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Autore: Rumaan    05/10/2020    0 recensioni
Hermione è stanca di vedere i suoi amici andare avanti, mentre lei rimane indietro. Ormai ha trent'anni, è sola e vuole un figlio. Nessuno l'aspetta a casa, così decide di prendere la situazione in mano ed avere quel figlio che ha sempre voluto. La gravidanza, però, non sarà come si aspettava.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Cap 20

Disarmo

Draco era seduto nel bagliore scuro del suo studio, con le tende di velluto pesante chiuse strette alle finestre. Non era sicuro di dove si trovasse sua madre, ma non sarebbe rimasto sorpreso nel trovarla chiusa nelle sue stanze. Ormai usciva di rado e, quando lo faceva, lui non riusciva a sopportare il dolore che le cambiava i lineamenti.

Prese un altro sorso dalla bottiglia di Firewhiskey che teneva in mano. Ricordava un giorno in cui aveva pensato che la sua vita sarebbe stata più facile se suo padre fosse morto, quando era venuto faccia a faccia con la realtà del compito che gli era stato assegnato dall’Oscuro Signore. All’epoca, aveva sognato di essere nato in una famiglia diversa, una dove suo padre non era un Mangiamorte che aveva fallito. In quel momento, la colpa di quei pensieri lo ricorreva, rodendogli l’anima.

Come se stesse cercando di causarsi ancora più dolore, i suoi pensieri lo portarono ad Hermione e mentalmente si ritrasse. Non importava quanto imbottita fosse la sua mente, era conscio di quanto avesse incasinato le cose. Non la vedeva né sentiva da quella lite per strada, quattro giorni prima. Sapeva che avrebbe dovuto rimediare, andare a scusarsi, in ginocchio se necessario, ma il pensiero di quegli occhi marroni arrabbiati che dardeggiavano nei suoi lo facevano scappare, piuttosto che portarlo a risolvere il problema.

Alcune cose non cambiano mai, pensò amaramente. Era sempre stato bravo a scappare.

Il rumore proveniente dalla connessione alla Metropolvere non riuscì a distoglierlo dai propri pensieri. Ad ogni modo, lo fece invece la luce che irruppe all’improvviso, facendogli strizzare gli occhi.

“Ma che..” mormorò, appena venne scostata anche l’altra tenda, mentre gli anelli che la sorreggevano sbatacchiavano tra loro.

“Sto intervenendo”, disse il tono deciso di Pansy Parkinson.

Lui alzò lo sguardo e riconobbe la sua impuntata amica che lo osservava, con Millicent poco distante.

“Oh, andatevene!”, mormorò. Non era dell’umore per sopportarla.

Un dito gli comparve sotto il mento e gli fece alzare la testa dal petto. “Tutto questo è ridicolo, Draco. Devi rimetterti in sesto”.

“Facile per te a dirsi. Hai ancora un padre”.

“Sì, ma ho perso mia madre, se ricordi, a dodici anni. Quindi, risparmiati l’autocompassione per qualcun altro”.

In un impeto di vergogna gli si colorarono le guance. Come aveva potuto dimenticarlo? Le aveva passato un’infinità di fazzoletti, nella sala comune dei Serpeverde.

La bottiglia di Firewhiskey gli venne sottratta di mano con la forza e rimpiazzata da un bicchiere alto, pieno di liquido trasparente. Dubitava fosse un gin e tonic ed un piccolo sorso confermò si trattasse di acqua. Si sciacquò la bocca, disgustato.

“Ridammi la mia bottiglia!”. Intendeva dirlo come un ordine, ma invece che comandina la voce gli uscì lieve e supplicante.

Patetico, pensò. Ecco a cosa mi sono ridotto: un bimbo piagnucolone, che chiede pietà.

“No”, disse vigorosamente Millicent. “Tornerai sobrio e tornerai nel mondo reale, a supportare tua madre come hai promesso a tuo padre avresti fatto”.

Milli non menzionò né Hermione né il bambino, ma Draco riusciva chiaramente a percepire la critica nei suoi occhi e nel suo tono. Fece una smorfia. “Non esce da giorni dalle sue stanze”.

“Oh, davvero?”, chiese sarcastica Pansy. “Allora chi è che si è presentato a casa mia per chiedere aiuto?”.

Il senso di colpa si intensificò, andando a posarsi sulla bocca dello stomaco. “Ma..”, iniziò a dire.

“Niente scuse, Draco. Sei tu che non sei uscito. È stata Hermione a portare avanti la baracca, qui. È stata lei a sedersi con Narcissa ed aiutarla a venire a patti con la morte di Lucius”.

“Hermione è stata qui?”, chiese tagliente.

Non era così ubriaco da mancare di notare lo sguardo che si lanciarono le due donne.

“Sì, è stata qui”, replicò Pansy in tono più sottomesso.

Draco si prese la testa tra le mani. Era stato così fuori di sé da non rendersi nemmeno conto che Hermione era stata in quella casa. E diverse volte, a sentir dire.

“Merlino, sono patetico”. Grugnì, quando si rese conto di averlo detto ad alta voce.

Una fialetta gli venne messa nella mano libera e lui la bevve ancora prima di sentire cosa fosse. La stanza girò più volte per qualche secondo, prima che la mente gli si schiarisse e gli arrivasse all’improvviso un grande mal di testa. “Dannazione!”, imprecò.

“Draco!”, protestò Millicent. “Almeno dovresti aspettare che ti dica cosa stai bevendo”.

“Millie, me l’hai data tu. Dubito volessi avvelenarmi, hai avuto opportunità migliori di questa”.

“Oh, non lo so”, disse pensierosa lei. “Non essendo in te eri sicuramente un bersaglio invitante”.

“Smettila, donna. Allungami quella pozione contro la sbornia che stai nascondendo da qualche parte”.

Millicent gli tese la fiala appena troppo distante perché la raggiungesse, forzandolo ad alzarsi dalla sedia. Le gambe quasi gli cedettero per lo sforzo e dovette allungarsi per metà scrivania, prima di riuscire a fregargliela. La bevve velocemente e percepì il sollievo al mal di testa, nonché gli occhi smettere di bruciargli.

“È bello averti di nuovo con noi, Draco”, disse Millie.

“Ok, allora l’intervento è andato a buon fine. Cosa vuoi fare ora? E non provare nemmeno a dirmi che non hai un piano”, disse lui.

“Dal tuo odore, direi che una doccia è appena arrivata al secondo punto sulla lista”, disse Pansy con un sorriso.

“Seriamente Draco, quando ti sei cambiato l’ultima volta?”, chiese Millie, chiudendosi teatralmente il naso.

Lui non rispose, dato che non lo ricordava. L’ultimo ricordo coerente che aveva era essere arrivato con la Metropolvere dopo il litigio con Hermione ed essersi seduto alla scrivania, nel tentativo di dimenticare tuto.

“Dannate donne”, mormorò sottovoce, mentre trascinava i piedi fuori dall’ufficio e si dirigeva nella sua stanza.  


Sentendosi più umano dopo la doccia, dei vestititi puliti ed una tazza di tè, Draco tornò nello studio. Nei quaranta minuti in cui era stato via, erano accadute diverse cose. Le tende erano state aperte, facendo entrare nella stanza una luce calda e gialla. Anche le finestre erano state aperte, per permettere al profumo delle rose del giardino di sua madre di permeare l’aria. La scrivania ed il tavolino da caffè di fronte al caminetto erano stati ripuliti dalle bottiglie vuote e dai piatti incrostati. Ora sul tavolino giacevano prelibatezze dal profumo così invitante che il suo stomaco si lamentò del trattamento riservatogli negli ultimi giorni.

“Vieni e mangia qualcosa, Draco”, disse Millicent.

Draco si avviò verso la poltrona, posizionata di fronte al divano in cui sedevano Millie e Pansy. Si sedette anche lui e prese un piatto vuoto, dando un’occhiata al pranzo prima di servirsi dei muffin con sopra delle uova strapazzate.

Mentre mangiava fecero silenzio, la sua mente focalizzata sul compito che stava portando a termine. Riuscì a guardare le amiche solo dopo essersi pulito la bocca con un fazzoletto ed essersi versato una tazza di caffè. Loro lo stavano fissando, con identiche espressioni divertite.

“Cosa?”, chiese sulla difensiva. “Avevo fame”.

“Lo vedo”, replicò Pansy, sorseggiando piano il suo caffè. “Narcissa in effetti aveva detto di non ricordare l’ultimo tuo pasto”.

Draco avrebbe volute ribattere quanto solo per non darla loro vinta, ma si rese conto di non riuscire a ricordarlo nemmeno lui. Vedeva solo immagini sfocate ed elfi domestici che passavano. Non era nemmeno sicuro di quanto tempo era passato da quanto era tornato a casa da quell’appuntamento all’ospedale, arrabbiato e deluso da se stesso. Scorse la Gazzetta del Profeta in un angolo del tavolo e lo raccolse velocemente. Secondo la data, erano passati ormai sei giorni. Non male come temeva, ma avrebbe reso difficile scusarsi con Hermione.

“Hermione quindi è stata qui”, commentò, cercando di suonare casuale, ma gli riuscì una domanda ansiosa.

Sussultò quando gli occhi di Pansy incontrarono i suoi, Pansy invece si addolcì. “Sì”, disse.

“L’hai vista?”, chiese lui.

Pansy scosse la testa. Draco si voltò verso Millie, che ripetette il medesimo gesto. “Il prossimo appuntamento è tra un altro paio di settimane”.

“Ottimo. Il che significa che dovrò fare una bella chiacchierata con mia madre”.

Ma prima, Draco doveva riprendersi fisicamente, così si riempì nuovamente il piatto.


Draco trovò Narcissa un’ora dopo, nel suo salotto privato. Il ritratto di Lucius aveva preso il posto d’onore, splendente sopra il caminetto.

“Allora sei vivo?”, chiese Narcissa con un tono di disapprovazione mentre entrava. “Iniziavo a chiedermi se avrei dovuto organizzare un secondo funerale in meno di un mese”.

Draco sobbalzò a quel tono tagliente ed evitò deliberatamente di incrociare gli occhi con quelli del ritratto di Lucius, che lo stava fissando come se fosse stato un Kneazle.

“Mi dispiace per la mia mancanza di autocontrollo, Madre”, disse formale.

Lei sospirò e si voltò totalmente a guardarlo, mettendo giù il ricamo con cui si teneva occupata. Si sentì in colpa, vedendo le occhiaie viola che le tingevano il viso e le nuove linee di espressione in fronte, come se fosse rimasta accigliata per giorni.

“Oh, Draco!”, disse. “Sei uno stolto come tuo padre, a volte”.

Nonostante le parole scoraggianti, gli sorrise affettuosa e gli fece gesto di sedersi sul divano di fianco a lei. Lui vi ci sprofondò e Narcissa gli mise una mano sul ginocchio. “Hai fatto un disastro, ragazzo mio”, disse piano.

“Lo so”.

“L’hai ferita molto con le tue parole e le tue azioni”.

Non aveva nemmeno bisogno di chiedere a chi sua madre si stesse riferendo. “Credi possa perdonarmi?”.

“Dipende”, disse sua madre. “Sei pronto a lasciarla entrare?”.

“Cosa intendi?”, chiese Draco.

Lei sorrise tristemente. “Ricordi la nostra conversazione prima di questa situazione?”.

Draco annuì. Sembrava passata un’eternità, mentre in realtà erano stati solo tre mesi prima.

“Ricordi quanto avessi sperato che divorziassi da Astoria anni fa?”.

Lui fece una smorfia. “Sì. Beh, hai esaudito quel desiderio”.

“Sì, e questa casa ne è molto felice. Ho anche espresso il desiderio che ti risposassi, felicemente questa volta”.

“Ed io ho detto che non l’avrei fatto”, rispose Draco.

“Ti ho detto che avresti trovato la donna giusta che ti avrebbe fatto cambiare idea. Ed è successo Draco, l’hai trovata”.

“Se ricordo bene, avevi cose tutt’altro che carine da dire riguardo ad Hermione”.

Narcissa rise. “Hai ragione, è vero, e ciò significa che anche io posso sbagliarmi ogni tanto”. Si protese verso di lui, prendendogli la mano. “È lei, Draco. La donna che può, che ti ha reso felice. Quando abbiamo parlato, tu eri stressato ed infelice. Sembravi anni più vecchio di quanto non fossi, ed ero preoccupata che tutta l’ansia ti avrebbe portato precocemente alla tomba. Ma prima..” Narcissa esitò ingarbugliata, prima di prendere un respiro profondo e continuare. “Prima che tuo padre morisse, eri molto più felice e libero di come io ti abbia mai visto prima della guerra. È stata lei, Draco”.

“Ed io ho rovinato tutto. Con una stupida frase, ho rovinato tutto”.

“Sì, ma non sei senza speranza. È arrabbiata e ferita, ma ci tiene, ragazzo mio”.

Draco si alzò e fece qualche passo agitato per la stanza. “Non puoi saperlo mamma, non puoi”.

“No, non posso, ma lo vedo. E l’ho visto ogni volta che è stata qui e lanciava sguardi speranzosi alla porta del tuo studio quando ci passava davanti”.

“Probabilmente pensava a tutte le possibili maledizioni da lanciarmi”, disse pessimista.

“Non dubito che ne abbia pensate parecchie, ma comunque non ti ferirà”.

Per la prima volta dalla morte di suo padre, la speranza infuse l’anima di Draco. Se fosse riuscito a sistemare le cose, se Hermione avesse capito quanto gli dispiaceva per quelle parole, ci sarebbe stata la possibilità di riconquistare la fiducia che aveva perso in un unico momento di rabbia.

“Come rimedio?”, chiese, incerto su come procedere. Non si era mai trovato prima in quella posizione.

Si alzò anche Narcissa e gli prese il viso tra le mani. “Devi essere onesto con lei, su quanto significhi per te. Non c’è via d’uscita, Draco. Non avere paura di aprirti e lasciare entrare qualcuno. Hai passato le ultime sei settimane a scappare dai sentimenti, impaurito dal confrontarti con ciò che sapevi nel profondo, ma Hermione non accetterà niente di meno da te. Ti chiederà onestà, e tu glie la darai. Glie lo devi”.

Draco boccheggiò, impaurito del rifiuto, tanto che per un momento tutto l’ottimismo scomparve. Ma strinse la mascella ed annuì determinato. Era arrivato il momento di trovare il coraggio.


Hermione riusciva a sentire Ginny sfrazzare nelle credenze, diventando sempre più irritata ad ogni sportello che apriva. Ci fu finalmente un ultimo botto ed un suono di passi, mentre tornava in salone.

“Come fai a non avere neanche una singola oliva in casa, Hermione?”, chiese sconsolata, abbassandosi sul divano con la grazia scomposta di una donna che aveva passato da qualche giorno il termine per il parto.

“Prima di tutto, perchè l’odore mi faceva venire la nausea; secondo, perché solo vederle mi faceva correre in bagno”.

“Ma è successo settimane fa”, disse con lamento la sua amica rossa. “Se potessi avere solo un’oliva, so che questo bambino finalmente mi accontenterebbe e verrebbe fuori”.

Hermione sorrise. Le voglie di salato di Ginny mentre era incinta erano leggendarie e le olive erano le sue preferite.

“Il bambino arriverà, le olive no”, disse allegra Hermione.

“Sarà meglio. L’ostetrica ha minacciato di indurmi il parto se non nascerà entro la fine della prossima settimana”.

“Strano che qualcuno non abbia ancora creato una pozione per rendere tutto più facile”, disse Hermione.

Ginny rise. “Ci sono delle cose per cui neanche la magia può aiutare. Strega o babbana, la biologia della gravidanza rimane la stessa”.

Accarezzandosi la panica, Hermione disse: “Grazie a Merlino! Se fosse sostanzialmente diversa mia madre andrebbe nel panico. Almeno questa è un’esperienza che possiamo condividere”.

Più la gravidanza di Hermione avanzava, più i suoi genitori si eccitavano. Ormai la disapprovazione per le sue azioni era passata, portata via dal pensiero che sarebbero diventati nonni. Nonostante non si fossero ancora messi l’animo in pace riguardo a Draco, Hermione sapeva che non avrebbero dimostrato il loro rancore verso il padre del nipote.

Il pensiero di Draco le fece tornare un dolore familiare al petto. Doveva ancora presentarsi e scusarsi per quelle parole e, più ci metteva, più il divario sembrava aumentare. Voleva avere un ruolo nella vita del bambino oppure aveva ormai deciso di lavarsi le mani di entrambe?

“Smettila!”, ordinò Ginny.

“Di fare cosa?”.

“Di preoccuparti e pensare a lui. Se si comporterà come un gigantesco idiota non merita né te né la bambina nella sua vita. E comunque, è lui che ci perde”.

Hermione non era mai stata più grata al supporto di amicizie che si era creata, soprattutto nell’ultima settimana. Harry ed i Weasley le si affaccendavano intorno, non permettendole di cadere nei suoi miseri pensieri. Narcissa le aveva inviato diversi inviti a pranzo, rifiutando un no come risposta e dichiarando che, nonostante suo figlio fosse un idiota, non c’era nulla che potesse rendere lei indesiderata al Manor. Era stata sorprendente, ma ben accetta.

Un rumore alla connessione Metropolvere fece allertare Hermione e Ginny imprecò. Alzandosi dal divano, Hermione si diresse nello studio in cui vi era il caminetto. Si fermò, con il sangue che le correva al cervello, alla vista di chi si trovava di fronte a lei.

Sembra più magro, fu il suo primo pensiero, seguito da un impeto di rabbia che la scosse.

“Che ci fai qui?”, chiese di getto, lanciando uno sguardo glaciale al mazzo di fiori che lui reggeva in modo precario in una mano.

“Sono venuto a scusarmi”, replicò Draco, senza un vero tono di scuse, e le allungò i fiori.

“E quelli dovrebbero placarmi?”.

Draco sembrò perso per un momento, quando lei si rifiutò di muoversi. “Beh, sì”.

Hermione alzò un sopracciglio e si stupì nel vedergli un leggero colore sulle guance. Lui si voltò, appoggiando il mazzo sulla scrivania. “Io ehm… io non stavo bene”, disse tornando a fronteggiarla, con le mani lungo i fianchi.

“E ti ci sono voluti sei giorni per capirlo”.

“No, l’ho capito appena ho detto quelle cose”.

“E quindi? Hai deciso di aspettare sei giorni prima di venire a dirmelo?”, chiese lei, ormai perdendo le staffe.

“Hermione?”, urlò Ginny dal soggiorno. “Chi è? Va tutto bene?”.

“È Malfoy e se ne sta andando”, urlò di rimando Hermione.

“No, non me ne vado!”, urlò Draco.

“Sì invece!”, soffiò Hermione.

“Hai bisogno che venga lì?”, chiese Ginny, chiaramente preoccupata.  

“No, va tutto bene. Posso gestire Malfoy”.

“Lancia un urlo se ti serve. La gravidanza amplifica le mie fatture orcovolanti”, schiamazzò maliziosa Ginny.

“Ha ragione, sai”, disse Hermione. “I suoi fratelli sarebbero felici di testimoniarlo e se non te ne sarai andato entro il mio tre le permetterò di usarla su di te”.

“Per favore, Hermione, ascoltami”, disse Draco.

“E perché dovrei?”

“Perchè voglio sistemare le cose, per il bene della nostra bambina”.

“Oh, è diventata di nuovo nostra adesso?”.

Draco sospirò e si passò agitato una mano tra i capelli. “Ascolta, non sono bravo in queste cose. Non lo sono mai stato ma so che, se voglio ricostruire quella fiducia che avevamo priva, devo scusarmi”.

“Quindi ti scusi solo per renderti più facili le cose, invece perché dovresti?”, chiese Hermione, intensamente irritata dalle sue parole senza tatto.

“No! Non è ciò che intendevo”, disse frustrato Draco. “Davvero faccio schifo in queste cose Hermione. Tu credi che con il mio passato dovrei avere qualche esperienza ma davvero non ne ho, quindi sto facendo un casino ma per favore ascoltami”.

Hermione si ammorbidì, alla luce di quell’onestà. Incrociò le braccia, poco incline a dimostrarsi più dolce e soprattutto sapendo che, se lo avesse perdonato subito, lui non le avrebbe permesso di entrare. “Vai avanti, sto ascoltando”.

Lui si fece qualche passo più vicino, come per appoggiarle le mani sulle spalle ma poi ci ripensò e le rimise giù. “Ho fatto un casino, non solo per ciò che ho detto dopo l’ecografia ma anche nel tenerti lontana. È che non sono mai stato bravo a lasciare avvicinare qualcuno”, disse prima di ridere amaramente. “L’ultima persona con cui mi sono lasciato andare è Astoria ed ha visto com’è andata”.

“Non sono Astoria, Draco. Pensavo l’avessi capito”.

“L’ho fatto. È solo che…”, esitò per un momento, cercando di riguadagnare un po’ di compostezza prima di fare un respiro profondo e parlare di nuovo. “Va contro il mio istinto, ok? Non sono bravo a lasciar entrare le person, nemmeno Pansy. Poi è successo lo scambio al laboratorio ed all’improvviso io e te eravamo legati. In qualche modo, nonostante le ostilità, siamo riusciti a smetterla con i litigi ed i sospetti. Per la barba di Merlino, abbiamo persino sopportato Astoria e la sua bravata e, all’improvviso, tu non sei più solo una spina nel fianco che porta a spasso mio figlio ma un’amica, che è riuscita a farsi strada nel mio mondo. Mia madre ti adora e mio padre, persino lui, ha cantato le tue lodi prima di, beh lo sai..”. Si interruppe di nuovo, prendendo un altro respiro profondo. “Ma sei diventata importante per me, non solo perchè port mio figlio ma perché sei tu. Poi mio padre è morto, ed è diventato tutto troppo. Non sono preparato per tutte queste emozioni. Non sono mai stato bravo a sbrogliarle”.

Draco si zittì ed Hermione vide le mani che gli tremavano. Le sorrise, prima di guardarsi i piedi e lei percepì l’affetto che aveva provato per lui in quelle settimane tornare a galla. Forse non era una causa persa.

Draco alzò nuovamente la testa, incontrando gli occhi di lei con un’intensità che la fece rabbrividire. “Sono sopravvissuto gli ultimi dieci anni controllando le mie emozioni e non permettendo alle delusioni di intaccarmi. Ma tu hai distrutto i miei muri, Hermione, e non ero preparato. Ho cercato di ricostruirli per riprendere il controllo, ma ti ho solo fatto soffrire ed ho sofferto io”.

Prendendo un altro respiro profondo e stringendosi nelle spalle, Draco le si avvicinò e le accarezzò leggero una guancia. “Sai cos’ho fatto negli ultimi sei giorni?”.

Hermione annuì muta, incapace di dare voce ad una risposta a causa dei battiti accelerati del suo cuore.

“Ho bevuto fino a star male, nella speranza di poter seppellire questi sentimenti che mi hai estorto. Ho giurato che una volta divorziato da Astoria avrei chiuso con le donne, ma non avevo ancora incontrato una strega così testarda, intensa e meravigliosa da farmi cambiare idea”.

“Intendi me?”, chiese insicura lei, nel disperato tentativo di ottenere una risposta.

Draco rise scosso. “Sì, intendo te. E non volevo che mi piacessi, tantomeno volevo innamorarmi di te quando tutto questo è iniziato”.

“Mi ami?”.

Esitò prima di annuire, quasi stesse per decidere se mettere a nudo tutte le sue emozioni. “Per favore, dimmi che non ho sprecato qualsiasi opportunità avrei potuto avere con te”.

Hermione invece era contenta l’avesse fatto, non avrebbe accettato niente di meno che il tutto. “Oh, Draco”, disse con calore, prendendogli la mano e stringendola gentilmente. “Hai quasi rovinato tutto”.

“Per favore, dimmi che mi darai un’altra occasione”.

“Solo se mi prometti di continuare ad essere onesto con me”.

Draco rise. “Non posso prometterlo, ma ci proverò. Non mi riesce facile”.

“È tutto ciò che chiedo”, disse Hermione, prima di avvicinare il viso al suo. Le sfuggì un singhiozzo, mentre le loro labbra si incontravano. “Stupidi ormoni”.

Draco si ritrasse e le catturò una lacrima con il dito. “Speravo fosse in circolo qualche altro tipo di ormone della gravidanza”.

Lei rise, felice che di quell’attimo un po’ stupido dopo quella conversazione così intensa. “I miei ormoni devono ancora decider se baci bene, prima di andare in quella direzione”.

“Odierei doverli far aspettare”, mormorò Draco, prima di premere nuovamente le labbra sulle sue.

Hermione ormai aveva le labbra gonfie, quando una chiamata d’aiuto giunse dal salotto. “Ehm.. odio interrompere qualsiasi cosa stia succedendo lì dentro, e per favore ditemi che vi state solo baciando, ma credo che le mie acque si siano rotte!”.

Hermione sorrise contenta, si asciugò le lacrime e le urlò dietro. “Meno male che ti sei portata il borsone!”.

Spingendo Draco verso la Metropolvere, Hermione disse: “Rintraccia Harry. Ci vediamo all’ospedale”.

 

  
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