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Autore: Evola Who    15/10/2020    1 recensioni
“Eccoci qua, Naboo” disse Mando, uscendo dall'iperspazio e fissando il maestoso pianeta da dietro il suo elmo che componeva l’armatura Mandaloriana.
“Pianeta ricco, pieno di spazioporto, colonie commerciali e altre cose” elencò, con tono quasi monotono: “Ma, soprattutto, paludi, colline e laghi. Un buon posto per riprendersi un po' dall'ultimo viaggio. Tu che ne dici?”
Genere: Avventura, Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Baby Yoda/Il Bambino, Din Djarin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7
Confronti




 

Mando e Han guardarono in silenzio i due piccoli giocare insieme.

All'arrivo
di un rospo, l'alieno cercò di prenderlo, ma fallendo. Ben allora cercò di farlo ridere, inginocchiandosi a terra e imitando i salti dell'anfibio, seguito dal piccolo. A inseguirli furono gli occhi divertiti di Chewie e la voce preoccupata di C-3PO.

Nessuno dei due uomini aveva voglia di parare o di dire qualcosa. Erano giunti al tacito accordo di non fare certe domande, ma sentivano una tensione molto pesante tra di loro. In fondo, erano due uomini di mondo. Conoscevano bene i rischi di dire qualcosa di sbagliato.

Ma questo patto fu interrotto da Han: “Eri della Gilda. Non è vero?” E girò la testa verso al Mandaloriano con volto inespressivo, in attesa di una risposta.

“Sì. Ero un membro della Gilda” ammise Mando.

“E il piccolo, era un ‘incarico’ che dovevi svolgere. Giusto?”

“Giusto…”

“E che è successo?”

Mando si girò verso di lui, rispondendo: “È una storia troppo lunga da raccontare.”

“Beh, in un certo senso, anche la mia…” aggiunse Han, pensando a tutta la sua vita: “Vorrei solo sapere chi ha avuto quel bambino per primo. Ma, soprattutto, chi lo voleva.”

“Questo non lo so” disse Mando, anche lui un po' spaesato: “So solo che mi è stato offerto questo lavoro da parte del Cliente, voleva una cosa veloce e pulita, la ricompensa era più che buona e l’ho accettato. Senza fare domande.”

“Ma non è riuscito a dimenticare…” aggiunse Han, accennando alla seconda guerra della Gilda.

“Già… “ammise Mando, ritornando a guardare il piccolo, sempre intento a divertirsi con Ben.

Raccontò molto brevemente la storia della ricompensa, della sua armatura e di come si fosse ripreso il piccolo, con l’aiuto del suo clan. E ora erano qui. Senza aiuti, senza Gilda. Era andato contro tutto e tutti, pur di conservare la custodia del piccolo. Che, ora più che mai, era la sua unica responsabilità primaria.

“E chi voleva quel bambino?” chiese ancora Han. “Chi era, esattamente, questo Cliente?”

“Da quello che ho capito, un imperiale.”

Han girò la testa di scatto, rimanendo incredulo da quella risposta. Sperò vivamente di aver capito male.
“Hai detto ‘un imperiale?” 

“Sì. A quanto pare, un comandante dell'Impero, con assaltatori e tutto il resto.” Ripensò allo scontro su Nevarro, con i soldati di quel Signore della guerra. Tutto, per quel bambino.

“Oh, cavolo. Lelia aveva ragione…” bofonchiò Han, abbassando la testa e passandosi una mano sul viso, per poi spostarla fino ai capelli: “Gli imperiali non sono del tutto scomparsi. E io che pensavo che, dopo la caduta dell’Impero e la battaglia di Jakku…” e fece un lungo sospiro profondo.

“Se questo può aiutarla, io e i miei compagni siamo riusciti a liberare il pianeta che avevano occupato” disse Mando con tranquillità.

Han alzò la testa, fissando con volto inespressivo, chiedendosi se lo stesse prendendo in giro o no.

“E, secondo lei, perché volevano quel bambino?”

“Credevo per i suoi poteri” rispose Mando, fissando il piccolo: “Ma, a quanto pare, non è l’unico ad averli.” E guardò Ben, intento a far volare a mezz’aria il ciondolo del piccolo trovatello con la Forza.

“Forse, alcuni non lo sanno. In fondo, fino a dieci anni fa, credevo che la Forza o gli Jedi fossero solo una massa di sciocchezze senza senso. Delle storie non molto elaborate.”

“E poi che è successo?” chiese Mando.

“Un giorno ho incontrato un vecchio eremita e un ragazzino. Volevano un passaggio, pensavo potesse essere soltanto un lavoro semplice e, invece, mi sono fatto coinvolgere da questa assurda storia. Così mi sono ritrovato alle prese con un ragazzino che coltivava umidità fino al giorno prima e una principessa tutt’altro da salvare.” E fece un piccolo sorriso, ripensando al primo incontro con la sua futura moglie.

“E, dopo questo, sono diventato un Ribelle. E il resto è storia.” E guardò ancora suo figlio.

“Da contrabbandiere di pessima fama a generale Ribelle, eroe di guerra, marito di una senatrice e padre di un bambino con poteri di cui non avrebbe potuto nemmeno sospettare l'esistenza fino a pochi anni fa” elencò Mando con tono sorpreso.

“Beh, non è proprio la vita che mi ero immaginato… ma è andata così” ammise Han. “E ormai non riuscirei a immaginare una vita senza di loro. Senza Luke, senza Leia, senza Ben…. E, se qualcuno osasse solo pensare di far loro del male, ho fatto cose pazzesche per molto meno!” e lo disse con espressione dura, lasciando intuire che non stesse scherzando.

Mando lo guardò, provando empatia nei suoi confronti. In fondo, era un padre solo. Poteva comprendere i suoi timori e tutti i sacrifici che doveva avere fatto.

“E che ne pensa, di tutta questa storia della Forza?”
Han non rispose subito.

Ci rifletté per qualche istante e poi, dopo un altro sospiro, disse: “Non ne so molto, lo ammetto. Luke ha sempre cercato di spiegarmi tutta questa storia degli Jedi e del loro cammino. Ma… tutto quello che ho compreso, è che la Forza ha portato solo guai, sia per quello che riguarda il lato oscuro che quello buono.”

Il lato oscuro?” ripeté Mando, confuso.

“Non lo sa?” disse Han, girandosi verso di lui: “I Jedi erano divisi. Il lato chiaro e il lato oscuro. Il bene e il male, divisi in due fazioni contrapposte e cose del genere…”

Il vecchio generale ripeté quello che Luke gli aveva spiegato, ossia che il lato oscuro era il male, perché in esso si identificava il potere del vecchio imperatore Palpatine, responsabile dell'uccisione di quasi tutti i Jedi.

Mentre coloro che erano votati al lato chiaro erano i guardiani della pace, che avevano difeso la Repubblica durante la Guerra dei Cloni.

“Quindi, c’è il rischio che, chi possiede quei poteri, possa diventare essere malvagio?” chiese il Mandaloriano.

“C’è questa possibilità, sì” ammise Han, incupito.

“Ma non ho capito come. Luke non ha mai avuto la tentazione di cedere al male. Si è allenato da solo e ha imparato a controllare il suo potere.”

“E come si può capire se qualcuno è passato al lato oscuro?”

“Be', non è difficile. Quando la Forza viene usata per scopi malvagi. E, con essa, si uccide tutti senza pietà…” Han si ricordò i suoi scontri con Darth Veder e  di quello che era in grado di fare. E rammentò con un brivido che, quell’essere, era il nonno di suo figlio.

Mando, invece, pensò a quando il piccolo aveva strozzato Cala mentre giocavano a braccio di ferro. Era un segno di quel lato oscuro? O si stava solo preoccupando inutilmente? Pensava che, dopo aver incontrato Ben, avrebbe avuto più informazioni riguardanti a quel potere.

Invece, stava trovando soltanto ancora più domande e dubbi. Soprattutto, riguardo una razza di cui, in passato, i suoi antenati erano stati nemici…

E tutto quello che gli venne in mente furono solo queste parole: “Finché non sarà diventato adulto o non lo avrai riportato ai suoi simili, tu gli farai da padre…” e aggiunse, tra sé e sé: “Questa è la via.” Guardò il sigillo sulla spallina dell'armatura, chiedendosi se lo meritasse davvero…
 
 

***

 
“E quindi, mi conviene portare il piccolo da questo Skywalker e farlo addestrare?”

Han prese qualche attimo per rispondere, dicendo: “Mandaloriano, accetti un consiglio da un uomo che non sa nulla della Forza, ma che ci vive in mezzo: si goda questo tempo con il suo trovatello finché può, se vuole farlo addestrare.”

Mando restò turbato da quelle parole: ricambiò lo sguardo dell’ex contrabbandiere che lo stava guardando, questa volta non con la solita faccia inespressiva o dura, bensì con il volto sincero di chi sa ciò che sta dicendo.

“Il trovatello probabilmente non è del tutto consapevole del suo potere. Probabilmente, è ancora troppo piccolo per essere addestrato” spiegò Han.

“Quindi, è meglio rimandare per un po' l’idea di portarlo da uno Jedi e lasciare che scopra i suoi poteri pian piano, prendendone coscienza da solo. Meglio lasciarlo a godersi la sua vita da bambino, per quanto sia possibile.”

“Però, Ben vuole diventare uno Jedi” disse Mando.

“Ben ha solo quattro anni! Ha ancora una idea infantile su cosa voglia realmente dire essere Jedi! Per lui è solo un gioco. Non sa ancora nulla del sacrificio che ha dovuto compiere Luke per diventare maestro…” E abbassò gli occhi con sguardo perso.

“E so che un giorno, quando diventerà un po' più grande, dovrò mandarlo da lui per diventare uno Jedi completo, consapevole della lunga strada che dovrà intraprendere. Ma, per ora, è solo una piccola peste che combina guai, con il caratterino di sua madre e con la mia stessa curiosità e capacità di scappare dai guai.” E rise, perdendosi per un attimo tra i ricordi.

“Per adesso vuole solo conoscere tutti i segreti della mia nave, i trucchi su come farla andare più veloce... emi piace vederlo rapito ogni volta che faccio il salto nell'iperspazio, e non smetterei mai di ascoltarlo quando dice di voler diventare il miglior pilota di tutta la galassia. E lo sarà! Perché Il Millennium Falcon sarà l’unica cosa che erediterà di me! Poco ma sicuro!” Rise ancora, prima di tornare inespressivo come prima.

Mando, da tutto questo, capì solo una cosa: che la Forza era davvero potente e ancora del tutto sconosciuta per lui. Però era sicuro che potesse far allontanare dai loro cari le persone che ci avevano a che fare. E né lui e né Han erano pronti a compiere quel passo…

“Quindi, facciamo un patto: io non dirò niente a Luke del suo trovatello e lei, quando scoprirà da qualche parte un vecchio imperiale nostalgico, lo dirò alla nuova Repubblica.”

“E lei pensa che alla nuova Repubblica interesserebbe ancora qualche minaccia imperiale di poco conto?”

“Ogni presunto imperiale non è mai una cosa di poco conto!” rispose Han con tono duro. “Non abbiamo combattuto una guerra per niente. E voglio quei bastardi spazzati via dalla faccia della Galassia!”

“E pensa si fiderebbero della parola di un cacciatore di taglie?”

“Beh, se contatterà direttamente la senatrice Organa, basterà fare il mio nome e vedrà che avrà tutta la sua attenzione. Certo, dovrò rispondere a cento domande, ma posso assicurarle che le crederà e avrà il suo aiuto. Senza sapere troppo di lei…” e girò la testa verso al Mandaloriano, con espressione convincente.

“Lei sta cercando di agitarmi e convincermi a non portare il piccolo a questo maestro, e in cambio vuole informazioni su questi signori della Guerra” ripeté Mando: “Perché?”

“Beh, per cominciare, voglio che tutto quello che riguarda l’Impero sia distrutto una volta per tutte. E, poi, ha aiutato mio figlio, lo ha portato da me e abbiamo cercato di aiutarla con le sue domande. Dandole anche degli ottimi consigli” spiegò Han.

“Almeno, così saremo pari. Perché l’ultima cosa che voglio è essere in debito con un Mandaloriano.”

“Mi sembra corretto”

“Allora, affare fatto?”

“Affare fatto.”

Si strinsero la mano in segno d’accordo.

“Quindi, mi assicura che nessuno saprà mai di lui?” disse Mando, tornando a voltarsi verso il piccolo.

“Forse, in questo momento, è meglio tenerlo nascosto.”

“Certo, e lo dirò anche a Ben.”

Han fece un sorrisetto, dimostrando la sua sicurezza e un po' della sua solita strafottenza. Mando non poteva fare altro che fidarsi delle sue parole.

“A proposito della nuova Repubblica…” disse Han, a braccia conserte: “Sa che, qualche mese fa, una nave prigione della Repubblica è stata assaltata, dopo uno strano caso di ‘evasione inversa’?”

Mando capì subito a che cosa si stesse riferendo. Il lavoro di evasione di Ran, a bordo di una nave trasporto dei detenuti.

“E c’è anche scappato il morto” continuò. “E, tutto quello che so, è che dei droidi sono stati distrutti, le registrazioni della videosorveglianza cancellate e che, per di più, alcuni prigionieri hanno raccontato una versione dei fatti assurda e decisamente poco credibile. Una storia che aveva a che fare con un Mandaloriano…”

Sperava che Mando lo avrebbe fermato, ammettendo l’ovvio. Ma non lo fece.

“E, in più, degli X-Wing hanno seguito il segnale inviato dalla navetta, fino a quando è esplosa dentro un hangar di uno spazioporto. Ne sa qualcosa?”

“Probabilmente no. Ha importanza?”

Han lo fissò alzando uno sopracciglio, rimanendo stupefatto da quella risposta. Ma, d'altra parte, che cosa si sarebbe dovuto aspettare?

“Forse non più. Anche io, probabilmente, ho fatto molte cose che non hanno più importanza…”
Si guardarono, senza dire nulla.

Ma, tutto questo, fu interrotto da delle urla: “Oh, cielo! Aiuto! Aiuuutooo!”

Era la voce di 3PO, piena di panico.

Han e Mando si girarono di scatto verso il fiume, tirando fuori all'unisono i loro blaster, pronti a sparare a qualunque malintenzionato. Ma si trovarono davanti agli occhi un’altra scena, a dir poco inaspettata: C-3PO stava svolazzando a mezz’aria, con Chewie sconvolto che cerca di afferrarlo.
Ben lo guardava divertito, mentre il trovatello aveva la mano alzata e un'espressone rilassata.

“Oh kriff! Ben!” urlò Han, rimettendo il blaster nella fondina e correndo subito verso di loro con il Mandaloriano al seguito.

“Chewbecca! Aiutooo!” continuava a lamentarsi il droide.

Mando prese il piccolo alieno in braccio, esclamando: “Ehi! Smettila, smettila!”

Il trovatello ritrasse la mano e lasciò andare all’improvviso il droide, che non finì a terra soltanto perché fu afferrato appena in tempo dal Wookiee.

“Oh!” disse il droide, tornato con i piedi per terra: “Grazie, Chewbecca! Non mi sentivo così terrorizzato di volare in aria dai tempi di Endor!”

Chewie fece un verso paziente, sotto agli occhi quasi esasperati di Han.

“Hai visto, papà?” disse Ben, entusiasta. “Sentivo che fosse potente nella Forza, ma non credevo così tanto da poter sollevare qualcosa di più grande di lui!” e rise divertito. Poi inarcò un sopracciglio, incuriosito e speranzoso. “Posso farlo anche io?”

“No!” rispose subito Han con tono duro, scrutando suo figlio.

Ben ci rimase male, sia per quel “no”, che il suo tono.

“Ma non è giusto!" ribatté Ben, mettendo il broncio: “Anche io sarei in grado di sollevare 3PO! Forse anche zio Chwie e R2 messi insieme!”

“Oh, non ne dubito, ma finché non avrai l’okay da parte di zio Luke e di mamma, tu non userai la Forza e, soprattutto, non farai nulla del genere! Sono stato chiaro?”

“Uffa! Perché lui può farlo e io no?”

“Beh, se lui si buttasse nella fossa di un Sariacc, lo faresti anche tu?”

Ben ci pensò, riflettendo con attenzione su quelle parole, facendo sentire Han soddisfatto dalle sue doti genitoriali.

“Ma perché qualcuno vorrebbe buttarsi nella fossa di un Sariacc?” chiese infine Ben, guardando il padre con aria interdetta.

Questa volta l’ex contrabbandiere non rispose, perché non riusciva a trovare una soluzione.

“Non importa….” disse rassegnato.
 

 

***

 
Dopo una lunga giornata, fatta di giochi tra Ben e il piccolo trovatello, arrivò la sera. E, poco prima del tramonto, i due piccoli crollarono dal sonno. Ora erano in braccio ai loro rispettivi padri.

Han e Mando si guardarono, questa volta con più sicurezza e complicità. Capivano che era giunto il momento di andare, ognuno per la propria strada.
E, dopo un breve saluto, Mando restituì i dadi dorati al suo legittimo proprietario, dato che Ben li aveva lasciati sul suo carro. Han li prese, dicendo che gli avevano portato più fortuna di quanto avrebbe mai potuto immaginare.

Guardò suo figlio addormentato tra le sue braccia, e sususrrò che, se avesse compiuto le scelte giuste e fatto tutti i sacrifici possibili, sarebbe stato un buon padre. L’importante era provarci.

Mando tenne a mente le sue parole, sapendo già che cosa avrebbe scelto per il piccolo e per metterlo al sicuro.

Il pilota lo ringraziò ancora una volta per aver salvato Ben e augurò che anche loro avessero un po' di fortuna.

Poi il cacciatore di taglie e l’eroe di guerra si separarono e ognuno andò per la propria strada, tenendo la propria più grande responsabilità tra le braccia.

Inconsapevoli di che cosa il futuro avrebbe riservato loro e ai loro figli…






 

   
 
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