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Autore: manpolisc_    04/10/2020    1 recensioni
•Secondo libro della trilogia•
Sharon Steel ormai crede di aver scoperto tutto di sé grazie agli avvenimenti estivi che hanno caratterizzato le sue vacanze, quando in realtà non sa ancora nulla di ciò che realmente è. Sicura di aver detto addio ad una minuscola ma significativa parte della sua vita, si ritroverà ad affrontarla di nuovo, e questa volta le cose saranno troppo diverse e non sarà sicura di riuscire ad accettarle.
Dal testo:
- Era solo un sogno. - Cerca di rassicurarmi, e lo ringrazio per avermi interrotto. Non sono certa di voler dire ad alta voce quegli orrori da cui la mia mente è ormai segnata.
- Si realizzerà. - Affermo completamente sicura.
- Solo se tu vuoi renderlo realtà. -
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2

-Sharon-

Mr. Douglas tiene lo sguardo su di me mentre prendo una sedia per accomodarmi di fronte a lui e sentire ciò che ha da dirmi. Rigira la mia ricerca tra le mani e la guarda di tanto in tanto, rileggendo qualche frase prima di tornare a osservarmi.
- C'è qualcosa che non va in quello che ho scritto? - Tutto non va, a dire il vero. Non la relazione in generale, quello che ho scritto è la pura verità, nonostante per lui siano solo fatti storici, se non leggende. Ciò che mi sconcerta sono le fonti: ci sono informazioni scadenti riguardo agli Elementali su Internet, al contrario di quello che invece ho letto sull'Enciclopedia dei Mostri di mia zia Tess, che riporta qualcosa in più. Però non posso semplicemente dirgli che mi sono documentata sul libro dei mostri di una strega. Spero solo che non verifichi il sito delle informazioni.
- No, anzi, è davvero bella. Ci hai messo passione, ma avresti potuto trattare quest'argomento l'anno scorso. - Poggia il foglio sugli altri e ci incrocia le mani su mentre mi osserva. In effetti, gli elementi sono trattati soprattutto dagli alchimisti, diffusi specialmente durante il Medioevo, periodo storico che abbiamo studiato l'anno scorso. - Comunque, il motivo per cui ti ho chiesto di restare è un altro. È una ricerca rischiosa questa da fare, lo sai? - Aggrotto la fronte mentre parla. Non credo che la relazione potrebbe mai prendere fuoco arrabbiandosi, a differenza della sottoscritta. Questo è ancora un punto dolente per me: riesco a controllarlo di più rispetto ai mesi estivi perché non mi agito così tanto da quando Jackson è andato via, e le piccole litigate con mia madre non riescono a farmi irritare sul serio. Ormai ho perso le speranze che sia del tutto sincera con me. Certo, risponde alle mie domande adesso, ma comunque ho la sensazione che ci siano ancora delle cose che mi tiene nascoste. Tutto quello che avrei potuto sapere e di cui lei era terrorizzata l'ho già scoperto, cos'altro ha paura di dirmi?
- So che avrei dovuto trattare di un argomento che rientrasse nel programma, ma ho fatto delle ricerche e quest'argomento mi sembrava interessante e... - Lui alza una mano per zittirmi, senza irritazione o rabbia. È piuttosto rilassato e a suo agio mentre riprende a girarsi i pollici. Non ricordo che abbia mai urlato contro qualcuno durante una regolare lezione, figuriamoci per una ricerca che non ha un vero e proprio peso sulle valutazioni generali e sull'esame di fine anno. Servono solo a farci fare qualcosa durante l'estate, anche se tutti tendono a stampare il primo argomento che trovano su Wikipedia o su altri siti (per evitare una copia generale) qualche giorno prima dell'inizio della scuola. Mr. Douglas conosce perfettamente la verità, ma comunque apprezza che accendiamo il computer e la stampante per perdere dieci minuti per quest'assegno.
- Sharon, tranquilla. - Si alza, sempre con molta calma, portando la mia ricerca con sé mentre la strappa come se fosse una vecchia lista della spesa. Lo fisso incredula mentre i pezzettini di carta cadono nel cestino. Lui ritorna a sedersi nuovamente, come se la relazione non fosse mai esistita. - Se cercavi un buon modo per farti scoprire da qualche insegnante psicopatico ci sei riuscita. Non che sia psicopatico, per l'amor di Dio, ma non credo che dovresti rendere in modo così evidente il fatto che tu sia un Elementale. - Sussurra l'ultima parola per evitare che qualcuno possa sentirlo, anche se siamo soli. Mi guarda negli occhi, sempre in modo tranquillo come se mi avesse detto "oggi è una bella giornata, non trovi?". Sbatto le palpebre più volte, sperando di aver capito male e accertandomi che tutto questo sia vero. Apro la bocca per parlare e per negare, ma mi blocco quando lui mi sorride affettuosamente e mi anticipa. - Non devi preoccuparti. Io sono uno Gnomo. Il tuo segreto è al sicuro con me, ma magari saresti stata in pericolo se qualche altro tuo insegnante fosse stato segretamente un mostro. Non ci si può fidare di nessuno. -
- Lei è un Elementale? - Sussurro a mia volta l'ultima parola ancora sbalordita per la sua confessione. Credo che la mia faccia in questo momento non sia descrivibile. - E da quando? -
- Da quando avevo tredici anni, e anche no. - Mi sorride nuovamente, in modo amichevole. - Faccio parte degli Indifferenti. - Continua dopo.
- Come, scusi? -
- Questa era una cosa che mancava nella tua ricerca, infatti. - Commenta, annuendo. - Ma non mi stupisco del fatto che tu non ne sia al corrente. È una distinzione che si è fondata nei secoli, insensata d'altronde. - Porta una mano sul mento, massaggiandoselo pensieroso, e con l'altra picchietta con le dita sulla cattedra. Dovrei essere più basita per questa sua rivelazione, invece mi sento stranamente tranquilla, forse più protetta. Sapere che il proprio insegnante di storia, che può apparire estremamente noioso, combatte mostri da quasi trent'anni è una cosa incredibile. Se solo gli altri lo sapessero, le lezioni di storia le vedrebbero in modo diverso, professore incluso. - Comunque, che idea hai tu di tutta questa faccenda? - Mi chiede interessato mentre poggia i gomiti sulla cattedra e unisce le mani in aria, posandoci successivamente il mento sopra e prestandomi tutta la sua attenzione. È una sensazione strana ma bella: nessuno mi ha mai chiesto se mi stesse bene cacciare mostri, sono stata letteralmente catapultata in questo mondo e, anche quando c'ero dentro, nessuno si è accertato che stessi bene. Era il mio compito, tuttora lo è, e basta. Beh, nessuno si è preoccupato tranne Harry. Non riuscirò mai a ringraziarlo come si deve.
- Ehm... beh, è assurda, sicuramente e... -
- Intendo dire, non sei un Cacciatore Oscuro, vero? - Si affretta a chiedere, preoccupato. Lo sarei anch'io: ormai li conosco bene, i Cacciatori Oscuri, specialmente i loro modi di fare.
- No, no, certo che no. Non so come classificarmi se lei ritiene che ci siano diverse "categorie". Mi è stato insegnato solo che devo fermare i mostri, che sono un male. - Lui annuisce, come se avesse capito tutto.
- La maggior parte delle persone è così. Tu sei una semplice cacciatrice, ma oltre alla tua idea e a quella dei Cacciatori Oscuri, ci sono anche altri due gruppi, chiamiamoli così: gli Indifferenti, a cui appartengo, che fingono di non essere Elementali e pretendono che i mostri non siano un loro problema, rifiutando quello che sono; e gli Approfittatori, che sono contro i mostri, ma non li combattono perché pensano solo al guadagno che possono ricavare grazie ai poteri. Mangiafuoco e numerosi artisti di strada destreggiano con gli elementi per guadagnarsi da vivere, purtroppo, ed è una cosa scorretta. - Annuisco, concordando, ma ciò che m'irrita davvero è la categoria alla quale ha detto di appartenere: come può fingere che i mostri non siano un suo problema? Ha avuto un compito con questi poteri e li rifiuta, fingendo che tutto questo non esista, che non abbia queste abilità speciali? Se non ci pensassimo noi a tenere a bada i mostri, chi dovrebbe farlo? Pensare solamente che veda qualcuno in difficoltà e che non faccia nulla per aiutarlo, fregandosene, mi fa venire i crampi allo stomaco dalla rabbia. Lascerebbe morire una persona, non salvando una vita umana, pur di assicurarsi la propria. Non ha senso far ciò: alla fine i mostri potrebbero sempre attaccarlo per il suo odore da Elementale. Ormai ne è impregnato, non può farci più nulla. Cioè, potrebbe fare qualcosa e dare una mano, se solo non fosse così egoista.
- Quindi lascereste morire qualcuno in difficoltà pur di salvarvi il culo? - Chiedo, non badando al linguaggio per l'irritazione che provo per Mr. Douglas in questo momento. Lui mi guarda male per il modo in cui mi sono esposta, ma dopo questa rivelazione non riesco neanche più a vederlo come un mio insegnante, ma come un compagno di squadra. Nonostante ciò, mi affretto a scusarmi con lui: io lo vedo in maniera diversa, ma questo non vuol dire che le cose siano effettivamente cambiate. Lui è ancora il mio insegnante, io solo la sua alunna. Non posso permettermi un linguaggio del genere.
- Chi sceglie questa strada ha le proprie ragioni, Sharon. - Dice in tono tranquillo, nonostante l'occhiataccia. - Io ho scelto di smettere molto tempo fa, e non ho rimorsi. Tu sei ancora giovane e pensi che sia compito tuo salvare il mondo, solo tuo. - Aggiunge. - Ma non è così. C'è un sacco di gente come te che potrebbe farlo al posto tuo. Quando ho conosciuto mia moglie, Alex, le cose sono cambiate radicalmente. Non posso mettere in pericolo la mia vita e la sua. Credo che capirai perfettamente perché non sia sceso a occuparmi di quell'Adaro a giugno... -
- Lei lo sapeva? - Lo interrompo nuovamente, guardandolo ancora più incredula con occhi sgranati. - E non ha fatto nulla? -
- Mi dispiace, Sharon, ma non potevo rischiare... -
- Sarei potuta morire, per il suo egoismo! - Sbotto più furiosa questa volta. - Se Jackson Mitchell non fosse stato lì, sarei potuta morire. - Ripeto, cercando di calmarmi. Ho sempre ammirato quell'uomo, lo ritenevo una delle persone più leali e buone che abbia mai conosciuto, ma solo ora mi rendo conto del codardo che in realtà è. Adesso che lo guardo un altro dubbio mi balena in mente, e spero di sbagliarmi. - Lei non sapeva nulla di June Edwards, non è vero? - Lui appoggia la schiena alla sedia e sospira, guardandomi in modo dispiaciuto. Scuoto la testa, delusa. - Non posso crederci. Sapeva della strega, di quel Diwata, e non ha voluto fare nulla... -
- Sharon, non potevo rischiare di... -
- Di fare cosa? Salvare qualcuno prima che morisse? - Chiedo ancora con lo stesso tono irritato.
- Non potevo rischiare di morire! - Questa volta è lui ad alzare un po' il tono della voce, lievemente più infastidito, e ci giriamo entrambi verso la porta non appena sentiamo bussare. - Avanti. - Dice poi in modo più sereno mentre una piccola testolina di riccioli biondi fa capolino dalla porta.
- Scusate. Niklas, hai dimenticato il tuo pranzo. - La donna si aggiusta i piccoli occhiali rotondi che le sono caduti sul naso ed entra con timore in classe, come se si sentisse fuori luogo. Non è molto alta, ma ha una voce e un atteggiamento così dolci che fanno sorridere involontariamente. Un vestito nero con delle margherite bianche disegnate sopra mette in risalto un bel pancione. Con la mano sinistra regge la borsa bianca, che tiene sulla spalla, e con l'altra un sacchetto di carta, che poggia sulla cattedra. - Scusate ancora se ho interrotto. - Dice con un piccolo ghigno imbarazzato, ma io le sorrido a mia volta per tranquillizzarla.
- Grazie, Alex. - Le sorride sinceramente Mr. Douglas. La moglie gli stampa un bacio veloce sulla guancia e guarda di nuovo me. - Me ne vado subito. -
- Non si preoccupi. Ho lezione, quindi è meglio che mi sbrighi. - Afferro subito lo zaino mentre io e lui ci scambiamo un'occhiata, poi mi alzo. - Grazie per il consiglio, Mr. Douglas. Cercherò di migliorare nell'esposizione. - Gli sorrido in modo falso, per poi rivolgerne un altro più sincero alla moglie. - Arrivederci. - Saluto entrambi mentre lui mi osserva prima di voltarsi a guardare Alex ed io mi chiudo la porta alle spalle dopo essere uscita dall'aula.
Mi sento in colpa per avergli urlato contro in quel modo, ma non posso dire di capirlo dal momento che non ho figli. D'altro canto, sarei anche egoista a continuare a pensare che il suo compito sia cacciare mostri per difendere chiunque ne abbia bisogno: sua moglie e il suo futuro figlio vengono prima di chiunque altro, e se ha deciso di voler tenere al sicuro solo loro due non posso far nulla per fargli cambiare idea, e non voglio far nulla. È giusto così. So cosa significa crescere senza un padre, e non voglio la stessa vita che ho avuto io per il suo bambino, o bambina. Magari anch'io deciderò che un giorno questa vita non mi andrà più bene e la cambierò, ora che so che posso scegliere ancora più apertamente.
Albert è appoggiato contro un muro con il telefono in mano, ma distoglie subito lo sguardo da esso appena si accorge della mia presenza.
- Hey, allora che voleva Mr. Douglas? - Chiede curioso. Scrollo le spalle con un'espressione indifferente in volto.
- Nulla di che. Mi ha fatto i complimenti per la ricerca. - Sono migliorata nel raccontare bugie alle persone, cosa che mi torna molto utile ultimamente, soprattutto con mia madre. Non vorrei mentire anche ad Albert, ma credo che meno gente saprà della confessione che mi ha fatto Mr. Douglas e meglio sarà. Alla fine, mi ha fatto perfettamente capire che non vuole avere niente a che fare con questo mondo, e un po' sono d'accordo: i primi giorni pensavo la stessa cosa.
- E poi dici di non essere una secchiona. - L'Ondino mi sorride e mi dà una gomitata mentre sforzo una risata e comincio a camminare verso l'aula di biologia. Già siamo abbastanza in ritardo e mi dispiace che Albert si prenda un richiamo per colpa mia, per avermi aspettato, anche se non siamo gli unici fuori dalla classe. Effettivamente non siamo in ritardo, ma il nostro insegnante di biologia è una persona abbastanza precisa: anche con un minuto di ritardo scrive una nota sul registro. - Comunque, hai pensato a quello che ti ho chiesto? - Mi chiede mentre cammina accanto a me, prendendomi a braccetto. Corrugo la fronte. Sono stata così indaffarata con quella ricerca che mi sono completamente dimenticata quello che mi aveva detto.
- Quale delle tante? - Chiedo tranquillamente, cercando di non rendere evidente la mia confusione. Sono fin troppo con la testa tra le nuvole negli ultimi giorni tra Harry costantemente nei miei sogni e la preoccupazione per lui, le cacce e quel mostro di mia madre. Non vorrei che Albert si lamentasse che non lo sto ad ascoltare.
- Dell'appartamento insieme, dopo il liceo. Ho trovato alcuni posti davvero carini! Certo, dovremmo arredarli di nuovo, ma ce la possiamo fare se cominciamo quasi da subito! E lontano da Ruddy Village, ovviamente. - Dice entusiasta. Ma lui è l'unico che freme all'idea. Non credo di essere pronta a lasciare la mia cittadina. Per tutta la vita non ho aspettato altro ma ora, con tutto quello che è successo e sapendo quanto il mondo possa diventare crudele, non ne sono tanto sicura. Alla fine il quartiere non è così male: è piccolo e sicuro, diciamo, ma sempre meglio che vivere in una grossa città; non credo che riuscirei a sopportare lo smog o la vita frenetica a cui mi dovrò abituare, se lo farò.
- Ah, certo. Non ne sono tanto sicura. - Albert si ferma di botto e mi lascia il braccio, si mette di fronte a me e poggia le mani sulle mie spalle, scuotendomi.
- Pronto? Sharon? Sicura che nessun fantasma o mostro ti stia possedendo? - Lo fermo immediatamente, allontanando le sue mani. Lui ancora mi guarda un po' sorpreso. Appena ha proposto questa cosa ho fatto i salti di gioia, non letteralmente, non sono il tipo, ma ora non me la sento più di tanto. Credo perché si stia avvicinando il momento di lasciare tutto, lasciare la mia vecchia vita, mia madre, i soliti vicini e le solite facce. Forse non voglio lasciarli: sono comunque parte di me ormai.
- Certo, sono io. - Roteo gli occhi al cielo. - Solamente che è un periodo difficile con mia madre e non me la sento di lasciarla sola senza prima chiarire con lei una volta per tutte. È pur sempre mia madre. - Lui mi guarda per qualche secondo, elaborando le mie parole, poi annuisce.
- Hai ragione, ma hai tutto l'anno scolastico per far pace con tua madre. Solamente, non lasciarmi da solo, okay? - Mi sorride in modo dolce, poi gliene rivolgo uno a mia volta.
- Tranquillo. In questi giorni gliene parlo. - Lui annuisce, poi mi lascia un bacio sulla guancia.
- Ci conto Steel. - Mi punta il dito contro, come ad avvertirmi, mentre si allontana senza smettere di sorridere, però io lo guardo confusa, non capendo dove stia andando.
- Ma tu non dovevi venire con me a lezione? - Gli chiedo.
- Sì, dovevo. - Accenna una risata mentre cammina all'indietro per rispondermi. - Ma devo raggiungere Derek in biblioteca un momento. - Sbatte contro un armadietto e sorrido divertita involontariamente. Si allontana da esso e mi rivolge un'ultima occhiata prima di scomparire nell'altro corridoio. - O anche tutta l'ora. -
   
 
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