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Autore: _Kurama_    30/09/2020    1 recensioni
Una famiglia.
Due continenti.
Ritorni e partenze.
Candy e suo marito vivono con i cinque figli in un continente lontano;
tutto cambia quando arriva una lettera da Chicago.
Candy e la sua famiglia dovranno affrontare un lungo viaggio alla riscoperta di sé stessi e delle loro radici.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve! Eccoci al primo capitolo. Vorrei soltanto dirvi che si tratta di capitoli di passaggio, volti a raccontare qualcosa della vita di Candy e Albert. 
Ah, ultimissima cosa! Durante le scene tra Candy e Albert la narrazione passa da un narratore esterno a quella in prima persona fatta da Albert! Come sempre mi farebbe molto piacere conoscere le vostre imreimpressioni . Buona lettura !




                                                                               
Your Song
                                                                                #1. Notturni


  
Candy si lascia cadere placidamente sul materasso.
“Ci pensi che tra qualche settimana saremo in America?”
“Cerco di non pensarci troppo, comincia già a mancarmi l’aria.”
Candy mi sorride.
“Sono vent’anni ormai che manchiamo da Chicago, alla zia verrà un ‘terribile mal di testa!’- lo diciamo in sincrono, ridendo - eppure ancora non capisco il motivo per il quale ci ha chiesto di tornare.”
Scuoto la testa, pensoso “ho un cattivo presentimento.”
“Anche io.”
Candy rabbrividisce leggermente avvertendo la presa delle mie mani sul suo mento “non permetterò che ti accada mai nulla, te lo prometto.”
Lei mette la mano sulla mia, gli occhi lucidi “lo so.”
“Cosa ne pensa George?” anche lei è molto preoccupata 
“Lui crede ci sia qualcosa sotto, che senso avrebbe altrimenti? Abbiamo rinunciato al patrimonio degli Andrew anni fa, siamo andati via, abbiamo la nostra vita e poi, di punto in bianco lei ci scrive di tornare in America per ‘urgenti questioni’.
 Nulla mi sembra avere senso. Persino Archie ed Annie, nella loro ultima lettera non sapevano che dire.”
“Magari le manchi, semplicemente.”
“Dopo vent’anni di indifferenza? Oh Candy, non riesci a crederci nemmeno tu.”
“Ma davvero non riesco a capire che genere di trappola potrebbe essere.”
Scrollo le spalle.
“La cosa più importante è che tu e i ragazzi stiate bene.”
Lei mi sfiora una guancia “senza di te non andiamo da nessuna parte, hai capito?”
La stringo forte a me.
“Ti amo.”
“Ti amo.”
Le carezzo i capelli, leggermente. Candy socchiude i suoi meravigliosi occhi verdi accoccolandosi contro la mia spalla, dio quanto la amo.
Cogliendola di sorpresa la prendo tra le braccia dirigendomi verso l'esterno.
“Albert! Ma che fai!”
“Che ne dici dell’ultima notte sotto il cielo africano?” le sorrido malizioso.
Lei ride sonoramente e ci gettiamo sulle coperte del giardino, intrecciandoci.
Mi sento soffiare sulle labbra “io, tu, il cielo stellato, niente figli, niente animali, niente di niente. Da quanto tempo non stavamo così?” 
“Troppo.”
Baci, carezze ed effusioni si riversano in un unico intreccio fatto dalle nostre mani, dalla nostra pelle ed eccoci, qui, insieme stretti e preoccupati per ciò che ci attende oltreoceano.





“D.”
“Mh?”
“Sei sveglia?”
“Già, a quanto pare non sono l’unica a non riuscire a prendere sonno.”
Morgana si mette seduta, incrociando le gambe “sei agitata?”
“Molto.”
Diana sbuffa “non capisco il perché di questo viaggio, a parte zio Archie e zia Annie non abbiamo nulla a che vedere con quella gente!”
“D! Stai parlando della famiglia dei nostri genitori!”
“Sì , una famiglia che non ha esitato a sbattergli le porte in faccia perché non potevano accettare che si amassero!” stringe le lenzuola di lino grezzo tra le mani, Morgana china la testa “spero solo che vada tutto bene.”
Le due sorelle si stringono la mano.
“Diana!”
“Anthony, che succede, che ci fai in piedi a quest’ora?”
Il ragazzo incrocia le braccia al petto.
“I terremoti hanno avuto un incubo.”
Ed ecco sbucare, da dietro le gambe del fratello maggiore i gemellini che, timidamente chiedevano il permesso di entrare.
“Piccoli, venite qui!”
Senza farselo ripetere una seconda volta i due si gettano tra le braccia delle sorelle maggiori; accarezzando la testa riccioluta della sorellina Morgana le chiede quello che è accaduto.
“Abbiamo sognato che mamma e papà ci lasciavano qui e che la nave non ci faceva salire, Morgana, ho paura! Io voglio andare con loro!” 
Le ragazze stringono ancor più forte i bambini “state tranquilli, andiamo tutti con loro, non c’è pericolo.” Diana strizza l’occhio al fratellino.
Anthony si lancia sul letto di Morgana “Certo che comunque la partenza è non poco inaspettata.”
La sorella lo fulmina con lo sguardo “non ti ci mettere pure tu, è un semplice viaggio di famiglia.”
“Se lo dici tu.”
Diana tira il fratellino sotto le lenzuola con sé “su, piantatela con elucubrazioni e musi lunghi, voi tre dormite qui stanotte, forza tutti a nanna!”











Alle prime luci del giorno successivo è Zahra la prima a svegliarsi.
Si stiracchia leggermente tirando fuori un sonoro sbadiglio, poggiando i piedi sul pavimento di legno.
Da un’occhiata alla valigia, già pronta, facendo mente locale su quanto potrebbe ancora servirle; infila qualche scialle più pesante e un turbante per nascondere i folti capelli neri misti a ciocche bianche.
Tira su i capelli e indossa un lungo abito di cotone pronta a scendere al piano di sotto e preparare la colazione.
Nina sente il rumore dei suoi passi lungo le scale e la segue scodinzolando la folta coda bianca, preme il muso contro la sua mano chiedendo una carezza che arriva quasi subito, Zahra si inginocchia alla sua altezza:
“Brava piccola, sta’ buona, sei contenta? Oggi si parte! Vieni ci vuole una bella colazione anche per te!”
Si dirigono in cucina dove Zahra si poggia al bancone affettando un po’ di frutta e scaldando la padella per cuocere qualche crêpe da imbottire con il cous cous; nel frattempo allunga a Nina qualche pezzo di frutta.

Il tavolaccio di legno grezzo era stato già preparato la sera prima da Diana, i fiori secchi al centro della tavola, le stoviglie sistemate in modo preciso ma semplice.
Zahra prese la campana dal centro della tavola agitandola “Sono le sette, la colazione è pronta! Tutti in piedi, su, forza!”
Ed ecco il rumore della corsa dei bambini.



  
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