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Autore: rocchi68    04/10/2020    2 recensioni
Dawn era sempre stata una ragazza che, anche dinanzi alle difficoltà più disparate, affrontava il tutto con un sorriso e una dolcezza disarmante.
Una sera, però, si era ritrovata davanti a un’amara sorpresa.
Non aveva amiche, non aveva un posto in cui stare, era stata tradita dal proprio fidanzato nel momento di massimo splendore ed era frustrata da tutti quei fallimenti in rapida successione che potevano sancire la sua completa rovina.
Poteva spegnersi, cercare una scappatoia per la felicità oppure chiedere un ultimo disperato consiglio all’unica persona che mai l’aveva abbandonata.
Sempre che quest’ultimo fosse d’accordo…
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Duncan, Scott, Zoey | Coppie: Duncan/Gwen
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Rimasta sola nella stanza, Dawn aveva cercato di rimettersi in piedi, meditando, a causa del dolore, di rinunciare alle sue intenzioni.
La botta alla caviglia la torturava senza sosta e le parole del rosso erano tornate a farle compagnia. Nello scorgere la sua figura allontanarsi verso l’esterno, sentì qualcosa spezzarsi. Dopo essere scappata dal suo appartamento, l’aveva ferito di nuovo e non si era preoccupata dei suoi sentimenti.
Se Zoey e Gwen fossero state presenti, si sarebbe ritrovata il loro sguardo severo come rimprovero. Un po’ come quando usciva senza avvertirle o quando lasciava la sua stanza nel più totale caos, ignorando le loro lamentele. Non era capace di difendersi da questi loro assalti e sarebbe finita con lo soccombere e con l’evitare inutili discussioni.
Se non aveva accettato le scuse di Scott, nonostante il suo cuore battesse ancora in quella direzione, era solo per il timore d’essere umiliata.
Da una parte era felice di notare tutti i suoi tentativi e di apprendere che nessuno avesse osato allungare le sue mani verso di lui, ma dall’altro era terrorizzata di sentirsi un semplice ripiego per la fuga precipitosa di Courtney.
Era questo ciò che aveva sentito un pomeriggio, rientrando dai suoi corsi universitari e interrompendo l’ora del tè delle sue coinquiline.
Aveva appoggiato la borsa carica di libri al suolo e si era avvicinata alla credenza color nocciola per prendere alcuni biscotti da consumare con la terza tazza d’infuso ai frutti di bosco che Gwen aveva riempito fino all’orlo.
Preso posto proprio di fronte a Zoey, aveva assaggiato quella dolcezza ed era rimasta in attesa degli ultimi pettegolezzi delle coinquiline. Gwen aveva parlato di Duncan e della sua intenzione d’invitarla, durante uno dei prossimi week-end, a conoscere sua madre.
Per quanto detestasse rivangare la figura paterna del fidanzato, conoscendo la sua pessima fama di latin lover, non era riuscita a rimanere in silenzio e aveva sviscerato quel nome tanto odiato. Prima di renderle partecipi di quanto era successo poi, Gwen aveva cambiato discorso e aveva estratto dal cilindro la figura del Pahkitew.
Zoey, nel sentire il nome di quel locale, si era come illuminata e si era girata verso Dawn che aveva intinto un biscotto dentro l’infuso. Credeva che anche lei avesse un moto d’interesse e invece, almeno apparentemente, era rimasta fredda e distaccata.
Fu quando Gwen fece uscire quel discorso che lei si risvegliò brevemente, ma quel tepore momentaneo fu seppellito da strati di ghiaccio e tristezza.  Dawn sapeva che Scott poteva fingere. Quando aveva letto la sua lettera, era rimasta indifferente, anche se un’altra ragazza l’avrebbe stracciata o non l’avrebbe nemmeno aperta.
Aveva bisogno di tanto tempo per riunire tutti i pezzi che lui aveva sbadatamente lanciato in giro.
Nell’ascoltare le sue amiche era rimasta sorpresa.
Nel rileggere più volte la chat e i suoi vecchi messaggi di scuse, alcuni davvero romantici, era arrossita nell’assoluta oscurità notturna della sua stanza.
Nel vederlo sotto la pioggia, dopo giorni d’infelicità cronica, era rimasta dapprima colpita, poi si era spaventata, facendo sfociare tutto nella rabbia e nei sensi di colpa.
Nessuno, nemmeno il peggior individuo di questo mondo, meritava di essere gettato in quel modo.
Quando gli aveva preso l’ombrello ed era scappata, ignorando le sue richieste di aiuto, si era sentita come la donna migliore di questo mondo, ma nel voltarsi per attraversare la strada, intravedendo la sua figura, si sentì una delle peggiori persone in assoluto.
Quale donna avrebbe trattato in quel modo la persona che aveva sempre amato e che continuava ad amare nonostante tutto?
Inutile affermare che, rientrando nel suo appartamento e rivolgendo uno sguardo spento e vitreo alle sue amiche, si era subito buttata a peso morto sul suo letto e lì era rimasta fino a quando non trovò il coraggio di rialzarsi.
Non doveva finire così: lei non aveva preso le giuste misure e aveva esagerato più di quanto fosse stato necessario. Va bene farlo arrabbiare e pentire di quello che aveva perso, ma non voleva schiaffeggiarlo e uccidere tutti i loro ricordi.
Avrebbe tanto voluto che quello fosse uno scherzo, che potesse riavvolgere il tempo per ritornare al cancello della sua Università e per aspettare che Scott le corresse incontro per farsi perdonare.
Farsi perdonare, ma da cosa?
Lui non aveva sbagliato quasi nulla.
Il suo unico errore, se così poteva essere definito alla luce dell’intera situazione, era stato commesso quando, in preda a milioni di dubbi sul suo futuro, non aveva le idee ben chiare e si era ritrovato a scegliere tra lei e Courtney.
Sinceramente, e Dawn se ne era accorta nell’ennesima serata insonne fatta di sensi di colpa, lui non aveva sbagliato così gravemente, eppure si era ritrovato comunque con un pugno di mosche in mano. Ma anche ammettendo che lui la scegliesse fin dall’inizio, che la stringesse come quella notte di passione nel suo letto e che le chiedesse di rimanere per sempre in quell’angusto appartamento, poi sarebbe stata la stessa Courtney a rinfacciare a Scott il suo errore.
Secondo la sua opinione, lui era comunque destinato a portare il fardello dello sbaglio.
Tuttavia non riusciva a spendere parole dolci nella sua direzione: era come se il suo lato più spregevole avesse preso il sopravvento e le impedisse di accettare tutta la sua dolcezza. L’unica persona in tutta quella storia da rimproverare era la stessa che la derideva non appena si collocava davanti allo specchio.
Era da incolpare per i suoi pessimi voti all’Università, per il carattere impossibile delle ultime settimane, per i suoi doveri nell’appartamento di Gwen e Zoey che non svolgeva del tutto e per aver ferito e gettato nello sconforto un ragazzo che, prima della sua comparsa silenziosa al Pahkitew, stava molto meglio.
Se per i primi tre punti della sua lista bastava un impegno ferreo, per l’ultimo serviva qualcosa di più.
Aveva bisogno di un passo indietro e di un bagno d’umiltà che aveva compiuto ben poche volte nella sua breve vita.
Non appena sarebbe stato possibile, si sarebbe scusata e avrebbe fatto in modo di ricostruire il loro rapporto quasi da zero.
Nonostante l’assenza di segnale e appurata l’impossibilità di contattare i suoi amici per rincuorarli, per informarli che loro stavano bene e per sapere se anche loro avevano trovato riparo dalla lieve pioggerellina che stava flagellando quella zona di montagna, lei continuò a osservare il cellulare per tutto il tempo, sperando che la porta cigolasse nuovamente e che Scott ritornasse all’interno per passare quella serata lontani da casa.
Erano solo le 16:32 quando iniziò a giocare con alcune applicazioni del suo smartphone e dovette attendere fino alle 17:48 prima di appoggiarlo sul comodino alla sua sinistra.
Abbandonato quel suo sciocco passatempo e convintasi che la figura bagnata che aveva davanti non fosse quella di un campeggiatore spaesato, com’era solita fare abitualmente, alzò gli occhi e rivolse a Scott uno dei suoi sorrisi più dolci.
Da bambina, tramite sua madre, aveva imparato che un sorriso e uno sguardo dolce erano degli ottimi modi per iniziare con delle scuse sincere.
Era sicura che Scott, piuttosto di evitare l’ennesima notte insonne e di tirarle un pugno sulla testa, si fosse messo a passeggiare nervosamente per sfogare la rabbia e per evitare una qualche cazzata che avrebbe suscitato l’ira dei suoi amici e dei suoi parenti.
“Non dovevi uscire con quel tempo.” Lo rimproverò seria, risvegliandolo dal torpore e facendogli scrollare le spalle.
“Ora ti preoccupi per me?” La interrogò con un filo di voce.
“Il mio era solo un consiglio.”
“A me sembrava altro.” Borbottò, togliendosi le scarpe completamente zuppe e avviandosi verso lo zaino in cerca di una maglietta asciutta e pulita.
“Scott io volevo…”
“È tutto apposto, in fin dei conti hai ragione.”
“Volevo scusarmi per prima.” Soffiò lei, perdendo via via il coraggio di continuare e abbassando gradualmente la sua voce.
“Non ci pensare, tutta acqua sotto i ponti, sai?”
“A volte mi comporto in modo orribile.”
“Solo a volte?” La punzecchiò, togliendosi la t-shirt azzurra e mostrando il fisico a Dawn che si ritrovò ad arrossire e a distogliere lo sguardo.
“Che cosa vorresti insinuare?”
“Io? Proprio nulla.” Ammise compiaciuto, coprendosi con una polo rossa.
“Non mentire.” Ricominciò lei, aumentando il tono e facendo vibrare le sue corde vocali.
“Non urlare.”
“Non dirmi che cosa posso o non posso fare.”
“È solo che vorrei evitare l’emicrania.” Soffiò, cercando di mantenersi calmo, mentre dinanzi a sé aveva una furia che con il suo sguardo saettava ovunque.
“Mi stai dicendo che ti faccio venire il mal di testa?”
“Di certo non me lo curi.” Ironizzò con una vena di sarcasmo, sperando di placare tutta la furia che sembrava emanare.
“E tu rovini la mia vita.”
“Qual è il nesso tra le cose?”
“Mi stai facendo perdere la pazienza.” Ringhiò lei, allungando una mano verso il mobiletto vicino e pretendendo un goccio d’acqua.
“Sapessi la mia com’è ridotta.”
“Sembra che tu stia parlando con una strega.” Protestò, afferrando il bicchiere che lui le porgeva e bevendo tutto d’un fiato.
“È questo che non capisco, Dawn.” Riprese preoccupato, appoggiando la bottiglietta vicino a lei e sedendosi al suo fianco.
“Cosa?”
“Prima mi offendi e poi pretendi che ti dia una mano.”
“Io…”
“Sai perché faccio tutto quello che mi dici senza obiettare nulla?” Domandò, grattandosi la barba.
“No.”
“È perché mi sento in colpa e credo di doverti qualcosa.” Sussurrò, fissandola negli occhi.
“A me la cosa non interessa.”
“Ma interessa a me.”
“Se ti senti in colpa e sai già che ti tratterò male, perché continui a provarci nonostante tutto?” Chiese lei, incuriosita dal suo strano comportamento.
“Perché sento che hai bisogno di me.”
“Come posso aver bisogno di uno che non fa altro che rovinare la mia vita?” Replicò seccata, pentendosi quasi subito di quelle offese.
Di nuovo. Era successo di nuovo.
Lui aveva provato a ricominciare e lei gli aveva sbattuto la porta in faccia. Non credeva di essere in grado di sentirsi stupida per la terza volta in quella giornata.
Si era promessa di farsi perdonare e poi ricadeva con le offese, scontrandosi e perdendo con il sorriso sfoggiato da Scott.
Non capiva cosa ci fosse di tanto bello da sorridere.
Alcune persone, Dawn, sorridono solo perché non sanno piangere.
Scott non sapeva piangere?
In effetti l’aveva visto raramente piegarsi e versare qualche lacrima.
E una volta di più l’amarezza che si stagliò su quelle labbra così sottili sconfisse la speranza di Dawn di vederlo crollare e di elemosinare una mano cui appigliarsi e che lei gli avrebbe concesso senza la minima esitazione.
“A che ora vuoi cenare?” Sviò lui, cambiando discorso.
“Come?”
“Non hai fame?”
“Un po’.”
“Non appena avrai voglia, posso iniziare a preparare la cena.” Borbottò tranquillo, allontanandosi ed evitando qualsiasi nuova discussione.
 
La cena passò nel più totale silenzio.
Dawn non sapeva come comportarsi con Scott, il quale temeva di ritrovarsi con qualcosa di rotto e di dover, quindi, ricorrere al kit per medicarsi in qualche modo.
Poteva essere più stanco di così?
Nemmeno quando aveva partecipato alla mini maratona scolastica di 10 miglia si era ridotto in quello stato. E durante quella patetica manifestazione era pure caduto, a metà percorso, sul nero asfalto, continuando il resto della gara con un ginocchio gonfio e completamente coperto di sangue.
Poteva parlare di questo durante quella cena?
Di certo lei lo avrebbe guardato con sguardo schifato e gli avrebbe tirato dietro il sandwich che aveva preparato all’alba per quello sciocco di Mike.
Che cosa aveva detto durante la scarpinata?
Che Scott, anche al netto delle sue lacune, era molto più carino di Mike.
Da un fronte all’altro era lampante che avevano tanto da dirsi.
I loro occhi erano un continuo incrociarsi e abbassarsi, facendogli ripetere quella strana danza per almeno mezzora.
“Che intenzioni hai, Scott?” Ricominciò Dawn, vincendo sulla paura di offenderlo nuovamente e mangiando un cioccolatino.
“Hmm?”
“Dove dormirai?”
“Ti stai preoccupando per uno che non conta niente ai tuoi occhi.” Nicchiò, scrollando le spalle e tornando a mangiucchiare la sua mela.
“Anche se ti odio, ciò non m’impedisce di essere preoccupata.”
“Le cose non coincidono così come le hai descritte.”
“Ma…”
“Una volta ho dormito sul pavimento, un’altra ancora sono stato costretto in tenda e non mi sono mai lamentato.” Sbuffò annoiato.
“Se tu non fossi così…”
“Così come, Dawn? Sei tu a comportarti in modo stupido.” Replicò secco, facendola sobbalzare.
“Sapevo che dovevo star zitta.”
“Io non ti obbligo a parlare.”
“Lo so.”
“E poi perché una come te dovrebbe stare con un mostro? L’hai detto tu che non è il caso di tentare di ricostruire un rapporto ormai senza futuro.”
“Io…”
“Sei confusa? Prima dici una cosa, poi ne dici un’altra, inventi un sacco di storie e t’infuri se qualcuno te lo fa notare.” Borbottò seccato, addentando l’ultimo boccone.
“Non sono affari tuoi.”
“L’hai già detto.”
“Questa volta non scherzo.”
“Se non scherzi perché cerchi di parlare con me?” Domandò provocatorio, rimettendosi in piedi e iniziando a sistemare il tavolo che avevano sfruttato per la cena.
“Non lo so.” Ammise, fissandolo confusa.
“Mi odi, non vuoi parlare, eppure siamo qui con il tuo stupido orgoglio che c’impedisce di tornare a essere felici.”
“Come posso avere fiducia dopo quello che mi hai fatto? Mi hai ferita e mi hai gettata via come se niente fosse.” Ringhiò, facendolo sobbalzare.
“Ero confuso.”
“E ora sono io a essere confusa e ad aver bisogno di tempo.”
“Mi stai dicendo che devo aspettarti?” Chiese, fermandosi dal raccogliere i bicchieri e ponendosi alla sua altezza.
“Devo solo abituarmi all’idea che tu sei dannoso alla mia felicità.” Ribatté acida, facendolo sussultare e leggendo il velo di tristezza che copriva il suo sguardo.
Di certo Dawn non se l’aspettava.
Credeva che prendesse le vettovaglie, le gettasse con stizza nello zaino e si mettesse a consultare le mappe, dandole le spalle e ignorandola per il resto della sera.
Magari una persona intelligente avrebbe anche cercato di mettersi nuovamente in contatto con Mike e gli altri, ma non Scott.
Lui non era mai stato così stupido da lasciarla così, perdendo un’occasione più unica che rara.
Infatti, stanco di quei discorsi, cercò di abbracciarla e di toccare il suo corpo fremente di rabbia, per poi baciarla senza ripensamenti.
Dawn non credeva d’averlo aspettato così a lungo.
Era intenso, meraviglioso e stava sciogliendo il ghiaccio che aveva nel cuore.
Nonostante avesse cercato d’allontanarlo, aveva ceduto e si era lasciata trasportare fino a quando non era rimasta senza fiato.
Solo in questo momento, lui si era staccato e l’aveva fissata serio.
“Ricambi ciò che provo.” Costatò il rosso.
“No.”
“Non fare la bambina e accettalo.”
“È stato solo uno sbaglio.”
“Tu mi ami ed io provo la stessa cosa. Allora perché vuoi continuare questa guerra assurda che ci fa solo soffrire?”
“Perché te lo meriti.”
“Quello che dici non ha minimamente senso.”
“Se trovassi un altro ragazzo che mi ama, poi saresti l’unico a star male.”
“Un ragazzo come Mike?”
“Può essere.”
“Non amerai mai nessuno come me.” Mormorò il rosso, tentando di afferrarla e di stringerla per poi baciarla di nuovo, ma scontrandosi con uno schiaffo che lo costrinse ad abbandonare le sue intenzioni.
“Vattene e non costringermi a colpirti di nuovo.” Ringhiò lei, dandogli le spalle e zoppicando incerta verso il suo letto.






Angolo autore:

E anche questa domenica il mio dovere è stato fatto.

Ryuk: Non hai riletto manco mezza riga

Perchè vado troppo di fretta
A presto!
 
   
 
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