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Autore: Pandora_chan    06/10/2020    1 recensioni
{Questa storia partecipa al #Writober2020 indetto dal sito “Fanwriter.it”}
Quando i miei pensieri sono ansiosi, inquieti e cattivi, vado in riva al mare, e il mare li annega e li manda via con i suoi grandi suoni larghi, li purifica con il suo rumore, e impone un ritmo su tutto ciò che in me è disorientato e confuso.
[Rainer Maria Rilke]
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Prompt:
Capitolo 1 - MARE
Capitolo 2 - CORDA
Capitolo 3 - BROMANCE
Capitolo 4 - OCCHIO + COINQUILIN
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Ash Lynx, Eiji Okumura
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questa storia partecipa al #writober2020 indetto dal sito di Fanwriter.it
Prompt 6 - Corda
 
 
I Need You…
 
Il sole ormai era alto e la brezza leggere che tirava alle prime luci dell’alba, lasciava spazio ad un’aria più mite. L’odore salmastro, però, la faceva sempre da padrone.
«Che ne pensi di andare a svegliare quel branco di scansafatiche ora?»
 Ash si alzò di scatto e si passò le mani sui suoi jeans chiari, così da rimuovere qualche filo d’erba che si era attaccato ai pantaloni.
Lo aveva lasciato fare Eiji, conscio che per lui lasciarsi andare così non era cosa da poco. Per lui così riflessivo, così pragmatico, trovare due braccia a stringerlo sarà stata sicuramente una novità.
«Penso che sia ora. Si alzeranno sicuramente tutti doloranti da quel furgone… Ma se lo merita per aver poltrito fino ad ora!»
Risero con sincerità ed insieme, si allentò un po’ la tensione accumulata nelle ore precedenti l’arrivo a Cape Cod.
«Ehi fannulloni! È ora di alzare le vostre chiappe da questo furgone ed aiutarci a scaricare tutto dentro casa!»
Diede una piccola scossa al mezzo e iniziarono a levarsi da terra lamentele di ogni genere.
«Io intanto vado a prendere le chiavi dal vecchio al locale. Vedete di rimettere in piedi questo coso che voglio rimettermi in viaggio entro domani mattina al massimo.»
Fissò per un secondo gli occhi di Eiji e gli fece cenno di no con la testa. Voleva e poteva rimettere piedi là dentro da solo, in fondo si parlava pur sempre di suo padre.
«Ibe-san dopo aver scaricato la macchina voglio portarti giù per il promontorio. C’è un panorama che devi assolutamente fotografare.»
 Il tono di Eiji lasciava capire ad Ibe che era entusiasta di tutto quello che aveva intorno. I panorami, il mare, Ash.
Arrivò fuori la locanda e restò lì immobile a fissare la porta per diversi minuti. Cosa doveva aspettarsi? Cosa doveva dire? E soprattutto, doveva dire qualcosa o lasciar parlare gli altri?
Entrò e si guardò un po’ intorno. Trovò Jennifer dietro al bancone, bella e gentile come sempre. I suoi capelli erano più lunghi dall’ultima volta che l’aveva vista e i suoi lineamenti più provati di dieci anni prima. La vita a Cape Cod non era semplice neanche per lei e la vita con lui non doveva essere delle più tranquille.
«Aslan…»
Trasalì nel sentirsi chiamare col suo nome di battesimo, erano anni ormai che Ash Lynx. Una nuova entità, un nuovo futuro, lo stesso passato.
«Ciao Jennifer. Come stai? Sei sempre la bellissima donna che ho lasciato dieci anni fa… Sai dirmi dove sono le chiavi della casa che condividevo con Griffin?»
Le sorrise sinceramente. L’aveva sempre rispettata per la sua pazienza e il suo modo gentile di trattarlo. Quasi fosse figlio suo, e non spazzatura raccolta in mezzo alla strada.
«No Aslan, aspetta vado a chiamare Jim. Torno subito.»
La vide sparire nel retro del locale e tornare in compagnia di suo padre.  
Non lo vedeva da quando fu sbattuto fuori di casa per andare a vivere da quell’odiosa di sua zia. Non lo sentiva da allora. Ne ricordava i tratti e i capelli. Ne ricordava il carattere, che non brillava di certo per smancerie o belle parole. Ne ricordava la voce, quella sì. La sognava tutte le notti, mischiata alle sue grida di bambino.
«Tieni. Queste sono le chiavi. Prendile e vattene. Non so cosa tu sia venuto a fare qui, ma non sei il benvenuto.»
Neanche lo guardò negli occhi, gli lanciò le chiavi e si girò per tornare sul retro del locale. Jennifer lo trattenne per un braccio e la scansò con tale forza da farla sbattere contro il bancone. Non voleva saperne niente di lui. Di quella puttana da paese che era diventato suo figlio.
«Ma Jim… È Ash. Aslan, tuo figlio. Come puoi trattarlo così? Per favore… Sono dieci anni che non lo vedi, almeno chiedigli come sta.»
Jim non la degnò neanche di uno sguardo. Riprese a camminare verso il retro, si fermò sulla porta per risponderle.
«È riuscito a sopravvivere in quel suo schifoso mondo. Lo vedo e vedo che sta bene. Adesso togliti di mezzo e non intrometterti in cose che non ti riguardano.
 
Lo osservarono entrambi allontanarsi. Jennifer abbassò lo sguardo e strinse nelle sue mani il grembiule rosso che aveva addosso.
«Lascialo stare. È fatto così. Grazie Jennifer, a presto.»
Ash prese le chiavi che gli aveva lasciato il vecchio sul bancone e uscì dal locale. Si soffermò qualche secondo lì fuori a prendere aria. Non lo vedeva da anni, ma non era cambiato niente. Lui era il solito stronzo e lui la solita puttana.
 
***
 
Quando tornò nei pressi della casa li trovò ancora indaffarati a scaricare le cose dal furgone e ad accatastarle tutte sotto al porticato. La casa era piccolina, giusta per lui e Griffin. Era immersa nel verde e il panorama donava quella vista sull’oceano che era impossibile avere da altre zone dalla città.
«Ehi Ash, vieni qui a darmi una mano! Voglio provare a fare una cosa.»
Shorter lo chiamò agitando la mano e urlando come un matto. Una ne fa e cento ne pensa pensò tra sé e sé Ash. Era così Shorter, prendere o lasciare. Era però anche fedele ed un amico sul quale poter contare. Era con lui da quando arrivò in quel quartiere di New York. All’inizio era odio, poi si trasformò in amore e iniziarono una profonda amicizia. Era salda ed era quello che gli serviva per restare con i piedi a terra e con la mente lucida in quella New York così malandata.
«Guarda qui che ho trovato! Potremmo allestire una pedana con questi e con questa corda potremmo fare l’asticella. Dai ho voglia di vedere anche io Eiji volare. Facciamogli una sorpresa.»
 
Nei giorni precedenti al viaggio era capitato ad Ash di ascoltare una conversazione tra Max ed Ibe-san, durante la quale quest’ultimo raccontava come Eiji uscì distrutto dall’ultima gara in cui cadde e si infortunò. Gli raccontò di come fosse un astista formidabile e di come i suoi occhi brillavano quando doveva prepararsi al salto.
È vero. Lo ricordava anche lui come gli occhi di Eiji, durante quel loro primo incontro, brillavano durante il salto. Sembrava avesse le ali, sembrava potesse volare. Lo vide prendere la rincorsa e tirarsi su con l’ausilio di un palo malandato che avrebbe potuto spezzarsi in qualunque momento.
«Ci sto, facciamolo! Però dobbiamo chiedere ai due vecchi laggiù di portarsi via Eiji. Voglio
che sia una sorpresa per lui! Aspetta…. Ibe-san, Max venite qui immediatamente!»
Ibe e Max si fissarono e nello stesso momento l’unico commento che uscì dalla loro bocca fu piccolo strafottente di città. Si avvicinarono ed Ash spiegò loro il loro piccolo piano, Ibe non fu molto d’accordo ma acconsentì comunque. Se per Eiji voleva dire sbloccarsi allora andava bene anche questo.
Lo presero e lo portarono infondo al promontorio, dove poche ore prima i due si fermarono a parlare. Ibe si fece aiutare da Eiji a scattare qualche foto e quando Max gli fece cenno con la mano che tutto era pronto tornarono indietro.
Al suo arrivo Eiji trovò Ash e Shorter seduti sugli scalini che portavano dentro casa e sulle loro facce disegnato un sorriso soddisfatto.
«Allora astista che te ne pare?»
Eiji non riuscì a trattenere una risata sottile. Fissò quell’accrocco tirato su che sembrava somigliare ad un punto per il salto in alto e fissò le loro facce soddisfatte. E continuò a ridere.
«E con questo accrocco cosa dovrei fare io?» Non riusciva a trattenere le risa «e non ditemi che voi due vi siete fatti fregare da questi due pazzi
Ibe e Max sorrisero e fecero si col cenno del capo, arrossirono un po’ a dire il vero. Si sentivano veramente vecchi in mezzo a quel gruppo di adolescenti. Tutti loro avevano lo sguardo fisso su Eiji.
«No sul serio, che dovrei fare con questo? Dai su non scherziamo…l’ultima volta mi sono ritrovato pezzi di vetro ovunque… Non vorrete mica che…»
«Vola!»
La frase di Eiji fu spezzata da una singola voce. Una voce che lui conosceva bene e che avrebbe riconosciuto anche ad occhi chiusi.
            «Vola…come quel giorno. Vola di nuovo e mostrami lo sguardo di quel giorno.»
 
Non ebbe bisogno di sentirsi dire altro. Lasciò in mano ad Ibe-san e a Max gli attrezzi utilizzati poco prima per le foto e si preparò per il salto. Niente asta questa volta. Avrebbe volato solo grazie alle sue gambe. Si allontanò di qualche metro per avere lo spazio giusto per lo slancio. Prese la rincorsa, inizialmente lenta e poi leggermente più veloce. Posizionò il piede in modo da girarsi su sé stesso e si accinse al salto.
La sua schiena oltrepassò la corda che i suoi amici avevano fissato alle aste e cadde poi in un tondo pesante sui materassi arroccati la sotto per attutirne la caduta.
Non saltava per piacere da più di un anno. Restò sdraiato, immobile, ad assaporare l’adrenalina che gli scorreva nelle vene. L’aver trattenuto il fiato fino alla fine e l’averlo rilasciato poi rilassandosi.
Non saltava per piacere da più di un anno. Doveva esserci lui per riprendere a farlo.

 
 
“The smile on your face
lets me know that you need me
There's a truth in your eyes
saying you'll never leave me”
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NdA: ecco qui il secondo capitolo di questa storia. Il prompt usato è Corda. E si, forse ci stava bene qualche storia triste, qualche storia con morti impiccati. Ma non andava bene per loro. ^_^
Qui si parla di entrambi. Entrambi hanno qualcosa da cui rinascere, qualcosa da riprendere in mano della loro vita. Sono loro due + uno. Shorter. <3 
La strofa finale, come per il primo capitolo, è presa dalla canzone di Ronan Keating " When you say nothing at all" che da il titolo alla storia.

Ringrazio chi ha speso o spenderà del tempo per leggere e recensire.
Al prossimo capitolo! ^_^
   
 
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