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Autore: Enchalott    12/10/2020    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Confronto
 
Il Distruttore restò in piedi, un’immagine di ferocia inesauribile e di dolore muto. L’ambra dei suoi occhi sfolgorò intensa nella penombra. Aprì le dita e lasciò cadere il Medaglione. L’eco metallica sulla pietra la riscosse.
Adara non intese se l’atto fosse vittorioso o arrendevole, ma non osò sollevare il viso per scrutare quello della divinità: restò prostrata al suolo. Non replicò e la precedente richiesta cadde in un silenzio opprimente. Oscillava nell’angoscia, sconvolta, sebbene la realtà le si fosse palesata come l’unica possibile. Occultata dove era talmente individuabile da sortire l’effetto contrario. E lei, che era solo una ragazzina inesperta - come lui l’aveva spesso definita - non si era soffermata sull’eventualità: tanto presa dalla propria missione da non rendersi conto di averla difronte. Frastornata dall’amore per Anthos, dal desiderio di distoglierlo dai suoi contorti obiettivi, di renderlo più… umano! Lui l’aveva messa in guardia dalla sua candida ingenuità, le aveva ripetuto che non possedeva i mezzi per comprendere i suoi progetti: ma lei, sciocca presuntuosa, non gli aveva creduto.
Lui non mentiva mai. Avrebbe dovuto comprendere molto prima. Non esisteva altra spiegazione alla sofferenza congenita nel suo sguardo, all’abisso spaventoso che si portava dentro, ai suoi poteri sovrumani, unici, capaci di ricreare una vita dalla cenere, facendola passare come una frivolezza. Parlava di sé in quel gesto, delle proprie deboli speranze, quelle che lei non era riuscita a intendere e sulle quali pesava un destino avverso. Nessun’altra interpretazione della rabbia che lo devastava come un morbo incurabile, del desiderio di vendetta che scaturiva spaventoso dal suo animo ferito e indomito. Dei millenni che conduceva con sé come misteriose conoscenze pregresse, nell’avvilente esistenza spesa ad attendere un’apocalisse mirata a mortificarlo: quella che lei aveva maldestramente tentato di scongiurare con la propria inadeguatezza, domandandogli addirittura un appoggio. Pretendendo l’aiuto di un dio immaginato irraggiungibile e che invece, steso accanto a lei ogni notte, ascoltava le sue preghiere senza che lei riuscisse a riconoscerlo. Trovarlo era il suo unico compito, supplicarlo di non annientare il creato. Aveva trascurato gli indizi dell’affresco, quelli della Profezia, quelli diretti e presenti nel cuore di Anthos. Era colpa sua e la vergogna per il proprio fallimento le era insopportabile. Aveva creduto che il reggente e il Distruttore fossero alleati, poi avversari, che almeno uno di loro l’avrebbe ascoltata. Si era sbagliata. Lei, misera creatura mortale, aveva osato rivaleggiare con un essere superiore. Misurare le azioni di lui senza conoscerne le ragioni, come tante volte Anthos le aveva rinfacciato con quella che lei aveva giudicato altezzosità. Si era fornita mille ragioni per quell’atteggiamento altero, tranne quella effettiva. Aveva ardito rimproverarlo e trattarlo da pari, quando era lampante che il signore di Iomhar fosse tutt’altro che un uomo qualsiasi. Non sarebbe stato onesto addurre come scusa alla propria inadempienza il restare perennemente in difesa esibito dal principe. E poi… poi c’era stato altro, c’era stato troppo, aveva commesso un atto imperdonabile! Aveva avuto l’intollerabile audacia di amarlo, di darsi a lui, di pretendere di restargli accanto in eterno. Aveva infranto tutte le proibizioni esistenti! Ogni divieto imposto, ogni interdizione proclamata dagli Immortali. La sua abominevole colpa non sarebbe mai stata scusata! Era lei stessa la prima a ritenersi esecrabile, empia, ingiustificabile!
«Non avresti mai dovuto scoprirlo» mormorò Irkalla con stanchezza, spezzando il silenzio che Adara non aveva il coraggio di violare, neppure per fornirgli la risposta che lui attendeva.
«Perdonatemi…»
Se Irkalla avesse reclamato la sua vita per la vittoria, se le avesse confermato che il loro matrimonio era stato un espediente volto a realizzare i suoi imperscrutabili piani, lei lo avrebbe accettato. Ma quale dio avrebbe implorato con tutto il cuore, ora che l’essere superiore cui si era sempre rivolta era venuto a coincidere con l’uomo che desiderava salvare da se stesso? Una stolta, una disprezzabile creatura capace solo di fallire! Questo era lei e si detestava per ciò che era avvenuto!
Il dio della Distruzione avanzò di un passo alla fioca luce della vetrata.
«Ciò che scorgo davanti a me è quanto più temevo. La donna che amo perdutamente prostrata ai miei piedi come un’estranea.»
Adara pensò di essere precipitata in una visione irreale. In un’allucinazione. Lui non poteva averle rivolto davvero quelle parole, non poteva…
Irkalla si avvicinò, ma lei si ritrasse riguardosa, confusa dalla sua affermazione carica di pathos e di sofferenza.
«Ecco ciò che intendo» avvalorò lui sollevando la mano «Sapendo chi sono, non riesci nemmeno a guardarmi.»
«Lo faccio per reverenza, non per ingiuria» singhiozzò la principessa «Voi siete…»
«Sono sempre io, Adara.»
Sentire il proprio nome sulle sue labbra, proferito con la familiarità che aveva imparato a distinguere, le restituì un pizzico di quell’ardimento che era riuscito a fare breccia persino nell’animo gelido del principe di Iomhar. Sollevò il capo titubante, rimanendo in ginocchio. Lo sguardo dorato di Anthos si incatenò al suo, immutato in quel misto di malinconia e furia che l’aveva stregata sin dalla prima volta in cui lo aveva incrociato. Quello di un uomo, di un dio, di un unicum. Il tuffo che avvertì nel petto fu il medesimo.
«Io ho mostrato l’imperdonabile ardire di…» mormorò affranta «Non esistono parole per domandarvi misericordia.»
Irkalla liberò il fiato e scosse la testa.
«Voi? Adesso sei tu che mi stai allontanando da te, Adara.»
Lei sgranò gli occhi, raggelata. La tristezza del reggente la raggiunse come di consueto, sfiorandole l’anima. Aveva ragione, lo stava respingendo. Non poteva consentire che il turbamento la catturasse nelle sue spire come una preda inerte. La parola che gli aveva dato non aveva perso valore. Chiunque fosse l’essere che era divenuto suo sposo, quale che fosse a sua volontà, non cambiava ciò che lei si era ripromessa, non la sua decisione di stargli accanto, di non abbandonarlo. Essa aveva la precedenza sulla vergogna infamante che sentiva deflagrare nell’anima per la propria impudenza. Irkalla era stato condannato alla solitudine perpetua e lei si era scandalizzata, addirittura adirata per ciò che gli era stato fatto. Non si sarebbe mai macchiata dello stesso ignobile comportamento. Sentirsi inadeguata o in fallo era un sentimento che non avrebbe fatto scontare a lui. Si sarebbe presa le proprie responsabilità, accettandone le conseguenze, ma non lo avrebbe allontanato.
«Non potrei mai, mai rifiutarvi!»
Irkalla abbassò le ciglia addolorato. Non era un ossequioso rispetto quello che stava cercando in lei. Non era quanto le aveva domandato nel rivelarsi.
«Non è semplice amare un'altra creatura» affermò piano «Improbabile provare simili emozioni per un uomo come me. Impossibile rivolgerle a un essere superiore, soprattutto se si tratta del dio della Distruzione. Non è così? È questa l’unica ragione per cui ho taciuto, dopo aver compreso che ero follemente innamorato di te. Non per sfiducia o per alterigia. Dopo averlo negato a me stesso per mesi e impedito con ogni mezzo a mia disposizione, prima di cedere, esattamente come hai fatto tu con me. È deplorevole una divinità che prova timore, insicurezza o gelosia. Ma io, a quel punto, non potevo perderti. Così come ora.»
Adara avvertì un nodo alla gola. I battiti si fecero intensi, incontrollati. L’imbarazzo e lo smarrimento che la attanagliavano si affievolirono davanti alla sua sicurezza.
«Questo non accadrà mai!» affermò con slancio sincero.
Lui la osservò a metà tra lo sconcerto e la speranza. Serrò i pugni con forza.
«Intendi che sei disposta a tollerare Irkalla per altruismo? Per semplice reverenza? Per mantenere fede alla parola data? O che i tuoi sentimenti per la mia forma umana non sono mutati a fronte di ciò che sono davvero?»
Era quella la domanda. L’unica a contare davvero per entrambi. La risposta li avrebbe annientati o congiunti in eterno. Il mero senso del dovere risultava un’ingiuria.
Moriresti ancora per me, Adara?
Negli occhi inumani del Distruttore l’interrogativo lancinante non era scemato, come l’amore che vi dimorava e che le stava dichiarando. Irkalla voleva sapere se per lei era lo stesso, non gli importava nulla di tutto il resto.
«Essi sono cambiati, mio signore. Ho creduto di amare Anthos con tutta me stessa, ma quanto già provo, in questo momento si accresce, si accende, si incendia e diviene sconfinato nel conoscere la vostra natura. Per quanto impossibile si possa definire, per quanto oltraggioso lo riteniate, eccelso Irkalla, ora che so che proprio voi siete l’enigma cui ho donato il mio cuore, l’uomo o il dio non conta. Sconterò la mia condanna per questo ennesimo affronto!»
Lui la fissò in silenzio, le iridi d’oro che balenavano come folgori nella tormenta.
«Sì. Morirei per voi! Non per debito né per coerenza, ma perché vi amo. Vi amo da morire!» mormorò Adara in un palpito ardente «Sfoderate la vostra spada e prendete la mia misera vita! Vi appartiene già da prima che la salvaste dal pozzo delle ombre!»
Sul volto bellissimo del Distruttore passò un’emozione incontenibile. Si chinò accanto a lei, ignorandone espressione sconvolta e la trasse a sé in un unico movimento.
«So cosa stai pensando, Adara, ma non esiste sanzione per questo» sussurrò «L’ho voluto e continuo a desiderarlo. L’amore di cui mi hai sempre parlato, quello che ho conosciuto solo attraverso di te. Sapere che esso è anche per Irkalla mi libera da ogni pena, da ogni reticenza. Placa il mio animo, lo svincola da qualunque anatema mi stia pesando addosso.»
La principessa si lasciò andare, restituendo il contatto, superando ogni inibizione, ogni indecisione, appoggiandogli la guancia sul cuore e sentendolo pulsare all’impazzata come quello di un semplice mortale. Il suo profumo era lo stesso, così il suo calore, il suo significato. Lo sentì rabbrividire. Era come le aveva confessato. Temeva che lei non riuscisse ad accettare la sua vera identità, che i suoi sentimenti fossero esclusiva dell’uomo di carne in cui era costretto, che sarebbe fuggita lontano da un dio maledetto, destinato ad annientare il cosmo e obbligato a celare se stesso per sopravvivere. Che il suo rifiuto gli avrebbe spezzato il cuore, come scritto. Ma non era così, non era importante chi lui fosse. Lo aveva scelto a prescindere.
«Oh, Ant…»
Si arrestò, perché non sapeva come rivolgersi a lui.
«Pronuncia il mio nome senza incertezza. Come sempre è stato.»
«Anthos…»
«No. Il mio nome.»
«Irkalla…» sussurrò incerta.
Lui le sollevò il mento, il suo bacio la raggiunse con immutata passione.
«Sì, Irkalla… sono solo questo?» le domandò appoggiando le labbra sulle sue «Colui che distrugge i mondi?»
«No. Sei l’anima cui ho giurato l’eternità» articolò lei, avvampando per essersi rivolta a lui senza appellativi di riguardo «Ti amo, Irkalla, tu sei colui al quale appartengo.»
Anthos serrò gli occhi, assaporando l’effetto di quella vibrazione sincera indirizzata alla sua reale essenza. Una lacrima ribelle gli sfuggì, scendendo lungo il viso e perdendosi tra i suoi vestiti scuri.
«È la seconda volta che piango dall’inizio del tempo» bisbigliò, cancellandola con le dita «Hai un effetto insolito su di me.»
«Mi dispiace, non avrei dovuto…»
«Oh, no. No» sorrise il Distruttore «Questa volta è gioia pura.»
Mentre si guardavano negli occhi, certi l’uno dell’altra, l’affresco alle loro spalle esplose in disordinati calcinacci. Sussultarono per il fragore inaspettato. Adara trattenne il respiro, voltandosi verso la parete grigia ormai priva di raffigurazioni, terrorizzata dalla possibilità di scorgere la figura bruna e perfida di Ishkur, giunta per la resa dei conti, tra le macerie fumanti.
«Ah…!»
Anthos si contrasse con uno spasmo, portandosi la mano alla testa come se avesse iniziato a dolergli all’improvviso. Quando la ritrasse, era macchiata di sangue. La principessa seguì con angoscia la scia vermiglia che gli scorreva sul volto e gli scostò i capelli dalla fronte. Gli tamponò la pelle con un lembo del mantello.
«Questo segno!» esclamò sorpresa.
Un cerchio disgiunto, mezzo bianco e mezzo nero, campeggiava poco sopra le sue sopracciglia contratte. Il Distruttore si sfiorò, saggiandone la forma con i polpastrelli. L’emorragia si arrestò a quel tocco. Il suo sguardo virò.
«La maledizione» affermò incredulo «È stata annullata. Lei ha... è assurdo, dovrei…»
Adara lo fissò esterrefatta. Si aggrappò alle sue vesti con l’assoluta, straziante certezza che lui sarebbe sparito all’istante.
“Avanti, chiedimelo” sospirò Irkalla.
«Non… andare!»
Lui le accarezzò la chioma castana, accennando un invisibile sorriso.
«Non questa richiesta. Ma ne terrò conto, sino a quando Anthos sarà in vita.»
Adara lo fissò al colmo della disperazione.
«Sono un’egoista. Non sono degna di apprendere eventi che riguardano gli Immortali, ma desidero che tu spartisca con me quanto hai nell’animo. Forse alleggerirebbe il fardello e mitigherebbe il dolore.»
Lui sollevò uno sguardo turbato. Le prese la mano e se la pose sulla pelle calda e nuda all’altezza del cuore.
«Lo hai fatto in ogni tuo istante con me. Quanto alla rescissione della maledizione, temo non dovrò aspettare a lungo per apprenderne le ragioni. Mi porrò nelle condizioni opportune.»
Socchiuse le palpebre e l’aria mutò aspetto, piegandosi ai suoi voleri, assumendo quella tinta sbiadita, innaturale e priva di suoni che era l’ondulazione dimensionale che lo celava al resto dell’universo. Adara riconobbe la sospensione in cui era piombata quando le era apparso nella sua pienezza tra i vicoli innevati di Jarlath. Trattenne il fiato prima di riuscire a porgli la fatidica, irriverente domanda.
«La… la ami ancora?»
«No. Ma l’ho amata davvero. Non così per lei.»
Il suo sguardo divenne incandescente, ma le sue braccia non sciolsero la stretta con cui la stava circondando. Ripercorse con un fremito di collera le vicende fino al giorno in cui la dea del Cielo lo aveva condannato a incarnarsi.
«Anch’io non potrei sopportarlo» ammise Adara profondamente scossa.
«La distruzione che infliggo al creato?»
«Oh, no. Il giocare con i sentimenti altrui. È ingiustificabile. La distruzione fa parte di te, non necessita di discolpe. È l’ombra di cui mi hai sempre parlato, non mi è possibile scinderla da ciò che sei. Ho sperato che tu la indirizzassi al cosmo per giustizia e non per rancore. Che gli innocenti non pagassero per la tua legittima ira. Se così fosse, accoglierei senza biasimo ogni decisione di un Immortale il cui preciso compito è quello di annientare e ricreare. Smetterebbe di essere ombra.»
Anthos spalancò gli occhi, toccato nell’intimo.
«Non pensavo esistesse qualcuno in grado di accettarlo. Di accettare me in tutta la mia essenza. Anche gli dei cadono in errore.»
Le loro mani si cercarono e si intrecciarono con amore reciproco.
«Credi che la divina Amathira conoscesse le intenzioni di Ishkur?»
«Non lo so. Penso che le importasse solo di se stessa. Ne è prova l’oscurità che ha provocato. Ha creato Iomhar e forse quel dannato affresco per rammentarmi il mio destino. Se ora si è dissolto insieme, è possibile che anche lei tema il suo invasato gemello o che qualcuno le abbia fatto mutare proposito.»
«È stata lei a scrivere la Profezia
«No. Suppongo l’abbia ispirata a qualche veggente particolarmente dotata.»
«L’hai sempre ritenuta un testo mendace. Perché?»
«L’alternanza di soluzioni che tu stessa hai riscontrato nelle righe che ti ho tradotto. Amathira non avrebbe mai concesso la parvenza di una possibilità di riscatto. Mi sono chiesto se fosse un errore di trascrizione o l’ennesima presa in giro e me ne sono convinto esaminando la parte che hai condotto qui. I rotoli provenienti dal Sud non presentano alcuna alternativa.»
«Qualcuno potrebbe aver modificato il tuo scritto? Un essere in grado di realizzare un’impresa simile restando anonimo addirittura per te?» ipotizzò Adara.
«Un’ottima domanda. È probabile, ma non ho seguito quella via investigativa perché, veritiera o meno, volontà o svista, nella Profezia c’era comunque una falla, per me un’occasione insperata. È su di essa che mi sono concentrato.»
Irkalla le appoggiò l’indice sul petto, allusivo.
«I-io?» balbettò lei.
«Sì. Ho giocato con il fuoco» sogghignò lui «Mi sono scottato, ma non nel modo previsto. Quando è giunto il tempo e si sono palesati i segni della fine, ho creato le condizioni affinché tu potessi raggiungere Iomhar. Sapevo che eri destinata a scontrarti con me, magari a uccidermi, ma contavo di modificare a mio vantaggio la prospettiva, sfruttandoti contro il Testo Sacro. Combattendolo con le sue stesse armi, il mio fato avrebbe imboccato un altro cammino. Non ti ho attesa a Jarlath poiché ho realizzato che c’era un’altra entità interessata alle sorti del creato, decisa a fermarti con ogni mezzo. Ti ho raggiunta a bordo della Xiomar unendo l’utile al dilettevole: difenderti da ulteriori attacchi, scoprire l’identità del mio avversario e vedere di che pasta eri fatta. Se eri davvero temibile per me o se sarei riuscito a piegarti alla mia volontà.»
«Che cosa pensavi di trovare su quella nave?» domandò Adara, avvampando al ricordo del loro fatidico incontro.
«Non saprei. Qualcuno più potente di me, più deciso, più spietato. Talmente ardito da invocare nelle sue suppliche il dio della Distruzione in persona. Non lo nascondo: mi incuriosiva quella tua abitudine insolita. Nessuno mi ha mai pregato prima di te.»
La principessa arrossì al pensiero di quanto gli avesse confidato in quell’intimità fatta di invocazioni accorate.
«Sarai rimasto deluso.»
Anthos rise di cuore, scuotendo la testa.
«Una ragazzina ingenua e spaurita. Beh, ho pensato di avere in pugno una vittoria fin troppo semplice. Invece ho trovato l’unica cosa in grado di sconfiggermi. Sono stato obbligato a giocare in difesa, mai avrei immaginato nella mia infinita esistenza di doverlo fare.»
«Sconfiggerti? Come potrei?»
“Con la verità. Soltanto quella. Niente di più spontaneo, di più puro, di più urticante. Interamente in te, un’autenticità schietta, accompagnata da una capacità di amare nascosta ma implacabile. Questo sei tu, Adara. Sei come uno specchio, non riservi inganni a chi in te si osserva. Ho capito che il rischio era più grande di quello che avevo paventato. Tu avresti portato a compimento la tua inconsapevole missione, quella di porre termine alla mia vita umana.»
«Mai! Io non…!»
«Lo so. Non avresti levato un dito su di me. Ma mi avresti mostrato ciò che ero diventato e, senza volerlo, avresti fatto in modo che io stesso ponessi fine al mio percorso mortale. Ci sono andato vicino, non lo nego.»
Adara inorridì, rammentando l’immagine di lui con la spada sguainata nel buio della Torre e il suo sogno ricorrente. La consapevolezza le piombò addosso senza sconti. Un istante di ritardo nel dichiarargli il proprio amore e lui…
«Allora perché mi hai sposata? Perché mi hai salvata dal mare?»
«Correre sul filo del rasoio non mi ha mai spaventato. Il motivo primigenio ti è già noto. Creare un’incrinatura nella Profezia. Unificare i due Regni, concepire un erede proprio con te che avresti dovuto arrestarmi, attuare una situazione non prefissata, dissonante, allo scopo di strappare il vincolo impostomi e di non soccombere. Non stare alle regole della dea del Cielo, vendicare l’affronto che ho subito.»
«Ma hai detto che fondere Nord e Sud non era proibito! E poi tu non…»
«Anch’io all’inizio sono stato tratto in inganno da quell’affermazione. Essa non allude ai territori divisi dall’oceano e neppure alla nostra congiunzione fisica. Scontrandomi con Ishkur ho capito che il Medaglione e il Diadema, che rappresentano le due reggenze, non devono essere indossati dalla stessa persona. Tale interdetto ora mi è chiaro. Quanto al tuo stupore per la seconda questione» sorrise allusivo «Immagino tu abbia letto nelle teogonie che il Distruttore non può generare.»
La principessa avvampò, imbarazzata da un ambito tanto personale.
«È esatto. Irkalla non può avere figli, ma ora Irkalla è anche un uomo. Ho ritenuto che la mia parte mortale non fosse soggetta alla legge che vincola il dio.»
«Non sono incinta di tuo figlio. Se non sei riuscito a produrre alcuna incrinatura, perché la Profezia si è dissolta?”
«Adara…» obiettò lui divertito, inarcando un sopracciglio «Come fai a dire che non c’è stata frattura? Noi ci siamo innamorati a dispetto di qualunque previsione. Ho fatto l’amore con te perché il mio cuore è tuo, non per dispetto al futuro. Tu ti sei legata a me per la stessa ragione, stiamo combattendo l’uno per l’altra, siamo vivi. Io la chiamerei voragine o smacco o andate tutti all’inferno!»
Lei gli pose le dita sulle labbra, nel vano tentativo di arrestare il linguaggio colorito tipico del reggente. Pensando che per le divinità fosse sconveniente esprimersi così.
Il Distruttore sogghignò al suo scandalizzarsi e proseguì.
«Del ruolo di Leuhan, mezzaluna nella lingua degli dei, abbiamo già parlato. Quando mi ha respinto la prima volta, ho pensato che fosse una precauzione predisposta da Amathira tramite il retaggio Thaisa che ti scorre nelle vene. Ma ho scartato l’idea vedendo che non eri in grado di governarlo. L’energia che ho percepito non era negativa. All’evidenza le sacerdotesse della tribù di tua madre, a prescindere dalla loro discendenza da Ishkur, credono nell’amore incondizionato che un uomo deve riservare alla donna che ha scelto. Ho dovuto a mia volta ammetterlo, scegliere te abbandonando il resto.»
«Ishkur!?» esclamò lei, allibita «I Thaisa non discendono da Amathira!?»
«Se preferisci… sono gemelli, il sangue è il medesimo. È stata la dea a ricreare il mondo da me distrutto allo scopo di imprigionarmici, ma quello che si è reincarnato per dominarlo e asservire il pantheon è suo fratello. Lui ha donato alle veggenti il Kalah, affinché potessero individuarmi prima del tempo. Ishkur, all’epoca privo di poteri, non avrebbe potuto né trovarmi né uccidermi per avere campo libero come auspicato.»
Adara raccapricciò. Dunque sua sorella conservava in sé il dono di un demone e non di una divinità! Lei, così dolce e generosa, così pulita!
«Dionissa è una donna integerrima, non dubitarne» intervenne il principe, intuendo il suo ragionamento «L’ho verificato di persona. Ha respinto qualunque deamhan, usando le proprie doti per il bene del prossimo e, come lei, quasi tutte le eredi del sangue. Libero arbitrio, ricordi? Anche se la visione mistica è stata pensata dal Traditore a proprio beneficio, possederla non è di per sé una colpa. Conta come la si usa. Non a caso, Ishkur ha fatto in modo che tua sorella si ammalasse quando ha capito che era la più potente e la più motivata di tutte le sacerdotesse, ma che non lo avrebbe mai appoggiato. È stato sottile sin da quando è giunto a Jarlath sotto le spoglie di Urien. Ha approfittato del fatto che io non desiderassi ingerenze dal Sud, che avessi deciso di inibire a quel fine i poteri di Dionissa e le ha imposto il maleficio che la sta consumando. Tua sorella avrebbe smascherato per primo lo stesso Ishkur anziché me, che sono sempre stato difeso dal Medaglione. Non avrebbe potuto permetterselo finché non avesse acquisito l’oscurità di Yfrenn-ammri. Non avendo ottenuto il controllo sulla principessa veggente, il Nemico ha preso al laccio Shion. Lo ha ingannato con facilità, convincendolo di essere l’unica soluzione alla rovina. È riuscito a fuorviare anche me all’inizio, fingendosi un alleato servile. Tu invece, per via di Leuhan, eri al di fuori della sua portata. Penso che ti abbia sottovalutata, cercando poi di porre rimedio alla propria disattenzione uccidendoti.»
La ragazza nascose il viso contro la sua spalla, tremando come una foglia. Anthos la circondò con il mantello e il pavimento di pietra della sala del trono, contenuto nella piega ultraterrena, divenne erba verde e odorosa.
«Non piangere, Adara. Il Traditore non prevarrà. Quando per mano mia cesserà di esistere, tua sorella sarà salva e con lei la bambina che porta in grembo.»
«Anche se Ishkur sarà vinto, non riavrò Shion. È così? Tu non puoi fare nulla?»
«No» sentenziò il Distruttore senza mezzi termini “Ha scelto in piena coscienza. Nemmeno io posso invalidare il risultato del libero arbitrio di un essere umano.»
Le lacrime della ragazza gli bagnarono la sottile camicia nera, il suo dolore riverberò nel legame empatico che condividevano. Irkalla provò il suo stesso dispiacere.
«Puoi almeno sbloccare il Kalah di Dionissa?»
«Se lo facessi, capirebbe chi sono. A partire da quando richiamerò la dimensione ultraterrena in cui ci troviamo, privo del sigillo costituito dal Medaglione, senza il quale posso accedere al mio pieno potere.»
«Perché ti importa tanto? Non rivelerebbe di te al Nemico!»
«Ishkur sa chi sono da quando ci siamo affrontati a Odhran. Non è punto. Tua sorella realizzerebbe che, contrariamente a quanto ha interpretato in passato, Irkalla è stato individuato ma non fermato dalla Campionessa del Sud. Non comprenderebbe, penserebbe a una mia coercizione su di te o, peggio, la sua fiducia nei tuoi confronti verrebbe a mancare, qualora le dicessi che è stata una tua spontanea decisione. Disperderebbe le energie necessarie alla difesa di Erinna contro i demoni per contrastare me, per strapparti a quello che crederebbe essere il tuo carnefice. Diverrebbe un duplice intralcio, favorirebbe inconsapevolmente il Traditore. Non posso consentirlo.»
Adara ascoltò lo sfogo schietto. Anthos non stava rifiutando di rivedere le proprie decisioni per interesse personale o crudeltà, ma per misericordia.
«Dionissa mi conosce. Vedrebbe soltanto la mia totale fiducia nell’uomo che ho sposato e non la metterebbe in discussione, pur non cogliendone appieno le ragioni.»
«Forse, finché per lei rimango solo Anthos e non Irkalla.»
«Il fatto che tu abbia tollerato per mesi che una comune mortale si rivolgesse a te come se fossi suo marito, il tuo evidente non volermi arrecare alcun male» disse la ragazza, appoggiandogli con dolcezza le dita alla guancia «In base a ciò Dionissa comprenderà come stanno le cose fra noi. Che è della tua anima che mi sono innamorata, non è importante l’esistenza in cui è venuta a incarnarsi. E approverà.»
Il principe distolse lo sguardo commosso, celandolo dietro le lunghe ciocche bionde e le baciò la mano, trattenendola nella sua e toccando l’anello al suo indice.
«Ma io sono tuo marito.»
«C-come?»
«Se anche qualche scrupoloso mortale volesse discutere con me sulla validità della cerimonia arcaica del Nord… e non credo ardirebbe farlo» specificò Anthos «Sul giuramento delle fiamme e del sangue non ci sono dubbi di sorta. Te lo garantisco.»
La principessa avvampò. Aveva pronunciato la formula per prima, chiamando gli dei come testimoni mentre stava sposando uno di essi. Irkalla non si era tirato indietro: un essere eterno le aveva promesso amore eterno, conoscendone il nudo significato.
«Sappi che prediligo le rispostacce che mi hai sempre restituito a questo tuo dimesso mercanteggiare» sogghignò il Distruttore «Sono parte del tuo fascino.»
La ragazza si coprì il volto con le mani, paonazza, memore di tutte le volte in cui il suo interagire con il reggente si era particolarmente infiammato.
«Mi disp…»
«Non credo» rise il principe, allietato dalla sua impasse «E poi era necessario che qualcuno degno d’ascolto si permettesse di essere spudoratamente sincero in mia presenza. Ho sempre detestato l’ipocrisia. Dunque, se è quanto desideri, sia!»
   
 
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