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Autore: BabaYagaIsBack    09/10/2020    1 recensioni
In un' Europa dalle atmosfere steampunk e in cui la Chiesa ha tutt'altre connotazioni, un ordine di esorcisti si dedica alla creazione di vânător, cacciatori del sovrannaturale. E' da loro che Katarina impara i rudimenti per affrontare tutti i mostri che popolano la notte più scura, prefiggendosi come obbiettivo ultimo quello di uccidere Dracul, il Re di tutti i Vampiri.
Districandosi tra personaggi bizzarri e situazioni estreme, Miss Bahun cerca di mettere fine alla linea di sangue creata dai fratelli Corvinus, ergendosi al di sopra di tutti gli altri suoi compagni. Eppure qualcosa non torna, una nuova minaccia sembra voler sovvertire tutto ciò che lei conosce e, improvvisamente, gli amici diventano nemici. Di chi fidarsi,quindi, quando il genere umano è in pericolo?
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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XI 1


Al suo ritorno all'Istituto delle Sorelle Velate, con un certo disappunto, Katarina non fu accolta dalla sublime visione della Madre Superiora, Sylvia Goldchild, ma piuttosto dalla medesima ragazzina che le aveva fatto d'accompagnatrice solo qualche ora prima. Per un solo istante, nel guardare l'esile figura nascosta sotto alla veste evidentemente troppo grande, la cacciatrice si era chiesta per quale ragione, alla fine, fosse tornata lì, ma poi, rimembrando la mera quantità di monete concessale dalla Santa Sede, aveva tirato un sospiro rassegnato e mosso i primi passi nel lungo corridoio che le si estendeva di fronte, fermandosi solo allo scoprire di non essere seguita.

Confusa, tornò quindi a osservare i due uomini con lei, fermi sulla soglia e con i cappelli ancora ben piazzati sulle teste.

Fu naturale per lei piegare il capo da un lato e domandare: «E dunque, avete bisogno di un invito? Siete forse stati morsi da qualche Exilati durante la mia breve assenza?» un angolo della bocca le si alzò in segno di scherno, ma parve la sola a cogliere l'ironia in quelle frasi.
Suzu, infatti, le concesse solo un sorriso sghembo, portandosi poi una mano al petto e compiendo una mezza riverenza: «Mi duole deludervi, Miss, ma non ci è più concesso mettere piede all'interno di questo sacrario. Vista la vostra arguzia non dubito possiate comprenderne la ragione» ma Katarina si ritrovò più confusa di prima.
Per qualche momento, forse a causa della stanchezza o della troppa sobrietà, la donna non riuscì a comprendere il senso di quell'atteggiamento. Osservandoli con attenzione, provò quindi a cercare sui loro visi un qualche indizio che potesse aiutarla a capire e, proprio lì, tra baffi, barbe e mascelle ben delineate trovò la risposta.
In quel luogo abitavano solo donne, serve fedeli di una Santa troppo mitizzata di cui dovevano prendere l'esempio, e il cui voto impediva loro di cogliere e bearsi dei piaceri più umani - peccato che loro stesse fossero tali e, per questa ragione, quell'attrezzo aggiuntivo che penzolava tra le gambe degli uomini poteva diventare per loro fonte di terribile curiosità e peccaminosa tentazione; e non tutti i vânător erano propensi al rispetto delle regole morali altrui, lei per prima - ma sfortunatamente, vista la mancanza di carne in eccesso tra le cosce, le suore parevano crederla innocua. 

Che pessimo scherzo del destino, pensò con un sospiro.

«Mi sovviene ricordarvi che avremmo dovuto discutere dell'incontro di stasera.»
Il sorriso di Suzu si fece più ampio, ma non meno ambiguo: «Non vi è nulla di cui discutere, Miss.»

Katarina si volse con tutto il busto, fronteggiando il collega a petto gonfio. «Davvero?» gli domandò poi, pronta a dargli battaglia come una vera cacciatrice con la preda. Non si sforzò nemmeno di nascondere lo scetticismo nella propria voce, tronfia come un pavone nel suo piccolo angolo di giardino.
La caccia ai demonok era per lei una sorta di luogo familiare, un rifugio malsano in cui sfogare ciò che l'alcol non riusciva a placare e, pertanto, non le piaceva venir esclusa da decisioni che avrebbero potuto rovinarle quel mero piacere - ancor meno quando si trovava in territorio estraneo e accompagnata da due soggetti che, come Lord Terry e Mister Whiteman, non era ancora riuscita a inquadrare del tutto. Non si fidava delle loro abilità e nemmeno della loro persona, indi per cui non gli avrebbe concesso di prendere il comando di quella missione - dopotutto, tra le bettole di Roma e i sorrisi delle belle fanciulle voleva ancora tornare. Intera, se possibile. 
Umettandosi le labbra mollò la presa sulla propria valigia, andando poi a incrociare le braccia al petto e sottolineando maggiormente il disappunto: «Perché sapete, io credo che parlare e confrontarsi siano due dettagli fondamentali per il nostro lavoro.» E per quel che aveva imparato negli anni, affidarsi senza esitazione ai piani altrui era la decisione peggiore che un vânător potesse prendere. Bisognava far affidamento solo su se stessi e le proprie capacità, in modo da evitarsi un arto mutilato o la frattura dell'osso del collo, ma assicurandosi anche un po' di divertimento.

A quel punto, inaspettatamente, Suzu mosse un passo in avanti oltrepassando l'ingresso che fino a pochi minuti prima era stato attento a non superare, poi ne fece un altro e un altro ancora, arrivando così a poche spanne da lei. Se possibile, il suo sguardo si fece ancora più sottile, divenne tagliente quanto una lama e, stranamente, la donna sentì crescere dentro uno strano interesse, una sorta di lieve, seppur febbrile, eccitazione. Percepiva la minaccia, l'avvertiva tutt'intorno a sé - e le piacque come la sensazione del contraccolpo di uno sparo, il cedimento della carne sotto al suo pugnale con l'anima in cipresso o il peso morto di un corpo esanime.

«Allora non posso frenarmi, Miss, dal domandarvi dove siate stata oggi.»

A quella richiesta, per poco, la vânător non sussultò. Il cuore perse un colpo, la sorpresa fu totale e, inevitabilmente, si chiese se l'avessero scoperta, ma soprattutto come. Si erano forse spinti a seguirla? Qualcuno l'aveva riconosciuta mentre sgattaiolava fuori dal bordello? Oppure quella stupida puttana alata, insieme al suo amichetto cornuto, aveva trovato il modo per sfidarla e metterla in difficoltà? Se così fosse stato, avrebbe certamente trovato un modo per ripagarla - eccome!

La mano di Suzu si alzò fino al colletto del suo cappotto, lì dove ancora, si rese conto poco prima che potesse toccarlo, non aveva riattaccato la spilla dell'Ordine, lasciando alla mercé degli occhi altrui i fori creati dall'ago e una prova contro le sue bugie.

Rahat! (Merda!) Si trovò a pensare mentre le dita di lui percorrevano l'orlo dell'indumento verde che aveva indosso, sottolineando con evidente compiacimento l'errore commesso.

«Sapete, io dubito di poter competere con voi. E non parlo del fatto che siate l'ultima erede di una tra le stirpi di vânător più longeve e stimate dell'Ordine, ma proprio della vostra persona. Siete spigliata, colta e intrigante sotto certi punti di vista, ma avete anche un'innata riluttanza nel dare confidenza e lo sguardo di chi, a questa guerra tra sacro e immondo, sta volontariamente dando la propria anima. Mi vien naturale paragonarvi a una belva, anche se ciò si discosta molto dal vostro aspetto esteriore, eppure... è esattamente ciò che siete. E mia madre, Miss Bahun, molti anni fa mi ha insegnato di dover stare attento a quelli della vostra specie, perché possono mordere la mano che li ha sfamati.»

I loro occhi rimasero gli uni negli altri durante tutto il discorso, ma solo sul finale, in quell'ultimo sussurro che parve echeggiare per i corridoi dell'Istituto, Katarina avvertì un brivido risalirle lungo le gambe, la schiena e minacciare le guance - ma nonostante la fastidiosa sensazione non si fece intimorire; così avanzò, riducendo la distanza tra sé e Suzu a meno di una spanna. Poteva avvertire il panno del proprio cappotto sfiorare il panciotto dell'uomo, il calore umano del suo corpo, gli occhi di Julius Terry e della povera novizia ancorarsi alle loro spalle, eppure rimase ferma.

Senza inibizioni o rispetto delle buone maniere, la donna si spinse in punta di piedi e tese il collo verso il viso dell'esorcista, incontrandone il respiro: «Curioso come vostra madre non vi abbia anche insegnato che mettere piede nel territorio della belva vi porti inesorabilmente incontro a spiacevoli conseguenze.» Un sorriso maligno le tese le labbra: «Se prima temevate un semplice morso, mio caro Suzu, ora dovreste preoccuparvi di non essere sbranato.» Soffiò poi, poggiando nuovamente i tacchi sul pavimento.

L'uomo rimase qualche istante in silenzio, quasi ammaliato. Sembrava non aspettarsi una simile risposta, ma ridestandosi, un po' come dopo una trance, ricambiò l'espressione di lei con altrettanta malizia. 
«Come ho detto, siete una persona interessante, Miss Katarina Arànka Bahun, ed io non vedo l'ora di vedervi all'opera e scoprire le trame che state tessendo qui a Londinium» a quel punto fece un paio di passi indietro. Tra di loro tornò spazio a sufficienza da permettere ai muscoli di rilassarsi appena, ma la cacciatrice rimase comunque all'erta - non le aveva giustappunto dimostrato di essere, almeno a parole, più temibile di quanto le aveva fatto credere per tutta la giornata? Ebbene, fin quando non lo avesse visto in azione avrebbe dovuto stare attenta, soprattutto viste le premesse. 

L'orientale si afferrò il cappello e lo alzò appena, chinando la testa. I dreadlock scivolarono accanto al viso, penzolandogli ai lati come stalattiti scure: «Ma con mio grande dispiacere non è questo il momento e, per ora, vi posso solo augurare un buon riposo fino al nostro incontro di stasera. Saremo qui fuori ad attendervi per lo scoccare delle otto.»

Nessuno aggiunse altro: la novizia forse troppo sconvolta da ciò che i suoi occhietti innocenti avevano visto, Lord Julius per mera comprensione della situazione - o muto compiacimento. Così Katarina osservò il collega muoversi a ritroso, raggiungere il compare e poi richiudersi il portone alle spalle, sparendo dalla sua vista.
Rimase immobile per qualche momento, osservando il legno perfettamente conservato, le cinghie e le serrature di metallo che dividevano il mondo dalle Sorelle Velate, poi tra i pensieri aggiunse: finalmente sola. O quasi, visto che né la tensione accumulata in quei pochi minuti, né la mocciosa al suo fianco vollero saperne di dissolversi con quei due  e, prima di rimettersi in cammino verso quella che sarebbe stata la propria stanza e l'agognato riposo, buttò la testa all'indietro concedendosi un profondo, sonoro, sospiro.

Sarà un lunga permanenza.


 
   
 
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