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Autore: Myriru    13/10/2020    2 recensioni
Ispirato al secondo racconto del ciclo "Lady Oscar – Le storie gotiche: Il figlio del generale Jarjayes?!"
Dal testo:
«Il mio nome è Maurice. La mamma mi ha detto di venire qui da voi, padre, e di chiedervi se potete prendervi cura di me. Ha detto che voi avreste capito... sono state le sue ultime parole prima di morire »
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Madame Jarjayes, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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«Carissimi, siete venuti nella casa del Signore, davanti al ministro della Chiesa e davanti alla comunità, perché la vostra decisione di unirvi in matrimonio riceva il sigillo dello Spirito Santo, sorgente dell'amore fedele e inesauribile. Ora Cristo vi rende partecipi dello stesso amore Con cui egli ha amato la sua Chiesa, fino a dare se stesso per lei.  Se dunque è vostra intenzione unirvi in Matrimonio, datevi la mano destra ed esprimete davanti a Dio e alla sua Chiesa il vostro consenso »
Erano l’uno di fronte all’altro, si stringevano le mani e si guardavano negli occhi, Oscar e il duca. Aveva tirato un sospiro di sollievo quando, prima che il parroco iniziasse la messa, entrambi furono coperti da un velo sottile che, visti da fuori, avrebbe celato un po’ i loro visi.
Il duca le sorrideva,  muovendo appena i pollici sul dorso della mano di lei come per accarezzarla.
«Oscar François de Jarjayes vuoi unire la tua vita alla mia, nel Signore che ci ha creati e redenti?»
Esitò, fece un respiro profondo. 
“André perdonami”
«Sì, con la grazia di Dio, lo voglio »
Deglutì a vuoto quando vide la mano del duca infilarle la fede al dito. Ora toccava a lei.
«Adrien Joseph de Bourbon-Condé.... vuoi unire la tua vita alla mia, nel Signore che ci ha creati e redenti? »
La sua voce era uscita strozzata, bassa, come se fosse sul punto di scoppiare in lacrime. Era lontanamente lontana dalla voce forte e sicura del duca, pensò che non fosse neppure sua.
«Sì, nella grazia di Dio, lo voglio »
Con mano tremante, maledicendo il duca per aver detto di sì, infilò la fede al dito dell’uomo.
«Ora, in comunione con la Chiesa del cielo, invochiamo l'intercessione dei santi... effondi, Signore, su Adrien e Oscar lo Spirito del tuo amore, perché diventino un cuore solo e un'anima sola; nulla separi questi sposi che tu hai unito e, ricolmati della tua benedizione, nulla li affligga. Per Cristo nostro Signore »
«Amen »
«Amen... »
 

Non si era voluta trattenere più del necessario alla festa che avevano organizzato le loro famiglie per il matrimonio. E non voleva neanche pensare a quello che, di lì a poco, sarebbe stato inevitabile. Passando tra i corridoi del palazzo dei Bourbon-Condé, che con il matrimonio era diventata casa sua, evitò di guardare il suo riflesso nei grandi specchi che decoravano le pareti.
La governante del palazzo l’aveva accompagnata nella sua stanza da sola, informandola che il duca suo marito l’avrebbe raggiunta più tardi per darle il tempo di cambiarsi e di adattarsi.
E anche se fu grata per questa sua piccola premura, non riuscì a rasserenarsi. Sussultò quando sentì la porta della camera da letto chiudersi dietro di lei.
Si guardò in giro, lo stile di palazzo Bourbon-Condé era più lussuoso rispetto quello di palazzo Jarjayes e sulle pareti di color blu imperiale i dettagli in oro risaltavano come stelle nel cielo notturno. I soffitti alti erano bianchi, a contrasto con quelli delle pareti e da esso scendevano due enormi candelabri in oro e cristalli. Si tolse le scarpe lentamente, lasciando che il freddo marmo del pavimento allietasse il dolore dei piedi. Quando sentì la porta riaprirsi, pensò che suo marito fosse già arrivato ma al suo posto trovò due cameriere, arrivate in suo soccorso per togliere l’abito e per prepararle il bagno.
Una volta che si ritrovò in intimo, davanti lo specchio della loro camera, riuscì a malapena a guardarsi allo specchio. Si sciolse i capelli da sola, posando lentamente le forcine sulla toeletta poco distante e, quando la vasca fu pronta, ordinò alle cameriere di lasciarla sola.
Quando anche l’ultimo drappo cade a terra e si ritrovò nuda nella vasca da bagno, affondò la testa nell’acqua tiepida e piena di bolle, sperando nel fondo di non risalire più.
Risalita in superficie, si portò le ginocchia al petto, pensierosa.
Il matrimonio era avvenuto, era diventata duchessa. Era successo tutto così in fretta che non le sembrava neppure vero, ma l’anello d’oro al dito, così come la collana di perle regalatole dalla suocera, non facevano che ricordarle che era tutto vero.
Portò le dita alle labbra, accarezzandole appena, e chiuse gli occhi, ricordando l’unico attimo di felicità della giornata. Il peso di quella giornata si era cancellato in un istante e sorrise appena. Cosa sarebbe stato di loro? Di lui? Preferì non pensarci. Con un panno, iniziò a pulirsi lentamente le braccia e le gambe e pensò che il giorno dopo avrebbe chiesto un nuovo bagno.
Quando ebbe finito, si avvolse in una vestaglia di cotone e si sedette accanto alla toeletta per tamponarsi i capelli umidi che, con il calore proveniente dal camino appena acceso dalle cameriere, sembravano essere già asciutti. Non seppe quanto tempo fosse passato, si passò la mano tra i capelli e si sistemò per la notte e, lentamente, fece scivolare i polpastrelli sulla pelle del collo.
Ora sarebbe venuto a reclamare i suoi diritti.
Ma lei diritti ne aveva verso suo marito? Non riuscì a trovare il tempo per rispondere alla sua domanda che sentì la porta della stanza aprirsi e vide, attraverso il riflesso dello specchio, suo marito.
Non indossava più l’alta uniforme bianca, la camicia era slacciata appena sul petto e sul suo viso non c’era più quel sorrisetto canzonatorio che lei aveva sempre odiato. Aveva l’aria stanca, lo notava dal suo sguardo spento
Non si girò ancora ma si alzò, aspettò che lui si avvicinasse a lei e così fece, con poche falcate la raggiunse e posò la mano sulla sua spalla, massaggiandola appena.
«Quell’abito ti stava d’incanto »
Mormorò un flebile grazie, girando appena la testa per guardarlo negli occhi.
Lui l’abbracciò da dietro, un abbraccio caldo e tenero come non pensava mai potesse essere con lui  e inclinò il capo sulla sua spalla, mostrandogli il collo pallido senza volerlo. Il duca posò un piccolo bacio sulla base del collo, per poi posare la guancia nello stesso punto.
«Permettetemi... datemi il vostro consenso, in caso contrario me ne andrò da questa stanza e vi lascerò dormire tranquilla. Garantirò io per voi domani mattina1 »
Oscar cercò lo sguardo del duca ma lui girò il viso, posando la fronte sulla sua spalla.
«Adrien... »
«Ditemi solo sì o no »
«Sì »
Seppur l’idea di fingere di aver consumato il matrimonio l’allettasse non poco, questo non avrebbe fatto altro che rimandare la notte in cui, prima o poi, l’avrebbe resa sua, forse anche con violenza. E pensò, perché non approfittare anche di quell’attimo di tenerezza di suo marito? Sarebbe stato inevitabile.
Lui non disse nulla, posò di nuovo le labbra sul suo collo, tracciando una piccola scia di baci che partivano alla base dell’orecchio fino alla spalla, mentre con le mani le slacciava lentamente il nodo della vestaglia .
Oscar si girò verso di lui prima che il nodo si sciogliesse del tutto e lui catturò le sue labbra un dolce bacio, ricambiato, e le sfilò la vestaglia dalle spalle, denudandole. Lei si lasciò sollevare dall’uomo, trovandosi poi stesa sul letto morbido che odorava di lavanda.

Le prime luci dell’alba oltrepassavano a malapena le pesanti tende blu della camera da letto creando un’atmosfera quasi surreale. Oscar strinse la vestaglia al petto e si risistemò nel letto guardando con la coda dell’occhio l’uomo che riposava tranquillo al suo fianco. Faceva fatica a credere che il soldato che si era presentato, fiero e orgoglioso, per un mese intero a casa sua e l’uomo che l’aveva posseduta con tanta dolcezza quella notte fossero la stessa persona. Aveva provato quasi piacere nello stare tra le sue braccia, anche se non poteva negare di aver pensato di passare la notte con un altro uomo, provando vergogna.
Il duca l’aveva sfiorata con carezze leggere sulla pelle, aveva baciato una cicatrice che aveva trovato sul suo fianco e si era fatto strada in lei cauto, quasi come se non volesse farle provare dolore.
Si passò una mano sul viso, le immagini della notte appena trascorsa erano ancora nitide nella sua mente e si sentiva indolenzita tra le gambe. 
Tornò a guardare il duca, sdraiato di pancia e con il viso rivolto verso di lei, la schiena nuda e il lenzuolo a coprirlo dai fianchi in giù. Sembrava dormire tranquillo e lo invidiò perché lei, quella notte, non era riuscita a prendere sonno.

1= il giorno dopo il matrimonio, per accertarsi che il matrimonio fosse stato consumato, la sposa riceveva i parenti a letto. In alcune occasioni, invece, i parenti assistevano alla prima notte di nozze.

   
 
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