RICORDARE IL PASSATO
Capitolo 4
PARLARE CON RENESMEE
Appena terminai di parlare di parlare con Jane, mi catapultai a
velocità sovrumana nell’ampio salone del castello. Dovevo scoprire chi avesse suonato quella melodia a me tanto familiare. Quando giunsi al salone quello che vidi mi lasciò
sbalordita. Non poteva essere stata lei a suonare, probabilmente era giunta lì,
incuriosita come me, e non trovando nessuno si era seduta al pianoforte. Eppure adesso che ci pensavo, doveva essere stata per forza
lei a suonare. Era molto gelosa di quel pianoforte e non voleva che nessuno, a
parte me, lo toccasse. Aveva chiesto ad Aro di dare l’ordine
di non far avvicinare nessuno a quello strumento e lui catturato da quel suo
magnifico sorriso sghembo, l’aveva accontentata senza fare obbiezioni. Ma, ora,
mi chiedevo come fosse possibile che lei conoscesse quella canzone, quella canzone
che, a quanto
io sapessi, lei non aveva mai ascoltato.
-
Hai suonato tu quella canzone? – gli chiesi non appena mi avvicinai.
- Si certo, questo è il mio piano e sai benissimo che solo io
posso suonarlo – mi disse lei come se gli avessi chiesto chissà quale
blasfemia.
-
Si, hai ragione – gli dissi con calma – ma non credevo
che conoscessi questa melodia. Chi te l’ha insegnata?
-
Per quanto può sembrare strano, la conosco da sempre. Non l’ho mai sentita da
nessuno, tanto meno imparata da qualcuno – mi disse lei con naturalezza, come era solita fare.
-
Amore che significa che la conosci da sempre? E poi
come mai non l’hai mai suonata? E’ la prima volta che la sento – gli dissi con tono dolce.
-
Mamma, non lo so. Non so come spiegarlo, la conosco punto e basta. E’ come se
questa melodia fosse sempre stata dentro di me, come se rappresentasse una
parte importante di me. Comunque non è la prima volta
che la suono. Lo faccio sempre quando tu sei a caccia,
in modo che non la sente, perché sappiamo tutti quanto odi questo genere di
musica. Non ti ho sentita rientrare, e ho pensato che
ti fossi tardata nella foresta un po’ di più e, così, ne ho approfittato per
suonarla. Scusami tanto mamma, mi dispiace averla
suonata mentre eri a casa, io non voglio vederti triste. Ti prometto che non la
suonerò mai più – mi disse mia figlia con tono triste,
convinta che sarebbe stata la causa della mia tristezza nelle prossime ore.
-
Non devi scusarti amore mio, non fa nulla. Tu non
potevi sapere che ero a casa e poi non è vero che
questa canzone mi rende triste, anzi mi piace un sacco. Non l’ho mai sentita da quando sono una vampira, ma sono sicura che è una canzone
che appartiene al mio passato, ad un passato felice e tu suonandola mi hai reso
di nuovo felice. E voglio che tu la suoni tutte le
volte che vorrai, anche e soprattutto quando sono qui – gli risposi io con
tutto l’amore che potevo. Del resto era vero, mi aveva
reso felice.
-
Davvero ti piace? Io la adoro, anche se mi mette un po’ di malinconia perché
non riesco a spiegarmi come faccio a conoscerla. Però sono contenta che a te
piaccia pure, magari, chi lo sa, ti piace così tanto
perché era la canzone tua e di papà – mi disse donandomi il sorriso sghembo che
tanto amavo – sai mi piacerebbe troppo sapere chi è l’autore e qual è il titolo
di questa dolce melodia.
- Anch’io mi chiedo come sia possibile che tu la conosca senza
averla mai sentita. Comunque è Claire De Lune di
Debussy – gli risposi sapendo che l’avrei fatta contenta. Era, già, una
ragazza, ma a volte bastava davvero poco per farla felice, come con i bambini.
- Ma tu come fai a saperlo? – mi disse lei felice di averlo
saputo, ma meravigliata per la mia pronta risposta.
-
Non lo so come faccio amore, lo so e basta, anch’io
non me lo so spiegare – gli dissi e lei per la seconda volta a distanza di poco
mi fece di nuovo quel sorriso che tanto amava e si rimise a suonare quella
dolce melodia che riempiva il mio cuore ormai morto.