Nuovo capitolo ispirato dai prompt di Soul_Shine e la Just stop for a minute and smile challenge, questa volta ispirata ai prompt #36 ("Smettila, ci stanno guardando tutti!") e #39 ("Me l'avevi promesso!")
Il
venerdì sera, Becks era seduta nel retro della birreria,
tutta goduta a dare
ordini a Sophie – che era con il pseudo-sensitivo- e ad
Hardison e Parker, che erano
in un furgone fuori dalla magione che attendeva il momento giusto per
far
partire gli effetti speciali e far credere al balordo che casa sua
fosse
infestata dallo spettro di un marito vendicativo, per quello che doveva
essere
il gran finale. Nathan era nella stanza con lei, che andava avanti e
indietro,
facendole girare la testa, e sudando freddo. Erano madidi di sudore i
suoi
capi, ed erano madidi di sudore i suoi fazzoletti di cotone e lino con
le
inziali ricamate che faceva arrivare dall’Egitto
(perché se doveva passare per
un ricco bastardo snob, doveva avere le cose di un ricco bastardo snob,
a
sentire lui) con cui si era asciugato la fronte negli
ultimi… beh, da quando
Becks aveva preso in mano la regia del colpo.
Una
cosa però doveva dirla: non aveva mai aperto bocca. Anche se
era chiaro che
moriva dalla voglia di dare consigli e dettare istruzioni.
“Sai,
sei quasi peggio di Eliot…” gli disse, tranquilla,
mentre sgranocchiava
popcorn, seduta a gambe incrociate sul tavolo.
Nathan
alzò un sopracciglio, soppesando le parole dette dalla
giovane donna. “E dovrei
sentirmi lusingato o offeso da questo paragone?”
“Considerando
che mi sono mantenuta casta e pura per dieci lunghi anni per
Eliot…” Nathan
scoppiò a ridere, per essere fulminato dallo sguardo severo
da arcigna maestra
tedesca di scuola elementare del Chimico. “Come dicevo,
considerando che mi
sono mantenuta casta e pura per dieci lunghi anni per Eliot, direi che
è
decisamente un complimento.”
Nathan
sghignazzò, dondolandosi sui talloni. “Ma davvero
Eliot pensa che tu fossi una
candida verginella santarellina che non aveva mai visto un uomo nudo
prima di
lui?”
“Beh,
vergine è una parola molto grossa,
però,” lei scrollò le spalle.
“L’idea di
Eliot è che, dato che ero imbranata con lui, io fossi
imbranata con tutti. Non
gli è mai passato per l’anticamera del cervello
che io potessi essere meno imbranata di
quanto lui
pensasse.” Scrocchiò
la lingua contro il
palato, e fece l’occhiolino a Nathan.
“Ero una professionista dello svanire nel cuore
della notte dopo aver
rimorchiato in qualche locale..”
“Chi
è che rimorchiava nei locali?” Eliot, come
chiamato in questione, apparve dal
nulla, sorseggiando una bottiglia d’acqua fredda. Si era
rasato- cosa che Becks
equiparava ad un crimine- e si era legato i capelli, altra cosa
parecchio
grave, anche se capiva che dovesse apparire come un bravo ragazzo, e
non come
una sexy macchina del sesso dalla folta capigliatura in stile Fabio.
“Non
dovresti essere con tua madre a
quest’ora?” Becks gli
chiese alzando un sopracciglio con fare interrogativo, e lui le rispose
nel suo
modo preferito- con un’alzata di spalle.
“Sta facendo uno spuntino. Dieci minuti
e la raggiungo.
Davvero.” Becks sospirò.
Certo, come no,
pensò. Come se non lo avesse conosciuto abbastanza bene:
Eliot sperava di dover
raggiungere Parker o Sophie per toglierli dai guai, così da
non dover parlare
con sua madre.
“Amore mio dolce, mi
avevi promesso che le avresti parlato!” Becks
sibilò, dividendo la sua
attenzione tra il crimine e la vita privata, che per una volta non si
stavano
sovrapponendo al 100%. “Adesso non ci servi,
perciò vai di là, e se capita
qualcosa ti chiamo.”
“Mi ha mollato per
trent’anni….” Eliot iniziò,
fermato da
Nathan che si schiarì la gola mormorando qualcosa che
sembrava suonare molto
come un trentaquattro, e che fece
digrignare i denti al picchiatore e sportivo ed ex militare.
“Mi ha mollato
quando avevo tredici anni, perché dovrei concederle tutto e
subito?”
“Posso darti due motivi, il primo
è che tu sei una
persona migliore di quanto fosse, e probabilmente sia, lei, e
perché quella
donna mi assillerà fino a farmi venire un esaurimento
nervoso se tu non
mantieni la parola, e sai cosa farò io se tua madre si presenterà da
me o mi chiamerà di nuovo,
perché lo farà, dato che Parker ha avuto la
brillante idea di darle uno dei
miei numeri? Ti farò dormire sul divano, per molto, molto
tempo, da solo, e
tutti quei completini di lingerie che ti piacciono tanto, te li potrai
solo
sognare.”
Seccato all’idea di non poter
abbracciare quel grazioso
corpicino la notte, e detestando il divano dal più profondo
del suo essere,
Eliot si fece coraggio e
andò a sedersi
al tavolo della madre, che lo guardò come se fosse una cosa
normale averlo lì
con lei.
“Sai, tolta quella… specie di
criniera, sei proprio
uguale a tuo padre quando aveva la tua età! Quanto hai,
quarantuno anni?” Gli
disse, con voce cinguettante. Aveva di nuovo preso il pollo.
E di nuovo ci aveva solo giocato.
“Quasi quarantasette.”
Precisò lui, a denti stretti,
leggermente offeso dal paragone con un genitore che aveva fatto il
tutto per
tutto per tenerlo in gabbia e che non gli aveva
più rivolto la parola (nonostante i molteplici
tentativi a base alcolica
di Eliot) da quando si era arruolato a 18 anni.
“Oh, accidenti… come faccio
ad essere così vecchia da
avere un figlio di quarantasette anni?” Cinguettò
tra le risate lei, attirando
l’attenzione di tutti.
“Potresti
smetterla, ci stanno guardando tutti…”
Sibilò a denti stretti. Non riusciva
a credere che ovunque andasse, ci fossero solo idioti sulla sua strada.
“Ascoltami bene, Eliot Olaf Spencer,
sono tua madre e tu mi rispetterai,
e
soprattutto, tu rispetterai le scelte che ho fatto nella mia
vita, va bene?” Si mise a strillare acuta lei,
neanche fosse
stata una gallina. Si era messa in piedi, era paonazza e aveva sbattuto
i pugni
sul tavolo, facendo traballare le birre ed i piatti- la classica
scenata che
Eliot avrebbe voluto evitare.
Nell’auricolare, Hardison se la stava
ridendo di brutto,
mormorando il nome “Olaf” tra un attacco di
ridarella e l’altro- Eliot sperava
che stesse ridendo così tanto da farsela addosso, almeno
Parker non sarebbe
stata più in grado di vederlo nello stesso modo
(né di tollerare la vista di
lui nudo).
“Ascoltami bene, piccolo saputello
ingrato,” sibilò lei a
denti stretti, incombendo su di lui, terrorizzandolo come nemmeno i
terroristi
che lo avevano catturato in Myanmar. “Io non ero fatta per la
vita di
provincia, dopo il liceo me ne sarei andata via, ma, indovina? A tuo
padre si
ruppe il profilattico, e così mi sono dovuta sposare a 19
anni. Ho resistito, e
alla fine, ho fatto quello che era più giusto per me e per
voi, perché se fossi
stata infelice, non sarei stata una buona madre, e a malapena io ero
decente.
Ci siamo capiti?”
Senza fiatare, Eliot acconsentì, e la
madre si sedette,
composta, lisciandosi la gonna del tailleur e risistemandosi il filo di
perle
che portava al collo.
“Ascolta Eliot, da quando il mio secondo
marito è morto,
io sono stata di nuovo libera, ma alla mia età, non me la
godo più allo stesso
modo. Ho riflettuto, e ho deciso che fosse il momento di vedere come
stavano i
miei ometti.” Eliot le lanciò
un’occhiataccia, che tradotta sarebbe dovuta
suonare come ometto, col cavolo….
Ho
quasi cinquant’anni, nel caso non te ne fossi accorta.
Ma forse la capì, perché la
parte seguente del discorso
verteva sull’età del figlio.
“Dì un po’, non sei un po’
troppo vecchio per
avere una “ragazza”? E poi, quanti anni ha quella
ragazzina? Venticinque?”
“Veramente, Becks ha dieci anni in meno
di me, non
venti.” Ma ne capisce qualcosa di
età? “e
se l’ho definita la mia ragazza è solo
perché non siamo ancora ufficialmente
fidanzati.”
“Quindi state insieme da poco, giusto? E non è
una cosa seria…”
“In realtà, sono quasi due
anni che stiamo insieme,
quindi sì, è parecchio seria.”
Abbastanza
seria da farmi diventare monogamo, pensò, ma
ritenne meglio non aprire
bocca. Con sua madre, non si sapeva dove sarebbe potuta andare a
parare, lei
con i suoi voli pindarici…
“Beh, allora ti conviene metterle
l’anello al dito. Non
sei più tanto giovane, e potrebbe trovare carne
più fresca. Sai, da l’aria così
giovane, e poi le donne al giorno d’oggi preferiscono il
boy-toy poco più che
adolescente al vecchietto di cui doversi prendere
cura….”
“Sì, certo,
capisco…” sibilò, avendo la netta
impressione
che lei lo avesse di nuovo insultato (dandogli quello che sembrava del
vecchio
incontinente). Si voltò verso il bancone, e vide una lunga
fila, giovani che
aspettavano i loro manicaretti, e un tizio che sembrava essere
parecchio a
disagio, forse un timidone. “Okay, senti, io vado. Hanno bisogno di me
e… ciao. Ci sentiamo.
Anzi no, a lunedì, stesso posto stesa ora.”