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Autore: Serpentina    02/10/2020    2 recensioni
Londra, 2037
Il verdetto sulla morte di Aisling Carter, giudicata come tragico incidente, non convince Frida Weil, che nei misteri ci sguazza per passione e sospetta possa trattarsi di omicidio. Decide quindi di "ficcanasare", trascinando nella sua indagine non ufficiale William Wollestonecraft, forse perchè le piace più di quanto non voglia ammettere...
Un giallo con la nuova generazione dell'Irvingverse. 😉
Dal capitolo 5:
"–È vero che sei la figlia di Faith Irving, la patologa forense?
–Così è scritto sul mio certificato di nascita- fu la secca risposta di Frida, che storse il naso, a far intendere che quelle domande insulse la stavano indisponendo, e fece segno ad Andrew di risedersi.
–Ho voluto questo incontro perché, se ho ben capito, sostieni che tua madre abbia liquidato un po’ troppo frettolosamente la morte di mia sorella. Che razza di figlia non si fa scrupoli a sputtanare sua madre?
–Una dotata di un cervello funzionante. Meine liebe Mutter è fallace come qualunque essere umano, e i vincoli parentali sono nulla, in confronto al superiore interesse della giustizia. Ma non siamo qui per parlare di me. Se avete finito con le domande stupide, ne avrei una io. Una intelligente, tanto per cambiare: perché siete qui?"
Genere: Mistero, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Bentrovati ad un altro appuntamento con “Locked-in”! Innanzitutto, grazie a chi segue la storia, a tutti i lettori silenziosi (ma, fortunatamente, numerosi) e a chi ha voluto lasciarmi un commento. * lancia caramelle *
Non so se diventerà una consuetudine, ma anche stavolta ho deciso di introdurre il capitolo consigliando una colonna sonora per la lettura (la versione remixata di un pezzo dei Depeche Mode che adoro, "Policy of truth"). Basta ciance, vi lascio immergervi nelle avventure di Frida&co. Buon divertimento!
 
Cercare risposte è meglio che fare domande
 
“Solo le buone domande meritano buone risposte”.
Oscar Wilde
 
Sulla soglia della toilette trovarono ad attenderli Kevin, Kimberly e Nathaniel, tutti e tre a braccia conserte, tutti e tre con lo stesso scintillio malizioso negli occhi. Era chiaro avessero intenzione di bombardarli con domande scomode.
–Prima che spariate, ho una domanda per il plotone d’esecuzione- scherzò William. –Come avete capito dove fossimo?
–Tre dementi stavano andando in giro a blaterare di un “tizio biondo maleducato e strafatto” che le ha sbattute fuori dal bagno per aggredire una ragazza- rispose Nathaniel con semplicità. –Non c’è voluta un’intelligenza superiore per fare due più due. Fortunatamente, siamo riusciti a intercettarle prima che chiamassero la sicurezza.
–Peccato, però, sarebbe stata una scenetta davvero spassosa!- ridacchiò Kimberly, prima di rivolgersi a Frida e provare a farla morire di vergogna. –Sono molto delusa, F: ti si legge in faccia che non hai sfruttato questa ghiotta occasione per prendere una sana dose di vitamina C. La varietà australiana sembra niente male!
Kevin, nel tentativo di esserle d’aiuto, finì col rincarare la dose; mentre tratteneva per un braccio Nathaniel, geloso pazzo, tacitò la sorella con uno stizzito –Non ti passa per la mente, Kim, che Will potrebbe non essere, ehm… disponibile alla somministrazione?
Il diretto interessato, non appena ebbe compreso a quale specifica “vitamina C” si riferissero i gemelli, assunse un intenso color pulce e boccheggiò un flebile –Con voi due persino Freud getterebbe la spugna!
–Ehi, nessuno ha bisogno di vitamina C più del nostro geniaccio preferito!- soffiò Kimberly, alternando l’indice accusatorio tra lui e Frida. –Avresti dovuto comportarti da gentiluomo e offrirle…
–Da bere? Magari un cocktail alla frutta, per fare il pieno di vitamina C?
Stavolta William non fu l’unico a stralunare gli occhi di fronte all’ingenuità (ai limiti dell’idiozia) dell’esclamazione di Aidan, comparso alle loro spalle col solito sorriso radioso stampato in faccia. Dopo aver visto la Weil piangere per lui, il suo atteggiamento gioviale gli risultava ancor più irritante, ragione per cui non si trattenne dal fulminarlo con lo sguardo.
Calò un silenzio carico di imbarazzo, rotto da Kevin, ma non prima di essersi accertato che nessun altro avesse intenzione di assumersi quell’onere.
–Secondo giro di bevute? Io ci sto… a patto che paghi tu, cugino!
–Volentieri- rispose Aidan, per poi chiedere a Frida –Mi hai fatto prendere un colpo, piccola: ti sei praticamente volatilizzata! Qualcosa non va?
Frida avvampò e distolse lo sguardo. Non sapeva cosa rispondere: non la verità, ovviamente, ma, caso più unico che raro, non riusciva a farsi venire in mente uno straccio di scusa da rifilargli. Nonostante la cocente delusione e tutte le lacrime versate, Aidan continuava a mandarle in pappa il cervello con la sua sola presenza. Si sentì una completa idiota, e si chiese se e quando sarebbe guarita dalla “Aidanite” (neologismo coniato da suo cugino Ernst).
Per sua fortuna, tra lo stupore generale, William venne in suo soccorso ancora una volta, esibendosi in una prova attoriale di tutto rispetto, tale da impressionare favorevolmente Nathaniel, che ambiva a calcare le scene di professione.
–Frida non si è sentita bene: un forte mal di stomaco- asserì con studiata nonchalance, e le carezzò il dorso della mano con la sua (in maniera molto discreta), in una tacita esortazione a reggergli il gioco. –Forse qualcosa che ha mangiato… o bevuto.
–Bevuto, probabilmente. Il mio Vaporwave aveva uno strano sapore: credo di aver preso per sbaglio uno dei vostri, alcolico, e il mio stomaco non ha gradito. Sono corsa in bagno a, ehm… liberarmi. Tutto qui, niente di cui preoccuparsi- confermò lei, massaggiandosi l’addome per dare maggiore credibilità alle sue parole.
–In effetti, ora che ci penso, il mio cocktail sapeva di poco… mancava l’alcol, ecco cosa!- rilanciò William, strizzando l’occhio nella sua direzione quando fu sicuro che nessuno li guardasse.
–Motivo ulteriore per bere di nuovo alla nostra salute… e a spese di AJ- trillò Kimberly, per poi arpionare Nathaniel e un riluttante William. –Andiamo, su, prima che Becky finisca il turno e subentri quell’antipatico che controlla i documenti!
–Andate pure senza di me- mormorò Frida con voce inespressiva, sentendosi improvvisamente svuotata di ogni emozione, apatica, desiderosa soltanto di un po’ di quiete. –Fate i bravi, mi raccomando. Io vi terrò d’occhio dalla piccionaia.
 
***
 
Il dj aveva messo su il remix - piuttosto fedele all’originale - di un pezzo che a William suonava familiare, sebbene non riuscisse a ricordarne il titolo. Si ripromise di cercarlo una volta a casa o, se avesse trovato il padre ancora sveglio, di chiederlo a lui; sembrava proprio il genere di musica che quelli della sua generazione ascoltavano da giovani.
Cullato dalla cadenza ipnotica del ritmo e dalla voce profonda del cantante - cercando di reprimere i conati provocati dal secondo Vaporwave che era stato costretto a ingurgitare - salì sulla cosiddetta piccionaia, alias il soppalco che circondava tre quarti del perimetro del locale; con passo felpato si avvicinò a Frida, appoggiata alla balaustra, apparentemente assorta nella contemplazione della piccola folla che ancora si scatenava in pista - in realtà persa nei propri pensieri - mentre muoveva la testa seguendo la musica. Gli sovvenne il ricordo della prima volta che l’aveva vista, così fredda e distaccata, quasi aliena; una divinità epicurea che guardava il mondo dall’alto, nutrendo per l’umanità che brulicava sotto di lei lo stesso interesse che l’uomo comune riservava alle formiche.
–Ne hai abbastanza di questa bolgia? Ti capisco!
La ragazza sussultò, come se avesse interrotto uno stato di trance, e posò su di lui quegli occhi che l’ombretto di uno sgargiante blu elettrico faceva apparire ancora più azzurri.
Si maledisse per averlo pensato, ma non poté fare a meno di sentirsi vivisezionare da quello sguardo tagliente. Nelle innumerevoli serate trascorse a fare baldoria in realtà virtuale, si era abituato a ricevere parecchi di quelli che chiamava “sguardi che spogliano”, tutto sommato piacevoli; quello di Frida era completamente diverso: “lo sguardo che taglia”. Per la prima volta in tutta la sera, fece caso al suo aspetto, e notò che, senza la divisa e la treccia d’ordinanza, sembrava un’altra persona. Lo era; eppure, ci avrebbe messo la mano sul fuoco, nemmeno questa versione “tirata a lucido” che aveva davanti era la vera lei. La vera Frida, l’uno che si nascondeva dietro centomila facce diverse finendo col diventare nessuno, non l’aveva ancora conosciuta.
Si chiese se fosse opportuno o meno farle qualche complimento, magari sul vestito, che effettivamente le stava bene, poi gli piombò addosso la triste consapevolezza che avrebbe preferito riceverli da qualcun altro. Tuttavia, la stessa Frida gli dimostrò che aveva fatto bene a tacere.
–Anche volendo, non posso andarmene: ho appuntamento con un paio di persone. Vorrei ballare, forse così il tempo passerebbe più velocemente, ma questa sottospecie di Taschentuch1 me lo impedisce: mi basta alzare le braccia che si intravedono le mutande! E, spiacente di rovinare le tue fantasie della buonanotte, non sono belle mutande. L’unica cosa che posso fare è questo- sbuffò, ancheggiando sul posto in una riuscita imitazione delle movenze sensuali di Kimberly. –Ma non mi renderò ulteriormente ridicola senza motivo; ho già dato abbastanza spettacolo prima, con Aidan, e a cosa è servito?
–Probabilmente te ne freghi della mia opinione, ma ci tengo lo stesso a dirti cosa penso: secondo me, quel senza palle aveva capito da tempo cosa provi per lui; ha finto di ignorare i tuoi sentimenti perché non ha, appunto, le palle di affrontarti. Mi rifiuto di credere il contrario.
Frida piegò la testa di lato come un pappagallo, e lo guardò di sottecchi attraverso le palpebre semichiuse per più di un minuto, prima di decidersi a parlare.
–Nonostante l’assenza di prove, voglio credere alla tua tesi. Preferisco convincermi che Aidan sia- sorrise sardonica –Senza palle, piuttosto che arrendermi all’evidenza della mia stupidità.
Dal poco che la conosceva, William aveva intuito che la Weil non era tipo da autocommiserarsi; lo sorprese quella melodrammatica esternazione di patetismo, che interpretò come un tentativo di indurlo a compassione per strappargli qualche favore. E lui detestava chi usava la compassione altrui per ottenere quello che voleva. Decise quindi che non l’avrebbe assecondata.
“La principessina ha bisogno di una sana dose di vitamina C, nel senso di contraddittorio!”
 –Eh sì, sei stata proprio una stupida- si compiacque della sua espressione basita e aggiunse –Non è la risposta che ti aspettavi, vero? Forse i tuoi cosiddetti amici non ne hanno il coraggio, ma io dico quasi sempre e solo ciò che penso, e in questo momento penso che tu sia stata una vera stupida a non accorgerti che quel bamboccio ti vede come una sorellina cresciutella. Credimi, il fato ha voluto farti un favore spedendolo al di là dell’Atlantico: ora sei libera di guardarti intorno e trovare qualcuno…
–Con le palle?- scherzò lei.
–Tra le altre cose- scherzò lui di rimando, dandole una spallata amichevole. –Più che altro, qualcuno che ti piaccia davvero… e, possibilmente, ti voglia. A meno che tu non l’abbia già trovato: chi devi incontrare, un ammiratore segreto?
Frida impallidì, sconcertata da quella domanda diretta. Aveva capito da tempo che William non aveva peli sulla lingua, ma la sua franchezza la lasciò comunque esterrefatta; per lei, avvezza a giri di parole, sincerità calibrata e sotterfugi, la nuda verità era qualcosa di inconcepibile. Si mordicchiò un labbro, titubante se rivelargli della sua missione o meno.
–Ecco, io… non so se sia il caso di parlartene.
–Segreto segretissimo, riservato alla tua cerchia di eletti?- sibilò William, stizzito dalla mancanza di fiducia nei suoi confronti, specie dopo quanto era successo nella toilette del locale. –Ho una notizia-bomba per te, Weil, roba da prima pagina sul Times: i tuoi amichetti del cuore non sono stati colti da un attacco di stronzite acuta; il loro comportamento merdoso era un test della mia - come ha detto Kev? - fibra morale. Una sorta di rito d’iniziazione, che, a quanto pare, ho superato brillantemente. Considerami parte della- arricciò le labbra in una teatrale manifestazione di disgusto –Gang.
Frida scosse il capo, sbuffando una mezza risata.
Na ja. Avrei dovuto immaginarlo: Nate non mi avrebbe mai abbandonata in un momento di crisi. Anche Kimmy, in realtà: è meno frivola di quanto voglia apparire.
–Gattamorta e uso e consumo del suo ragazzo, insomma. E Kev è l’ultima persona al mondo che guarderebbe una ragazza come un pezzo di carne- asserì l’altro, annuendo vigorosamente.
–Una fetta di torta. Preferisco- replicò Frida con sussiego. –La carne è materia morta e sanguinolenta, Kuchen sind kulinarische Kunstwerke2: deliziose, morbide, succulente…
–Parli di cibo in un posto senza niente da mangiare? Sto scoprendo il tuo lato sadico, Weil!- ridacchiò William, suscitando la medesima reazione nella sua interlocutrice, che poco dopo replicò, in tono grave –Nel caso te lo stessi chiedendo: non ne sapevo nulla, è stata una loro idea. Bello sapere che quei tre hanno spirito d’iniziativa, comunque.
–Allora, questo segreto segretissimo? Ha a che fare con la tua indagine?
Frida rimuginò ancora un po’ sull’opportunità di confidargli della sua indagine non ufficiale; alla fine, giunse alla conclusione che, sebbene avesse agito sempre da sola, aiutata marginalmente - in rare occasioni - dai suoi amici, forse era giunto il momento di avere un socio a tutti gli effetti per le sue attività extracurricolari, e William si era dimostrato un’eccellente spalla: intelligente, sveglio, persino capace di mentire in maniera convincente, laddove le circostanze lo richiedessero.
“Che abbia finalmente trovato un degno socio?”
Godette nel tenerlo sulle spine, prima di metterlo a parte della sua missione segreta.
–Dimmi, Liam: cosa sai della morte di Aisling Carter?
 
***
 
Andrew Carter non gli fece una buona impressione: vanesio, decisamente immaturo per i suoi ventitré anni, e debole. Senza nerbo. Un lombrico. Alla moda, ma pur sempre lombrico. Le premesse, per quanto lo riguardava, non erano delle migliori, e si chiese come mai Frida gli avesse concesso udienza.
Sedeva sul ciglio di un divanetto, di fianco a una silfide che rispondeva al nome di Nita Burnett, senza neppure tentare di nascondere il nervosismo: grattava insistentemente il dorso della mano destra, la gamba sinistra gli tremava e gli occhi parevano incapaci di fissarsi sullo stesso punto per più di due secondi, forse per evitare di incrociare, anche solo per sbaglio, quelli di Frida, più glaciali che mai, fissi su di lui. Una reazione alquanto strana, dato che quell’incontro era una sua idea.
Si trovavano in uno dei “nidi di corvo”, i salottini privati nel retro del Tipsy Crow, al riparo da occhi e orecchie indiscreti. Frida sedeva su una poltrona dal design rotondeggiante che a William, poggiato su un bracciolo alla sua destra, parve molto scomoda, ma funzionale a farle assumere una posa da regina assisa sul trono. Se l’intenzione era di trasmettere professionalità e autorevolezza, ci stava riuscendo perfettamente.
Rimase in silenzio, limitandosi a scrutare con educata curiosità gli occupanti del divanetto di fronte a lei. William intuì che stava temporeggiando non perché non sapesse cosa dire, bensì per accrescere il disagio di Andrew e Nita fino al punto di rottura, in modo da indurli a colmare il vuoto acustico rivelando più informazioni del previsto.
Una trovata semplicemente geniale, secondo William: per lui il silenzio era una dimensione aliena, in cui potersi concentrare e ascoltare con la tranquillità di una temporalità dilatata rispetto ai frenetici ritmi mondani; tuttavia, era ben conscio di essere una bestia rara in quell’epoca rumorosa e senza armonie, ricca di voci, ma povera di parole.
La tattica si rivelò vincente: Andrew, insofferente a quella situazione di stallo, racimolò la calma necessaria ad osservare la ragazza che aveva davanti, per poi esclamare –È uno scherzo?
Frida, oltraggiata, digrignò i denti e dilatò le narici: una predatrice pronta all’attacco.
–Mettiamo subito in chiaro una cosa- sibilò, in un tono che trasudava rabbia repressa. –Io non scherzo mai. Non sulle cose serie.
–Chiedo scusa, milady! È solo che non sei proprio come… sì, insomma… mi aspettavo qualcuno di più… adulto. Tu no, Nita? Santo cielo, sei una ragazzina! Quanti anni hai?
–Ne compio diciotto in aprile.
Il giovane Carter balzò in piedi, violaceo in volto, e sbraitò –Cosa? E noi dovremmo dare credito a una liceale minorenne?
–Una liceale minorenne con un’esperienza investigativa sicuramente superiore alla vostra. Quanti casi avete contribuito a risolvere?
Nita si stropicciò le palpebre, e aprì e richiuse la bocca un paio di volte, prima di domandarle –È vero che sei la figlia di Faith Irving, la patologa forense?
–Così è scritto sul mio certificato di nascita- fu la secca risposta di Frida, che storse il naso, a far intendere che quelle domande insulse la stavano indisponendo, e fece segno ad Andrew di risedersi.
–Ho voluto questo incontro perché, se ho ben capito, sostieni che tua madre abbia liquidato un po’ troppo frettolosamente la morte di mia sorella. Che razza di figlia non si fa scrupoli a sputtanare sua madre?
–Una dotata di un cervello funzionante. Meine liebe Mutter è fallace come qualunque essere umano, e i vincoli parentali sono nulla, in confronto al superiore interesse della giustizia. Ma non siamo qui per parlare di me. Se avete finito con le domande stupide, ne avrei una io. Una intelligente, tanto per cambiare: perché siete qui?
–Perché non credi che la morte di Aisling sia accidentale. Voglio sentire quello che hai da dire in proposito- rispose, con voce tremante, Nita.
–Niente stronzate, per favore. Mi indispongono. Non sono qui per fare domande, sono qui per cercare risposte, e gradirei che mi aiutaste, invece di farmi perdere tempo! Di nuovo: perché siete qui? Si vede lontano un miglio che avete paura di cosa potrei dirvi. Riesco quasi a sentire l’elettricità scorrere lungo le vostre terminazioni nervose. Vi state chiedendo: quanto sa questa supponente ficcanaso? E, soprattutto, cosa sa di Aisling? La risposta è: più di quanto pensiate… ma meno di quanto vorrei. Adesso, per la terza e, spero, ultima volta: perché siete qui?
–Perché sono determinato a chiudere questa storia una volta per tutte, e una ragazzina che va in giro a fare domande su mia sorella me lo impedisce- sputò Andrew, scoccandole uno sguardo di sfida. –Forse la morte di Aisling è stata davvero un tragico incidente, forse no; qualunque sia la verità, una cosa è certa: ha fatto tutto da sola. Basta alimentare voci su un presunto omicidio. Vale anche per te, Nita!
La ragazza esile seduta nell’angolo del divanetto si lasciò scappare un singulto, difficile a dirsi se dalla sorpresa per essere stata menzionata, o per la freddezza di Frida. Ad ogni modo, le parole dure di Andrew ottennero l’effetto opposto all’atteso, perché Nita smise di singhiozzare e tirò fuori una grinta di cui nessuno, lei compresa, avrebbe immaginato potesse essere dotata.
–La Aisling che conoscevo non si sarebbe mai tolta la vita! Vuoi sapere perché sono qui, Frida? Perché qualcuno, non so chi, né per quale motivo, ha voluto portarmi via la mia migliore amica, e spero che tu riesca non solo a convincere Andy, ma anche a scovare il bastardo che le ha fatto del male- esclamò tutto d’un fiato, abbassando lo sguardo alle proprie mani giunte, come in una muta preghiera. –Conosco Aisling da quando eravamo bambine, non può… non avrebbe mai…
Scoppiò a piangere e si protese verso Andrew, che le circondò le spalle con un braccio e rivolse un’occhiata penetrante prima a Frida, poi a William, il quale si rese conto solo in quel momento di non essere stato presentato.
“Ovvio che questo tizio mi guardi male, sono un signor nessuno per lui!”
Si schiarì la gola, in evidente imbarazzo, e propose di lasciarli soli.
–Forse preferite proseguire la conversazione in privato …
Frida lo bloccò con un’occhiata raggelante, quasi sfidandolo ad andarsene, quindi, con invidiabile faccia tosta, disse –Scusate, ho dimenticato di presentarvi William Wollestonecraft, il mio socio. Potete parlare liberamente, davanti a lui.
I due lo guardarono straniti, quindi Andrew, pur senza smettere di palesare una certa diffidenza nei suoi confronti, espose la sua sincera opinione sulla morte della sorella.
–Concordo nel non ritenere la faccenda un incidente, ma un omicidio… andiamo! Va bene che mia sorella non era una persona facile, e che aveva tanti detrattori quanti ammiratori, ma da qui a volerla morta… - indicò con un cenno la ragazza che ancora stringeva tra le braccia –Nita è accecata dall’affetto, non vede la faccenda con la giusta obiettività. Per me, Aisling si è suicidata.
–Come puoi anche solo pensarlo?- gli urlò contro Nita, battendo i pugni contro il suo torace. –Aisling amava la vita!
–Ah, sì? Aveva uno strano modo di dimostrarlo: la sprecava tra droga e alcool!- ribatté un Andrew sempre più aggressivo.
–Tu sprechi la tua tra alcol e scopate occasionali, non mi sembra molto meglio!- rispose piccata Nita. –La Aisling che conoscevo era solare, piena di energie, attaccata alla vita come una cozza allo scoglio; si divertiva, sì, combinava qualche cazzata, ma niente di grave. Poi, all’incirca un anno fa, da un giorno all’altro cominciò a esagerare: era un continuo di festini dove scorrevano a fiumi alcolici e droghe di ogni genere. Finché si trattava di ubriacarsi e basta le feci compagnia, ma mi rifiutai di seguirla quando oltrepassò il limite. Ogniqualvolta le chiedevo il motivo di questo cambiamento, mi ripeteva di averne bisogno, che era l’unico modo per tenere a bada gli incubi.
–Ah, queste farneticazioni non ti sembrano i discorsi di una aspirante suicida?
–Sicuro di aver conosciuto davvero tua sorella? Se Aisling avesse voluto suicidarsi, non avrebbe scelto un metodo così destruente, bensì qualcosa di più… estetico!
–Interessante- commentò Frida, riappropriandosi per un momento della parola.
–Molto interessante- annuì William.
Dall’occhiata che si scambiarono subito dopo, capirono entrambi di aver dedotto esattamente gli stessi elementi dallo sfogo di Nita: innanzitutto, Aisling Carter era una ragazza apparentemente tanto frivola, da non voler rinunciare ad apparire perfetta neanche da morta; eppure, la sua vita sregolata e gli “incubi” che la affliggevano, lasciavano trasparire un animo tormentato, sotto la superficie.
–Bene. Analizziamo la questione con razionalità: cosa vi fa pensare non si tratti di una morte accidentale? Si può cadere da una finestra per sbaglio- domandò Frida, aggrottando la fronte, rivolta più a se stessa che ai suoi interlocutori.
–E come? Vinta dal caldo fuori stagione, mia sorella sarebbe andata ad aprire la finestra, cadendo maldestramente di sotto? Poco credibile!
–Sono lieta che siamo d’accordo almeno su questo punto.
–Inoltre, suicidarsi sarebbe … da lei. Ha dato problemi da quando è nata. All’inizio solo robetta - taccheggio, atti esibizionistici in preda ai fumi dell’alcool - ma da un anno a questa parte, si è aggiunto alla lista l’uso di droghe sempre più pesanti. Come diceva prima Nita, ripeteva che le servivano a non pensare, a tenere lontano gli incubi.
–Era in cura da uno psichiatra?- chiese William senza riflettere, per poi mordersi la lingua un istante dopo, certo che Frida non avrebbe mancato di rimproverarlo, raggelandolo con quel suo tremendo sguardo di ghiaccio. Invece, con suo enorme stupore, gli rivolse un cenno di assenso.
–Credo ne abbia cambiati diversi, ma non saprei dirvi con precisione quanti; in questo, la migliore fonte di informazioni sono i miei nonni. Io, appena ho potuto, sono fuggito da Villa Conworthy. Odio ammetterlo, ma non sono stato il migliore dei fratelli: invece di starle accanto e supportarla, l’ho abbandonata a se stessa.
Frida sbuffò, imbronciandosi –Sentite: siamo tutti d’accordo che Aisling non è rimasta vittima di un errore fatale. Resta da stabilire se l’ipotesi dell’omicidio sia plausibile, dato che un atto suicidario è in linea con la sua personalità… e familiarità.
Andrew perse il poco colore che aveva riguadagnato durante la discussione. Era più che stupito: scioccato. Gli ci vollero qualche minuto e due Negroni per riprendersi.
–C-Come sai…
–Che c’è una vena di fragilità psichica, per non dire di vera e propria follia, nel ramo materno della tua famiglia? Semplice: mi sono documentata. Lo faccio sempre. Confesso, però, di preferire le notizie di prima mano. Avanti, Carter, sputa il rospo, non farmi perdere altro tempo: dammi un indizio interessante, bitte, comincio ad annoiarmi!
Andrew serrò le mascelle e i pugni, e William si alzò di scatto in piedi, pronto a placcarlo, in caso avesse tentato di colpire Frida. In un secondo momento, realizzò che la ragazza praticava arti marziali, avrebbe potuto metterlo fuori combattimento con facilità anche senza il suo aiuto. Tornò al proprio posto e lo esortò a raccontargli tutto.
–Che dire? È vero: la pazzia è un tratto caratteristico dei Conworthy, la famiglia di mia madre. Tra suicidi, omicidi, persino infanticidi, è un miracolo che il nome sia giunto ai giorni nostri. Aisling non è che l’ultima della lista. Io sono uno dei pochi fortunati con le rotelle a posto.
–Le patologie psichiatriche hanno raramente un substrato esclusivamente genetico. C’è stato un qualche evento traumatico che avrebbe potuto, ecco … innescare la cosa? Nel caso di Aisling, intendo- inquisì William, ormai calato nel ruolo di “poliziotto buono”.
–Rinvenire il cadavere della propria madre il giorno del compleanno è sufficiente?- ringhiò Andrew. –Nostra madre manifestò i primi segni di squilibrio tardi, dopo - e forse proprio a causa della - nostra nascita. Nostro padre ne fu terrorizzato; era troppo per lui. Tornò negli Stati Uniti, dove si è rifatto una vita; so che è sposato e ha dei figli, ma non li ho mai conosciuti. Mia madre lottò fino alla fine per lui e, quando comprese che stava lottando invano, per la disperazione si suicidò … il giorno del decimo compleanno di Aisling. Fummo io e lei a trovarla.
–Lo so- sospirò Frida, rimirandosi le unghie laccate di rosa cipria. –Si tagliò le vene nella vasca da bagno, giusto?
–Esatto. Venimmo affidati ai nonni, nonostante le insistenze di nostro padre, perché il tribunale ritenne che cambiare continente avrebbe potuto aggravare il trauma psicologico, infatti ci costrinse a mesi di analisi…
–Bla, bla, bla. Noioso! Possibile che nessuno sappia raccontare per bene una storia, Cristo santo?- sbottò Frida, battendo entrambi i pugni sui braccioli della poltrona. –In tutto questo mare di nulla, non mi avete fornito un particolare degno di nota! Uno! È forse chiedere troppo?
Preso in contropiede, il ragazzo balbettò –Beh, io, ecco … ci stavo appunto arrivando. Non è facile, per me!
William tacitò Frida, sul punto di replicare in malo modo, e rispose, conciliante –Ma certo, tutto il tempo necessario. È un’impresa titanica riaprire ferite tanto profonde.
–Trenta secondi, non di più- concesse la Weil, a malincuore. –È quanto vi do per convincermi di non aver perso tempo.
Nita, asciugate le lacrime, sbraitò –Oh, e va bene! Se non vuoi dirglielo, Andy, lo farò io: Andy crede che Aisling si sia suicidata per imitare Rory!
–Rory?
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli, come se rispondere a quella domanda gli costasse ogni briciolo di forza d’animo in suo possesso.
–Aurora … l’altra mia sorella. La più piccola.
William rimase a bocca aperta, e rischiò di lussarsi la mandibola quando vide Frida battere le mani ed esultare.
–Alleluia! Dopo un lungo travaglio, il particolare degno di nota è venuto alla luce! È stato un parto difficile, ma ne è valsa la pena. Quindi, eravate tre fratelli. Come mai i giornali non lo hanno accennato?
–Se devo tirare a indovinare, probabilmente perché non fa notizia. Non più, almeno. Aurora ebbe un vero e proprio tracollo, dopo la morte di nostra madre. Restammo tutti sconvolti, specialmente i nonni: pensavano che, data la sua età, non ne avrebbe risentito quanto me ed Aisling, invece la prese peggio di tutti. Iniziò a comportarsi in modo strano: dormiva poco e male, mangiava sempre meno, soffriva di incubi e attacchi di panico. Un po’ come Aisling nell’ultimo anno, ora che ci penso. Poi, una sera di otto anni fa, si gettò dalla finestra della vecchia camera di nostra madre.
William si portò le mani alla bocca, sconvolto.
–Cielo! È morta anche lei?
–Peggio: è un vegetale senziente. Il termine medico è sindrome locked-in: la coscienza è integra, ma le funzioni motorie sono quasi del tutto perse. Per venire incontro alle sue esigenze, i miei nonni hanno trasformato la villa nella succursale di un ospedale. Io non ho mai sopportato quell’atmosfera deprimente, ed evitavo il più possibile di nominarla o andare da lei; vedere mia sorella allettata, incapace di muoversi, in mezzo a una giungla di tubicini … non ce la facevo. Me ne sono disinteressato, forse anche per… gelosia: era Aisling la sua preferita, lo è sempre stata. Passava con Rory ogni momento libero della giornata: leggeva per lei, le faceva ascoltare la sua musica preferita … le parlava normalmente, come se si aspettasse che Rory potesse risponderle…
La Weil si grattò il mento, pensierosa: il tentato suicidio della sorella avvalorava l’ipotesi che Aisling Carter avesse scelto di porre fine alla propria vita, magari nel pieno di una “botta” da cocaina, o per puro spirito di emulazione. Eppure, il tarlo del dubbio non si decideva ad abbandonarla: qualcosa, in quella storia, non la convinceva. Era troppo semplice.
–Si è scoperto perché Aurora ha tentato il suicidio? No? Uhm… Interessante- soffiò, agitando una mano per congedare Andrew e Nita. –Bene! Racconto strappalacrime a parte, sento di non aver sprecato il mio tempo. Meno male! Per oggi è tutto, devo metabolizzare quanto ho appreso, ma la prossima volta sarà il caso che mi raccontiate qualsiasi cosa pensate possa essermi utile. Per bene, possibilmente.
 
***
 
Terminato il colloquio (o, per meglio dire, l’interrogatorio), Frida e William si concessero un altro paio d’ore di baldoria e un drink che non fosse un Vaporwave, prima di dichiarare conclusa la serata.
Camminavano fianco a fianco, e nessuno dei due sembrava intenzionato a rompere la cortina di assoluto silenzio che li avvolgeva, limitandosi a lanciarsi, di tanto in tanto, occhiate in tralice e mezzi sorrisi imbarazzati, senza avere il coraggio di interrompere il flusso di pensieri che le loro menti stavano generando senza sosta.
–Weil, sei stata pazzesca! Paragonato a te, Sherlock Holmes è l’ispettore Lestrade!
Contrariamente a ogni previsione della ragazza, alla fine William aveva parlato; peccato non avesse enunciato le risposte che sperava di ricevere. Tuttavia, non poté negare a se stessa che era piacevole ricevere un simile complimento, specie perché proveniente da qualcuno che, poche ore prima, aveva dichiarato di trovarla insopportabile.
–Ordinaria amministrazione. Allora, che idea ti sei fatto di questa storia?
–Ancora nessuna. In mancanza di elementi suggestivi, è meglio tenere la mente aperta e non restringere il campo delle ipotesi possibili. Una cosa, però, posso dirtela: quell’Andrew è un coglione- sentenziò William. –Come fa a non accorgersi che l’amica della sorella gli muore dietro?
–Che stai dicendo?
–Pensaci: non gli ha staccato gli occhi di dosso; quando è scoppiata in lacrime, ne ha approfittato per accucciarsi tra le sue braccia, e gli ha fatto una poco velata scenata di gelosia, rinfacciandogli di andare a letto con chiunque… “a parte lei”, era implicito. Bisogna essere proprio ciechi e sordi per non capirlo!
Frida, dopo un attimo di sbandamento, riacquistò il consueto aplomb.
–L’avevo notato anch’io, natürlich, ma non lo ritengo un elemento importante ai fini della risoluzione del caso- controbattè freddamente, decisa a negare al suo socio la soddisfazione di aver colto dei particolari che a lei, concentrata sui fatti, erano sfuggiti.
William la sgamò in un nanosecondo, ma la tentazione di prenderla in giro fino a farle perdere il controllo fu quasi subito sostituita dal desiderio di discutere seriamente di quanto era emerso dal colloquio con Andrew e Nita.
–In ogni caso, è un coglione. E sfigato: sul dizionario, accanto alla definizione di “mai una gioia”, dev’esserci la sua foto! Tra l’abbandono del padre, la madre e una sorella morte suicide, un’altra sorella, tentata suicida, vegetale nel letto …
–Credi possa essere il prossimo?
–L’esatto contrario. Non lasciarti ingannare dalla - devo ammettere, credibile - recita del fratello in lutto; quello sprizza gioia da ogni poro. Ora è un elfo libero! Tra la sorella drogata e quella allettata, secondo te quanta attenzione gli hanno riservato i nonni? Meno di zero! Non lo hai sentito? “Aisling ha dato problemi da quando è nata” … “Appena ho potuto, sono fuggito” … Con ogni probabilità, è arrivato a odiare quelle sorelle che lo mettevano in secondo piano, ma delle quali era obbligato a occuparsi.
–Vacci piano, Jung!- lo irrise Frida. –Atteniamoci a dati concreti. È un errore enorme teorizzare a vuoto: senza accorgersene, si comincia a deformare i fatti per adattarli alle teorie, anziché il contrario!*
–Parli come mio padre- esalò mestamente William. –“Sii più concreto, Will. Tieni i piedi per terra, che la testa è fin troppo tra le nuvole”. Tsk! Pretende che segua le sue orme, nessuna delle mie passioni incontra la sua approvazione: per lui l’arte è un passatempo che in rari casi consente di pagare le bollette, e ha una considerazione della psicologia e della filosofia… credo pari alla tua.
Frida, sentendosi in colpa, lo prese per mano e pigolò –Scusa, Liam. Non intendevo sminuirti, solo…
–Invitarmi a mettere al guinzaglio la fantasia- sbuffò, colto dallo stesso, identico senso di frustrazione che provava ad ogni discussione con suo padre. –Recepito. D’ora in poi, mi atterrò ai fatti nudi e crudi.
–Intendevo invitarti a leggere un po’ meno tra le righe, tutto qui- gli assicurò Frida. –Ammiro la tua creatività e cosa riesce a produrre, però ci sono contesti nei quali non va lasciata a briglia sciolta. Mi capisci, ja?
–Credo di sì. Tuttavia, sarai d’accordo con me nel ritenere Andrew Carter il sospettato perfetto: si è liberato della “zavorra” e spinge per la tesi del suicidio allo scopo di pararsi il culo. Non credo abbia le palle per ammazzare qualcuno a sangue freddo, però la precipitazione farebbe pensare a un crimine d’impulso e non richiede particolare forza o coraggio, soprattutto se la vittima è sotto l’influsso di droghe. Una spintarella, e addio!
–Seguirò il tuo consiglio e terrò la mente aperta, perciò … perché no? Se sospettiamo di lui, però, anche Nita va inclusa nella lista di sospettati: potrebbe aver tolto di mezzo Aisling perché invidiosa di lei, oppure per avere campo libero con Andrew, o ancora… potrebbe aver voluto liberare l’amato dal peso di una sorella inutile - o entrambe, chissà - nella speranza che le sia grato, e la gratitudine evolva in amore. Non c’è pazzo più pazzo di un innamorato pazzo! Se davvero provasse qualcosa per Andrew, i suoi sentimenti sarebbero un valido movente. Danke, socio, le tue elucubrazioni psicologiche mi sono state inaspettatamente utili. Mutti hatte recht3: non c’è nulla che chiarisca le idee quanto esporle a un’altra persona!*
–Lo dice sempre anche mio padre- “Che stava con sua madre. Che le abbia rubato la frase a effetto? Ma quanto cazzo è stronzo?” –Comunque… prego? A proposito, ecco … essere socio tuo… non che mi dispiaccia, solo … mi fa un po’ strano. Ti credevo un dingo solitario.
–Lo sono! Prima di conoscerti non avrei mai pensato di fare coppia… no, no, pessima scelta di parole. Io… quello che voglio dire è…
–Vai tranquilla. Sono un pervertito innocuo, mi limiterò a sognarti in mutande stanotte!
Frida, che non aveva colto l’ironia nel tono della voce di William, assunse tutte le tonalità di rosso esistenti, lo sbatté con violenza contro un muro e ululò –Se non vuoi fare la fine di Midget, giura che stai scherzando!
–Ironia, questa sconosciuta!- replicò lui, scuotendo mestamente il capo. –La tua conoscenza dei Monty Python mi aveva ingannato, invece sei ordinaria quanto gli altri. Usa la logica di cui ti vanti tanto, Weil: poco fa mi hai detto di avere delle brutte mutande. Cosa le sogno a fare?
 
Note dell’autrice:
La strana coppia/dinamico duo è finalmente entrato in azione. Che ve ne pare di Frida in versione Sherlock? Let me know! Dico sul serio: questo è il mio primo tentativo col genere giallo, ogni critica mi è utile a migliorare (a meno che non sfoci nell’insulto fine a se stesso).
Si scopre anche da dove ha origine il titolo della storia. Ho colto l’occasione per ripassare un po’ di neurologia, materia che mi ha sempre affascinato, anche se alla fine ho scelto un’altra strada.
Povera Aurora (nome, anche questo, non scelto a caso)! Vi do una piccola anticipazione: comparirà nel corso della storia, anzi, avrà un ruolo decisivo. Ora basta, o tanto vale spoilerare tutto e salutarci!
Serpentina
PS: il titolo del capitolo è un aforisma di Benjamin Franklin.
*citazione di Sherlock Holmes
1Fazzoletto
2Le torte sono opere d’arte culinaria
3Mamma aveva ragione
   
 
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