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Autore: ShanaStoryteller    09/10/2020    1 recensioni
Una raccolta di storie brevi che dipingono una nuova versione dei miti antichi.
O:
Quello che accadde a Icaro dopo la sua caduta, come Ermes e Estia si immischiarono e salvarono l’umanità e di come Ade voleva solo schiacciare un pisolino.
Genere: Dark, Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Afrodite/Venere, Ares/Marte, Era/Giunone, Poseidone/Nettuno
Note: Lime, Raccolta, Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Avevano tutti abbandonato i loro doveri, il mondo era cambiato e loro non erano più necessari come lo erano un tempo.

Tutti tranne loro tre, i più potenti tra gli dèi.

Zeus, testardo, era rimasto sul Monte Olimpo ormai abbandonato. Perfino Era lo aveva lasciato, si era liberata delle sue catene e della corona in un colpo solo.

Ade viveva come aveva sempre fatto. Forse non avrebbe neanche notato che le cose erano cambiate se non fosse stato per la nuova libertà di Persefone, che le permetteva di passare tutti i mesi dell’anno con suo marito.

Poi c’era lui.

Poseidone sedeva sul suo trono nel fondo del mare, impaziente come non ricordava di essersi sentito mai. Anfitrite sospirò dal suo posto al suo fianco, poi si alzò e lo fronteggiò. “Forse è giunto il tempo.”

“Di che parli?” Sbottò lui, anche se conosceva la risposta.

Lei gli sorrise, dolce ed esasperata e forse anche leggermente intenerita dopo tutti quegli anni. “Sapevi che non sarebbe durata per sempre. Lo sapevamo entrambi.”

Lui si premette una mano al petto, ed era fatto di mare, non avrebbe dovuto provare paura. Eppure la provò. “Non ricordo l’uomo che ero prima di diventare Re del Mare. Se… se tornassi a essere quella persona, non so cosa sarei, chi sarei.”
Anfitrite tese le mani verso di lui. Poseidone le prese, sentendosi come un bambino. “So perfettamente chi sarai e cosa farai. È tempo, Poseidone.”
Non l’aveva mai amata, non poteva amarla. Ma era stata sua compagna fedele per quasi tutta la sua vita e teneva a lei, per quanto fosse capace di tenere a qualcuno. “Cosa ne sarà di te?”

“Non ti riguarda,” disse lei, “ma sarò quello che sono sempre stata: il mare.”

Con un solo artiglio si aprì il petto e dentro era tutta di un verde scuro, a eccezion fatta di un cuore rosso e palpitante. Lui sospirò e spezzò un pezzo del suo trono per fare lo stesso al suo petto. Tanto non gli sarebbe più servito.

Estrasse la massa fredda e scura che aveva in sé e lo ripose al sicuro nel petto di lei. La sua pelle si rimarginò e impallidì, e il calore nei suoi occhi si spense. Gli infilò il cuore pulsante nello sterno, e la pelle di Poseidone guarì con la stessa velocità di quella di lei.

Non si era reso conto di quanto era stato freddo fino a quando non sentì di nuovo calore, come se un falò nel suo petto lo stesse riempiendo, scaldandogli la pianta dei piedi e la punta delle dita. La marea di rimorso e amore e felicità e tristezza per poco non lo travolse; tutte le emozioni che aveva provato solo come un eco lontano ora lo schiacciavano.

Ma nonostante tutto, capì subito che qualcosa non andava.

“Questo non è il mio cuore.” Disse, e funzionava come il suo cuore, con emozioni e sentimenti, ma non era il suo, non era il cuore che aveva ceduto ad Anfitrite per potere molto tempo prima.

“No,” confermò lei, “non lo è.”

Sembrava quasi sorridere.

Avrebbe voluto interrogarla, esigere risposte nonostante sapesse bene quanto fosse inutile chiedere qualunque cosa al mare. Ma prima che ne avesse la possibilità venne rigettato sulla spiaggia, ed era abbastanza saggio da non cercare di tornare da lei per chiedere risposte che non voleva dargli. Non credeva che l’avrebbe ucciso, ma non voleva neanche scoprirlo.

Osservò gli edifici incredibilmente alti di fronte a lui, la città di vetro che si spandeva dalla fine della spiaggia, lì dove una volta c’era solo una… c’era una… una capanna.

“Ceneo.” Esalò, e scomparve l’attimo dopo.

***

Conosceva bene gli ingressi per gli Inferi; anche quando il mondo cambiava e si spostava, loro no. Ci impiegò un niente ad arrivare al fiume Stige con Caronte di fronte a lui. “Non sei morto.” Disse il traghettatore, con disapprovazione.

“No.” Disse lui. “Convoca Ade, devo parlargli. C’è qualcuno qui con cui… qualcuno che io… qualcuno.” Terminò, ed erano passati migliaia e migliaia di anni da quando aveva tenuto Ceneo tra le braccia, ma non importava. Il cuore nel suo petto era un cuore capace di amare e amava Ceneo proprio come quando era un dio implume senza un dominio.

Caronte non aveva un volto che Poseidone poteva vedere, ma ebbe comunque l’impressione che lo stesse deridendo. “Gli Inferi ospitano molti qualcuno.”

“Chiama Ade.” Disse, basso e minaccioso, e le acque dello Stige ribollirono d’ira ai suoi sentimenti. Poteva anche non essere più Re del Mare, ma ne era ancora il dio, e uno potente per di più. Caronte arretrò di un passo; non rideva più, ma non sembrava neanche volerlo aiutare.

Ci fu un mutamento nell’aria e una giovane donna apparve davanti a loro. La sua pelle era scura come le acque del fiume e i suoi occhi erano grigi come la sua schiuma. “Chi osa disturbare il mio fiume?” Domandò la dea Stige. Lui incontrò il suo sguardo e lei aprì la bocca per lo stupore. “Poseidone? Cosa ci fai qui?”

“Non è Poseidone.” Disse Caronte. “Non ha l’aria di un re.”

Avrebbe voluto tirarsi uno schiaffo da solo. Caronte era cieco.

Stige inarcò un sopracciglio. “Sembra che il tempo abbia avuto la meglio. Il Re dell’Oceano non esiste più.” Gli girò intorno come un predatore accerchia la preda. “C’è qualcosa di diverso in te.”

“Stige, mia signora,” disse a denti stretti, “vi prego. Convocate mio fratello, devo parlargli. Sto cercando qualcuno.”

Lei scosse il capo. “Non posso. Lui ed Ecate stanno espandendo il reame quest’oggi. Non possono essere disturbati.”

A Poseidone non importava dell’ossessione di suo fratello per il rinnovo degli interni, ma non lo disse. “Persefone, allora.”

“Al momento, la Signora è tra i mortali.” Disse Caronte.

Poseidone strinse le mani a pugno. Sapeva che erano passati migliaia di anni e che un po’ di tempo non avrebbe fatto la differenza. Ma ne aveva già perso così tanto. Non voleva perderne ancora.

Stige sospirò, come se lo considerasse un problema. “Tanatos,” disse, colloquiale, “ho bisogno di te.”

Ci fu un altro mutamento nell’aria e una figura familiare apparve di fronte a lui. “Cosa ti serve?” Le chiese il dio della morte, con inchiostro sulle mani e spalmato sulla fronte. “Sono occupato.”

“Icaro.” Disse Poseidone. Gli era difficile provare rimorso per le azioni che aveva compiuto con il cuore di Anfitrite nel petto. Lo voleva e quindi lo aveva preso. Così era la natura del mare. Eppure, c’erano molte cose che aveva fatto e che non avrebbe fatto se avesse avuto il suo cuore. Gli anni con Icaro rientravano tra quelle.

Non gli aveva mai detto no, non l’aveva allontanato né si era arrabbiato con lui. Ma se Poseidone avesse avuto il suo cuore, avrebbe compreso che quella vita non era ciò che il giovane avrebbe voluto.

Icaro aprì la bocca, ma la richiuse subito. “Poseidone.” Lo salutò, cauto. “In cosa possiamo aiutarti?”

“Sto cercando un mortale. Il suo nome è Ceneo, la mia magia dovrebbe essere rimasta su di lui. È morto… molto tempo fa, presumo. Non so quando, con esattezza.”

Lo sguardo di Icaro si fece distante mentre ripassava mentalmente la lista dei morti. Sbatté le palpebre, poi scosse lentamente il capo. “Ci sono molti nel nostro regno che hanno come nome Ceneo, ma nessuno che sia stato toccato da un dio.”

“Impossibile. L’ho trasformato io stesso. La magia dovrebbe essergli rimasta addosso, anche nella morte.” Disse.

“Sì,” concordò Icaro, “ma non si trova nel nostro regno, il che significa che non è tra i morti. Questo tuo Ceneo è ancora vivo.”

“Impossibile.” Ripeté, ma più piano quella volta. Si premette una mano allo sterno, dove il cuore che non era suo batteva.

Stige rise e si avviluppò a Caronte, che la tollerò. “Poseidone, niente è impossibile.”

***

Poi, andò da Afrodite. Si vestiva come una mortale, con occhiali di cui non aveva bisogno e un vestito troppo corto per il gusto mortale del tempo. Era accoccolata su una sedia a leggere e abbassò lentamente il suo libro per guardarlo. “Dunque le voci sono vere.” Disse, infine. C’era qualcosa di simile alla compassione sul suo volto. “Tutti dicevano che eri cambiato da quando sei diventato dio del mare. Nessuno ha mai saputo che il motivo era che avevi perso il tuo cuore.”

“L’ho scambiato, a dire il vero,” disse lui, “e non volevamo che si sapesse. Non è per questo che sono qui.”

Lei inarcò un sopracciglio. “Oh?”

“Ho bisogno del tuo aiuto.” Si picchiettò il petto. “Nemmeno questo è il mio vero cuore. Ho bisogno del tuo aiuto per ritrovare l’uomo a cui appartiene.”

Lei chiuse il libro e lo appoggiò, gli occhi che le brillavano per l’interesse. “Molto bene, zio. Farò del mio meglio.”

***

Afrodite lo trovò. Giunsero a una piccola casa che sporgeva dal bordo di una scogliera, con il mare che si apriva al di sotto, ribollente. C’era un uomo sul ciglio che manipolava appena le onde con un movimento delle mani, spingendo e tirando. “Non sapevo che conoscessi Glauco.” Disse lei. “Come mai hai il suo cuore?”

Glauco. Un dio minore del mare che si prendeva cura dei marinai dispersi. “Il suo nome è Ceneo.” Disse, allontanandosi da lei nel mentre.

“Buona fortuna!” Urlò lei, prima di tornare alla sua casa e al suo libro.

Si avvicinò a lui lentamente, senza sapere cosa aspettarsi. Rabbia, di certo. Forse un litigio. Forse se avesse lasciato che Ceneo lo picchiasse, sarebbe stato più predisposto ad ascoltarlo. “Ehi.” Disse, quando fu solo a un paio di metri da lui, preparandosi a… qualcosa.

Ceneo si fermò, voltandosi per guardarlo. Spalancò gli occhi e mosse un passo verso di lui, esitante. “Poseidone. Sei… sei… hai.” Si fermò e allungò una mano, premendola sul petto di Poseidone. “Cosa c’è qui dentro?”

“Il tuo cuore.” Gracchiò lui, e allungò una mano, tremante, premendola contro lo sterno di Ceneo. “Come qui c’è il mio cuore.”

“Puoi averlo.” Disse, facendo un altro passo in avanti, e il sole si riflesse nei suoi occhi illuminandoli d’oro. “Lo stavo solo tenendo al sicuro per te.”

Fece per toccarsi il petto, ma Poseidone gli prese la mano. “No. Senza il mio cuore, morirai.”

Ceneo sorrise. “Non ha importanza. Ho aspettato che tornassi a prenderlo e ora sei qui.” Il suo sorriso si fece più tenue. “Mi bacerai, prima? Va bene?”

Poseidone lo tirò a sé e premette la fronte contro la sua. Sentì le braccia di Ceneo cingergli la vita e qualcosa dentro di lui scattò al posto giusto. “No.” Sussurrò, e Ceneo si irrigidì. “Terrai il mio cuore perché ti appartiene. Da sempre.” Si scostò per baciargli la guancia, odorando il sale delle lacrime che Ceneo era sul punto di versare. “Non avrei dovuto cederlo ad Anfitrite. Non era mio, non potevo scambiarlo.”

“Allora terrai il mio,” disse, e tremava, “perché ti appartiene da altrettanto tempo.”

Allora, Poseidone lo baciò. Ceneo si sciolse contro di lui e, per la prima volta, un vero raggio di sole di felicità gli fiorì nel petto.

Quello era l’inizio del resto della loro vita insieme.

   
 
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