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Autore: manpolisc_    11/10/2020    1 recensioni
•Secondo libro della trilogia•
Sharon Steel ormai crede di aver scoperto tutto di sé grazie agli avvenimenti estivi che hanno caratterizzato le sue vacanze, quando in realtà non sa ancora nulla di ciò che realmente è. Sicura di aver detto addio ad una minuscola ma significativa parte della sua vita, si ritroverà ad affrontarla di nuovo, e questa volta le cose saranno troppo diverse e non sarà sicura di riuscire ad accettarle.
Dal testo:
- Era solo un sogno. - Cerca di rassicurarmi, e lo ringrazio per avermi interrotto. Non sono certa di voler dire ad alta voce quegli orrori da cui la mia mente è ormai segnata.
- Si realizzerà. - Affermo completamente sicura.
- Solo se tu vuoi renderlo realtà. -
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

-Jackson-

Cacciare mostri in un parco non è la cosa migliore che possa capitare, soprattutto se si è costretti a sentire la propria cugina lamentarsi del fatto di dover star seduti su una panchina da troppo tempo invece di risolvere il problema. L'oscurità non aiuta per niente e purtroppo quell'essere è riuscito a far saltare la corrente elettrica dell'intera zona. Fortuna che non c'è neanche una nuvola in cielo e la Luna illumina un po' il parco, per quanto sia pallida la sua luce. Userei la torcia del mio cellulare, ma meglio non attirare troppo vicino quel lucertolone. Non voglio che si cibi di me, e tantomeno di Avery. Da un lato, è positivo che il parco sia enorme perché ciò impedisce a quella creatura di divorarci subito; dall'altro lato è anche un male, perché ci impieghiamo più tempo per cercarlo. Ci troviamo nella parte nord-ovest del Royal Victoria Country Park, in Hampshire, non molto lontano dalla Mossy Fountain. È ornata in ghisa con una base rotonda, costituita da quattro cigni di bronzo; al di sopra di questi si trova un tubo rotondo con un largo vassoio ornamentale dove poggia un altro tubo più tondeggiante, ma più piccolo, che regge un altro vassoio minuscolo. In cima a questo è presente un altro tubo sagomato con getto d'acqua. L'intera fontana, poi, poggia su una base di macerie di pietra che col passare del tempo sono state ricoperte di muschio, donandole quel tocco di antichità che amo, e anche quel nome. Infine, intorno, c'è una larga vasca d'acqua proveniente dalla fontana stessa. Accanto a questa ci sono un obelisco e un pozzo, con base in pietra assomigliante a uno di quelli antichi giapponesi e con un tetto verde scuro, dove sulla cima si erge una sfera dello stesso colore. In lontananza s'intravede la cappella del vecchio Royal Victoria Hospital, l'ospedale della famiglia reale, e la torre.
Io e Avery rimaniamo seduti su una panchina vicino alla fontana. Giocare a nascondino con un Hatcukliba non è esattamente il modo migliore in cui avrei voluto passare la serata, soprattutto ora che finalmente posso andare in un pub avendo compiuto i ventun anni. Beh, potevo dal dieci maggio, ma con tutto quello che è successo bere qualcosa con gli amici era l'ultimo dei miei pensieri. Però non sarebbe male fare qualcosa di normale per una volta.
- Se usassimo una torcia, riusciremmo a trovarlo più facilmente. Ti ricordo che le sue scaglie scintillano alla luce. - Mi guardo intorno, cercando di catturare con lo sguardo quella creatura, mentre lei sbuffa dopo aver parlato e si dondola con le gambe avanti e indietro sulla panchina, impaziente. I capelli lisci e neri, con le punte di un blu notte, danzano a ogni suo movimento. Si gira a guardarmi e i suoi occhi, ancora più scuri con questo buio, mi osservano. Scuoto la testa.
- Sai quanto può essere veloce, meglio non rischiare. - Mi alzo dalla panchina e lancio un'occhiata alla Jeep nera, parcheggiata non lontano dall'albero. So che non dovrei tenere la macchina lì, ma non c'è nessuno a quest'ora e non penso che al lucertolone dispiaccia. Mi soffermo con lo sguardo su di essa, notando qualcosa nel buio che ci striscia sotto. Perfetto, la creatura la utilizza perfino come rifugio.
- Ho fatto atletica, Jacky. - Usa quel nomignolo per irritarmi, sapendo perfettamente che non lo sopporto per nulla. In effetti io la innervosisco impedendole di alzarsi, in qualche modo deve farmi pentire di tenerla con me. - So essere più veloce di quel coso. - La zittisco con un gesto della mano mentre m'inginocchio a terra, cercando di comportarmi nel modo più naturale possibile e senza prestare molta attenzione alla macchina: se mi fossi messo a fissarla, il Hatcukliba si sarebbe accorto che so dove si trova e in un batter d'occhio sarebbe scappato. E addio pub più tardi, come avevo proposto prima ad Avery. Già siamo arrivati qua alle undici e mezzo, dal momento che il parco chiude ufficialmente alle nove, ma nel frattempo che si svuoti dei turisti passa sempre un sacco di tempo. - Non mi sembra il momento di mettersi a raccogliere fiori. - Continua, costringendomi a zittirla. Non ce ne sono neanche, tra l'altro. Lei sbuffa di nuovo: non è una persona paziente, per nulla. Se fosse venuta qua da sola avrebbe già messo sottosopra l'intero parco, la fontana e la guardia all'ingresso che ha addormentato con una polverina, gentilmente offertaci da nostra nonna, per farci entrare. Mi siedo col sedere a terra e scavo un po' per infilare una mano nel terreno e concentrarmi su di esso: se riesco a soffermarmi sulle vibrazioni che si diffonderanno non appena striscerà di nuovo, potrei capire le sue intenzioni e di conseguenza dove vuole andare. Alzo gli occhi mentre la mia mano si raffredda a quel contatto e guardo Avery, facendole successivamente l'occhiolino, sperando che capisca che deve tenermi il gioco ora. - Non flirtare con me, Mitchell. - La guardo storto mentre lei sorride in modo sghembo, formando su entrambe le guance due piccole fossette, poi annuisce, avendo già realizzato il motivo di quel mio gesto. Non che sia una cosa nuova: cacciamo spesso in questo modo. Fingiamo di non sapere che ci sia un mostro che ci vuole cogliere di sorpresa per poi fargliela noi, la sorpresa. Creare l'illusione che sia lui ad avere il controllo di tutto prima di morire è un'ottima tattica, o almeno ha funzionato finora.
Mia cugina comincia a giocare con l'orecchino nero che ha al lobo destro, comportandosi normalmente e cercando di trattenersi dal scaraventare via la mia macchina con una folata di vento. Essere una Silfide deve essere interessante, non tenendo conto della poca pazienza che si ha, però. O almeno per Avery è così. Anche fare una fila di cinque minuti riesce a farla arrabbiare.
- Comunque è una bella serata. - Commento senza dare davvero importanza alle mie parole, rimanendo concentrato sul terreno. A quanto pare, quella creatura è ancora sotto la macchina e sembra non voler muoversi.
- Ma non mi dire. - Commenta a sua volta in modo sarcastico, con le sue maniere sempre gentili, mentre prende una ciocca di capelli e la comincia a studiare con lo sguardo, tirando via qualche doppia punta. Le vibrazioni nel terreno sono a tratti impercettibili, ma ho una concentrazione sufficiente da permettermi di percepirle. Lancio uno sguardo fugace alla mia macchina, ma non vedo niente sotto e non so costatare se sia ancora lì o meno, quindi ritorno a osservare Avery.
- Senti qualcosa? - Le chiedo, speranzoso in una risposta positiva. Lei rimane qualche secondo in silenzio per concentrarsi sui suoni intorno, poi lancia uno sguardo alla macchina, infine scuote la testa.
- Nulla. Credi che sia ancora lì sotto? - Il mio sguardo allarmato, fisso oltre le sue spalle, le dà una risposta più che eloquente. Si gira anche lei a guardare nella mia direzione, assumendo la stessa espressione turbata appena si rende conto delle dimensioni dell'Hatcukliba. È risaputo che è un lucertolone, ma non ricordavo fosse così grosso. Infatti è di più grande di una panchina. La pelle, di un colore grigio scuro, tende a fondersi quasi completamente con il buio intorno. Tuttavia i suoi movimenti risaltano subito all'occhio: lesti e vaporosi. Sembra quasi volare sopra l'erba. Avery si alza velocemente dalla panchina per poi gettarla con una violenta folata di vento contro quella creatura. Peccato che il mostro l'abbia evitata come se nulla fosse, senza rallentare. Sembrerebbe davvero una normale lucertola, se solo fosse muta invece di emettere ruggiti, proprio come quelli di un leone. - Se continua a fare questi versi attirerà troppo l'attenzione! - Esclama Avery mentre cerca di rallentare il lucertolone scagliandoci contro tutto il vento che riesce a evocare e controllare.
- Beh, non ho di certo una museruola o qualcosa del genere per impedirgli di aprire quel muso! - Sbotto mentre mi guardo in giro per cercare qualcosa con cui attaccare il mostro: non possiamo di certo ucciderlo cercando di batterlo in velocità. Noto le braccia di Avery cominciare a tremare. Anche a costo di svenire lì, non ammetterebbe mai di non riuscire più a farcela. È troppo orgogliosa di se stessa. Non mi meraviglio che lei e Harry litighino quasi sempre: entrambi troppo testardi, essendo così simili caratterialmente.
- Posso provare a stordirlo e magari attaccarlo da dietro... -
- Non sei mica Hulk. - Taglio corto. La lucertola ancora cerca invano di battere quel vento, cosa che non gli costerà tanta fatica tra non molto. La corrente d'aria comincia a calmarsi sempre di più, facendo riacquistare velocità al Hatcukliba. - Però stordirlo non sarebbe una cattiva idea... - Rifletto qualche secondo mentre mi alzo da terra e mi pulisco le mani. Il lucertolone nel frattempo ha realizzato che continuare a lottare con il vento è uno spreco di tempo. Infatti conficca le zampe nel terreno e apre la corona intorno alla sua testa nello stesso modo in cui un pavone apre la propria coda, assumendo una dimensione ancora maggiore. Lo definirei stupido, dato che questo gesto andrebbe a suo sfavore, ma, non so come, sembra che stia assorbendo il vento in qualche modo. Mia cugina comincia a imprecare tra i denti: già odia i rettili in generale, combattere anche uno di essi non deve essere affatto divertente per lei. Mi guardo nuovamente intorno e cerco con gli occhi delle pietre da usare, ma noto solo quelle ricoperte di muschio nella fontana.
- Muoviti a cercare qualcosa! - Urla Avery con voce esausta, non riuscendo più a reggere il controllo sul vento. Qualche altro secondo e ci salterà definitivamente addosso. Ho a disposizione la terra, ma non riuscirei mai a ucciderlo nel suo stesso ambiente. L'unica cosa che posso fare è distrarlo. Allungo le mani verso la fontana e mi concentro sulle pietre finché cominciano a levitare. Ne sollevo quanto posso e le sposto al di sopra del Hatcukliba, poi comincio a farle roteare sulla sua testa per distrarlo. Lui sembra catturato subito da queste e non presta neanche più tanta attenzione ad Avery. Di tanto in tanto caccia la lingua fuori e la sbatte sul muso: non può pensare sul serio che siano mosche, ma non deve avere un cervello così sviluppato per far ciò. Comunque sembrano distrarlo e quindi comincio a muoverle a scatti, imitando gli stessi movimenti di quegli insetti. Avery poggia le mani sulle ginocchia e fa dei bei respiri per riprendersi, abbandonando definitivamente il controllo sul suo elemento. Io non perdo tempo a cercare un modo per liberarci di quel mostro. - Dimmi che hai una pistola o qualsiasi arma con te. -
- Quello che le ha sempre a portata di mano è il tuo ragazzo. - Ribatto mentre osservo l'acqua, pensando a qualcosa, poi la macchina: se provassimo a investirlo la ammaccherebbe, e non ho neanche tutta questa voglia di rovinarla. Sposto ripetutamente lo sguardo dalla fontana all'auto, poi un'idea si accende nella mente, e spero solo che funzioni.
- Non chiamarlo il mio ragazzo. - Dice a denti stretti mentre mi lancia un'occhiataccia. Alzo gli occhi al cielo mentre continuo a distrarre il lucertolone.
- Non abbiamo molto tempo, non credo sia davvero così stupido da lasciarsi distrarre da due pietre. -
- Credevo la stessa cosa di te eppure mi sono fatta delle belle risate quando Harry mi ha raccontato di June. - Sogghigna Avery. La fulmino con lo sguardo, assottigliando gli occhi. Sanno perfettamente che in quel periodo non ero in me eppure continuano a prendermi in giro. Come se lei non avesse mai fatto errori. Io e mio padre abbiamo anche avuto una discussione per questo. Lui non sa che cosa significhi non avere il controllo sul proprio corpo: un momento mi ritrovo con una bella ragazza a bere qualcosa al bar, il momento dopo mi sveglio nell'auto del mio migliore amico senza sapere cosa diamine sia successo. In certi momenti, purtroppo, ero anche cosciente mentre June parlava al posto mio, specialmente quando ho cominciato a picchiare Harry alla festa, ed è stato orribile. Non avrei dovuto mettere in mezzo Daisy, sua sorella, tantomeno sua madre Celeste, ma non ho potuto impedire a June di entrare nella mia testa e scavare nei miei ricordi, nonostante abbia combattuto contro il suo controllo mentale. Non ho sensi di colpa riguardo questo, però: non ero in me e non volevo dirgli quelle cose, Harry lo sa bene, quindi perché continuare a incolparmi inutilmente?
- Mi servono i cavi da attaccare alle morsette della batteria, nella macchina. - Mi affretto a dire non appena mi accorgo che il Hatcukliba sta cominciando a distrarsi. Lei mi guarda, confusa, mentre si tira su le maniche della felpa grigia, con su la scritta rosa "QUEEN WARRIOR". Si asciuga poi il sudore delle mani sui leggins, sempre grigi.
- Le morsette? Sei pazzo? Vuoi uccidermi? Non posso mica toccarli a mani nude! -
- Lo so! - Le rispondo con lo stesso tono. - Ci sono dei guanti, e porta la macchina qui, sbrigati. Non riesco a distrarlo ancora per molto! -
- E che ci faccio dopo? Gli do la scossa? - Chiede in modo ironico. Mi comporterei allo stesso modo se fossi al suo posto, pensando che quella richiesta sia una pazzia, ma al momento è l'unica cosa più intelligente a cui possa aver pensato.
- Fidati e basta per una volta, Avery! - Sbraito mentre lei sbuffa e corre verso la macchina. La mette in moto, fa il giro e parcheggia accanto a me. Ho temuto seriamente che il rumore potesse distrarre il mostro, ma cerca ancora di acchiappare le "mosche". Lei cerca di fretta i guanti di gomma e li indossa, poi il cavo nero e rosso e si sbriga a uscire dall'auto e ad aprire il cofano. - Attacca un'estremità del cavo rosso al polo positivo della batteria e un'estremità del nero a quello negativo. Le altre due estremità dei cavi posali lì a terra. - Con un cenno della testa le indico dove metterli, ovvero non molto lontano dai miei piedi, tra me e il lucertolone. - Corri in macchina e al mio "via" metti in moto, ma tienilo sui duemila giri. - Lei mi guarda per qualche secondo, poi annuisce. Spero vivamente che funzioni. Altrimenti posso definirmi morto. Avery entra in macchina ma non chiude la portiera, pronta a correre nell'eventualità mi serva una mano. Accende il motore, ma aspetta il mio segnale. Ora tocca a me. Passo a guardare l'Hatcukliba che ancora rincorre con la testa le "mosche". Muovo le pietre un'ultima volta e poi con tutta la forza possibile gliele lancio sul capo e sugli occhi. Lui emette un ruggito spaventoso per il dolore e gira su se stesso per orientarsi, non riuscendo a vedere, mentre io sorrido immediatamente. - Hey! - Urlo mentre muovo di nuovo le mani verso la fontana e con un solo gesto alzo tutta l'acqua presente lì. - Sono qui! Dai, so che hai fame! - Il mostro si gira subito nella mia direzione, più furioso che mai. Come biasimarlo dal momento che l'ho privato della vista? Non perde tempo e comincia a correre verso di me. Dispongo velocemente l'acqua sulle estremità dei cavi che si trovano a terra, continuando a tenerla ferma per evitare che la pozzanghera si disparga o venga assorbita, e giro la testa verso Avery, poi verso il mostro. Spero solo che funzioni. Non appena è abbastanza vicino a passare sopra l'acqua guardo mia cugina. - Ora! - Le urlo un'ultima volta mentre lei mette in moto. Non appena il lucertolone ci passa si ferma di botto e comincia a scuotersi, come se fosse colpito da delle crisi epilettiche. Il mio cuore batte a mille, sia per l'ansia che non possa funzionare sia per il controllo sulla terra e sull'acqua. Il mostro continua a prendere la scossa ma, non appena noto che comincia a non muoversi più, faccio segno ad Avery di spegnere il motore. Mi avvicino per controllare se sia definitivamente morto, facendo attenzione a non mettere i piedi sull'acqua. Storco il naso dal disgusto appena vedo il sangue colare da quello che resta dei suoi bulbi oculari, ma almeno non è vivo. Qualche secondo dopo, esplode in una polvere grigia che successivamente galleggia sull'acqua. Avery esce dalla macchina e mi osserva, poi sorride.
- Allora le lezioni di fisica al liceo ti sono servite a qualcosa, ah? - Chiede mentre incrocia le braccia al petto e mi osserva con un sorriso divertito. Si avvicina ai cavi, stacca le due estremità dalla batteria e allontana le altre dall'acqua, che ormai ho lasciato libera di scorrere. Le sorrido a mia volta.
- Non solo il tuo ragazzo ha idee geniali. - Lei rotea di nuovo gli occhi al cielo.
- Smettila di dire che è il mio ragazzo. Non lo è. - Dice in tono freddo mentre asciuga le estremità con la felpa. La guardo confuso.
- Come non lo è? -
- Abbiamo rotto. Basta parlarne. -
- E perché non me l'hai detto? - Chiedo sorpreso. Ci diciamo tutto, e non solo perché siamo cugini di primo grado alla fine, dato che mio padre e sua madre sono fratelli, ma perché ci fidiamo ciecamente l'uno dell'altra. È strano che non mi abbia detto della loro rottura. Però, è anche vero che non parliamo quasi mai di situazioni sentimentali: non siamo i tipi che piangono gli uni sulle spalle degli altri perché qualcuno ha rotto con uno di noi. Da questo lato siamo molto simili: preferiamo soffrire in silenzio e, forse, questa rottura non deve essere stata facile per lei.
- Abbiamo chiuso e basta. Diceva che era meglio rompere dal momento che, beh, non era sicuro di tornare. - Dice in modo vago. Ecco perché non me l'ha detto: lui l'ha lasciata. Lei non è stata mai mollata, sicuramente si sentiva in imbarazzo a dirmelo. È lei a interrompere le relazioni.
- Sai che torna sempre. - Lei annuisce, anche se poco convinta.
- Come le zecche. - Mi lascio scappare una risata mentre mi avvicino a lei.
- Sì, è una zecca. - Concordo con lei, ma comunque sono contento che torni sempre. È il mio migliore amico in fin dei conti e gli voglio bene, sebbene non glielo dica mai. Non siamo tipi da parole, più che altro da gesti. - Beh, mi dispiace, ma vedrai che appena torna vi rimetterete insieme, non è la prima volta che vi lasciate dopotutto. - Lei annuisce, poi sospira. Credo che detengano un record in questo: diciannove volte non è poco.
- Non m'importa. - Taglia corto. - Tu e lui siete uguali: lui lascia me, tu hai lasciato nostra cugina. Non mi meraviglio che andiate d'accordo. - La guardo male.
- Sai che ho dovuto lasciare Sharon. Non potevo restare. Le cose stavano degenerando. Se Luke non fosse apparso e June non mi avesse usato come bambola per la sua vendetta le cose sarebbero andate diversamente, e sarei potuto rimanere un altro po'. E non l'avrei trattata di merda. - Lei mi osserva per un po', poi annuisce con un'espressione diffidente. Non so se creda o meno alle mie parole. Mi sento in colpa, e lei lo sa perfettamente, però non posso farci molto: quello che è fatto è fatto. Non voglio stare a rimuginarci sopra e pensare a un modo per farmi perdonare, perché non la vedrò mai più. È inutile cercare di cambiare il passato nella nostra mente perché l'unica cosa che possiamo fare è andare avanti. Però mi dispiace di aver perso un membro della mia famiglia a cui mi ero un po' affezionato. - E poi Skah... -
- Lo so, me l'hai detto. - Taglia corto. Roteo gli occhi al cielo per i suoi modi di fare. Quella di restituire la memoria a Sharon non è stata una cattiva idea dopotutto, anche se ero diffidente riguardo alle incitazioni di Harry, totalmente d'accordo invece. In effetti, Sharon ormai aveva capito da un pezzo che il mondo è diverso da come lo conosce la gente normale, quindi inutile tenerlo nascosto per molto. Ma quello che è successo con Skah lo avrebbe potuto ritenere un sogno magari, spesso non si sa se qualcosa successa sia frutto della nostra mente o pura verità, ma non me la sono sentita per niente di darle ragione quando accadde quell'avvenimento negli spogliatoi, con l'Adaro, o con quei fogli in classe. Avrei dovuto proteggerla da tutto questo, non metterla in pericolo. Zia Tess ha usato un sacco di magia e di energie per occuparsi della casa e non farci pagare nulla, e mi dispiace di non aver fatto l'unica cosa che mi ha chiesto: tener d'occhio la nipote. Però non è stata del tutto colpa mia, ero ammaliato e lo sa bene, ma Harry ha fatto un ottimo lavoro comunque al posto mio. - Beh, muoviti Jacky. Sono stanca e vorrei andarmene a letto. Magari il pub lo rimandiamo a domani. - Dice mentre entra in macchina, sedendosi davanti. Chiudo il cofano e prendo il mio cellulare, scorrendo nella rubrica per cercare il numero di Sharon. Non dovrei scriverle, ne sono cosciente, ma credo che qualche chiarimento se lo meriti. Digito velocemente un messaggio su WhatsApp e lo invio. Non sono sicuro che abbia ancora il mio numero di telefono, ma credo capirà dalle parole. Almeno io ci ho provato.
Avery suona il clacson con forza e mi costringe a muovermi, ma mi fa solo roteare gli occhi al cielo, scocciato.
 
   
 
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