Storie originali > Soprannaturale > Licantropi
Segui la storia  |       
Autore: Mary P_Stark    12/10/2020    1 recensioni
Liza Wallace è la nuova Geri del branco di Clearwater e, a discapito della sua giovane età, dimostra fin da subito di avere un potenziale enorme; il rapporto davvero unico con i suoi Huginn e Muninn, i magici corvi al servizio del Sicario Umano del branco colpisce fin dall'inizio l'intero branco. Questo suo potenziale verrà subito messo alla prova quando, a sorpresa, giungerà a Clearwater una famiglia proveniente da New York. I Sullivan sembrano una famiglia normale, almeno all'apparenza, ma il figlio Mark e suo padre Donovan metteranno in allarme il branco a causa del loro comportamento sospetto. Saranno dei temuti Cacciatori, o qualcun altro si cela nell'ombra, più pericolo e subdolo, tentando di portare lo scompiglio nel branco di Lucas, Devereux e Iris? (particolari della storia presenti nei racconti precedenti della Trilogia della Luna)
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

8.

 

 

 

L’abito a sirena di Iris scivolava alla perfezione sul suo corpo, disegnando con grazia le sue forme esili e l’altezza importante. Dal corpetto in raso - bordato di pizzo sul collo e le maniche - alla lunga gonna ricoperta di cristalli, ogni più piccolo particolare esaltava la sua bellezza così come il suo incarnato di pesca e gli splendidi capelli biondi.

Beth era riuscita in un autentico miracolo, creando per lei una splendida acconciatura raccolta sulla nuca, a prova di qualsiasi catastrofe naturale e non, a cui aveva applicato dei boccioli di rosa tea e piccoli fiori bianchi.

Era però il sorriso radioso della sposa a rendere magnifico il tutto e, quando Richard la prese sottobraccio per accompagnarla all’interno della piccola chiesetta cattolica di S.James, lui non poté evitare la commozione.

Quel giorno avrebbe dovuto essere appannaggio di suo cognato Aaron, così però non era potuto avvenire. La sua speranza era, comunque, di poter sopperire per quanto era possibile alla sua mancanza, poiché desiderava solo felicità e pace, per Iris.

Aveva già sofferto a sufficienza e, ora che aveva trovato l’uomo giusto per lei, ogni cosa doveva essere perfetta.

Dinanzi a loro, ad aprire il passaggio, Keely Rothshild – figlia di Mary Beth e Lance, del clan di Matlock – e Chelsey stavano lasciando cadere leggiadri petali sul lastricato, sorridendo agli invitati come se si trovassero su un red carpet.

Erano due creature da palcoscenico nate e, durante le prove, si erano divertite tantissimo a dispensare baci e sorrisi a ipotetici spettatori. A quella vista, i genitori avevano dovuto ricordare loro la serietà dell’evento ma, a conti fatti, i sorrisi civettuoli erano rimasti.

Nell’attraversare le due ali di invitati assiepate all’esterno – la chiesa era riuscita a ospitare solo i parenti più stretti – Richard mormorò all’orecchio della nipote: «Non avresti potuto essere più splendida di così.»

Lei gli sorrise grata, stringendo leggermente la mano sull’avambraccio dello zio e, in risposta, sussurrò: «E’ grazie a tutti voi, se posso essere così felice.»

Mentre le porte si aprivano sulla navata unica della chiesetta di tronchi, le damine, Richard e la sposa fecero il loro ingresso accompagnati dalle note del Canone di Pachelbel, suonato magistralmente dal quartetto d’archi della scuola di Iris.

La donna ammiccò per un attimo ai suoi allievi – che avevano seguito con lei anche un corso estivo, che aveva preceduto quell’anno scolastico così ricco di notivà – e, mentre si avvicinava all’altare, sorrise a Dev.

L’uomo indossava un elegante completo nero di Carlo Pignatelli con gilet doppiopetto color antracite, camicia button-down nerofumo e un papillon del medesimo colore.

Iris non poté che trovarlo splendido. Per l’occasione, sua madre aveva sistemato ad arte le onde di capelli di Dev, mettendo un po’ d’ordine nel caos generale in cui, solitamente, il figlio portava la folta chioma. Le ciocche ricadevano su fronte e capo come morbide onde corvine, adornando il viso volitivo e dagli alti zigomi, su cui splendevano i chiarissimi occhi di Dev.

Occhi che, in quel momento, erano tutti per la sua futura sposa.

Per un attimo, Iris desiderò lasciare tutto e abbandonarsi all’estasi, ma sapeva bene di non poterlo fare. Come minimo, zia Rachel e Beth avrebbero trovato il modo di ucciderla. Loro dovevano vedere quel matrimonio… e anche farsi un bel pianto, perciò era obbligatorio che lei giungesse dinanzi al prete e dicesse sì.

Giunta infine al fianco di Dev, Iris sorrise al prete e quest’ultimo, Don Edward Collins, domandò chi fosse a condurre la sposa all’altare.

Da quel momento, poté concentrarsi soltanto sugli occhi di Devereux e sulla sensazione avvolgente e calda della sua aura di lupo.

Ascoltò solo parzialmente le parole di fedeltà, devozione, rispetto e cura che il celebrante fece sgorgare dalla sua bocca con toco evocativo, poiché lei aveva già promesso tutto ciò a Dev molto prima di quel giorno.

Quell’evento, per loro, era soltanto un proforma, un omaggio alle loro famiglie e ai loro amici.

Anche quando Devereux le infilò l’anello al dito – una fede in oro bianco e rosa con un motivo a intreccio – Iris non si scompose più di tanto e, con quieta sicurezza, fece altrettanto con lui.

Ciò che era avvenuto la sera precedente, al suo ritorno a casa dopo l’addio al nubilato, era stato molto più emozionante e profondo, e l’aveva lasciata svuotata quanto appagata.

Dev l’aveva condotta di fronte alla loro piccola quercia del Vigrond e, inginocchiatosi dinanzi a lei, le aveva promesso amore eterno ed eterna amicizia.

Lei era scoppiata in lacrime, abbracciandolo forte, promettendogli uguale amore e amicizia e, insieme, avevano corso nel bosco e si erano amati nella frescura della notte, in balia delle forze benefiche della natura.

Nessuna cerimonia umana avrebbe potuto surclassare quei momenti di condivisione totale pur se andava detto che, fino a quel momento, il tutto si era svolto al meglio.

«Puoi baciare la sposa» concluse il prete, sorridendo a entrambi gli sposi.

Dev si chinò per accostarsi alla sua sposa e, mentalmente, disse: “Penso anch’io che ieri notte sia stato splendido.”

“Ficcanaso” ironizzò per contro lei rispondendo al bacio per qualche istante prima di scostarsi. Dopotutto, erano in una chiesa e non era il caso di dare spettacolo con uno dei loro baci.

Lui sogghignò beffardo al suo indirizzo e, mentre un applauso si elevava sia tra i presenti sia tra coloro che erano dovuti rimanere all’esterno della chiesetta, lei ammiccò al suo sposo e mormorò: «Sei sempre la mia palla da demolizione.»

«Mi sembra ovvio» chiosò lui, prendendola sottobraccio.

Mentre damine, damigelle d’onore e garçon d’onneur si accodavano alla coppia, Iris e Dev passarono accanto a parenti e amici per uscire dalla chiesa e, non appena si ritrovarono sotto un tiepido sole di inizio ottobre, vennero inondati da riso e confetti.

Le risate dei neosposi si unirono a quelle degli invitati, e i flash delle fotocamere si intervallarono agli scoppi dei petardi e dei palloncini pieni di coriandoli bianchi lanciati per loro.

I cori e gli schiamazzi accompagnarono gli abbracci ad amici e parenti e, solo dopo diversi minuti passati a stringere persone e baciare guance, la coppia riuscì finalmente a raggiungere la bianca Chevrolet Camaro affittata per l’occasione.

Aiutata Iris con l’abito e il lungo strascico, Brianna strizzò l’occhio a entrambi prima di dire: «Ci vediamo più tardi al Lodge. Voi pensate a fare tante belle foto, visto che avete l’occasione di farle senza disastri al seguito.»

Dev e Iris assentirono con una risata – sapendo bene cosa fosse successo durante il matrimonio di Brie e Duncan – e, assieme all’auto dei fotografi, si diressero verso il Dutch Lake per alcune fotografie di rito.

Lì rimasero impegnati per circa un’ora, ora in cui la pazienza di Devereux venne messa a dura prova. Se gli iniziali scatti, infatti, lo videro ancora euforico per la celebrazione appena avvenuta, dopo circa dieci minuti di quell’incessante bombardamento di ordini e posizioni sempre diverse, l’uomo iniziò a mordere il freno.

Iris dovette impiegate tutto il suo savoir faire per calmarlo e, quando infine i fotografi diedero loro il via libera, non poté che ridere di fronte al suo manifesto sollievo.

Ma di che stupirsi, dopotutto, da una palla da demolizione?

***

«Giuro che, se lo avessi sentito dire ancora una volta ‘sorridi, Dev, facci vedere quanto è bello quel faccino’, lo avrei strangolato. Arthur è bravo, ma è davvero maniacale. Pensavo che sarebbe arrivato a chiedermi di spogliarmi, per mostrare il torace villoso o chissà cos’altro» brontolò per la centesima volta Dev, sorseggiando del buon vino californiano dal color paglierino.

Iris sorrise divertita, asserendo con aria falsamente sorpresa: «Giuro, non lo avevo notato. E io che pensavo che ti stessi divertendo!»

Lui sbuffò al suo indirizzo, replicando beffardo nell’indicarla con la propria forchetta: «Solo perché tu sei un’anima vanitorsa, e hai adorato ogni fottutissimo attimo di quel maledettissimo photoshoot. Arthur ti adora,… parole sue.»

Iris scoppiò a ridere di fronte al magro commento del marito e, maliziosa, ribatté: «Sei solo geloso perché lui ha saputo cogliere appieno tutta la mia bellezza, mettendola su pellicola… no, anzi, su chiavetta.»

«Vanità. Il tuo nome è donna» si limitò a dire Dev, dandole però un bacio sulla guancia.

Dopo aver terminato il suo ultimo pezzo di carne, sempre sotto l’occhio divertito di Iris, l’uomo domandò: «Facciamo un giro tra gli ospiti, mentre aspettiamo la prossima portata?»

«Volentieri» assentì lei, accettando il suo braccio proteso dopo aver depositato coltello e forchetta.

Oltrepassato che ebbero il tavolo principale – dove si trovavano Richard e Rachel, oltre a Beth, Sam e Chelsey – i due si accostarono man mano ai presenti in sala, salutando e ringraziando gli ospiti per la loro presenza.

In quel mentre, con un sospiro e un sorrisino, Diana Sullivan si piegò verso Liza – che sedeva accanto a lei in uno dei tavoli laterali dell’enorme sala matrimoni del Lodge – e mormorò: «Tua cugina è davvero strepitosa, con quell’abito.»

«L’ho pensato anch’io, quando gliel’ho visto addosso la prima volta, ma oggi è davvero radiosa. Penso sia principalmente merito di Devereux» convenne Liza, sorridendo affettuosa ai due. Era quasi scoppiata a piangere, quando la cugina e Dev si erano baciati e, per lei, queste erano cose praticamente più uniche che rare.

Eppure, tutto il loro amore, la forza delle loro auree e il sentimenti che li dominava l’avevano squassata come una marea, inondandola.

O forse, mai come prima di allora, aveva iniziato a sentirsi presa in causa, a provare emozioni sincere di fronte a simili esternazioni.

Per il momento, però, preferiva non discernere quella novità nel suo animo, perché temeva di conoscerne la risposta e non era ancora pronta ad affrontarla.

«Anche tu eri molto bella, il giorno in cui ci sposammo» dichiarò a sorpresa Donovan, dando una pacca leggera sul braccio della moglie nel sorriderle.

Liza sollevò le sopracciglia con aria vagamente sorpresa, di fronte a quell’ennesimo sfoggio di amorevole affetto da parte del professore.

A scuola, così come con Mark, il professor Sullivan si era sempre comportato in modo molto contenuto e freddamente educato. Non necessariamente scortese, ma un poco distante e, forse, un pelino teso.

Per questo motivo, Liza lo aveva ingiustamente creduto freddo e devoto solo alla sua missione ma quando, quella mattina di fronte alla chiesa, lo aveva scorto, si era dovuta ricredere alla svelta.

Il braccio avvolto attorno alla vita della moglie – che aveva indossato per l’occasione un elegante tailleur blu con pantaloni-palazzo su giacca a singolo bottone – Donovan le aveva sempre sorriso, parlandole più volte all’orecchio con fare amorevole.

Diana aveva riso a ogni commento sussurrato dal marito e, per tutto il tempo, non si era mai allontanata da lui, mettendo così in evidenza una forte affinità con l’uomo e nessun genere di incrinatura nel loro rapporto.

Per contro, però, quel comportamento così disinvolto le aveva reso ancor più evidente la tensione esistente col figlio, che invece ben di rado aveva parlato col padre, limitandosi a occuparsi di Diana in modo sollecito e filiale.

Sorridendo a Mark, che le sedeva al fianco, Liza lasciò perdere quel ragionamento per dedicarsi all’altro suo compagno di tavolo e, divertita, domandò: «Tu fosti il garçon d’onneur di tuo padre?»

«Sì. Ed è vero… mamma era splendida, quel giorno» concordò Mark, prima di aggiungere: «Però devo ammettere che, d’ora in poi, mi sarà difficile prestare attenzione alla professoressa Walsh, durante le prossime lezioni, dopo averla vista con quell’abito.»

Scoppiando in una risatina maliziosa, Liza chiosò con fare da cospiratore: «Mia cugina sta infrangendo un sacco di cuori, hai ragione …ho già notato dei pezzetti qua e là, mentre curiosavo le facce dei commensali. Devo controllare se c’è anche il tuo, da qualche parte?»

Mark ammiccò al suo indirizzo e replicò: «Lo trattengo solo a stento.»

«Comunque, non devi temere un tracollo dei tuoi voti. Sei il suo cocco…» celiò Liza, portandolo ad arrossire per diretta conseguenza. «… perciò continuerai ad avere la media più alta di tutti. Tra l’altro, quando parlate di musica country, fate quasi venire il latte alle ginocchia.»

Liza ammiccò con un gran sorriso per rendere l’intero suo discorso assai scherzoso, pur se aveva detto in parte una grande verità. Fin dal primo giorno in cui Iris e Mark si erano conosciuti, lei aveva potuto scorgere in loro una profonda affinità elettiva, come se due antichi amici si fossero ritrovati dopo lungo tempo.

Non vi aveva ovviamente visto nulla di sordido – né lo avevano visto gli altri allievi – ma aveva notato come Iris avesse preso Mark sotto la sua ala, quasi il desiderio di plasmare il suo talento le stesse particolarmente a cuore.

Liza aveva altresì fatto ridere spensieratamente Iris, quando glielo aveva fatto notare la prima volta e, in tutta onestà, la cugina aveva ammesso con candore di provare un naturale trasporto verso Mark.

Questo, aveva dato il la a Dev per fare una comica scenata di gelosia, e Iris si era divertita a mandarlo debitamente al diavolo sottolineando quanto, il suo interesse per Mark, fosse solo di tipo educativo, oltre che un tantino materno.

Gettato a sua volta l’amo anche a Mark, la ragazza aveva quindi scoperto nel ragazzo lo stesso interesse, cosa che le aveva permesso di ficcanasare – com’era suo dovere di Geri – senza dare nell’occhio.

Dopotutto, parlare di sua cugina era lecito e sicuro, no?

«Se dici ancora una volta che sono il suo cocco, giuro che…» cominciò col dire Mark, paonazzo in volto ma assai determinato a farla tacere una volta per tutte.

Liza, del tutto incurante delle sue minacce, gli strizzò l’occhio prima di indicare alla sua destra con un leggero cenno del capo e Mark, tappandosi subito la bocca, reclinò pudico il capo quando Iris e Devereux si avvicinarono al loro tavolo.

Ignari di quel battibecco, Devereux strinse la mano sia a Diana che a Donovan dopo aver salutato entrambi i ragazzi, dopodiché esordì dicendo: «Spero che vi stiate divertendo. Qui in campagna tendiamo a essere un po’ fracassoni, durante le feste di matrimonio, perciò spero che la cosa non vi disturbi.»

Nel dirlo ammiccò all’indirizzo di Rock, che stava sollecitando la band musicale a suonare qualcosa di più ritmato, così da permettere ai ragazzini di ballare nel mezzo del salone qualcosa a loro congeniale.

Diana sorrise piena di ilarità nel vedere come, il suo collega di lavoro, stesse spronando i musicisti a scegliere un brano moderno da suonare e, scrollando una mano con nonchalance, asserì: «Se non ci si diverte ai matrimoni, quando lo si dovrebbe fare?»

«Concordo appieno» annuì Dev prima di rivolgersi a Donovan per dire: «A quanto pare, mia figlia ha imparato che esiste la Storia grazie a lei, Donovan. Prima, era come impantanata in un limbo senza tempo, dove le date storiche erano numeri senza senso, e i re e le regine solo creature prive di significato.»

Donovan sorrise divertito, a quel commento, replicando: «Sono lieto di saperlo. Comunque, Chelsey è molto attiva in classe, e non posso che esserne orgoglioso. Trova sempre qualcosa di interessante da dire, perciò è facile insegnarle. La sua mente è molto ricettiva.»

«E con questo ti sei giocato i tuoi venti secondi da padre ossessivo-compulsivo. Ora non disturbare più i nostri invitati con cose che riguardano il lavoro» lo rimbrottò amabilmente Iris, guadagnandosi un’occhiata di straforo da parte del marito.

«Sei una piaga, ma ti amo lo stesso» celiò Dev prima di ammiccare all’indirizzo di Mark – che si fece di ghiaccio – e aggiungere malizioso: «Quanto a te… non dici nulla al tuo pupillo, cara?»

Sia Donovan che Diana guardarono incuriositi il figlio, che ora aveva serie difficoltà a respirare, mentre Liza gli dava calmanti pacche sulla schiena e rideva a creapapelle al tempo stesso. Iris, per contro, sospirò esasperata, replicando a mo’ di spiegazione: «La gelosia è una gran brutta bestia, ammettilo, Dev. Solo perché Mark è il mio studente migliore, tu non devi prendertela.»

Dev la fissò dall’alto al basso con espressione sprezzante e, dopo aver scosso il capo, disse a Mark: «Ricordati, ragazzo. Mai farsi mettere nel sacco da una donna, o non ne uscirai mai vivo. Possono anche portarti in palmo di mano per un po’, ma può sempre capitare che aprano le dita, lasciandoti cadere dal punto più alto.»

«F-farò a-attenzione» bofonchiò il giovane mentre Iris trascinava via Devereux dopo essersi scusata con un sorriso con i coniugi Sullivan.

Nell’osservarli allontanarsi mano nella mano, Donovan lanciò una seconda occhiata al figlio prima di dire: «Sapevo che andavi bene, nella sua materia ma, a quanto pare, la professoressa Walsh ti piace proprio. E tu piaci a lei.»

Diana gli diede un colpetto al braccio per azzittirlo mentre Liza, a quel punto, era prossima allo svenimento per mancanza di fiato per il troppo ridere. Mark, semplicemente, era paonazzo e senza voce per lo sgomento.

«Don… così lo metti in imbarazzo!» sussurrò Diana, pur sorridendo divertita.

Mark, a quel punto, si coprì il viso con le mani, bofonchiò un’imprecazione e sibilò all’indirizzo di Liza: «La pianti di ridere, almeno?!»

«C-ci p-provo» balbettò la ragazza, asciugandosi copiose lacrime d’ilarità.

Persino Donovan si lasciò andare a una risatina e, pensieroso, chiosò: «Forse, avrei dovuto ringraziare tua cugina per il caldo benvenuto che mi ha dato. Ho sempre la tendenza a dimenticare le buone maniere, quando ho la testa in qualche progetto ma, visto che ha preso sotto la sua ala mio figlio, meritava più attenzioni da parte mia.»

«Papà!» gracchiò sconvolto Mark, impallidendo visibilmente prima di tornare paonazzo.

«Non credo che ce ne sia bisogno. Iris è brava a capire le persone» dichiarò nel mentre Liza, ignorando di proposito i cambi d’umore di Mark e studiando il profilo del professore, ora concentrato sulla coppia di sposi.

Era come se, vederli così spensierati e felici, avesse riportato a galla dei pensieri tristi o, forse, un periodo del suo passato che probabilmente rimpiangeva.

Che quei lunghi e continui viaggi in giro per il continente nordamericano cominciassero a pesargli? Forse rimpiangeva di aver fatto vivere alla moglie e al figlio una tribolazione continua?

Era possibile visto quanto, da quel che sembrava, il rapporto con Diana fosse serio e consolidato. Probabilmente, il professor Sullivan si sentiva in colpa per aver fatto soffrire la moglie, e non solo Mark.

Quando, però, Liza si volse per controllare le reazioni dell’amico, già pronta a scusarsi con lui per le burle di prima, notò rabbia repressa nei suoi occhi, e nessun genere di empatia con l’apparente preoccupazione del padre.

Dovevano davvero aver litigato della grossa, di questo era ormai certa. Restava solo da capire perché e se, questo perché, potesse mettere o meno in pericolo il branco.

***

Il pick-up di Dev era pronto per partire per Calgary – dove avrebbero preso l’aereo per raggiungere Ottawa e, da lì, Dublino – e Iris, nello stringere tra le braccia Chelsey, mormorò: «Telefona tutte le volte che vuoi. Io, di sicuro, chiamerò tutti i giorni.»

«L’importante è che vi divertiate. Ve lo meritate» replicò la figlia, dandole un bacio sulla guancia prima di sorridere al padre e aggiungere: «Guai a te se la fai arrabbiare.»

«Tu guarda cosa devo sentirmi dire da mia figlia» brontolò lui pur sorridendo nell’abbracciarla.

Quando infine si scostò, Dev sorrise a Richard nello stringergli la mano e asserì: «Grazie per esserti offerto di prenderti cura di lei. Non sai quanto io ti sia grato. So che i miei genitori l’avrebbero presa con loro volentieri, ma non mi sento di sobbarcarli di troppi impegni.»

«Nessun problema, Devereux. Mi fa piacere farlo. Inoltre, sarà una buona occasione per sfoggiare le nuove camere da letto dello chalet» replicò l’uomo, accennando all’abitazione fresca di inaugurazione che i Wallace aveva fatto costruire dalla ditta di Dev lungo Clearwater Village Road.

«Sarà bello avere sotto lo stesso tetto queste tre fanciulle» aggiunse Rachel sorridendo a Chelsey, Liza e Helen.

«Grazie, mamma, per avermi paragonata a due minorenni» ironizzò Helen, ritrovandosi addosso l’occhiata gelida della sorella e quella divertita di Chelsey.

«Oh, su, su, ragazze, o Devereux penserà che siete due teppiste» ridacchiò Rachel, scuotendo leggermente una mano.

Dev rise sommessamente nello scuotere il capo e, dopo aver abbracciato anche le due sorelle Wallace, replicò: «Non potrei mai pensare questo, di loro. Divertitevi, in nostra assenza, mi raccomando.»

«Non mancheremo» promisero in coro mentre la coppia saliva sul pick-up.

Lentamente, l’auto si avviò per raggiungere la Southern Yellowhead Highway e, quando anche il rumore soffuso del pick-up fu svanito nella notte, Liza sospirò e disse: «Sarà il caso di andare a casa. Ho i piedi distrutti, dopo tutto quel ballare, e ho davvero voglia di provare la nuova doccia coi soffioni che avete fatto montare.»

«Dovrai aspettare il tuo turno, mia cara. Prima ci sono io» sottolineò Helen, battendole una mano sulla spalla con fare consolatorio.

Liza, però, non si diede per vinta e, levando un pugno, mugugnò: «Morra cinese? Al meglio dei tre?»

«Ci sto» assentì la sorella, mentre la famiglia saliva sull’auto dei Wallace per raggiungere la loro casa.

Chelsey sorrise divertita di fronte alla vena battagliera delle due sorelle e Rachel, nel sorriderle attraverso lo specchietto retrovisivo, chiosò: «In questo, non sono molto mature.»

«E’ divertente» replicò Chelsey con una scrollatina di spalle. «Io, di solito, ci giocavo con papà, prima dell’arrivo di Iris.»

Helen e Liza smisero di giocare, di fronte a ciò che quelle parole non avevano detto e quest’ultima, nel darle un colpetto con la spalla, chiosò: «Beh, adesso potrai giocare con me tutte le volte che vorrai.»

«Già… e chissà, magari Iris e il papà vorranno un bambino tutto loro, così io avrò anche una sorellina o un fratellino con cui giocare» ipotizzò Chelsey, eccitata al solo pensiero.

I coniugi Wallace si dichiararono speranzosi in merito a una tale eventualità e Liza, nello scambiare un’occhiata con la sorella, si ripromise di avere particolare cura di Chelsey, in quel periodo di lontananza dai genitori.

La mancanza di Julia, durante la sua crescita, si era sicuramente fatta sentire, ma non dal punto di vista educativo. In questo, Dev e i nonni di Chelsey avevano fatto un lavoro splendido, ma era indubbio quando una ragazzina potesse sentire il bisogno di avere una madre al proprio fianco.

Liza non aveva mai chiesto a Iris cosa fosse successo nello specifico, durante i quattro giorni in cui Chelsey era rimasta nelle mani di Julia, ma l’aver saputo del marchio apposto sui giovani lupi l’aveva angustiata non poco. Poteva immaginare tutto il resto senza timore di essere troppo pessimista, così come poteva ipotizzare quanto, il comportamento folle di Julia, avesse angustiato Chelsey.

Persino Chuck Johnson – così come il dottor Cooper – pensavano che il blocco di Chelsey in merito alla lettura del pensiero, potesse venire da un trauma prodottosi in quei giorni.

Trovare Iris, e amarla come se fosse stata realmente sua madre, era forse un pegno da parte del Destino a pagamento delle enormi sofferenze patite dalla bambina.

Quando infine raggiunsero lo chalet – che lei aveva visitato solo un paio di volte, durante la costruzione – Liza non poté che plaudire la bravura della squadra di Dev. La casa era semplicemente splendida.

Le travature in legno color ciliegio erano lisce come seta, sotto le sue dita esploratrici e, nell’osservare la veranda di fronte alla porta d’ingresso, non poté che immaginarsi lì a godersi la frescura di un giorno d’estate.

Richard fu lesto ad aprire la porta – l’aria era ormai gelida – e, dopo aver acceso le luci dell’ampio salone open space, sorrise nel mormorare: «Adoro l’impianto domotico che ha fatto sistemare Dev.»

Chelsey sorrise nell’annuire al suo nuovo zio e, ammirando l’ampia stufa a pellet già in funzione, chiosò: «Papà sa quanto può fare freddo, qui da noi, ed è per questo che ve l’ha consigliata.»

«Non avrebbe potuto farci regalo più bello» convenne Rachel, recuperando i cappotti di tutte le ragazze e del marito per riporli in una piccola cabina-armadio, ricavata nel sottoscala che portava al primo piano.

«Beh, penso che d’ora in poi sarà la mia casa preferita» mormorò ammirata Helen, sfilandosi le scarpe col tacco per poi balzellare sul parquet di rovere e dirigersi verso le scale. «La mia stanza qual è, papà?»

«Ho fatto installare le targhe sulle porte, ma comunque sono tutte uguali. Variano solo per il colore delle lenzuola» le spiegò Richard, chiudendo a chiave la porta d’ingresso prima di controllare il proprio cellulare.

«Lavoro?» domandò curiosa Rachel.

Lui assentì, promettendole però che l’avrebbe raggiunta entro breve. Le donne, a quel punto, si diressero all’unisono verso il piano superiore e Helen, dopo aver diretto i propri passi verso il bagno – avendo vinto la sfida – le salutò con un cenno della mano e sparì dietro una porta di legno.

Chelsey, invece, sbadigliò grandemente e augurò la buonanotte a tutti, lasciando quindi sole Rachel e Liza nel mezzo del corridoio.

Lì, Rachel sorrise alla secondogenita e, prima che lei potesse sparire nella sua stanza, disse con causalità: «Ho visto che oggi hai passato molto tempo con un bel giovane dai capelli rossi.»

Scrollando le spalle con noncuranza, Liza borbottò: «Si tratta di Mark Sullivan. E’ il figlio del mio professore di Storia e di una nuova collega di Dev.»

Sorpresa dalla reazione apparentemente guardinga della figlia – che, solitamente, non si faceva scrupoli nel parlare dei propri amici – Rachel le domandò: «Ci sono forse dei problemi, cara? Non voglio certo ficcare il naso, ma è da tanto che non ti vedo, e perciò…»

Liza non la lasciò terminare. Le afferrò un polso per trascinarla dentro la propria stanza e, senza dedicare neppure mezzo sguardo alle scelte operate dal padre, si gettò sul letto e sbottò dicendo: «Lui è la mia missione!»

Rachel sobbalzò per la sorpresa, si accomodò con maggiore grazia sul bordo del letto di Liza – ricoperto da un piumino color lavanda e viola a fantasie di fiori – e, accigliandosi leggermente, replicò: «In che senso, cara? Ha a che fare con il branco?»

La figlia assentì torva, raccontandole per sommi capi ciò che avevano scoperto e ciò a cui era stata destinata a fare dal capoclan. Per tutto il tempo, Rachel ascoltò in assorta contemplazione delle reazioni di Liza e, quando quest’ultima ebbe terminato, disse: «Quindi, era questo a turbarti tanto, durante la nostra ultima telefonata.»

Lei annuì recisamente, borbottando: «Mi fa schifo fare la spia, ma sono troppe le cose che non quadrano, in questa situazione, e io devo vigilare. E’ il mio compito. Inoltre, Huginn è preoccupato perché sente un pericolo che si avvicina.»

Rachel rabbrividì nell’udire quelle ultime parole ma, facendosi forza per essere di aiuto alla figlia, mormorò: «Immagino che quel ragazzo ti stia simpatico, altrimenti non saresti così combattuta.»

Pur arrossendo, Liza annuì e ammise: «Andiamo d’accordo, sì. Mi spiacerebbe se risultasse essere un nostro nemico.»

Carezzando con gentilezza una guancia della figlia, domandò: «E’ qualcosa di più di un mi dispiacerebbe

Stringendosi le braccia al petto, Liza affondò il viso contro la spalla della madre e, annuendo flebilmente, sussurrò: «Non lo so, mamma, ma sto veramente bene quando mi trovo in sua compagnia, e il senso di colpa che provo si fa sempre più forte, quando devo mentirgli.»

Come se fosse importante, poi aggiunse: «Gli ho presentato Huginn e Muninn, dicendogli che li trovammo in un bosco senza la mamma, e che voi mi aiutaste a trovare qualcuno per addestrarli.»

Rachel carezzò la lunga chioma bruna della figlia, rilasciata sulle sue spalle tremanti e, sorridendo di fronte a quel momentaneo cedimento di Liza – che raramente si lasciava andare ad attacchi di panico – disse con sincerità: «Nessuno che abbia un cuore malvagio potrebbe avvicinarsi a quei due corvi, se tu sei nelle vicinanze. Lady Fenrir esclusa, s’intende.»

Liza rise stentatamente di quel commento, e annuì, ammettendo che era vero.

«Huginn e Muninn ti vogliono molto bene e sono sicura che avrebbero capito se, in quel Mark, vi fosse stato del marcio. Per te, sono certa che avrebbero sviluppato anche quel potere» la confortò la madre, avvolgendola poi tra le braccia.

«Forse… forse è vero. Ma è suo padre il vero pericolo, e io devo spiare Mark per conoscere da lui le cose che il padre dice in casa» sospirò Liza, affranta.

Stringendola maggiormente a sé, Rachel le baciò i capelli e, con tono fermo, disse: «Se Lucas ti ha riconosciuta come Geri, un motivo ci sarà, e io non ho dubbi che saprai comportarti al meglio anche in questo frangente. Potrò anche avere paura delle conseguenze di questo tuo ruolo, ma sono orgogliosa di te e dell’impegno che metti nel portarlo avanti.»

«Mamma…» sussurrò Liza, levando il capo per scrutarla con curiosità.

Rachel tornò a sfiorarle il viso con una mano, scacciò con l’altra una lacrima ribelle – in questo, era diventata molto brava – e infine aggiunse: «Riposa, e pensa a questo. Stai facendo la cosa giusta, e nel modo giusto. Provare rimpianto va bene, perché significa che hai un’anima altruista e che ha a cuore il benessere degli altri, anche di chi potrebbe essere tuo nemico.»

«Fa star male, però» sottolineò la figlia, sbuffando.

«Nessun ruolo di prestigio è esente da pecche. Guarda tuo padre. E’ ancora impegnato con il lavoro, nonostante si sia preso due settimane di ferie, e questo perché ha a cuore le sorti dell’azienda, e i suoi sottoposti sanno che possono rivolgersi a lui, in caso di dubbi» le fece notare Rachel.

«Ma riposa, almeno, ogni tanto?» si premurò di chiedere Liza.

Rachel assentì con un sorriso, si sollevò dal letto dopo averle deposto un bacetto sulla fronte e, determinata, disse: «Questo, è il mio compito. Prendermi cura di lui. Ed è proprio quello che farò ora.»

Sorridendo, Liza annuì e mormorò: «Buonanotte, mamma. E grazie per la chiacchierata.»

«Ci sarò sempre, per tutte voi. Anche per Chelsey, pur se ora c’è Iris a prendersi cura di lei.»

Ciò detto, uscì dopo un ultimo bacetto e Liza poté finalmente concedersi uno sguardo più attento alla stanza, trovandola ovviamente perfetta. Suo padre era stato davvero bravo nel riprodurre in quella camera tutti i suoi colori preferiti, le sue preferenze in fatto di mobilio e l’amore per i suoi corvi.

In un angolo vicino alla finestra, infatti, si trovavano due trespoli gemelli che, all’occorrenza, avrebbero potuto ospitare Huginn e Muninn durante la sua permanenza allo chalet.

Quanto al resto, si compiacque nel trovare un’ampia scrivania, una capiente libreria da camera, una multi-presa per internet e il suo computer, oltre a un’ampia finestra che si affacciava a sud. In quel modo, il sole non l’avrebbe disturbata, all’alba, permettendole di dormire fino a tardi.

Persino a questo, aveva pensato suo padre.

Nell’infilarsi nel letto dopo essersi spogliata, Liza socchiuse gli occhi e mormorò: «Grazie, papà. Grazie, mamma. Vi voglio bene.»

Forse, per una notte, non avrebbe sognato zanne oscure squarciare la serenità della sua vita e forse non avrebbe scorto, tra quelle zanne, il volto di Mark.



 


 


 



N.d.A.: Iris e Dev hanno potuto finalmente sposarsi senza intoppi e, ormai partiti per l'Irlanda, hanno lasciato per il momento pensieri e timori alle spalle. Così non è però stato per Liza che, anche durante il matrimonio della cugina, ha portato avanti le sue indagini in merito ai Sullivan, notando come il rapporto tra padre e figlio sia ormai lesionato in più punti. Quale sarà il motivo? E i nemici attenderanno molto, prima di palesarsi, o lasceranno il tempo a Iris e Dev di tornare?
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Licantropi / Vai alla pagina dell'autore: Mary P_Stark