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Autore: Moonlight_Tsukiko    09/10/2020    2 recensioni
Eren Jaeger sogna di vivere in un mondo dove sua sorella è ancora viva e di non dover usare le sue preziose strategie di adattamento per provare qualcosa che non sia dolore. Ma la vita ha il suo modo per distruggere tutto ciò che vi è sul suo cammino, ed Eren si ritrova in una spirale dalla quale non sembra uscirà molto presto.
Come capitano della squadra di football della scuola superiore Shiganshina, Levi Ackerman sembra essere la colonna portante per i suoi compagni di squadra. Ma quando non è in campo e non ha indosso la sua maglia sportiva, diventa semplicemente Levi. Levi Ackerman forse sarà anche in grado di aiutare le altre persone, ma Levi certamente non può difendersi dallo zio alcoldipendente.
Nessun altro ha provato il loro dolore, nessun altro ha vissuto ciò che hanno vissuto loro, e nessun altro potrà mai capirli. Ma tutto cambia una volta che si stabilisce una relazione non convenzionale che li forza a mettere a nudo tutte le loro cicatrici.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Berthold Huber, Eren Jaeger, Jean Kirshtein, Levi Ackerman, Marco Bodt
Note: AU, OOC, Traduzione | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate
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Go Ahead and Cry, Little boy
Capitolo 20

Levi

Eren non mi guarda negli occhi da almeno un’ora.

Mi mordo l’interno della guancia e gioco con un filo dei miei jeans strappati. Indosso di nuovo la maglia, per fortuna. Non credevo di poter sopportare gli occhi di Eren sui miei lividi ancora per molto. Ha uno sguardo spento che non sono riuscito a decifrare all’inizio, ma ora so di cosa si tratta.

Rabbia.

L’ho visto arrabbiato prima d’ora, certo, ma mai così tanto. È terrificante e mi trovo a sperare che non dovrò mai più vedere qualcosa di simile.

“Ehi,” lo chiamo con voce un po’ rauca dal disuso; finalmente mi guarda. Resisto all’impulso di sospirare di sollievo e forzo un sorriso. “Devo tornare a casa.”

Eren si acciglia. “Ti farà di nuovo del male.”

Scuoto la testa.

“Nah. Sono a posto per la settimana.”

Eren mi lancia un’occhiataccia e il mio sorriso sparisce immediatamente. Mi passo le dita tra i capelli e sospiro. 

“Dimenticati tutto, Eren.”

“Mi stai prendendo in giro?” Chiede sollevando un sopracciglio e improvvisamente mi sento stupido. “Vuoi che dimentichi tutto. Va bene. Sicuro. Lasciami dimenticare che... che...” si allontana e si appoggia al muro. “Porca di quella miseria, Levi.”

“Starò bene.”

“Non è vero, e lo sai,” controbatte. Rido leggermente.

“Non puoi saperlo.”

“Ti sei guardato allo specchio ultimamente, Levi?”

Deglutisco e scrollo le spalle, cercando di apparire disinvolto, ma la verità è che sono tutt’altro che rilassato al momento. Mi sento teso, come un elastico che sta per rompersi e non sono sicuro di come liberarmi dal prurito che mi striscia sotto la pelle.

“E se non si fermasse?” Continua Eren, parlando con quel tono morbido, e mi chiedo dove sia andata tutta la sua solita irriverenza. “E se non si limitasse a picchiarti?”

Non so come rispondere. Stringo le labbra e spalle. Eren ride amaramente.

“Non ci hai mai pensato, vero?”

Probabilmente doveva essere una domanda, ma sembra conosca già la risposta.

“No, non l’ho fatto,” dico dopo alcuni attimi di silenzio. So che mi sta rimproverando, ma decido di non dire nulla. In fondo, non sta dicendo nulla di sbagliato. Avrei dovuto pensarci. Dovrei cominciare a preoccuparmi che le cose potrebbero degenerare in qualcosa che non lascerà solo un livido.

Ma non l’ho fatto. Non ci penso molto, tranne quando succede. Non penso al suo pugno fino a quando non mi tira un pugno. Non penso all’odore del whisky finché non mi urla in faccia. Non penso di essere debole finché non mi dice che lo sono. Non penso di essere morto finché non mi farà desiderare di esserlo.

“Perché-”

“Qual è il punto, Eren?” Chiedo stancamente. Tace, gli occhi socchiusi, ma mi lascia parlare. Ne sono grato. “Perché dovrei? Cosa diavolo farò se dovesse esagerare? Hai visto i fottuti lividi. Sono sicuro che puoi capire cosa faccio quando mi colpisce.”

Eren guarda il letto. Rilascio un respiro traballante. Riesco a sentire il battito del mio cuore martellarmi nelle orecchie. Provo a soffocare il suono e sbatto la testa contro il muro. Stringo la mascella e mi aggrappo al tessuto dei miei jeans abbastanza forte da far diventare bianche le nocche.

“Vuoi sapere perché non reagisco, vero?” Chiedo lentamente. “Vuoi sapere perché resto fermo e mi faccio colpire, giusto?”

“No, Levi,” dice Eren. Non sembra pronto per sentire la risposta, ma non mi interessa.

Voglio che lo sappia. Voglio che sappia perché. Ma non perché possa capirmi meglio. È perché sono stufo di pensare senza avere la possibilità di dire cosa mi passa per la testa. Voglio che qualcuno lo sappia.

“È mio zio,” dico. “Non solo. Il fratello di mia madre. L’ultima fottuta cosa che ho di lei è qualcuno che mi odia nel profondo.”

“Santo cielo,” sospira Eren e io rido in modo condiscendente.

“Lo so. Un pensiero stupido, no? Qualcuno lassù vuole rovinare tutta la mia vita.” Deglutisco e scuoto la testa. “Ho rovinato la vita di mia madre. Aveva dei sogni. Voleva fare molte cose. Ma poi sono arrivato io e ha dovuto mettere da parte tutto quanto per uno stupido moccioso non voluto.”

“È quello che fanno i genitori,” dice Eren, con voce dura e io sbuffo. “Dedicano tutto ai figli. Non le hai rovinato la vita, cavolo, stava solo…”

“Mio padre non l’ha fatto. Non ha messo tutto da parte per me. È salito sul primo aereo disponibile per tornare a casa non appena ha saputo che da lì a nove mesi qualcuno lo avrebbe chiamato papà.”

“Levi-”

“Ecco perché,” dico rauco. “Ecco perché non dirò nulla. È tutto ciò che mi rimane, Eren. È così sbagliato voler restare? È così sbagliato per me voler aggrapparmi all’ultima parte di mia madre?”
 
“Meriti di meglio,” dice Eren, fissando intensamente qualcosa sul letto e trovo che devo distogliere lo sguardo dall’espressione intensa sul suo viso.
 
“Tu dici?” Mormoro. “Non sono molto diverso da lui. Ricordi cosa ti ho fatto quel giorno nello spogliatoio? Non stavi dicendo niente che non fosse vero. Ma mi ha fatto incazzare il fatto che avessi ragione. Mi ha fatto incazzare il fatto che potessi darmi del codardo nonostante tutti i miei sforzi per nasconderlo. Ecco perché mi sono scagliato su di te. Mi sono spaventato. Ma non mi hai mai fatto niente. Non te lo sei mai meritato. È stato più facile ferirti che ascoltarti.”
 
“Tu non sei lui, Levi,” risponde Eren. C’è un certo tono nella sua voce che non riesco proprio a capire. “Non sei per niente come lui. Lo sai, vero?”
 
“Forse,” dico. Mi sento esausto all’improvviso. “Nelle nostre vene scorre lo stesso sangue.”
 
“Questo non significa nulla,” sussurra Eren. “A volte non siamo le persone che pensiamo di essere. A volte siamo così diversi da far paura perfino a noi stessi, ma non c’è niente di sbagliato in questo. Non devi sempre adattarti a qualcosa.”
 
Sospiro. Eren ha la capacità di trasformare i miei pensieri in un pasticcio confuso in poche frasi o meno, e mi trovo a lottare per pensare a una risposta. Lo guardo per vedere che tipo di espressione ha sulla sua faccia. Mi guarda senza batter ciglio.
 
“Ti sei mai ascoltato?” Chiedo. “Hai mai seguito il tuo stesso consiglio?”
 
“Dovrei?” Domanda sorridendo; scrollo le spalle.
 
“Non lo so, dovresti?”
 
“No,” dice Eren. Lui scuote la testa. “Non ho bisogno di aiuto.”
 
Lo guardo attentamente. Supponendo che in realtà non sia tutto ammaccato come me, sta bene fisicamente. Ma c’è sempre stata un’aria strana intorno a Eren. È sempre puzza di dolore, qualcosa che ho imparato prima di parlare con lui, ma a scuola non gliene frega niente a nessuno. Non vedono dolore in qualcuno, perché non guardano nessuno in faccia. Vedono solo uno stronzo che cerca di rendere tutti gli altri infelici. Vedono una bella scopata quando sono ubriachi e disposti a divertirsi con chiunque abbia un bel viso. Vedono un ragazzo che non gliene frega niente della scuola perché sta cercando di essere figo, ma la verità è che la vita è stata molto più dura con lui rispetto ad altri.
 
O forse sto sottovalutando le capacità di osservazione dei miei compagni. Forse sanno che sta soffrendo. Forse è così ovvio che dovremmo essere tutti pazzi per ignorarlo. So che qualcun altro oltre a me può vederlo. Per forza. Ma questo non significa che a loro importa, giusto? Le persone guardano dall’altra parte quando vedono cose che non gli piacciono. È più facile, no? È più facile fingere che affrontare la verità.
 
Dovrei saperlo. Lo sto facendo da chissà quanto tempo.
 
“Giusto,” dico invece.
 
Non do voce ai miei pensieri perché non sono Eren. Non sono disposto a essere onesto, a dire cosa intendo senza preoccuparmi delle conseguenze. E forse lo invidio per questo. Non ha trascorso mesi a cercare di capire quali parole gli avrebbero impedito di essere picchiato. Non ha trascorso mesi a interiorizzare tutta questa merda perché ha paura di sconvolgere il precario senso di equilibrio che è finalmente riuscito a raggiungere.
 
Eren è la persona più vicina alla libertà che conosca e lo odio più di qualunque cosa abbia odiato prima. Odio la mia paura. Odio il fatto di non sapere come ottenere la mia libertà. Comprendere un pensiero e trasformarlo in vere e proprie parole, per me è difficile. Lui ha fatto molti più progressi di me; è su un altro livello. Un livello che non potrò mai raggiungere.
 
E diavolo, forse non dovrei.
 
Forse sono destinato a rimanere bloccato mentre lui va avanti. E Dio, perché diavolo dovrebbe stare con me? Potrebbe essere amico di chiunque desideri, stare con chiunque desideri, eppure... eccoci qui.
 
Eccomi, a vedere un Eren che nessuno a scuola avrà mai il piacere di osservare. Eccomi, a imparare cose su di lui che nessun altro saprà mai. Eccomi, a vagare ancora per comprendere la sua mente e imparare sempre qualcosa di nuovo. C’è un mare infinito di Eren: ciò che è stato, ciò che è, ciò che sarà e ciò che devo ancora vedere. È terrificante come sia diventato una parte di me, ha piantato radici così in profondità da non poterle estirpare. E cavolo, non voglio. Voglio essere egoista, farlo mio, ma… è impossibile.
 
È troppo per me.
 
Ecco perché sto pensando a tutto questo ora, no? Perché so che Eren è troppo dannatamente perfetto per essere mio. Sa di essere sexy, di essere attraente e cavolo, sono d’accordo. Ma ho finto di non saperlo. Perché si merita qualcuno migliore di me. Forse sono ridicolo o ci sto pensando troppo, ma quando mi aveva avvertito di non affezionarmi troppo a lui, mi ero già invaghito. Non è amore, probabilmente non ci vado nemmeno vicino, ma è qualcosa che mi avvolge il cuore, lo afferra fino a quando non fa male fisicamente, e io... cazzo, lo voglio.
 
Ma perché mi dovrebbe volermi lui? Io piaccio a molte persone a scuola, ma non mi conoscono. Mi vedono come il capitano della squadra di football. Questo è tutto ciò che sono per loro. Questo è tutto ciò che sarò mai per loro. E, onestamente, sono qualcos’altro oltre a quello? Quali altri talenti possiedo? A che serve essere il capitano di una squadra, se è tutto quello che sarai? Cosa diventi quando la squadra non è nei paraggi?
 
“Levi?”
 
Guardo Eren.
 
“Eren.”
 
Solca le sopracciglia prima di rilassarsi, la sua espressione si ammorbidisce e mi chiedo quanto devo essere patetico in questo momento.
 
“Resta.”
 
Questa è la terza volta che me lo dice, giusto? Questa è la terza volta che mi ha chiesto di restare. Perché vuole che io rimanga? Non è stufo di me? Non è stanco di sforzarsi così tanto di abbattere i miei muri? Qualcuno si è stufato in passato. Al primo anno di liceo, intendo.
 
Una ragazza di nome Hannah aveva una cotta per me. Non ero interessato e dopo un po’ non lo fu più nemmeno lei. Reiner ha detto che non voleva impegnarsi. Voleva una facile relazione liceale e sapeva di non poterla ottenere da me. Chissà con chi è uscita al posto mio, ma mi sorride ancora quando ci incrociamo per i corridoi. Ho sempre pensato fosse un po’ triste, come se le facessi pena o qualcosa del genere, o forse me lo sto inventando.
 
Non so perché Eren continui a provare. Non so perché non si arrende come ha fatto Hannah. Può avere chiunque voglia. I ragazzi a scuola possono dire ciò che vogliono sulla sua presunta personalità, ma non si può negare che Eren sia attraente. Tutti possono vederlo e ce ne sono così tanti che lo apprezzano.
 
“Perché?” Mi ritrovo a chiedere prima di pensarci. Eren non sembra sorpreso. In effetti, sembra che io abbia detto esattamente quello che si aspettava da me.
 
“Non voglio che…” comincia. La sua voce ha di nuovo quella qualità soffice e traspirante, e mi chiedo se ora è un buon momento per dirgli quanto mi faccia schifo. “Non voglio tu vada a casa.”
 
“Che mi dici dei tuoi genitori? E tuo fratello?”
 
“Cognato,” corregge e scuote la testa. “A loro non importa. Dirò che i tuoi genitori sono via e tu non hai la chiave. O che sono in viaggio d’affari.”
 
Deglutisco. Se non stessi cercando di non cadere a pezzi, forse avrei riso.
 
“Quale studente delle superiori non ha una chiave?”
 
“Non si sa mai,” risponde vagamente Eren. Si morde il labbro inferiore. “Voglio dire... a meno che tu non voglia tornare indietro.”
 
Penso a Kenny, buttato giù dalla poltrona con una bottiglia di Jack cullata sotto il braccio e provo a reprimere il brivido che si fa strada costantemente lungo la mia schiena.
 
“Non voglio,” ammetto con calma. Eren annuisce.
 
“Allora resta. Ti prego, Levi. Io…” Lo guardo mentre cerca di accumulare abbastanza coraggio per finire la frase, il sangue mi scorre veloce nelle vene. “Voglio che tu rimanga qui con me.”
 
Sospiro. Mi guarda speranzoso e tutto ciò che posso concentrarmi sono sui suoi occhi.
 
Verde.
 
Sono verdi e l’ho sempre saputo, ma non ci avevo mai prestato attenzione prima. Non sto prestando molta attenzione nemmeno a loro, ma non mi sono mai reso conto di quanto velocemente sono in grado di calmarmi solo guardandoli.
 
“Va bene, rimango,” mormoro, la mia voce si spezza mentre parlo ed Eren annuisce.

Si solleva da letto e, mentre lo fa, la sua maglietta di alza leggermente. Cerco di focalizzare l’attenzione su qualcos’altro.
 
“Puoi dormire sul letto,” dice, camminando verso l’armadio. Tira fuori una specie di materassino e lo lancia a terra. “Io dormo sul pavimento. Mi basta un cuscino.”
 
Lo fisso. Eren alza un sopracciglio.
 
“O no-”
 
“Condividiamo il letto,” sbotto prima di potermi fermare. La mascella di Eren si abbassa leggermente e quando vedo la sua espressione scioccata, sento che le mie orecchie iniziano lentamente a bruciare.
 
“Anche questa è… un’opzione,” dice Eren, massaggiandosi la nuca. “Voglio dire... Va bene. Sì.”
 
Annuisco rigidamente. Si gira di nuovo verso l’armadio e mi lancia un paio di felpe e una maglia.
 
“Puoi metterteli. Stasera laverò i tuoi vestiti. Puoi indossarli domani e ti darò una felpa con cappuccio o qualcosa per coprire la maglia. Così non sembra che tu abbia indossato la stessa cosa due volte, okay?”
 
“Va bene. Uh... grazie.”
 
“Di nulla,” dice Eren, e mi dedica il primo vero sorriso che gli ho mai visto fare.
 
Qualcosa dentro di me sembra esplodere, ma provo a non pensarci mentre mi alzo dal letto e prendo i vestiti.
 
“Il bagno è la prima porta a sinistra se preferisci cambiarti lì,” mi informa Eren, che ha già cominciato a togliersi i jeans e sento la gola seccarsi. Mi dà le spalle, e per questo gliene sono grato.
 
Non so come potrebbe reagire se dovesse scoprirmi a osservarlo. Probabilmente farebbe una battuta su come mi fa perdere il controllo. Alla fine si toglie i jeans e lo guardo calciarli in un angolo della sua stanza. I miei occhi sono incollati alle sue cosce, alla ricerca di qualsiasi tipo di segno scuro, ma non vedo nulla. La sua pelle bronzea è impeccabile, senza macchia alcuna, e mi ritrovo a emettere un forte sospiro.
 
Eren si volta, e stringo i vestiti che mi ha dato. Si guarda in basso prima di guardarmi di nuovo.
 
“Sono guariti.” Annuisco.
 
“Bene,” dico, sorridendo. “Avrei dovuto prenderlo a calci in culo se li avessi visti di nuovo.”

Mi aspetto una sua risata, che alzi gli occhi al cielo o qualcosa del genere, ma non succede nulla. Mi guarda, la testa inclinata di lato, e so che mi sta studiando attentamente.
 
“Cosa c’è?” Chiedo, imbarazzato; scrolla le spalle.
 
“Niente. Vattene da qui, spione.”
 
Ah, eccolo. Il buon vecchio Eren Jaeger appare finalmente. Alzo gli occhi al cielo e cammino verso la porta.
 
“Per favore. Non c’è niente che valga la pena guardare.”
 
“Scusa se non siamo tutti muscolosi,” dice dolcemente e ho l’improvviso bisogno di lanciargli qualcosa.
 
“Mi stai facendo mettere in discussione la nostra amicizia. Ancora.”
 
“Come sei scortese,” dice e in un’esibizione di pura immaturità, gli faccio la linguaccia. Tutto quello che riesco a sentire mentre chiudo la porta alle mie spalle è la sua risata.
 
Non ho mai sentito un suono migliore in vita mia.
 
 
***

“Levi? Levi, svegliati.”
 
Apro gli occhi. La prima cosa che vedo è il soffitto. Mi ci vogliono alcuni secondi per capire dove sono. Penso agli eventi precedenti della giornata e gemo piano. Guardo Eren, che è appoggiato sul gomito accanto a me. La lampada è accesa e diffonde un bagliore morbido e caldo.
 
“Che succede?” Chiedo con voce rauca e si morde il labbro inferiore.
 
“Stai bene?”
 
“Perché non dovrei?” Mormoro, allontanando i capelli dalla fronte. Eren si acciglia.
 
“Ti stavi agitando nel sonno,” spiega. “Pensavo stessi avendo un incubo.”
 
Un incubo, eh?
 
Non ne ho più avuti da quando è morta mia madre, ma immagino sia un buon momento come qualunque altro per averne uno. Mi strofino gli occhi e tengo le dita premute sulle palpebre per alcuni secondi. La pressione mi distoglie dai battiti del mio cuore. Mi sento un po’ umido e mi rendo conto di essere madido di sudore.
 
“Fai spesso incubi?” Domanda. Scuoto la testa.
 
“Non ne ho da un bel po’ di tempo, in realtà,” rispondo.
 
“Vuoi che ti porti dell’acqua?”
 
“No,” dico, scuotendo la testa. Ho un po’ di sete, ma non voglio disturbare Eren. Sta già perdendo ore sonno a causa mia.
 
“Sei sicuro?”
 
“Sto bene, Eren,” sottolineo. Annuisce lentamente e si allunga per spegnere la lampada. La stanza è di nuovo immersa nell’oscurità.
 
Appoggio le braccia dietro la testa e fisso il soffitto. Non riesco a vedere nulla, ovviamente, ma non voglio continuare a guardare Eren. Sarebbe inquietante, anche se l’oscurità lo nascondesse.
 
“Ehi,” mi chiama, e mi domando se lui è una di quelle persone che non riescono a dormire dopo essersi svegliate. Probabilmente è così, considerando come sembri completamente sveglio. 
 
“Mhm?”
 
“Sei ancora sveglio?”
 
“Sfortunatamente.”
 
“Merda, scusa. Sto zitto.”
 
“Che c’è, Eren?”
 
“Grazie,” dice. “Per essere rimasto, intendo. Sono contento che tu sia qui.”
 
Penso al suo calore accanto a me. Penso ai suoi respiri morbidi, al modo in cui le nostre spalle si toccano perché il materasso è troppo piccolo per consentire qualsiasi tipo di spazio personale. Penso al modo in cui ci siamo abbracciati l’un l’altro quando gli ho parlato di Kenny, al modo in cui ha pianto e mi ha permesso di consolarlo. 
 
“Anche io sono contento,” ammetto. Non è la cosa più sconvolgente che ho detto stanotte, ma riesco a sentire il respiro di Eren bloccarsi. “Sono contento che tu abbia voluto che rimanessi.”
 
“Chi altri vorrei qui?” Domanda retoricamente.
 
Non rispondo e mi giro dalla sua parte per guardarlo. Deve avermi sentito girarmi, perché fa lo stesso. Stiamo respirando la stessa aria adesso, essendo abbastanza vicini da poter sentire ogni suo respiro, e mi chiedo se possa sentire anche il battito frenetico del mio cuore. 
 
Non sono sicuro di chi di noi si muova per primo, ma all’improvviso ci stiamo baciando. Non so come abbiamo fatto a non mancarci, ma non ci rifletto troppo e chiudo gli occhi, avvolgendo le sue labbra con le mie. Lui ansima contro la mia bocca quando gli afferro la maglia per avvicinarlo. Lui porta la mano tra i miei capelli tirandoli un po’, per poi allontanarsi per respirare.
 
“Ti ho mai detto che ho un debole per i biondi?” Chiede. “Beh, no, in realtà, ma le cose sono cambiate.”
 
“No,” rispondo e mi avvicino per baciarlo di nuovo a stampo. “Ma grazie per l’informazione.” 
 
Ci siamo calmati ora, i nostri tocchi sono meno disperati, meno affrettati. Gli accarezzo lentamente il braccio, notando la pelle d’oca dove lo tocco. Abbiamo abbandonato i baci a favore di tenere i nostri volti vicini, abbastanza vicini che giuro di poterlo sentire sbattere le palpebre.
 
“Sai,” comincia. “Non immaginavo così il mio primo bacio.”
 
“Primo bacio?” Ripeto.
 
“Non ho mai baciato nessuno,” dice, e mi chiedo che tipo di espressione stia facendo in questo momento. “I baci sono... molto intimi. Non esattamente il tipo di emozioni che voglio dare a qualcuno che scopo per divertimento.”
 
Deglutisco. Non mi dà fastidio che Eren abbia fatto sesso con delle persone. Non nel senso che ne sono disgustato. Può fare tutto ciò che vuole con il suo corpo. È suo. Non ho il diritto, così come nessun altro, di giudicarlo.
 
Ma sono solo... sorpreso. Non pensavo facesse una distinzione del genere, ma immagino sia perché non gliel’ho mai chiesto. Non mi piaceva quando parlava di sesso. Non che sia inesperto, ma… non l’ho mai pensata in questo modo. Qualcosa di cui poter parlare liberamente, intendo. L’unica volta che ho fatto sesso era con una cheerleader di un’altra scuola e il pensiero di fare qualcosa di così intimo con qualcuno di cui non mi fregava nulla, mi faceva venire il mal di stomaco. Per fortuna lei ha capito, ma è una decisione di cui mi pento ancora oggi.
 
“Wow,” dico, cercando di elaborare ciò che mi ha detto, e lui ride.
 
“Scommetto davi per scontato che avessi già baciato qualcuno, ormai.”
 
“Forse,” rispondo, e quando si irrigidisce nella mia presa, faccio scivolare la mia mano sulla sua vita e lo stringo. “Ehi, non ti sto giudicando.”
 
“La gente lo faceva il primo anno di superiori,” spiega lentamente. “Non l’ho mai detto a nessuno. Historia era la mia migliore amica e non l’ha mai saputo…”
 
“Non ha mai saputo cosa?” Chiedo, anche se ho paura della risposta.
 
“Che ero facile. Mi divertivo un sacco con le persone e all’improvviso non ero niente più che facile. Poi più persone hanno iniziato a fare festa e cose simili, ed ero diventato proprio come tutti gli altri. Solo un altro ragazzino arrapato e ubriaco. A nessuno importava se mi volevano. Solo quando non li volevo io, hanno cominciato a insultarmi.”
 
“Che si fottano,” dico all’istante. “A chi importa cosa pensano? Sono solo degli stronzi.”
 
“Lo so,” dice Eren, intrecciando le gambe alle mie. “Non so perché te l’ho detto.”
 
“Sono contento che tu l’abbia fatto. Probabilmente avevi bisogno di togliertelo dal petto.”
 
“Forse,” sussurra Eren. Non dice nulla per un po’ e mi chiedo se si stia addormentando. Si schiarisce la voce e si sposta leggermente. “È una strategia di difesa. Mi distrae. Non sono disperato o qualcosa del genere. È che… non voglio sentire niente. Voglio scappare da tutto.”
 
“Va tutto bene, Eren,” dico, e intendo le parole più di ogni altra cosa. “Non userò quest’informazione contro di te.”
 
“Non va bene,” insiste. “È tutto vuoto. Non significa niente. Ma continuo a provare. Come se improvvisamente le cose cambieranno e starò bene. Ma non succederà. Rimango bloccato nei miei stessi sentimenti, e sono stanco di tutto questo.”
 
“Tuttavia, puoi provare,” dico. “Puoi provare qualcosa per renderti felice. E se non funziona, puoi continuare a provare finché non trovi qualcosa che funzioni. Meriti di essere felice.”
 
Rimane in silenzio. Mi sento stranamente a mio agio, più di quanto non sia mai stato, e mi chiedo quanto di quella sensazione sia legata a Eren.
 
“Tu sei diverso dagli altri, lo sai, vero?” Chiede divertito e io scrollo le spalle.
 
“Ci provo.”
 
“Grazie comunque. Per averlo detto, intendo.”
 
“Lo penso davvero,” dico fermamente. “Ogni parola. Ci credo davvero in tutto questo, Eren.”
 
Tace di nuovo. E poi, prima di poter aggiungere qualcos’altro, mi bacia dolcemente. È più un bacio a stampo che altro, ma mi fa battere il cuore più veloce di prima.
 
“Buonanotte, Levi.”
 
Mi mordo il labbro per impedirmi di sorridere, grato che la stanza sia attualmente avvolta nell’oscurità.
 
“Buonanotte, Eren.”
   
 
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