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Autore: Picci_picci    08/10/2020    2 recensioni
Sono passati mesi da quando Ladybug e Chat Noir non si vedono più. Solo una muta promessa li unisce: non scordarsi mai l’uno dell’altra. Vanno avanti nel loro presente, ma continuano a vivere nel passato e nel loro ricordo. Marinette, ormai, è a tutti gli effetti la stagista personale di Gabriel Agreste, praticamente il Diavolo veste Agreste nella realtà, e Adrien sta tornando da Londra per imparare a gestire l’azienda di famiglia.
Cosa mai può andare storto?
Tutto, se ci troviamo alla maison Agreste.
Mettetevi comodi e preparatevi a leggere una storia basata sulle tre cose indispensabili di Parigi: Amore, Tacchi alti e...là Tour Eiffel.
.
"Perché l'amore è il peggiore dei mostri: ferisce, abbandona, ti rende pazzo, triste ed euforico allo stesso tempo. Ma è anche l'unica cosa bella che abbiamo in questa vita."
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Plagg, Tikki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'L’amour'
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Era appena uscita dalla lavanderia e cercava di non inciampare nei suoi stessi piedi, visto i due completi neri Agreste che le impedivano di vedere correttamente.

“Marinette!”

Inciampò sui suoi stessi passi, ma riuscì a non cadere sul marciapiede; se avesse fatto cadere i due completi, monsieur l’avrebbe torturata fino alla fine dei suoi giorni.

Si girò verso il punto in cui aveva sentito urlare il suo nome ed ecco che vide Adrien Agreste correrle incontro. Come se fosse una scena di un film, Adrien correva a rallentatore verso di lei, con i capelli biondi che ondeggiavano ad ogni suo passo e il cappotto color cammello che, lasciato aperto, svolazzava dietro di lui.

Scosse la testa e la sua scena da film romantico scomparve.

“Adrien, che ci fai qui?”

Quando arrivò vicino a lei, fermò la sua corsa, “è da un po’ che non passiamo del tempo insieme, volevo rimediare.”

Quanto era dolce?

“Ehm sì, però sto lavorando…”

“Ti accompagno. Dove altro devi andare?”

“Alla pasticceria dei miei.”

Improvvisamente gli brillarono gli occhi, “perfetto. Quelli dalli a me”, disse prendendole dalle braccia i due vestiti.

“Sono con la macchina, posiamo questi e andiamo a piedi, va bene?”

Annuì e insieme andarono incontro al Gorilla.

“Può portarli alla maison Agreste per me? Basta che lei le consegni a Natalie”, chiese Marinette preoccupata di non svolgere il suo compito come doveva.

Il Gorilla guardò nella direzione del suo padrone e, dopo un cenno affermativo di Adrien, annuì.

Dopo che l’autista se ne andò, come in un tacito accordo, si incamminarono verso la pasticceria dei Dupain-Cheng senza dire una parola.

Camminarono fianco fianco, con l’imbarazzo di Marinette che cresceva sempre di più con tutto quel silenzio.

“Quindi”, iniziò lei per rompere il ghiaccio, “com’era Londra?”

“Fantastica, in realtà. Però, mi è mancata Parigi...ha quel ce n’est pa.”

“Ti capisco. Parigi è magica.”

Adrien guardò di sottecchi Marinette, che puntava i suoi occhi blu sulla sua amata Parigi, e quello sguardo gli accese una lampadina. Era lo stesso, identico, sguardo d’amore che aveva ogni volta la sua lady quando ammirava dalla Tour Eiffel la sua città. In quel caso era notte ma le luci della torre illuminavano quei suoi occhi cristallini che li rendevano ancora più magici. Marinette si girò verso di lui con un sorriso dolce sul volto.

“Perché sei voluto andare via da Parigi? Ce lo siamo chiesto tutti.”

“Diciamo che avevo bisogno di cambiare aria. Dovevo restare tranquillo e smettere di pensare.”

“Problemi di cuore?”, chiese premurosa Marinette.

Adrien fece un mezzo sorriso, “diciamo.”

“Comprendo.”

Adrien la guardò con occhi curiosi, “davvero?”

Marinette annuì, guardando da un’altra parte.

Anche se Adrien voleva indagare oltre, l’arrivo alla pasticceria dei Dupain-Cheng lo fermò.

Marinette aprì la porta che, a causa della campanellina sopra di essa, li accolse allegramente.

“Mamà?”

Sabine uscì dal retro bottega e quando vide Adrien, le brillarono gli occhi. Chissà quanti film mentali si starà facendo in questo momento, pensò sconsolata Marinette. Sua madre, per quanto potesse essere calma e tranquilla, era proprio come lei: saltava sempre a conclusioni.

“Buongiorno, ragazzi. Adrien, caro, è meraviglioso vederti di nuovo da queste parti.”

Adrien si grattò dietro la nuca, imbarazzato, “grazie, madame Cheng. Sono appena tornato da Londra.”

“Chiamami solo Sabine. Cosa posso fare per voi?”

“Mi ha mandato Gabriel, vorrebbe i suoi soliti macarons e le brioches che gli ho portato la scorsa volta e, ti prego, dimmi che ricordi quali erano”, disse Marinette supplicando.

“Per tua fortuna ho un’ottima memoria, non preoccuparti tesoro.”

Mentre Sabine preparava il sacchetto per monsieur Agreste, Adrien si ritrovò per l'ennesima volta a guardare Marinette.

“Deve essere duro, essere la stagista di mio padre.”

“Duro è un eufemismo.”

“Diciamo solo”, intervenne madame Cheng, “che Gabriel da il suo bel carico di lavoro. In questi giorni, poi, Marinette ne farebbe anche a meno.”

“Perché mai?”

Sabine guardò con un sopracciglio alzato prima Marinette e poi Adrien.

“Vedi”, disse alla fine, “Marinette deve ancora finire di sistemare gli scatoloni del trasloco.”

“Ti trasferisci?”, chiese lui alla ragazza al suo fianco.

“Per fortuna, torna.”, rispose Sabine, contenta di riavere finalmente sua figlia a casa.

“Ehm va bene, mamma. Se hai fatto, io andrei o monsieur vorrà il tacco di queste Louboutin.”

Dopo aver salutato, i due uscirono velocemente dal negozio e si avviarono verso la maison Agreste, passando dal parco lì vicino.

“Se posso sapere, perché sei tornata dai tuoi?”

Marinette arrossì e evitò il suo sguardo. 

“Mi spiace, non devi sentirti costretta o altro..”

Ma Marinette lo interruppe, “no, va bene. Diciamo, che non sei l’unico ad aver avuto problemi di cuore.”

“Facciamo così”, disse Adrien con ritrovato entusiasmo, “se tu mi dici quello che è successo a te, io ti dico quello che è successo a me.”

Quanto le poteva fare male aprirsi un po’ con Adrien?, “ci sto.”

“Inizio io”, comunicò con lui, passandosi una mano fra i capelli, “ero innamorato follemente di questa ragazza e, possiamo dire, ci univa una collaborazione lavorativa. Quando questa collaborazione”, disse Adrien sempre più in difficoltà, “è finita, è finita anche la nostra relazione. Sempre che di relazione si potesse parlare, insomma, non è mai successo..”, e poi lasciò la frase in sospeso facendo un gesto a mani aperte come a voler completare la sua spiegazione.

Marinette annuì. Lo capiva bene, troppo bene.

“Anche a me è successo qualcosa del genere. Sono stata abbandonata, anche se non credo che questa sia la parola più adatta. Tra l’altro ho preso io questa decisione, o meglio, l’abbiamo presa insieme. Da lì, le cose sono precipitate. Sono andata a convivere con Luka, pensando, credo, di riempire il vuoto lasciato. Come hai visto non è andata bene.”

“Mi dispiace, Mari.”

Lei alzò la mano scuotendola, “non ti preoccupare, è passato. L’unica buona cosa che mi è successa è stato andare a lavorare per tuo padre. Ma ora basta parlare di me”, si girò verso di lui e lo guardò con determinazione, “ti prego, sii sincero, è vero che vuoi prendere il posto di tuo padre?”

Spiazzato da quella domanda, Adrien si fermò in mezzo alla strada.

“Ne parlano tutti in maison.”

“Aspetta? Cosa?! In quell’edificio non girano i pettegolezzi, ci nascono!”

Vedere Adrien, il perfettissimo e gentilissimo Adrien, imprecare contro il nulla, fu qualcosa che Marinette trovò esilarante.

“Onorato che le mie sfortune ti portino tanto divertimento.”

Lei finì di ridere e cercò di guardarlo con serietà, “ti preoccupi tanto, per niente. Sono solo voci.”

“Voci che porteranno a delle aspettative. Non so ancora se voglio dirigere la parte economica dalla maison, questi due mesi sono di prova, per vedere se farebbe al caso mio. Già c’è mio padre che mi sta col fiato sul collo, non voglio altre persone.”

Marinette lo guardò di sottecchi; aveva provato la stessa cosa quando era Ladybug.

Mise da parte il suo dolore e prese Adrien per le mani, “un mio amico, una volta, mi disse di credere in me stessa e di ignorare le aspettative e i giudizi degli altri, perché sennò sarei affondata in essi e non sarei mai stata me stessa. Le stesse parole le dico a te.”

Adrien la guardava con occhi sgranati e la bocca aperta.. non poteva essere, giusto?

Marinette pensando che il ragazzo non fosse ancora convinto, gli strinse le mani, “A me piace il tuo vero te, Adrien.”

Poi, lei si girò e ciò che vide la fece sbiancare: la statua di Ladybug e Chat Noir. Inconsapevolmente, le mani che univano i due si strinsero in una presa d’acciaio.

“Secondo te che fine hanno fatto?”, si sentì sussurrare la debole voce di Marinette.

“Non lo so”, disse Adrien, “ma spero che ovunque siano, stiano insieme”, concluse stringendo ancora di più le mani di Marinette.

Già, penso la ragazza, sarebbe un bellissimo sogno. Ma sarebbe solo quello: un sogno, irrealizzabile.

“Andiamo o Gabriel vorrà le mie Louboutin.”

“Ti rendi conto che non le potrebbe indossare; sono da donna.”

“Questo non gli impedisce di volerle.”

E Adrien guardò Marinette camminare via, diretta alla maison.

Marinette.

O Ladybug?



Angolo Autrice
Ebbe sono tornata! Premetto che cercherò di aggiornare ogni settimana per non lasciarvi troppo con il fiato sospeso e avere così una continuità. Ringrazio tutte voi! La storia è seguitissima e non potete capire quanto questa cosa mi faccia felice. E sorpresa. Non avrei mai detto che le mie storie potessero piacere.
Un saluto e un abbraccio a te che sei arrivato fin qui. 
Cassie
   
 
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