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Autore: Little Firestar84    02/10/2020    0 recensioni
Eliot Spencer credeva che le cose andassero bene: nessun pezzo grosso con cui saldare conti arretrati, pochi colpi, nate ormai sobrio che non dava colpi di testa... adesso aveva perfino il suo lavoro dei sogni come chef nella birreria di Hardison e una ragazza in pianta stabile da cui tornare la sera.
Andava tutto bene. Fin troppo. E difatti, dopo trent'anni, si ritrova davanti l'ultima persona con cui avrebbe più voluto a che fare....
Multichapter partecipante alla challenge "Just stop for a minute and smile" di Soul_Shine che trovate sul forum di EFP.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Hitter & Chemist'
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Nuovo capitolo ispirato dai prompt di Soul_Shine e la Just stop for a minute and smile challenge, questa volta ispirata ai prompt #36 ("Smettila, ci stanno guardando tutti!") e #39 ("Me l'avevi promesso!")

Il venerdì sera, Becks era seduta nel retro della birreria, tutta goduta a dare ordini a Sophie – che era con il pseudo-sensitivo- e ad Hardison e Parker, che erano in un furgone fuori dalla magione che attendeva il momento giusto per far partire gli effetti speciali e far credere al balordo che casa sua fosse infestata dallo spettro di un marito vendicativo, per quello che doveva essere il gran finale. Nathan era nella stanza con lei, che andava avanti e indietro, facendole girare la testa, e sudando freddo. Erano madidi di sudore i suoi capi, ed erano madidi di sudore i suoi fazzoletti di cotone e lino con le inziali ricamate che faceva arrivare dall’Egitto (perché se doveva passare per un ricco bastardo snob, doveva avere le cose di un ricco bastardo snob, a sentire lui) con cui si era asciugato la fronte negli ultimi… beh, da quando Becks aveva preso in mano la regia del colpo.

Una cosa però doveva dirla: non aveva mai aperto bocca. Anche se era chiaro che moriva dalla voglia di dare consigli e dettare istruzioni.

“Sai, sei quasi peggio di Eliot…” gli disse, tranquilla, mentre sgranocchiava popcorn, seduta a gambe incrociate sul tavolo.

Nathan alzò un sopracciglio, soppesando le parole dette dalla giovane donna. “E dovrei sentirmi lusingato o offeso da questo paragone?”

“Considerando che mi sono mantenuta casta e pura per dieci lunghi anni per Eliot…” Nathan scoppiò a ridere, per essere fulminato dallo sguardo severo da arcigna maestra tedesca di scuola elementare del Chimico. “Come dicevo, considerando che mi sono mantenuta casta e pura per dieci lunghi anni per Eliot, direi che è decisamente un complimento.”

Nathan sghignazzò, dondolandosi sui talloni. “Ma davvero Eliot pensa che tu fossi una candida verginella santarellina che non aveva mai visto un uomo nudo prima di lui?”

“Beh, vergine è una parola molto grossa, però,” lei scrollò le spalle. “L’idea di Eliot è che, dato che ero imbranata con lui, io fossi imbranata con tutti. Non gli è mai passato per l’anticamera del cervello che io potessi essere meno imbranata di quanto lui pensasse.”  Scrocchiò la lingua contro il palato, e fece l’occhiolino a Nathan.  “Ero una professionista dello svanire nel cuore della notte dopo aver rimorchiato in qualche locale..”

“Chi è che rimorchiava nei locali?” Eliot, come chiamato in questione, apparve dal nulla, sorseggiando una bottiglia d’acqua fredda. Si era rasato- cosa che Becks equiparava ad un crimine- e si era legato i capelli, altra cosa parecchio grave, anche se capiva che dovesse apparire come un bravo ragazzo, e non come una sexy macchina del sesso dalla folta capigliatura in stile Fabio.

“Non dovresti essere con tua madre a quest’ora?” Becks gli chiese alzando un sopracciglio con fare interrogativo, e lui le rispose nel suo modo preferito- con un’alzata di spalle.

“Sta facendo uno spuntino. Dieci minuti e la raggiungo. Davvero.” Becks sospirò. Certo, come no, pensò. Come se non lo avesse conosciuto abbastanza bene: Eliot sperava di dover raggiungere Parker o Sophie per toglierli dai guai, così da non dover parlare con sua madre.

“Amore mio dolce, mi avevi promesso che le avresti parlato!” Becks sibilò, dividendo la sua attenzione tra il crimine e la vita privata, che per una volta non si stavano sovrapponendo al 100%. “Adesso non ci servi, perciò vai di là, e se capita qualcosa ti chiamo.”

“Mi ha mollato per trent’anni….” Eliot iniziò, fermato da Nathan che si schiarì la gola mormorando qualcosa che sembrava suonare molto come un trentaquattro, e che fece digrignare i denti al picchiatore e sportivo ed ex militare. “Mi ha mollato quando avevo tredici anni, perché dovrei concederle tutto e subito?”

“Posso darti due motivi, il primo è che tu sei una persona migliore di quanto fosse, e probabilmente sia, lei, e perché quella donna mi assillerà fino a farmi venire un esaurimento nervoso se tu non mantieni la parola, e sai cosa farò io se tua madre si  presenterà da me o mi chiamerà di nuovo, perché lo farà, dato che Parker ha avuto la brillante idea di darle uno dei miei numeri? Ti farò dormire sul divano, per molto, molto tempo, da solo, e tutti quei completini di lingerie che ti piacciono tanto, te li potrai solo sognare.

Seccato all’idea di non poter abbracciare quel grazioso corpicino la notte, e detestando il divano dal più profondo del suo essere, Eliot si fece coraggio  e andò a sedersi al tavolo della madre, che lo guardò come se fosse una cosa normale averlo lì con lei.

“Sai, tolta quella… specie di criniera, sei proprio uguale a tuo padre quando aveva la tua età! Quanto hai, quarantuno anni?” Gli disse, con voce cinguettante. Aveva di nuovo preso il pollo.

E di nuovo ci aveva solo giocato.

“Quasi quarantasette.” Precisò lui, a denti stretti, leggermente offeso dal paragone con un genitore che aveva fatto il tutto per tutto per tenerlo in gabbia e che non gli aveva  più rivolto la parola (nonostante i molteplici tentativi a base alcolica di Eliot) da quando si era arruolato a 18 anni.

“Oh, accidenti… come faccio ad essere così vecchia da avere un figlio di quarantasette anni?” Cinguettò tra le risate lei, attirando l’attenzione di tutti.

Potresti smetterla, ci stanno guardando tutti…” Sibilò a denti stretti. Non riusciva a credere che ovunque andasse, ci fossero solo idioti sulla sua strada.

“Ascoltami bene, Eliot Olaf Spencer, sono tua madre e tu mi rispetterai, e soprattutto, tu rispetterai le scelte che ho fatto nella mia vita, va bene?” Si mise a strillare acuta lei, neanche fosse stata una gallina. Si era messa in piedi, era paonazza e aveva sbattuto i pugni sul tavolo, facendo traballare le birre ed i piatti- la classica scenata che Eliot avrebbe voluto evitare.

Nell’auricolare, Hardison se la stava ridendo di brutto, mormorando il nome “Olaf” tra un attacco di ridarella e l’altro- Eliot sperava che stesse ridendo così tanto da farsela addosso, almeno Parker non sarebbe stata più in grado di vederlo nello stesso modo (né di tollerare la vista di lui nudo).

“Ascoltami bene, piccolo saputello ingrato,” sibilò lei a denti stretti, incombendo su di lui, terrorizzandolo come nemmeno i terroristi che lo avevano catturato in Myanmar. “Io non ero fatta per la vita di provincia, dopo il liceo me ne sarei andata via, ma, indovina? A tuo padre si ruppe il profilattico, e così mi sono dovuta sposare a 19 anni. Ho resistito, e alla fine, ho fatto quello che era più giusto per me e per voi, perché se fossi stata infelice, non sarei stata una buona madre, e a malapena io ero decente. Ci siamo capiti?”

Senza fiatare, Eliot acconsentì, e la madre si sedette, composta, lisciandosi la gonna del tailleur e risistemandosi il filo di perle che portava al collo.

“Ascolta Eliot, da quando il mio secondo marito è morto, io sono stata di nuovo libera, ma alla mia età, non me la godo più allo stesso modo. Ho riflettuto, e ho deciso che fosse il momento di vedere come stavano i miei ometti.” Eliot le lanciò un’occhiataccia, che tradotta sarebbe dovuta suonare come ometto, col cavolo…. Ho quasi cinquant’anni, nel caso non te ne fossi accorta.

Ma forse la capì, perché la parte seguente del discorso verteva sull’età del figlio. “Dì un po’, non sei un po’ troppo vecchio per avere una “ragazza”? E poi, quanti anni ha quella ragazzina? Venticinque?”

 “Veramente, Becks ha dieci anni in meno di me, non venti.” Ma ne capisce qualcosa di età? “e se l’ho definita la mia ragazza è solo perché non siamo ancora ufficialmente fidanzati.”

“Quindi state insieme da poco,  giusto? E non è una cosa seria…”

“In realtà, sono quasi due anni che stiamo insieme, quindi sì, è parecchio seria.” Abbastanza seria da farmi diventare monogamo, pensò, ma ritenne meglio non aprire bocca. Con sua madre, non si sapeva dove sarebbe potuta andare a parare, lei con i suoi voli pindarici…

“Beh, allora ti conviene metterle l’anello al dito. Non sei più tanto giovane, e potrebbe trovare carne più fresca. Sai, da l’aria così giovane, e poi le donne al giorno d’oggi preferiscono il boy-toy poco più che adolescente al vecchietto di cui doversi prendere cura….”

“Sì, certo, capisco…” sibilò, avendo la netta impressione che lei lo avesse di nuovo insultato (dandogli quello che sembrava del vecchio incontinente). Si voltò verso il bancone, e vide una lunga fila, giovani che aspettavano i loro manicaretti, e un tizio che sembrava essere parecchio a disagio, forse un timidone. “Okay, senti, io vado.  Hanno bisogno di me e… ciao. Ci sentiamo. Anzi no, a lunedì, stesso posto stesa ora.”

   
 
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