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Autore: NyxTNeko    11/10/2020    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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L'attacco si dimostrò fin da subito molto duro, gli alleati non lasciavano tregua al nemico, erano decisi, come i francesi, ad abbatterli e a ristabilire l'ordine, l'equilibrio brutalmente spezzato dal 1789. Gli inglesi, in particolare, temevano per il loro impero, gli oltremanica si stavano dimostrando caparbi nel voler proseguire la strada della rivoluzione. O meglio, la maggior parte del popolo francese, alcuni già stavano tornando ad intonare canti monarchici e a pregare il ritorno dei Borbone.

Tra questi vi erano gli abitanti di Tolone, i quali si erano gentilmente consegnati, pur sapendo delle terribili conseguenze che un simile gesto significava e comportava. Ciò che avevano compiuto era un vero e proprio tradimento, che avrebbero pagato con la vita se i francesi avessero vinto. Naturalmente erano sicuri della loro disfatta se non a Tolone, quantomeno ci sarebbe stata da altre parti, un solo Stato non poteva resistere a lungo contro l'Europa intera, specialmente con i miseri mezzi di cui avevano a disposizione. "Non c'è nemmeno collaborazione tra governo ed esercito, come sperano di vincere?" Si burlavano di loro, pur tenendoli d'occhio.

Negli ultimi giorni, infatti, i repubblicani avevano rinforzato le loro difese, specialmente l'artiglieria. Compresero che dovevano attaccare lì con maggiore forza ed energia. Napoleone non si lasciò spaventare dalla loro veemenza, anzi, era ciò che voleva, desiderava, per fare scattare il suo piano e vendicarsi. L'onta personale non sarebbe rimasta impunita. "Più agiranno con violenza, facendo la voce grossa, più la loro sconfitta sarà rumorosa e clamorosa, non aspettavo altro da loro" sorrise leggermente, evitando di mostrarlo ai suoi uomini, strinse leggermente i pugni ed ingoiò rumoroso la saliva. Non voleva allentare la tensione, se si fossero rilassati, non avrebbero potuto dare il massimo, sprigionare quella forza e quel coraggio capace di compiere le grandi e immortali imprese che riecheggiavano nei secoli.

"Gran parte delle persone non può immaginare, né contare quanta energia ci sia dentro l'umanità" rifletteva qualche giorno prima, mentre controllava i lavori con attenzione e severità, la memoria formidabile gli era davvero utile nella gestione e nell'organizzazione. "Ne ha così tanta che potrebbe cambiare il mondo a suo piacimento, con i sogni che nutrono l'anima di speranza, per questo i bambini sono instancabili, non dubitano di loro stessi e se lo fanno, sono pronti a ricominciare a sognare e a vedere il lato buono del mondo e degli uomini, crescendo, venendo a contatto con la durezza della vita, l'amarezza prende il posto dell'illusione e a poco a poco soffocano quell'energia, la reprimono, pensando solamente a sopravvivere, continuare meccanicamente ciò che considerano ancora vita" il passo era rapido come il suo pensiero "Io sono alla ricerca di quell'energia inesauribile, non solo nei miei soldati, ma anche in me stesso, a volte non la sento, altre volte la devo forzare" aveva sospirato profondamente, una volta lontano dai suoi.

Era riuscito a cavare da ogni singolo soldato e ufficiale una minima parte di quella forza d'animo, al momento era sufficiente per tenerli svegli e attenti contro il nemico, seppur leggesse nei loro occhi una paura angosciosa. Tuttavia non avevano intenzione di arrendersi alle difficoltà, come stavano facendo in quell'istante con i cannoni. Sotto i suoi ordini e dei suoi sottoposti, sparavano, senza esitare un istante, molti tremavano, li vedeva sollevare i calcatoi con una presa ondeggiante. Le palle di cannone squarciavano l'uniformità di quel cielo sempre uguale, avvolto dalle nuvole bianche, placide. Qualche fiocco di neve era caduto, ma non appena aveva toccato il suolo si era mutato in acqua, trasformando il terreno prima in pozzanghere di fango, poi, man mano che la terra si bagnava, in un vero e proprio pantano.

- Ricordate che un uomo d'armi è capace di combattere in qualsiasi condizione - rammentava costantemente il giovane corso, animato da un fuoco che quel giorno non passò inosservato. Nonostante fosse il clima gelido, il comandante dell'artiglieria pareva ardere, risplendere di luce propria come il sole, come le stelle del firmamento. Ed ecco che, al pari dei pianeti e dei satelliti, gli uomini accanto a lui, cominciarono a brillare di quella riflessa, riscaldati dal loro esempio - Non dimenticate mai la volontà che avete dimostrato in questi lunghi mesi, soldati, le armi non bastano a vincere le guerre, così come le strategie, se non c'è la forza degli uomini ad animarli, qualsiasi battaglia è vinta!

I soldati ricordavano, rincuorati dalla sua presenza. Anche se molto più giovane della maggior parte di loro, questi lo consideravano oramai un fratello minore, era un componente di quella famiglia vasta, apparentemente omogenea e incredibile che era l'esercito - Sì comandante - rispondevano all'unisono, inaspettatamente felici. Ricaricarono le bocche di piombo e ripresero ad attaccare con sempre più veemenza.

Napoleone corse lungo il confine della trincea e si sporse in avanti, seguito dai suoi aiutanti di campo, che non lo perdevano mai d'occhio, consapevoli della sua avvedutezza. Più di chiunque era esposto al pericolo, eppure l'idea di essere colpito in pieno o di morire falciato non lo scalfiva nemmeno, era un ipotesi altamente improbabile e assurda - Continuate così - urlò entusiasta, sguainò la spada, indicando il porto in lontananza - Stanno rallentando, non fate lo stesso! - All'improvviso, nel bel mezzo dello scontro, colto da un'illuminazione improvvisa, si fece consegnare la cartina, gli strumenti ed elaborò nuove disposizioni e altezze delle varie batterie, tentando di abbattere il morale degli avversari, che non avevano nessuna intenzione di mollare.

Armato di pazienza infinita Junot lo seguiva come un forsennato, spostandosi similmente ad un'ombra. Buonaparte, armato di cannocchiale, si era messo ad osservare i movimenti del nemico, che stava per tornare nuovamente all'attacco. Pur avendo gran parte del materiale bellico, era convinto che non fosse abbastanza per l'attacco decisivo che ci sarebbe stato dopo giorni di bombardamento incessante. Perciò decise di scrivere ancora una volta al commissario Saliceti e al Comitato di Salute Pubblica. Siccome la sua calligrafia era indecifrabile, decise di nominare Junot suo scrivano, il quale ne aveva una più che leggibile, limpida e pulita.

Nel mentre gli stava dettando le ultime frasi, una palla di cannone atterrò poco lontano dai due, spruzzando ad entrambi polvere e pietruzze. Napoleone si era coperto il viso con le braccia, ma subitamente si era preoccupato del suo compagno d'armi. Lo vide togliersi di dosso il tutto con una freddezza inaspettata - State bene? - gli chiese il comandante, allungò il collo verso l'aiutante.

- Bene - rispose prontamente, dopodiché gli porse il foglio ed aggiunse ridendoci sopra, con il suo solito spirito - Così non avrò bisogno di sabbia per asciugare l'inchiostro

Napoleone spalancò gli occhi stupefatto e ridacchiò a sua volta. Dopo quella manifestazione così stoica di ingegno e coraggio, il corso sentì, nel profondo, di volergli ancora più bene. Alla complicità e alla stima si aggiunse l'ammirazione. "Ho fatto proprio bene a renderlo mio aiutante di campo" si disse soddisfatto. Il suo sorriso era sincero, spontaneo.

A Junot non sfuggì il lampo che si era acceso negli occhi del suo superiore e ricambiò compiaciuto, aveva fatto breccia nel suo cuore, difficilmente sarebbe uscito dalla sua schiera di uomini a lui affini, ne era certo ormai. La battaglia, però, non permise di concedersi del tempo per rinsaldare le amicizie, non appena ebbe piegato la lettera per farla arrivare ai piani alti, ecco che ricominciava a correre dietro a Buonaparte.

Non pochi uomini caddero sotto i colpi di pistole e baionette, che accompagnavano i cannoni, degli uomini appostati alla strenua difesa del forte Mulgrave. Napoleone pensò bene di trasformare quel momento di probabile scoramento in desiderio di rivalsa e vendetta. Avvicinatosi alla batteria si chinò sui caduti coraggiosamente, per nulla turbato dalle probabili malattie che avrebbe contratto. Per un istante invidiò la loro fine, erano morti da eroi, senza lasciare le loro posizioni, chiuse delicatamente gli occhi di coloro che avevano visto la morte e ne erano rimasti inorriditi e ribattezzò quella batteria con il nome di 'Battérie des hommes sans peur'.

Quando si voltò scorse sui visi di ciascuno il terrore che la devastante dipartita dei loro compagni aveva generato, parecchi corpi era stati fatti brutalmente a pezzi, solo in pochi erano riconoscibili, uccisi da armi più piccole ma di certo non meno pericolose. Senza perdersi d'animo si fece spazio tra i cadaveri e raggiunse i cannoni, volendo dare l'esempio - Non è il momento di piangere i morti - emise solamente, sbatté le palpebre più volte - Il nemico non aspetta i nostri comodi - Sapeva che quelle parole potevano parere irrispettose e indelicate, ma non poteva permettere ai nemici di guadagnare tempo e terreno - Se la loro vita vi è a cuore, vendicateli! - aggiunse con più furia, nascose le lacrime che volevano scendere sulle guance scavate, anche per lui era doloroso vedere che dei suoi uomini, a cui si era affezionato, con cui aveva condiviso delle esperienze, erano morti.

Purtroppo si doveva andare avanti, era la vita ad imporlo, non si poteva lasciarsi sopraffare dai sentimenti oppure si veniva travolti, non avendo più la possibilità di riuscire a riprendere il controllo della situazione. Perciò afferrò un calcatoio e preparò il cannone rapidamente, fra lo stupore generale. - Siete o no degli uomini senza paura? - li spronò con tono duro - Oppure vi ho addestrati per nascondervi come conigli?! - gridò alla fine, guardandoli collerico. Gli aiutanti di campo si posero al suo fianco, dopo essersi fissarti in silenzio, annuendo.

A questi si aggiunse un terzo uomo, giovanissimo, il quale non aveva nessuna intenzione di essere considerato un codardo, non era entrato nell'esercizio e aderito alla rivoluzione per starsene in disparte. Non era nella sua natura restare a guardare e non fare nulla. Buonaparte, che lo aveva intravisto qualche volta tra i suoi uomini, essendo giunto da pochissimo tempo, distintosi per coraggio ed efficenza, lo seguì con lo sguardo, fino a quando se lo trovò di fronte - Géraud-Christophe-Michel Duroc al vostro servizio comandante - si presentò chinando leggermente il capo.

- Duroc... - ripetè sottovoce Napoleone, senza staccare gli occhi di dosso da quel giovane sottoufficiale che stava resistendo ai suoi grandi occhi grigi e freddi. Come il resto della combriccola, sapeva anche della vita di costui. Di nobili natali, da subito aveva intrapreso la carriera militare, allo scoppio della Rivoluzione era scappato via dalla Francia, salvo ritornarvi una volta cambiato idea, completando gli studi e raggiungendo il grado di luogotenente. In seguito si mosse per raggiungere Tolone per dare il suo contributo.

Rimase colpito dalla figura del comandante dell'artiglieria, non molto più anziano di lui, al contrario, nonostante i pochi anni di differenza gli sembrava addirittura un ragazzino, un adolescente. Eppure era riuscito a conquistare la fiducia e la stima di tutti i suoi sottoposti grazie al suo carisma innato. Duroc non voleva essere da meno e quando il maggiore aveva compiuto quel gesto, azionando il cannone di propria mano, aveva capito che bisognava dimostrare completamente il suo valore - Voglio essere ricordato come un uomo senza paura! - ribadì infine il giovane luogotenente poggiando la mano sul cuore.

Alla fine, animati da quell'audacia, i soldati tornarono alle loro postazioni e ripresero l'assalto, interrompendo la pausa che i nemici si erano concessi, illudendosi di aver vinto, abbattendo il morale dei loro nemici - Questi artiglieri francesi sono instancabili - si era lamentato uno spagnolo - Se non fosse per gli abbondanti rifornimenti di queste settimane, avremmo già finito la polvere da sparo e le munizioni - disse infine, conoscendo la precarietà degli avversari.

- Avete ragione - ridacchiò annuendo un sardo al suo fianco, spiccicando le poche parole di spagnolo che aveva avuto modo di imparare, assieme alle altre lingue con cui era venuto a contatto.

Metà della giornata era trascorsa così velocemente che quasi nessuno se ne accorse, l'attacco aveva tenuto impegnate le menti. Doppet guidava la fanteria con molta prudenza,  c'erano stati, tra le righe, degli esempi di coraggio senza pari, da entrambe le fazioni, ad indicare la dedizione e l'adesione a quegli ideali che consideravano degni per cui sacrificare le proprie esistenze.

Inoltre chiedeva costantemente informazioni al comandante dell'artiglieria, che non apprezzava le continue pause, iniziava a non tollerare questo suo atteggiamento impaurito, come se non avesse la volontà di andare fino in fondo, di provarci, di sbagliare. "Non sa che anche gli errori possono aiutare e permettere di migliorare una strategia?" Si chiedeva ogniqualvolta gli mandava la risposta, in cui lo invitò a lanciare l'ultimo attacco, quello che avrebbe deciso il futuro dell'assedio. Cominciò a sospettare che si trovasse in difficoltà o che non avesse idea di come e quando proseguire. Allontanò questo terribile presentimento che gli aveva provocato un brivido lungo la schiena.

Ritornò immediatamente dai suoi uomini, costatò le condizioni del nemico, era in difficoltà. Era giunto il momento tanto atteso, con cui avrebbero indebolito gli alleati. Erano praticamente accerchiati dall'esercito e dalle batterie, praticamente privi di uno sbocco per rifornirsi, sarebbero stati stretti in una morsa nel giro di una settimana. Quand'ecco che udì la tromba squillare in lontananza, gli artiglieri si fermarono e si chiesero l'un l'altro che cosa stesse succedendo e come mai stessero suonando la ritirata, ad un passo dalla vittoria - Non ne ho la più pallida idea, il generale Doppet dev'essere uscito di senno! - disse fra i denti  Marmont.

Napoleone non voleva credere che stesse accadendo di nuovo, come in Sardegna non molti mesi prima - Non può essere! Non di nuovo! - mormorò, le labbre sottili vibravano. Colto da uno scatto d'ira, cominciò ad imprecare in tutte le lingue che conosceva, camminando lungo la trincea senza una meta precisa, gesticolando agitato - Dannazione, mancava poco, così poco! Se lo prendo lo ammazzo, altro che portarlo davanti ad un tribunale militare! - Junot allungò le mani lentamente, cercando di placarlo.

Non poteva dargli torto, avevano fatto tanta fatica, erano morti molti soldati per arrivare ad un risultato che non c'era stato - Il nostro colpo a Tolone è mancato perché un coglione ha suonato la ritirata! - disse sul punto di piangere.
Si mise le mani al volto, trattenendo un urlo disperato, doveva ritrovare la calma, con grande difficoltà. Fece un profondo respiro, apparentemente rabbonito, diede ordine di tornare indietro, regalando una vittoria agli alleati che si vedevano già spacciati. "Se non potrò ucciderlo, farò in modo che venga sostituito immediatamente e con uno davvero competente, questa sconfitta ha praticamente rinforzato la sicurezza del nemico, bisogna agire in fretta oppure davvero sarà davvero la fine per noi" riflettè dopo aver riacquistato lucidità, seduto sulla panca, osservando il cielo farsi velocemente scuro e lasciar spazio al buio, ad una notte senza stelle. Lo spicchio della luna, sfuggente, rivelava e celava la sua tacita risata beffarda. 








 

 

   
 
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