Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: JulKat_5384    16/10/2020    1 recensioni
IN FASE DI REVISIONE
[Modern!AU] ||Mini-long|| |Ereri|
Trovare l’anima gemella è difficile quanto cercare un ago in un pagliaio, specie se il pagliaio è il mondo intero. In pochi hanno il coraggio di abbracciare il proprio destino, preferendo invece ignorare quella sensazione di mancanza che affligge il petto di ogni essere umano; e così ha fatto Eren. Ha vissuto, evitando di non pensare che da qualche parte sulla Terra ci fosse qualcuno che lo stesse cercando, che stesse aspettando solo il loro incontro. Ma Eren si era reso conto che quella era solo una scusa per sopravvivere, che adesso è più che deciso a vivere appieno la propria vita, e con ritrovato coraggio, decide di imbarcarsi in quella ardua ed estenuante ricerca.
[dal testo]
Eren non sapeva come ribattere. In fondo Jean aveva ragione: perché aveva continuato a frequentare quel ragazzo per un anno intero, mettendo da parte le paure e i timori ed affidandosi a lui completamente se non era la sua anima gemella? E poi Eren credeva davvero che un giorno avrebbe incontrato questa suddetta persona?
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Across Time'
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BREVI NOTE PER LA LETTURA
Ciao a tutti! Questa è il concept della storia
-Soulmate: Quando le due anime si incontrano, si ha uno scorcio del futuro insieme.
-Prompt: [A si è appena lasciat@ quando si scontra con B, ma B fa finta di niente]

Buona lettura!


Finding-COVER

 

Miss someone You’ve never met


 
I fiori di ciliegio sarebbero sbocciati a breve segnando la fine dell’inverno e l’inizio della tanto attesa primavera. Nonostante il vento freddo, unico reduce di quell’insolita bufera mattutina, le strade di Trost erano gremite di persone che passeggiavano tranquillamente. Il sole era spuntato timido da dietro le nubi – scure ma sempre più lontane –, regalando un piacevole tepore agli abitanti e sciogliendo lentamente i cumoli di neve ai margini delle strade.
 
Eren, Connie e Armin, avevano approfittato di quel gradito, quanto inatteso cambiamento atmosferico per uscire di casa e andare in centro, una pausa durante la sessione di studio che i tre avevano programmato per quel giorno. I ragazzi coabitavano da ormai due anni – per essere precisi dall’inizio dell’università – e da perfetti sconosciuti erano diventati amici inseparabili.
Era una storia buffa quella del loro incontro: il giorno dell’esame di ammissione Eren – e come lui un’altra ventina ragazzi – aveva appuntamento in segreteria per ritirare le chiavi dell’appartamento dove avrebbe alloggiato. Il gruppo era stato poi scortato da un tutor verso gli alloggi per gli universitari; il castano era emozionato all’idea di vivere finalmente da solo, tanto che era arrivato a pregare la madre di insegnargli a stirare e a cucinare – riempiendo il petto della donna d’orgoglio – ma quando il tutor si era fermato davanti alla prima porta chiamando il suo nome e quello di altri due studenti, Eren comprese che quello di vivere da solo sarebbe rimasto un sogno ancora per qualche altro anno.
Se poi ci rifletteva bene, era più che normale che l’università avesse optato per quella soluzione, vista l’enorme affluenza di studenti fuori sede; in fondo gli era andata pure bene, il suo era uno dei pochi alloggi ad essere piccolo e ben organizzato – tre camere da letto separate, due bagni, cucina e un piccolo salotto –, mentre altre potevano ospitare anche fino a dieci persone, più letti nella stessa stanza o peggio avevano un solo bagno, come aveva appurato una mattina sentendo lamentarsi alcuni suoi colleghi del corso di Biologia. 
 
La convivenza non era stata difficile, anzi ad occhi estranei, sembrava che il gruppetto avesse sempre vissuto insieme. Eren, Armin e Connie avevano trovato un equilibrio tra abitudini e orari delle lezioni diverse di ognuno e dividendosi i compiti casalinghi. Tutto funzionava perfettamente – un ingranaggio ben oliato – grazie alle abilissime doti organizzative di Armin; la rotazione delle faccende procedeva anche abbastanza bene, almeno fino a quando non toccava a Connie di fare le lavatrici o ad Eren di pulire.
 
«Non indovinerai mai cosa il vecchio Connie ti ha comprato per il compleanno!» esclamò improvvisamente il ragazzo, assottigliando lo sguardo e strofinando le mani tra di loro con fare confabulatorio o forse, più probabilmente, per il freddo.
«Potrebbe essere il regalo più utile o bello del mondo, ma l’espressione che hai dipinta in volto non invoglia per niente ad aprire il tuo regalo. Non ti lamentare se sarà l’ultimo ad essere scartato, sempre se Eren non avrà il terrore di aprirlo» gli rispose Armin pacatamente, rifilando un’occhiata all’amico da sotto le ciglia chiare.
«Non preoccuparti Connie» disse Eren, notando il rasato intristirsi «qualunque cosa tu mi abbia regalato, sarà scartato per primo e sicuramente sarà meglio di quello di Mikasa» proseguì il castano, tremando al solo ricordo del regalo che la ragazza gli aveva fatto l’anno precedente: una maglietta con la foto della mora in posa minacciosa e la scritta giù le mani da mio fratello.
«Ti ricordo che mi devi ancora una foto di te che indossi quella t-shirt.»
«Si certo Connie… te lo puoi scordare» affermò Eren ridendo e contagiando anche gli altri due.
«Quindi alla fine tornerai a casa per il weekend?» chiese il biondo, rimasto in silenzio per ascoltare il botta e risposta dei ragazzi al suo fianco, come un attento spettatore.
«Sì oggi ho comprato i biglietti del treno, partirò domani e tornerò lunedì mattina.»
«Beh amico, sappi che ti lasciamo andare solo perché sono più di quattro mesi che non vai a trovare tua madre, ma lunedì passerai la serata con i tuoi amici quindi non prendere altri impegni!» lo canzonò il rasato, passando amichevolmente un braccio intorno al collo di Armin, mentre con l’altra mano indicava prima e stesso e poi il biondo al suo fianco.
All’inizio, Connie ci era rimasto male quando Eren avevo detto che sarebbe tornato a casa per il fine settimana – erano giorni che organizzava il compleanno nei minimi dettagli – ma poi, aveva ceduto e con un sorriso più grande della sua stessa faccia aveva decretato che la festa si sarebbe svolta appena il castano fosse tornato da Shiganshina.
 
«D’accordo amico. Voi invece come passerete il weekend?»
«Visto che ora, grazie a te, sono libero» disse portandosi teatralmente una mano al petto «organizzerò qualcosa con Sasha. Magari andremo a cena fuori e poi a vedere i ciliegi fiorire.»
Nel pronunciare il nome della ragazza, gli occhi verdi di Connie si illuminarono. I due si erano conosciuti al liceo e da allora stavano insieme; sapevano di non essere predestinati, ma avevano deciso di vivere appieno quella relazione giorno per giorno, consapevoli che tutto sarebbe potuto finire da un momento all’altro.
Dopo cinque anni, stavano ancora insieme, ma soprattutto erano felici: sembrava che tutta la storia della predestinazione non li toccasse. Eren li aveva osservati con attenzione, ma non riusciva a intravedere nella coppia, neanche il più piccolo accenno del dolore emotivo che si provava internamente, nel sapersi separati dalla propria anima gemella.
Loro, semplicemente, si erano trovati senza l’aiuto del fato ed Eren li invidiava per questo perché lui non sarebbe mai riuscito ad annullare quella sensazione di vuoto che gli opprimeva il petto, che gli stringeva lo stomaco e non lo faceva dormire bene la notte.
 
«Io penso che studierò in biblioteca per l’esame della professoressa Zoe, ma soprattutto resterò a casa a rimettere a posto, visto che qualcuno con tutta la faccenda della festa ha saltato i turni della lavanderia, mentre qualcun altro è un casinista a tempo perso» disse il biondo incrociando le braccia e squadrando con un finto cipiglio prima Connie, che si portò una mano sulla nuca imbarazzato, e poi Eren che giunse le mani mimando un <scusa> con le labbra.
 
I tre raggiunsero le vicinanze di un bar, una buona cioccolata calda era quello che serviva prima di tornare a casa e affogare dentro la marea di libri e dispense da studiare.
Una vibrazione, seguita da una suoneria piuttosto martellante, fece arrestare il passo al castano, e di conseguenza anche agli altri due.
Eren sapeva perfettamente chi lo stesse chiamando, aveva impostato quella canzone – snervante e ripetitiva – per sapere con anticipo quando non rispondere al telefono, ma era la quinta volta che chiamava e non poteva continuare a rimandare.
Non poteva più evitare quel discorso che si prometteva ogni giorno – ormai da una settimana – di affrontare, per chiarire una volta per tutte la situazione. Sapeva di stare facendo uno sbaglio e che avrebbe preferito farlo di persona, ma avrebbe voluto dire rimandare il tutto per altri quattro giorni.
Prese coraggio e dopo essersi allontanato di poco dai suoi amici con una scusa, rispose al telefono.
 
“Ehi finalmente! È da stamattina che provo a chiamarti… se non ti conoscessi, penserei che mi stai evitando” pronunciò una voce distorta dall’altro capo del cellulare.
Eren sospirò rumorosamente, portandosi due dita sul ponte del naso; gli sarebbe venuto un gran mal di testa.
«Jean cosa vuoi.»
Come siamo freddi… ascolta stavo pensando che potremmo andare al parco a vedere i ciliegi fiorire una di queste sere…”
«Non posso. Nel weekend, torno a casa da mia madre.»
Oh… allora possiamo fare la sera di lune-
«Lunedì festeggio il compleanno con i miei amici e prima che tu possa organizzare qualcos’altro, mi dispiace Jean ma non posso più uscire con te.»
Come sarebbe a dire che non puoi più uscire con me? È uno scherzo per caso?
La voce all’altro capo del telefono si fece rigida, come se il ragazzo si stesse sforzando di mantenere un tono pacato.
«Jean… in questo anno io ti ho voluto bene, veramente, e sono felice di essere stato con te, ma un domani? Non sappiamo quello che può succedere e questo è un problema di cui io non riesco a trovare la soluzione» dissi cercando di essere più delicato possibile.
Eppure non ti sei fatto problemi a uscire con me per un anno… cos’è l’hai trovata per caso?
«C-cosa?! No! Jean ascoltami… è stato bello, ci siamo divertiti e sono stato bene con te, davvero credimi, ma sai anche tu che non-»
Se è per quella stronzata sulle anime gemelle, risparmiati le scuse perché se ci avessi creduto davvero, avresti smesso di frequentarmi il giorno stesso che ci siamo incontrati! Eren stiamo insieme da un fottutissimo anno! Non abbiamo neanche la certezza che un giorno incontreremo la persona predestinata! e tu dopo tutto questo tempo, te ne esci con questa scusa del cazzo? Ci siamo divertiti ma forse un giorno incontrerò la persona che il destino ha scelto per me? Un anno di relazione Eren… non sarò la tua anima gemella, ma speravo di contare qualcosa per te.
 
Eren non sapeva come ribattere. In fondo Jean aveva ragione: perché aveva continuato a frequentare quel ragazzo per un anno intero, mettendo da parte le paure e i timori ed affidandosi a lui completamente se non era la sua anima gemella? E poi Eren credeva davvero che un giorno avrebbe incontrato questa suddetta persona?
Se da una parte sapeva di aver amato Jean, anche se non era lui il suo futuro – e ci aveva provato davvero a vedere un futuro insieme – la consapevolezza che da un giorno all’altro uno dei due avrebbe potuto trovare l’anima gemella, lo spaventava a morte.
Il motivo era semplice: sapeva perfettamente quali emozioni avrebbero provato, le aveva viste, sofferte e vissute giorno dopo giorno sua madre – rabbia, dolore, tristezza e infine una dura consapevolezza della realtà di quel mondo – e lui non voleva sperimentarle sulla propria pelle.
Si sarebbe fatto mangiare vivo da quel senso di mancanza che la sua anima provava, piuttosto che vedere la persona con la quale aveva provato a condividere esperienze per una vita, volatilizzarsi da un giorno all’altro.
 
Certo non capitava spesso che due anime destinate a stare insieme si incontrassero, anzi era un fatto più unico che raro. Era come cercare un ago in un pagliaio, sai che c’è, ma non sai quando, e soprattutto se riuscirai mai a trovarlo.
Per questo quella ricerca dai tratti folli, annoverava più vinti che vincitori. C’era chi gettava la spugna, chi invece non arrivava alla fine, altri ancora non ci provavano nemmeno.
I pochi però che persistevano, alla fine potevano ergersi fieri e soddisfatti di aver trovato quel minuscolo e quasi invisibile pezzo di metallo dentro un pagliaio che contava più di sette miliardi di pagliuzze.
 
Una volta trovata quella persona, la tua vita, il tuo amore e soprattutto la tua anima le appartenevano, come tutto di lui apparteneva a te e non importava se nel frattempo avevi costruito una famiglia, eri sposato e con un figlio.
Carla e il suo matrimonio ne erano un esempio lampante: aveva intrapreso con Grisha una relazione nonostante sapessero di non essere predestinati, si erano sposati ed era nato Eren. Poi un giorno la donna rientrò da lavoro e trovò sul tavolo della cucina la fede nuziale del marito e un biglietto di scuse. Eren aveva otto anni.
 
Almeno provavi qualcosa per me o sono stato un semplice passatempo?” proseguì Jean decisamente arrabbiato.
«Jean i-io…»
Cristo Eren sei proprio uno stronzo.
La linea cadde ed il castano rimase lì, immobile nel mezzo al marciapiede, lo sguardo basso sulle proprie scarpe, mentre le persone lo scansavano proseguendo silenziose.
 
Non era mai stato fortunato nelle relazioni. All’età di sedici anni Mikasa gli aveva confessato di provare qualcosa per lui: fu la relazione più breve della storia perché Eren si rese ben presto conto che nonostante volesse bene alla ragazza, le donne proprio non lo attiravano sotto quel punto di vista.
Per fortuna la corvina, aveva compreso la situazione e malgrado l’imbarazzo iniziale, i due erano rimasti in ottimi rapporti, supportandosi a vicenda e arrivando a considerarsi come fratelli.
Dopo la ragazza, per Eren era stato un susseguirsi di storie della durata media di un paio di mesi con ragazzi conosciuti un po’ qui e un po’ là, e tutte finite sempre a causa delle paure del castano.

Con Jean, però, era stato diverso: si erano messi a nudo fin da subito esponendo le relative angosce e dubbi, scoprendo come entrambi soffrissero del non aver ancora trovato l’anima predestinata, e aggrappandosi l’uno all’altro come fa un naufrago alla scialuppa, cercando conforto e un appiglio per non affogare in quel mare di tristezza.
E forse era proprio questo ad averli uniti, la speranza di una felicità che potevano costruirsi da soli e non per volere di un qualcosa di superiore, invisibile e beffardo.
Eren sapeva di aver fatto un enorme torto al ragazzo incastrandolo in quella relazione che nel profondo sapeva di non volere. Ci aveva provato a fare come sua madre, come la stragrande maggioranza delle persone faceva, ad arrendersi e non tentare quella ricerca folle e angosciosa, ma Eren non era mai stato un tipo che si arrende facilmente, troppo orgoglioso e testardo per poterlo fare.

Avrebbe affrontato quella ricerca e avrebbe dato battaglia al destino, fino a quando non ne sarebbe uscito vincitore.
Fu la voce gentile e pacata di Armin ad interrompere il flusso dei suoi pensieri.
«Eren è tutto ok?»
«Ho appena rotto con Jean» rispose il castano mantenendo lo sguardo basso.
«Oh… m-mi dispiace. Non pensavo che… insomma credevo che non ci fossero problemi fra voi due.»
«No, cioè… stava andando bene, ma… lo sai come sono fatto. Credo che non sarei riuscito ad andare avanti, sapendo che da qualche parte qualcuno mi sta cercando mentre io non faccio niente.»
Armin si avvicinò, poggiando una mano sul braccio dell’amico e stringendo un po’ la presa, cercando di confortarlo come poteva. Eren gli aveva raccontato delle sue ansie e sapeva quanto stesse soffrendo internamente da un anno.
A quel contatto il castano alzò lo sguardo e nelle iridi cerulee dell’amico lesse tristezza, ma anche una profonda e sincera comprensione.
«Mi dispiace, ma sappi che per qualunque cosa io ci sono» affermò il biondo.
«Grazie Arm» sussurrò il castano «ascolta io tornerei a casa… avverti tu Connie?» proseguì schiarendosi la voce.
«Certo non preoccuparti, ci vediamo a casa e non pensare alla cena di stasera, ordiniamo una pizza» rispose e si allontanò accennando un saluto.
Eren rimase fermo ancora in mezzo al marciapiede a guardare l’amico entrare in un bar lì vicino, dove prima della telefonata aveva visto entrare anche Connie. Tirò un sospiro poi, mani in tasca, si girò e si incamminò verso casa seguendo il percorso che aveva fatto con i due a ritroso.
 
Per evitare di rimuginare troppo sull’accaduto, decise di chiamare Mikasa per raccontargli dell’ennesimo flop amoroso e della sua decisione riguardo le anime gemelle; tirò fuori il telefono dalla tasca del parka e digitò il numero della ragazza a memoria. Stava per premere l’icona verde sul display e far patire la chiamata, quando il ragazzo si scontrò con qualcuno.

«Oi moccioso! guarda dove cammini invece di stare con la faccia infilata dentro allo schermo del telefono. Tsk!» sentenziò maleducatamente una voce profonda e graffante.
«Mi sc-» iniziò Eren, ma le parole gli morirono in gola non appena le sue iridi smeraldine incontrarono quelle color del ghiaccio dell’uomo difronte a lui.
 
 
 
 
 
 
 
 
 


N/A
Eccoci qui con questo primo capitolo. Che dire? Era da un po’ che volevo scrivere una storia soulmate, ma vuoi per la poca esperienza da fanwriter, vuoi perché non trovavo l’ispirazione ho sempre accantonato l’idea. Poi un giorno, mi sono messa a curiosare nel web e ho trovato un generatore di prompt… ma nessuno di quelli che mi proponeva mi ispirava e così ho deciso di inventarmene uno io (o per lo meno spero… sono stata ore e ore sul quel sito a cliccare freneticamente sul pulsante genera e non è venuto fuori niente di simile).
Comunque alla fine ho messo insieme alcune idee, e scleri a parte… Ta-Da!
Spero che vi piaccia!
Julz
  
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