fare altro che compiacersi di quanto fossero affiatati quei due. Max la aggiornava sulla situazione, quando era lontano, e spesso stabiliva una connessione mentale con lei solo per raccontarle cosa stava facendo, nel tentativo di fare ammenda per tutte le cose taciute nel tempo. Acqua aveva la sensazione che un nuovo mondo si stesse spalancando davanti a lei. Tutto stava andando lentamente al suo posto.
La sua mente stava pian piano scivolando nel sonno, ripresentandole confusamente alcuni momenti dei giorni precedenti, quando Max si rizzò all’improvviso, riscuotendola dal torpore. Acqua mugugnò, riaprendo a fatica gli occhi e stiracchiando i muscoli indolenziti. Vide il ragazzo alzarsi in fretta in piedi, seguito subito da Celeste - uno dei rari momenti in cui erano presenti entrambi. Sulle prime Acqua non comprese, ma la realizzazione la colpì come un fulmine quando li vide precipitarsi a fianco del letto. Si alzò in piedi di scatto, col cuore che minacciava di esploderle nel petto. Max e Celeste le coprivano la visuale, e per qualche istante non riuscì a fare altro che rimanere lì in piedi, paralizzata, la testa che girava, senza comprendere bene il motivo di quell’agitazione inaspettata. 
– Che è successo? – borbottò una voce debole e affaticata, e il cuore di Acqua saltò un battito. 
– Va tutto bene. – disse Max, volgendosi verso la regina sdraiata, ad afferrarle una mano con un gesto affettuoso. 
– È tutto finito. – aggiunse Celeste, lasciando trapelare dalla voce un allegro sollievo. Acquamarina li vide chinarsi entrambi al capezzale della regina, rassicurandola e aiutandola con dolcezza a sollevarsi. Oltre la schiena di Celeste, intravide una manciata di capelli biondi ondeggianti nel movimento, e poco dopo comparve una mano, che andò ad aggrapparsi disperatamente alla spalla di Max.
– Lei è qui? – chiese la voce, in un soffio, timorosa ma impaziente di sapere, come se nient’altro avesse importanza. Max era rivolto verso la donna, ma Acqua riusciva a vederlo di profilo, mentre le rivolgeva uno sguardo tenero. Lo vide illuminarsi e annuire lentamente, mentre sul suo volto si allargava un sorriso. Acqua era rimasta ipnotizzata dalla stretta spasmodica delle dita della regina, che ora lentamente si rilassavano sulla spalla di Max, scivolando lungo il suo braccio fino a fermarsi sul polso. Max si voltò verso la ragazza, con gli occhi scintillanti di gioia e uno sguardo carico di incoraggiamento. Acqua capì che doveva avanzare, il momento era finalmente arrivato. Un’inspiegabile riluttanza tentava di fermarla, ma riuscì a non darle peso: con un nodo alla gola, mosse qualche passo esitante e percorse come in un sogno il poco spazio che la separava dal letto. 
Sembrava infinito, un viaggio lunghissimo in un tempo dilatato e viscoso, che faticava a scorrere. Sentì Max afferrarla per la vita e trascinarla accanto a sé. La ragazza si sedette sul bordo del letto, incontrando per la prima vera volta la donna che l’aveva messa al mondo. Acqua incrociò i suoi occhi e vagò con trasporto su quel volto che negli ultimi giorni aveva imparato a memoria in ogni singolo dettaglio: aveva un’espressione stanca e provata, ma il suo debole sorriso incredulo le rischiarava il volto gentile, disegnandole piccole rughe d’espressione intorno agli occhi e sulla fronte. I capelli le ricadevano disordinati ai lati del viso, e qualche ciocca ondeggiava davanti agli occhi azzurri, tanto simili a quelli di Acqua e traboccanti di emozione.
Il mento le tremava, contagiando il labbro inferiore in un leggero fremito, mentre le sue deboli mani si protendevano verso la figlia. Gradualmente, i suoi occhi si erano riempiti di incredule lacrime. 
– La mia bambina. – mormorò con la voce tremolante, senza riuscire a contenere il dolore e la gioia che trasparivano dirompenti sul suo volto, deformato eppure così bello e vero. Acqua lasciò che le posasse le mani sul suo volto, in una carezza dolce, quasi timida e timorosa come se la regina temesse di poter spezzare un sogno. Acqua fu stregata da quel tocco che le restituì un piacevole senso di familiarità. Gli occhi le si inondarono di lacrime spontanee, mentre la donna la attirava a sé e la abbracciava con immensa disperazione. Era così strano non conoscerla minimamente, ed essere così intimamente legata a lei da una forza incontrastabile, che le univa da sempre. Si chiese quando fosse stata l’ultima volta che sua madre l’aveva stretta tra le braccia, accorgendosi che in un modo o nell’altro le era mancato. 
Azzurra si sentiva senza fiato, sopraffatta dall’emozione più intensa che avesse mai provato nel suo cuore di madre. Anni di rimpianti e rinunce si annullavano in quell’istante, in cui poteva veramente stringere a sé la bimba abbandonata, il fantasma fatto di assenza e senso di colpa che la perseguitava da troppo tempo. Non avrebbe saputo dire chi aveva più bisogno dell’altra, in quel momento; sapeva solo che si aggrappava a lei con forza, e non l’avrebbe più lasciata andare.  Singhiozzarono insieme a lungo, strette in un abbraccio indissolubile che si perdeva tra le pieghe del tempo. Le loro anime unite si riconoscevano e si prendevano per mano, dopo essere state separate per una vita.
 
***

Ritornare in quel luogo dopo un’assenza così lunga fu stranamente piacevole. Non era esattamente la dimora più accogliente del mondo, ma Acqua era cresciuta in quel posto, anche se aveva dovuto sopportare le due capricciose sorelle e aiutare le domestiche da quando era piccola. Sulla Terra, nulla era cambiato in sua assenza, e la cosa le sembrava estremamente in contrasto con tutto ciò che era successo ad Atlantis. Il mondo era immutato, ed era così strano pensare che da qualche parte nell’universo, un altro pianeta che lei chiamava casa era stato risollevato da anni di miseria e guerra per riprendere la vita. Invece, l’unica cosa diversa nella villa di campagna dove era cresciuta era che lei non c’era più. 
Acqua osservava la sua stessa assenza dall’esterno, e si sentiva quasi un’altra persona, come se quella vita fosse distante anni luce. La percepiva lontana e distaccata, nonostante il giardino in cui si trovava le riportasse alla memoria infiniti ricordi dei giochi con Max, afosi pomeriggi estivi, e inverni irrequieti, merende nascoste tra i cespugli e arrampicate clandestine. C’era solo una cosa che ancora la teneva legata, e che non avrebbe mai e poi mai potuto dimenticare. Sua madre.
Acqua prese il coraggio a due mani e percorse il perimetro dell’ala della villa riservata ai domestici, abbassandosi per non farsi vedere dall’interno. Arrivò strisciando accovacciata fino alle finestre della cucina, fermandosi sotto una di esse. Si riposò un istate appoggiando le spalle al muro. Si sentiva come una ladra in casa propria, anche se non era certa di poterla ancora chiamare casa sua. Probabilmente ormai la sua scomparsa non era altro che una vecchia notizia per gli abitanti della villa, liquidata in fretta senza troppi problemi. 
L’unica che non l’avrebbe mai pensata a quel modo era Lyliana, perché come può una madre rassegnarsi alla scomparsa della figlia? Acqua si sentiva una persona orribile per averla abbandonata a quel modo. E, quasi ironicamente, era stata Azzurra la persona che più l’aveva capita. Lei aveva vissuto con quel peso per quindici interminabili anni, e le aveva offerto il supporto più prezioso incoraggiandola a sistemare le cose. Avevano parlato a lungo di un’infinità di argomenti, senza separarsi per giorni. Ora Acqua aveva un piccolo piano per riappropriarsi della madre adottiva; o almeno, un’idea di cosa poter fare. 
Si sporse silenziosamente dal davanzale della finestra, rizzandosi per gettare uno sguardo nella stanza e sperando di non farsi vedere. La cucina era affollata, ma nessuno badava a guardare fuori, presi com’erano dalla preparazione del pranzo. Acqua sorrise, conoscendo a quei momenti di concitata agitazione come se fossero parte di sé; e in effetti lo erano, anche se ora sembravano appartenere ad un’estranea. Erano parte di lei nella stessa misura in cui lo era quella donna straordinaria che trovò indaffarata ai fornelli. Le dava la schiena, ma non importava se il massimo che sarebbe riuscita a vedere di lei quel giorno era la sua nuca coi capelli ingrigiti scappati dalla cuffia. Una sensazione di casa si impadronì prepotente di lei, e il sorriso era così difficile da trattenere che vi rinunciò. Si allontanò dal davanzale della finestra, ritornando ad accovacciarsi a terra. 
Accarezzava l’erba accanto a sé, mentre vagava con la mente lasciando che la gioia si impadronisse di lei. Avrebbe dovuto svolgere un ultimo compito per quel giorno, e poi avrebbe lasciato del tempo a Lyliana per riflettere. Acqua si portò una mano in tasca a toccare la busta che avrebbe lasciato nella stanza della madre. La consistenza del foglio di alghe sembrava così strana sulla Terra, e il fatto la fece sorridere. Stringendo forte la lettera in una mano, fece il suo percorso all’indietro ed entrò in silenzio nell’appartamento dei domestici.
 
***

Lyliana entrò nella propria stanza e percorse qualche passo stanco prima di accasciarsi a sedere sul letto. Si prese la testa fra le mani, puntando i gomiti sulle ginocchia, e rimase in quella posizione per un tempo infinito. Era distrutta, fisicamente e mentalmente, e non ce la faceva più a sopportare il peso di quella solitudine così schiacciante. Certo, i colleghi cercavano di tirarla su di morale durante il giorno, ma il loro supporto si esauriva in fretta dopo qualche parola vuota e qualche finta espressione di empatia. Acqua era scomparsa da quasi un mese, e nonostante tutti i suoi sforzi e le interminabili ore passate negli uffici grigi della centrale di polizia, nessuna notizia le era giunta. Sembrava che la ragazza si fosse letteralmente volatilizzata nel nulla. 
Quello che aumentava la sua preoccupazione era il fatto che anche Max era totalmente irreperibile. Aveva atteso con impazienza ogni mattina, sperando di vederlo comparire con la posta e qualche informazione su Acqua. Ma da quando lei non c’era più, nemmeno il ragazzo era mai arrivato. Lyliana aveva provato ad indagare, ma all’ufficio postale tutto quello che avevano saputo dirgli di lui era il suo indirizzo. O meglio, il nome dell’hotel dove alloggiava sporadicamente. Null’altro aveva trovato sul suo conto; nessun parente, nessuna conoscenza in paese, nulla che potesse confermare il fatto che vivesse lì. Queste scoperte su di lui erano così frustranti da gettarla in un pozzo di disperazione ancora più profondo. E lei che pensava di conoscerlo così bene… 
Ciò che aveva peggiorato ulteriormente la situazione erano le voci che giravano alla villa. Tra i domestici giravano supposizioni sul fatto che Max avesse rapito Acqua nella notte, dopo essersi conquistato la sua fiducia nell’arco degli anni, per poter sfogare su di lei i propri istinti assassini. Le voci erano giunte fino alla famiglia del Conte e alle sue odiose figlie, le quali sembravano aver trovato un nuovo passatempo nel cercare di indovinare cosa fosse successo ai due. Lyliana le aveva ignorate, sulle prime, ma poi in qualche modo certe informazioni erano state scambiate, tra domestiche impiccione e le due sciocche sorelle; le quali si erano finalmente dette sicure di aver trovato la causa di tutto quel trambusto. Qualcuno aveva riferito loro che, il giorno della sua scomparsa, Acquamarina era stata colta da un malessere forte e improvviso, e ne avevano tratto le loro conclusioni: ovvero, che il postino l’aveva ovviamente messa incinta, e che avevano dovuto scappare insieme per dare alla luce il pargolo senza che le loro famiglie lo venissero a sapere. Nella loro testa, il ragionamento filava, e questo bastava per farlo diventare la realtà. 
– L’ho sempre detto, io, che quella era una poco di buono. – ripeteva Kate in continuazione. Le loro supposizioni non furono risparmiate a Lyliana, che le trovava estremamente insensibili e irrispettose. Faceva finta di non saperne nulla, ma si sentiva doppiamente offesa e la sua sofferenza cresceva ogni giorno. Non aveva nessuna certezza, e nonostante avesse trovato quel brevissimo messaggio da parte della figlia, nulla avrebbe potuto rassicurarla del tutto, se non vederla e assicurarsi di persona che stesse bene. 
Fu dopo lunghissimi minuti che, sollevandosi a fatica dal letto, posò distrattamente lo sguardo sulla scrivania. C’era qualcosa di estraneo posato lì sopra, che attirò con forza la sua attenzione. Era una busta, di un insolito colore verdognolo e una strana consistenza. La aprì con le mani tremanti, ed ebbe un tuffo al cuore vedendo con quale calligrafia erano scritte le parole della lettera. Dovette sedersi per riprendersi dal capogiro che l’aveva colta, ma non riuscì ad aspettare un secondo in più prima di leggerla.

“Ciao mamma, sono Acqua. Sto bene, anche se ora ho paura che non riuscirò mai a chiederti scusa abbastanza per il modo orribile in cui ti ho abbandonata. Quello che mi è successo ha dell’incredibile, e di certo non riuscirei mai a spiegarti tutto in una lettera. Per ora, ti dirò solo che ho scoperto quali sono le mie origini, chi sono i miei genitori, dove sono nata. Sono in quel luogo, adesso, e anche se la mia scomparsa è legata a motivi molto seri, ora tutto è risolto, e credo di voler restare qui per sempre. Ma nonostante io ora sia tornata alle mie origini e al luogo che mi appartiene, non potrei mai continuare senza averti al mio fianco. 
Tornerò qui tra una settimana e, se lo vorrai, potrai seguirmi nella mia nuova casa, che sarà anche la tua. Avrai una vita estremamente diversa da quella a cui sei abituata, e non dovrai più sopportare di essere trattata con sufficienza dalla famiglia del Conte, né da nessun altro. Spero che una settimana sia sufficiente per comunicare il tuo licenziamento e fare le valigie. Prepara quello che ti serve nella mia camera. Non c’è bisogno che porti tutto, solo ciò che ritieni indispensabile. Ma soprattutto, porta gli album di foto e qualsiasi ricordo tu possa trovare tra le nostre cianfrusaglie. Ci serviranno. 
Se invece non vorrai venire con me, cercherò di accettare la cosa e rispettare la tua scelta. Sappi però che non potrò raccontarti tutto, allora, perché sarebbe troppo complicato, e forse mi prenderesti per pazza. Ovviamente, verrei a trovarti spesso; ma non posso nascondere che preferirei immensamente averti con me sempre, e offrirti una vita migliore di quella che hai ora. Te la meriti. 
Ti voglio bene, mia insostituibile mamma.
Acqua”
 
***

Una settimana più tardi all’imbrunire, Acqua si materializzò direttamente nella propria stanza, trovandola ingombra di scatoloni e borse di ogni tipo. Osservò con lieve tristezza la sua camera vuota, scoprendo che era più difficile del previsto lasciarla andare, allontanarsi da quella parte della propria vita. Per farsi coraggio, cominciò a spostare borsoni e valige riunendoli tutti il più possibile, e ne trasportò un buon numero ad Atlantis, andando e venendo tra i due mondi in una specie di trasloco interplanetario. Aveva pensato che, altrimenti, non sarebbe stato facile spostare quella roba subito dopo aver trasportato Lyliana ad Atlantis. Chissà come, ma la ragazza prevedeva che il momento delle spiegazioni sarebbe stato molto lungo. 
Cercò di fare in fretta, e non appena ebbe trasportato l’ultima scatola piena di vecchie foto, si precipitò fuori dalla stanza. Non riusciva ad attendere un minuto di più. Bussò con impazienza alla stanza di Lyliana, e neanche mezzo secondo dopo la porta era spalancata. Acqua fu travolta da un abbraccio incredibilmente stretto, ma nonostante le stesse facendo perdere il respiro, non avrebbe mai voluto interromperlo. Si sciolse tra le braccia della donna, inondata da un affetto che non poteva essere trattenuto. Sentiva il respiro affannoso di Lyliana, come se stesse cercando di trattenere le lacrime; ma evidentemente non ci riuscì, perché quando la lasciò andare per fissarla in volto, i suoi occhi erano lucidi e le guance rigate. 
– Acqua, guardami negli occhi e dimmi che stai bene. E bada che me ne accorgo se menti. – le intimò, con un tono di voce che voleva sembrare duro, tradito in modo quasi comico dalle labbra tremanti e dalle mani che non smettevano di accarezzarle il volto.
– Sto bene, mamma, te lo giuro. – rispose lei, con un enorme sorriso che non riusciva a trattenere. Lyliana la riabbracciò una decina di volte, continuando ad assicurarsi che fosse tutto a posto.
– Non mi rifilare mai più uno scherzo del genere! – ripeteva senza sosta, tempestandola di baci e qualche ironico scappellotto. 
– Non avrei mai voluto, mamma, davvero. – le disse Acqua, sperando di riuscire per quel momento a tranquillizzarla. Non voleva doverle spiegare di una guerra su un altro mondo quando erano ancora in un luogo dove chiunque avrebbe potuto sentirle. 
– Devi avere proprio un buon motivo, cara mia, per potermi convincere! – replicò invece la donna, puntandole un dito contro. Acqua sospirò, alzando le spalle.
– Purtroppo il mio motivo è validissimo, ma te lo spiegherò più tardi. – rispose, liquidando in fretta l’argomento. – Piuttosto, mi sembra di aver capito che hai deciso di venire con me. – proseguì, eccitata.
– Beh, non so assolutamente nulla del posto dove vuoi portarmi, e sono abbastanza preoccupata in realtà. Ma non potrà mai essere peggio che qua. – spiegò Lyliana, scuotendo il capo. Acqua notò il suo tono triste, e gioì dentro di sé per il fatto di poterle donare un nuovo inizio. Non sapeva cosa fosse successo in quel mese di assenza, ma per Lyliana la vita non era mai stata facile, o particolarmente generosa, e Acqua non vedeva l’ora di rimediare. 
– Saresti pronta a partire anche subito? – le chiese, un po’ titubante. Non voleva affrettare troppo le cose, magari la madre aveva bisogno di un po’ di tempo per abbandonare quel posto. Per quello che ne sapeva Acqua, era stata la sua vita per gli ultimi trent’anni. Invece la donna si limitò a fare spallucce.
– È da una settimana che dico addio a questo posto, non ne posso più. – sbuffò. –  Non vedo l’ora di andarmene. – Acqua ridacchiò, e l’abbracciò di nuovo piena di entusiasmo. 
– Allora prendo queste borse, intanto tu siediti sul letto. – le disse, dandosi da fare per racimolare le ultime cose. Lyliana si sedette, guardandola confusa, fino a quando la figlia le si mise accanto. 
– Allora, non so bene da dove iniziare… – balbettò, un po’ in imbarazzo. – Il luogo dove stiamo andando è molto lontano, molto più di quanto tu possa immaginare. Il nostro viaggio sarà particolare, ma voglio che tu sia preparata soprattutto per questo: quando saremo arrivate, mi vedrai molto diversa. E anche tu sarai molto diversa, e ti sembrerà tutto estremamente strano e folle. Ti prego, non ti spaventare, e io ti spiegherò tutto. – le disse, con voce seria e ferma. Poteva vedere che Lyliana era preoccupata, anche se cercava di non farlo notare; ma la sua fronte era irrimediabilmente corrugata, e Acqua percepiva la tensione nei suoi muscoli. 
La ragazza si assicurò che la porta fosse ben chiusa e le tende della finestra tirate; dopodiché si sistemò le borse in grembo e abbracciò Lyliana, lanciandole un ultimo sguardo incoraggiante prima di toccare il proprio braccialetto. Acqua vide i contorni della stanza sfumare nell’indefinito, e salutò quella casa per l’ultima volta, mentre la luce le inghiottiva.

Lyliana non si era nemmeno accora di aver chiuso istintivamente gli occhi. Si sentiva stordita, come se l’avessero un po’ sballottata qua e là, ma riusciva ancora a percepire di essere seduta su un letto e quindi si stupì non poco quando Acqua le disse che erano arrivate. Aprì gli occhi, confusa. Stranamente tutto ciò che vedeva aveva un’insolita sfumatura azzurrina, e il primo pensiero che il suo cervello elaborò fu che l’atmosfera era in un certo senso cambiata. Subito dopo realizzò che non erano più nella sua stanza, ma in un luogo sconosciuto, anche se erano ancora sedute su un letto. Ma ciò che la turbò di più in assoluto fu vedere sua figlia.
– Oddio! – gridò, sussultando. Acqua ridacchiò.
– Te l’avevo detto! – disse, con aria divertita, e Lyliana non poté far altro che rimanere a fissarla, allibita. Era sì preparata al cambiamento, ma quello! Non poteva credere a ciò che vedeva. La pelle di Acqua era azzurra, così come varie ciocche dei suoi capelli, sul collo una serie di fessure si aprivano e chiudevano ritmicamente, e i piedi poi! Lyliana non sapeva se ridere o ritenersi definitivamente pazza. Si osservò le mani e i piedi, notando che lei stessa non era esente da quelle stranezze. Balbettò qualcosa di sconclusionato per qualche minuto, senza sapere realmente cosa pensare. Acqua la lasciò elaborare il tutto per un po’, prima di intervenire. 
– So che è uno shock molto grande, mamma. Sapessi quanto ci ho messo per abituarmi… Ma se tu puoi accettare che questo sia ora il nostro aspetto, non ti risulterà tanto difficile credere che siamo su un altro pianeta. – disse con estrema attenzione, cercando di valutare nel frattempo fin dove potesse spingersi con le rivelazioni.
– Un altro pianeta! – esclamò Lyliana, basita, guardandosi intorno. – Cosa vorresti dirmi, che sei un alieno? – aggiunse, in tono ironico, sperando forse in una risposta negativa.
– Non l’avevo mai pensato in questi termini, ma direi di sì. – sospirò invece Acqua. Lyliana la fissò a lungo, pietrificata, prima di aggiungere qualsiasi altra cosa. La figlia fu sorpresa, quando poco dopo la vide annuire tra sé e sé, borbottando qualcosa che assomigliava a un: – Forse è meglio di certe altre ipotesi… – 
Acqua decise di ignorare la frase, anche perché aveva altri pensieri per la testa. Non avrebbe mai pensato che raccontare la propria storia sarebbe stato così difficile. Prese una mano di Lyliana fra le sue, prima di riprendere la parola.
– Questo pianeta, e la città dove ci troviamo, si chiamano Atlantis. Devi sapere che è un pianeta molto piccolo, quasi una formichina se comparato alla Terra, e al momento Atlantis è l’unica città rimasta. – disse, con un misto di orgoglio e dolore, mentre lasciava che la madre vagasse con lo sguardo nella sua stanza e fuori dalla finestra. Stava albeggiando, mentre sulla Terra il sole era appena tramontato.
– Ricordi quando sono svenuta, mesi fa, e Max è venuto subito ad occuparsi di me? È stato da lì che tutto è cominciato. – Acqua sorrise per quanto le sembrava lontano quel momento, e quanto si sentiva cresciuta. 
– Mentre ero incosciente mi sono ritornati dei ricordi e ho avuto certe visioni del passato. Max mi ha riportata qui, facendomi conoscere il luogo dove sono nata. – fece una pausa, immaginando una reazione della donna, che in effetti non tardò ad arrivare.
– Quindi Max è qui con te? – chiese infatti, spalancando la bocca.
– Sì, mamma, Max è sempre stato con me in tutti questi anni per potermi portare indietro. Nemmeno lui è nato sulla Terra. – 
– Beh, si spiegano molte cose. – replicò la donna, alludendo a come non fosse riuscita a trovare traccia del ragazzo in paese.
– Già. – sospirò Acqua. – E tutte le volte che abbiamo passato qualche giornata in montagna, in realtà eravamo qua. – Lyliana annuì, quasi automaticamente. Una parte di lei continuava a rifiutarsi di credere a quell’assurdità, ma come poteva non crederci se era tutto davanti ai suoi occhi?
– E ora, se ti senti pronta, ti spiegherò tutta la storia, che è molto oscura e purtroppo non tanto piacevole. – Lyliana le strinse la mano e annuì in modo quasi impercettibile. Acqua prese un sospiro, e iniziò il racconto. – C’era un uomo, chiamato Darcon, che per anni ha portato avanti una guerra sanguinosa contro tutto e tutti, soggiogando una città alla volta. Fino a quando non rimase solo Atlantis. Darcon aveva dei grandi poteri magici, ma ciononostante non riuscì per lungo tempo ad annientarci. All’inizio del conflitto, i miei genitori decisero che mi avrebbero tenuto in salvo su un altro pianeta, per risparmiarmi di vivere le atrocità della guerra. Qui è dove entri in campo tu. – Acqua rivolse un sorriso smagliante alla madre. 
– Ma non potevo rimanere sulla Terra per sempre. Anche io ho dei poteri, controllo l’acqua; e i miei genitori sono il re e la regina di Atlantis. Io sono la principessa di Atlantis, mamma, e se non fosse abbastanza, una profezia pronunciata alla mia nascita mi individuava come colei che avrebbe posto fine alla guerra. – Lyliana rimase sbigottita a fissarla negli occhi, senza parole. Il racconto che ne seguì fu interminabile, e occupò a madre e figlia gran parte della mattinata. Acqua cominciò dal suo arrivo ad Atlantis, riferendo tutte le scoperte incredibili che l’avevano travolta, tra la curiosità di un nuovo mondo da conoscere e il peso di genitori persi ancor prima che ritrovati. 
Lyliana si rattristò immensamente per la morte di Aquarius, e rimase colpita nell’apprendere che avrebbe condiviso il ruolo di madre con un’altra donna. Ma prima di approfondire, Acqua proseguì il racconto, descrivendo la scuola, gli amici e Corallina (precisando che era cugina sua, non di Max), e la sua doppia vita quotidiana dei primi mesi. Dovette poi arrivare a parti un po’ più pesanti della storia, raccontando delle battaglie e dei difficili momenti che avevano vissuto. Raccontò anche il bello, però, facendo meravigliare Lyliana con la narrazione del ballo di primavera, e raccontandole con un velo di imbarazzo dei progressi nella relazione tra lei e Max, che le erano stati nascosti, anche se forse non troppo bene. Fu la notizia che più la entusiasmò, perché, a detta sua, li aveva sempre visti bene insieme; anche se le riportò fastidiosamente alla mente le voci maligne messe in giro dalle due altezzose contessine. 
La parte più dura fu il racconto dell’ultimo mese, partendo dalla scomparsa di Acqua dalla Terra in contemporanea alla cattura di Max, per poi arrivare fino alla battaglia e al grande scontro con Darcon. Acqua trovava difficile riportarle tutto ciò senza sconvolgerla troppo, anche perché era lei in primis ad essere ancora scossa dall’accaduto. Ma fece del suo meglio per raccontarle il tutto nel modo più preciso possibile, e concluse con la spiegazione delle profezie. 
Al termine della lunga conversazione, Lyliana si sentiva estremamente stordita, e faticava a mettere in ordine tutte quelle informazioni nella propria mente. Acqua la rassicurò, promettendole che col tempo ci avrebbe fatto l’abitudine; e comunque, lei ci sarebbe sempre stata per rispiegarle tutto ogni volta che avrebbe voluto. 

Poco prima dell’ora di pranzo, Acqua decise di accompagnare Lyliana nella stanza che aveva scelto per lei, per permetterle di dormire. Meritava un lungo riposo, dopo uno shock simile. Ma prima di condurla nella sua stanza, fece una piccola deviazione verso il Salone degli Anemoni per farle una sorpresa. Lì, tutta la sua famiglia si era radunata in attesa della nuova arrivata. Lyliana spalancò la bocca non appena entrò, individuando subito Max e Corallina in prima linea.
– Max, fatti vedere, brutto imbroglione che non sei altro. – scherzò la donna, attirandolo in uno dei suoi abbracci stritolanti. 
– Mi fa molto piacere rivederti! – esclamò Max, rallegrato dalla sua aria scherzosa.
– Anche a me! Anche se ho passato l’ultimo mese a maledirti per essere scomparso con mia figlia! – replicò lei, minacciandolo col dito. Acqua ridacchiò, chiedendosi da dove prendesse tutta quell’energia. Intanto incrociò lo sguardo di Azzurra, in piedi un po’ in disparte, e notò la sua espressione dolceamara in reazione all’esclamazione della donna.
Nel frattempo, Corallina si frappose tra Lyliana e Max, con un sorriso gigantesco.
– Posso chiamarti zia, ora? – chiese, con fare furbesco.
– Puoi chiamarmi come vuoi, signorina. – fu la risposta, prima che anche lei venisse travolta in un abbraccio. Poi fece la conoscenza di Henri, timido come sempre, e di zia Olimpia, che sembrava potesse andare molto d’accordo con lei. Quando infine Lyliana si rivolse verso l’ultima persona nella stanza, il cuore le saltò un battito. Di fronte a lei aveva la vera madre di Acqua, nonché regina della città. Acquamarina stava accanto a lei, e sorrideva incoraggiante. 
– V-vostra altezza. – balbettò Lyliana, facendo rimbalzare lo sguardo tra le due. 
– Santo cielo, siete uguale a lei. – constatò, trasognata. Le si aggrottò la fronte, mentre una dura realizzazione la colpì: Acqua aveva trovato la sua vera madre, e nulla avrebbe mai potuto eguagliare quel legame, nemmeno lei. Ne fu un po’ gelosa, ma si consolò pensando che probabilmente per la regina fosse lo stesso. Nessuno le avrebbe mai potuto restituire ciò che aveva perso in tutti quegli anni. Lo aveva vissuto lei al suo posto, ed era stata la cosa migliore che le fosse mai capitata. Vide Azzurra sorridere, mettendo da parte il risentimento. Oltre alla reciproca gelosia, le due donne condividevano altro: l’amore più profondo per la loro Acquamarina.
– Diamoci entrambe del tu. – disse allora Azzurra, tendendole le mani con immensa gratitudine. – Devo imparare molto dalla madre di mia figlia. – disse infine, mentre Acqua si precipitava a stringerle entrambe in un lunghissimo abbraccio.
   
 
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