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Autore: NyxTNeko    04/10/2020    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Napoleone teneva gli occhi puntati sul nuovo generale, si era presentato quando era giunto il suo turno. Si era alzato in piedi, messo in posizione e riferito rapidamente ciò che il superiore voleva sapere. Doppet lo aveva guardato con grande sorpresa, sicuramente era per via della sua giovane età, reazione più che prevedibile, il maggiore non si stupiva nemmeno più.

Al contrario, invece, dei suoi superiori "Come se l'età fosse realmente importante" rifletté Buonaparte trattenendo uno sbuffo annoiato dietro la mano "La prepazione, la disciplina, il talento sono le qualità che contano davvero, e si possono acquisire e dimostrare a qualsiasi età". La prima impressione che Doppet, il generale medico, gli aveva dato fu una minor, o quasi per nulla, tracotanza nel suo modo di porsi e di parlare, a differenza di Carteaux, che poche volte aveva dimostrato collaborazione.

Vi era disponibilità, e questo lo rendeva già più tranquillo, in quanto significava che poteva avere la possibilità di mettere in atto il suo piano, era quasi tutto pronto, mancava solamente il posizionare la batteria nel forte a cui ambiva e che riteneva il punto perfetto per conseguire la vittoria che tutti speravano, trepidanti. A Tolone si giocava il destino della Rivoluzione e dell'intera Francia. Buonaparte aggrottò le sopracciglia, pensando che c'era in gioco anche il suo futuro, era la sua prima vera occasione, non poteva permettersi di fare errori, o avrebbe fatto una fine peggiore di Carteaux, la Rivoluzione non risparmiava nessuno. Chi sbagliava pagava con la vita.

- Generale La Poype - esordì Doppet, rivolgendosi al suo sottoposto con apparente calma, tenendo il petto in fuori - Voi siete l'ufficiale con la carica più alta dopo di me - continuò rivolgendo il palmo aperto verso di lui - Per cui vi pregherei di spiegarmi l'evoluzione della situazione in questo momento e se avete in mente un piano efficace per riprendere Tolone - aggiunse infine il generale medico, cercando di non mostrare il proprio turbamento.

Si trovavano in una situazione davvero difficile, gli inglesi erano praticamente alle porte della città di Tolone e a pochi passi dagli accampamenti francesi. Se non si fossero mossi velocemente e con prudenza sarebbero stati sicuramente battuti. La Poype ingoiò rumorosamente la saliva, spostò le iridi in direzione del maggiore dell'artiglieria, che stava a braccia conserte, in disparte, in un angolo, ad attendere che qualcuno gli riservasse le sue attenzioni.

Il generale si era rassegnato alle sue insistenze assillanti, anche perché aveva compreso la validità del piano di Buonaparte e della sua organizzazione, aveva trasformato degli scansafatiche in una macchina ben organizzata in pochissimi giorni, un risultato per nulla prevedibile o scontato, conoscendo la diffidenza dei soldati semplici. Era l'unico che sapeva realmente come e quando agire, dovette ammetterlo a sé stesso. Negare l'evidenza sarebbe stato da stupidi, oltre che dispendioso e inutile, e non aveva alcuna intenzione di seguire lo stesso destino di Carteaux.

Poi si rivolse a Doppet spiegandogli attentamente la vicenda e le loro drastiche condizioni - I commissari si aspettano dei risultati da noi, generale, cosa che il vostro predecessore non è riuscito a dare - stava in piedi, le mani poggiate sulle estremità della cartina piena di segni e scarabocchi. Doppet annuì, avendo compreso il senso di quelle parole: il fallimento avrebbe comportato la sua immediata destituzione da quel compito e sostituzione - Anche perché non possiamo trattenere troppe forze qui se sono inutilizzate, verrebbero mandate in altri luoghi della Francia, in cui c'è più urgenza e dove le battaglie sono più decisive

- Avete perfettamente ragione, cittadino La Poype - fu la pronta risposta del generale Doppet, toccandosi il labbro inferiore fino a farlo sanguinare. Era agitatissimo, seppur all'esterno mostrasse freddezza. A Napoleone non era sfuggito il suo continuo tentennamento, la sua paura di sbagliare, poiché anche lui provava quella sensazione terribile. Non lo aveva perso di vista nemmeno un secondo. In guerra non esisteva la certezza assoluta, era più che ovvio, ma questo non doveva compromettere la messa in pratica delle strategie, doveva essere uno stimolo per combattere con maggiore grinta e, in caso di bisogno, dover rielaborare un altro piano in fretta.

- Quanto alla strategia, cittadino generale - riprese la parole La Poype, strinse leggermente i pugni sul tavolo e si fece forza - Dovete chiederla al maggiore Buonaparte, è lui ad aver avuto le idee chiare fin dal primo giorno in cui è arrivato qui - Sentendosi nominare Napoleone, scattò, alzò lo sguardo e lo piantò sul volto del generale che lo aveva chiamato - Inoltre non ha sprecato un singolo secondo di tempo, organizzando intere trincee lungo le colline e un treno d'artiglieria veramente efficiente, che aspetta soltanto di essere messo all'opera... ne sa più di chiunque qui, chiedetelo pure in giro e vi risponderanno come me...

Napoleone si sentì improvvisamente osservato, sotto tiro, al pari di un cannone intento a colpire. Prima di quel momento quasi nessuno lo aveva degnato nemmeno di un'occhiata, lo avevano criticato, gli avevano impedito di applicare ciò che aveva progettato. In quell'istante, invece, tutti parevano pendere dalle sue labbra, come se il discorso di La Poype avesse aperto loro gli occhi e mostrato una verità a cui non avrebbe voluto credere. Sino ad allora.

Nonostante il suo carattere introverso, poco incline alla compagnia, il corso non aveva reagito come si sarebbero aspettati, ossia timoroso, ma subito aveva colto l'occasione, seppur fosse stato preso alla sprovvista da quei commenti insperati. L'attimo di smarrimento svanì come polvere al vento, balzò dalla misera e rozza sedia e avanzò, con il suo passo svelto e sicuro che risuonava leggermente, al tavolo, accanto a Lapoype che, gentilmente, si allontanò per permettergli di spiegare il suo piano al generale. Quest'ultimo, che già aveva dimostrato sbigottimento verso questo giovane ufficiale, non riuscì ad emettere un singolo suono. Restava a bocca aperta ad osservare quel piccolo maggiore d'artiglieria, che non aveva ancora parlato, stava sistemando la carta geografica in modo che la sua spiegazione fosse più comprensibile.

- Bene, ma...maggiore Buonaparte...ditemi ciò che... ciò che dovete... - lo incoraggiò, agitando la mano sulla carta, balbettando, il comandante supremo dell'armata.

Napoleone si limitò a sollevare lo sguardo rapace su di lui, un silenzio assordante rimbombava nelle orecchie di ognuno. Solo quando si accorse che l'atmosfera fosse perfetta si decise ed iniziò - Come volete generale Doppet - la voce aspra arrivò potente, tuonante, nelle orecchie del generale, che non si muoveva, attendeva che proseguisse.

- L'unico modo che abbiamo, generale è di recuperare i due forti l'Eguillette e il Balaguier, posizionarci delle batterie di cannoni di 24 libbre e da lì bombandare il porto, costringendoli ad abbandonare la città, se saremmo insistenti se ne andranno nel giro di poche settimane o addirittura giorni - ripeté le stesse parole che aveva pronunciato davanti al generale Carteaux - E per farlo dobbiamo prima di tutto conquistare il forte Mulgrave, l'inespugnabile forte Mulgrave, finito nelle mani degli alleati - il generale seguiva il suo discorso con particolare attenzione, rendendosi conto di quanta precisione ci fosse dietro i suoi ragionamenti, esposti con padronanza e un pizzico di arroganza.

- Impossessarsi di questi forti e da lì tempestare il nemico di palle di cannone, spingendo via la flotta dalla rada, farebbe crollare ogni speranza nemica - le sottili dita si muovevano agili sulla cartina, attraversando i forti che Napoleone aveva intenzione di occupare e che nella sua mente erano nitidi - Dovremmo cercare di coglierli alla sprovvista, e di essere logoranti, inarrestabili, senza dare loro tregua, né alcuna certezza di riacquistare terreno e di potersi procurare altri uomini e approvigionamenti come stanno facendo - Man mano che proseguiva nella spiegazione, il giovane corso s'illuminava. Da troppo tempo bramava che quel sogno di distruggere la flotta inglese, fatto durante quelle poche di sonno che si concedeva, divenisse realtà.

Doppet era esterrefatto, sbatté le palpebre ripetutamente "Come ha potuto un ragazzo elaborare qualcosa di così preciso, meticoloso, elaborato con tanta perizia?" Si domandò stupito. Non aveva il coraggio di guardarlo in volto, lo avrebbe schiacciato con quei penetranti occhi grigi. Oramai aveva la certezza che quell'ufficiale fosse davvero l'unico a sapere come muoversi - E sia! - riuscì a dire, asciugando il sudore che colava lungo la fronte, nonostante fosse un'altra gelida giornata di novembre - Nel vostro piano non c'è nulla che non vada, per cui deve essere messo in pratica il prima possibile, solo così possiamo recuperare il tempo perduto!

Sulle labbra di Napoleone si formò un sorrisetto compiaciuto, era questa la risposta che voleva udire, finalmente avrebbe agito come più gli aggradava, dimostrando il coraggio dei suoi uomini e la bravura del loro comandante. Aveva già ottenuto una piccola vittoria, senza doversi alterare o perdere la calma. "Forse questo Doppet non è poi così male" disse fra sé, pur essendo ancora scettico nei suoi confronti. Avrebbe avuto una considerazione su di lui solamente dopo averlo visto in azione.

Alla fine concluse - Ora che sapete come stanno le cose, cittadino generale, posso anche raggiungere i miei uomini, per preparare e sistemare tutto ciò che serve - s'inchinò leggermente - Con permesso - ed uscì dalla tenda, al pari di un fulmine, il cuore galoppava e una gioia incontenibile lo pervadeva.

15 novembre

Dopo quattro, interminabili giorni di lavoro incessante da parte dell'intero esercito, tutto era pronto per il tanto auspicato assalto di Tolone. Buonaparte aveva circondato parte del forte Mulgrave di trincee e batterie, in modo che, nella mente dei nemici, cominciasse ad insinuarsi la paura di un imminente attacco. Aveva lavorato accanto ai suoi uomini, come sempre, non si era risparmiato nessuna fatica, per lui non era una costrizione, all'opposto, lo faceva con immenso piacere e senso del dovere. Un buon comandante doveva dare prima di tutto l'esempio, altrimenti non avrebbe mai potuto ottenere il rispetto dovuto, i soldati erano uomini, non carne da macello. Il suo carisma travolgente aveva conquistato i cuori dei suoi sottoposti e ritemprato la loro energia.

Aveva notato in molti artiglieri, soprattutto i meno esperti, una grande paura, il nemico che dovevano affrontare era formidabile, ne erano ben consapevole, Napoleone non aveva addolcito la pillola, al massimo aveva aumentato la loro pericolosità per spronarli maggiormente. Eppure la nascondevano con enorme forza. Leggeva in essi il non voler deludere il loro giovanissimo e malaticcio comandante che adoravano, li trattava come umani, come un pari, un semplice soldato e non come un ufficiale distante, che li giudicava dall'alto della sua esperienza. Buonaparte non poteva che esserne felice, aveva ricevuto più affetto e considerazione dai suoi subordinati che dal resto dei suoi colleghi. Soltanto quando si erano resi conto del tempo perso, avevano capito che il suo piano era giusto fin dall'inizio.

Doppet, sempre più curioso di vedere il lavoro di Buonaparte che aveva messo su durante quei mesi, in quelle intense giornate di organizzazione generale, era sceso a fare perlustrazione ed era rimasto piacevolmente sorpreso nel constatare la solerzia della macchina bellica organizzata dal comandante dell'artiglieria. Lo trovava sempre al suo posto, non si allontanava mai dai suoi soldati, li teneva d'occhio costantemente e non si stancava di incoraggiarli e di dare loro una mano. Era un ufficiale esemplare, raramente se ne vedevano simili, provava tanta ammirazione per lui. Scrisse molti giudizi positivi sul ragazzo, che spedì a Parigi "Lo trovavo sempre al suo posto; quando aveva bisogno di riposare si sdraiava per terra avvolto nel mantello; non lasciava mai le batterie".

Napoleone aveva trascorso la notte precedente all'attacco previsto con trepidante agitazione, non aveva chiuso occhio. I suoi aiutanti di campo, a differenza sua, erano crollati subito dopo aver ingurgitato il pane scuro e duro che era stato distribuito a cena. Il maggiore si era goduto le stelle che riuscivano a bucare le nuvole, riflettendo la  luce sulla superficie leggermente increspata del mare, rovinata solamente dalla presenza delle navi inglesi. "Presto non ci saranno più, ritorneranno quelle francesi, su cui svetterà orgogliosa la bandiera della Repubblica" si era detto. Poi aveva controllato le ultime cose e si era concesso un po' di riposo, contemplando il paesaggio, stretto al suo giaccone, che durò fino al sorgere dell'alba, tra le cupe e sinistre nubi di metà novembre.

A quel punto afferrò rapido il cannocchiale e scrutò concentrato il campo della fanteria e quello della cavalleria, mancavano solo loro, i pezzi migliori dell'esercito. Non era presunzione, era la verità. Svegliò i due aiutanti di campo, che sobbalzarono, e ordinò loro di fare lo stesso con i soldati - Il momento è giunto, non si può più tornare indietro - riferì in modo secco e coinciso. Nel suo tono di voce non traspariva alcun tipo di timore, in realtà ne aveva anche lui e tanta. La paura era umana, naturale, non si può eliminare, quantomeno domare, incanalarla e sfruttarla per mutarla in coraggio, in ardore profondo e devoto.

I nemici al largo, stavano all'erta, come facevano da un po' di tempo, per difendersi, in caso di necessità. Alcuni battaglioni erano sbarcati, così i loro artiglieri erano posizionati alle loro batterie sul Mulgrave. Si erano accorti dei diversi spostamenti e, soprattutto, dell'insediamento francese attorno al forte, che li aveva allarmati. Tuttavia era ciò che Napoleone voleva, uno scontro vero e proprio, faccia a faccia con il nemico, senza nessuna esitazione o pietà.

Durante l'assalto non ci sarebbero stati esseri umani, solamente dei nemici da abbattere, distruggere ad ogni costo, non c'era spazio per i buoni sentimenti, quelli si riservavano alla fine della pugna, quando si tornava ad essere uomini. Era la dura legge della guerra. Gli artiglieri francesi prepararono la strumentazione necessaria e si misero in posizione, in attesa del segnale che avrebbe dato inizio alla battaglia - Ricordate, soldati, quello che dovete fare, allo stesso modo farò io, non vi lascerò soli - li guardò uno per uno, li ritemprò dando delle pacche sulle spalle di ognuno, scorse in loro la voglia di scendere in campo, nonostante la paura - Non dimenticate di dimostrare il vostro valore, qualsiasi sarà l'esito non importa, voi date il meglio che potete, sempre, solo alla fine potrete affermare di aver combattuto per la Rivoluzione e per la Repubblica!

Quel breve discorso, quel semplice gesto di amicizia, di stima, inorgoglì i soldati, i quali decisero di non deludere la fiducia e la stima del loro comandante. Accese della sana rivalità, su chi sarebbe stato il più valoroso di tutti. Junot e Marmont si lanciarono un'occhiata d'intesa, sorrisero. Napoleone li vide - Conto sul vostro coraggio, amici miei - ricambiò il sorriso con sincerità. Nonostante il freddo pungente e l'imminente scontro, il maggiore si sentiva amato, ben voluto, come se quel piccolo manipolo di uomini fosse parte della famiglia, come se fosse a casa.

- Non vi deluderemo comandante - furono le parole che i due dissero prima che il feroce assalto avesse inizio. 





 

 

   
 
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