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Autore: Dira_    20/08/2009    15 recensioni
La guerra è ormai finita, Harry è un auror e sta per avere il suo secondo bambino.
Degli strani sogni e la misteriosa comparsa di un neonato decisamente particolare turbano la sua pace, tornando a scuotere la famiglia Potter sedici anni dopo, quando Tom, il bambino-che-è-stato-salvato, scoprirà che Hogwarts non solo nasconde misteri, venduti come leggende, ma anche il suo oscuro passato...
La nuova generazione dovrà affrontare misteri, intrighi, nuove amicizie e infine, l'amore.
“Essere amati ci protegge. È una cosa che ci resta dentro, nella pelle.”
Può davvero l’amore cambiare le carte che il destino ha messo in tavola?
[Next Generation]
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Insomma, insomma, sigh, lo scorso capitolo a quanto pare non è piaciuto a molti, a giudicare dalle visite. Spero con questo di aver messo un po’ d’azione dove, in effetti, ne mancava.
Sì, ‘azione’ non l’ho messa a caso nei campi. :P
Jakie Black: Grazie, per continuare a recensire! ^^ Mi fa piacere che tu trovi i miei capitoli con una struttura che regga, in effetti ci tengo davvero che non sembrino campati in aria. Fortuna che ho fatto un po’ di esperienza precedentemente! Zabini è il mio inside man, senza di lui ho paura che questi due rincoglioniti non arriveranno mai a niente. E dire che Thomas è così sveglio! (Seeeh) Pix lo adoro, come si può non adorare la personificazione del Caos? XD
Spero che questo capitolo abbia un po’ più mordente.
Kika2: wow, addirittura hai perso tempo per questa mia stronzatina? XD Grazie mille! Per la Trama, sto raccogliendo informazioni, come si dice. Cerco di non fare mai un capitolo piatto e messo lì tanto per pubblicare, li odio quandi li leggo, quindi figuriamoci se ne scrivo :P Grazie per la recensione, e fammi sapere cosa ne pensi di questo!
 
 
*****
 
 
 
Capitolo IV
“The stroke.”
 



 
 
 
 

Tie me to a tree

Tie my hands above my head
Sing a song to me
Sing a song like what you said
'Cause they're gonna murder me
(Murder, Coldplay)
 
 
 
Appartamenti del professor Ziel, Dietro le Cucine.
 
Ted Lupin quando aveva accettato l’incarico di professore pensava alla cena in Sala grande come un rito, un po’ imbarazzante per via della probabile presentazione traballante del Preside. Ma niente che avrebbe superato le sue aspettative. Nel bene o nel male.
Infatti non avrebbe mai creduto di dover assistere il suddetto mentre scassinava l’ufficio di un docente ed entrava di gran carriera seguito da lui e Gazza…
… E non avrebbe mai creduto di dover vedere un cadavere.

Il defunto professor Ziel giaceva riverso sulla poltrona. Una chiazza di un liquido denso, scuro, si stava spandendo sul soffice tappeto sotto di essa. Dall’odore sembrava alcohol. L’uomo in effetti stringeva tra le dita rattrappite un pesante bicchiere da whiskey. Il fuoco scoppiettava nel camino, quindi era probabile che l’avesse acceso da poco.
La cosa gli diede stranamente i brividi.
Vitius controllò le pulsazioni con due dita. “E’ morto.” disse a bassa voce.
Ted si fece avanti, un po’ confuso sulla sua presenza lì. Poi capì. Vitius era un reduce della Seconda Guerra Magica. Probabilmente il suo istinto gli aveva suggerito che una porta chiusa e nessuna risposta da parte di un uomo potevano significare cose spiacevoli, e implicanti magia.

Magia Oscura. E lui era il docente di Difesa. Appropriato, senza ombra di dubbio.
Filius Vitius non era uno stupido.
“Preside… cos’è accaduto?” Chiese discretamente. Il mezzo goblin trasse un profondo sospiro.
“Credo abbia avuto un infarto. Pover’uomo. Ultimamente sembrava prediligere la compagnia della bottiglia, più che la nostra.” Scosse la testa. “Che disgrazia… proprio all’inizio dell’anno scolastico.”
“Vuole che controlli se è morto in modo… naturale?” chiese comunque, anche se il caso era palese. Aveva avuto un malore. Era un uomo di una certà età, e da quanto poteva vedere, particolarmente male in arnese. Gli occhi infossati, il naso solcato da vene gonfie, il colore rubizzo della pelle. Un alcolista.

Vitius scrollò le spalle. “Credo che non ce ne sia bisogno, professor Lupin. È chiaro cos’è accaduto qui… il povero Immanuel ha bevuto il bicchiere fatale. Mastro Gazza, faccia chiamare Poppy per cortesia. E dica ai Prefetti di portare i ragazzi direttamente nelle loro Case. A quelli di Tassorosso parlerò io a tempo debito. Dovremmo trasportarlo in infermeria, in attesa di trovargli una sistemazione… definitiva.”
L’uomo annuì piegando leggermente la testa di lato, prima di caraccolare goffamente via.

Ted si avvicinò al cadavere dell’uomo. L’espressione era tormentata, i muscoli del viso tesi, incupiti. Chissà a cosa stava pensando, prima che il cuore malandato cedesse.
“Ha combattuto in Germania, durante l’ascesa di Voldemort. Anche lì, purtroppo, Tu-sai-Chi aveva esteso la sua metifica influenza… Non come qui in Inghilterra, certo, ma… oh, caro ragazzo…” sorrise aggiustandosi gli occhialetti pinch-nez. “Tu lo sai meglio di me. Queste storie ti saranno state raccontate fino alla nausea.”
Teddy sorrise cortese. “Ogni versione di una storia è diversa, Preside. Mi piace ascoltarle. Sono la nostra memoria.” Guardò Ziel. “Era… un alcolista?”
“Non proprio. Ha sempre bevuto forte, ma senza mai esagerare. Ultimamente però aveva qualcosa che lo tormentava. Credo fossero i pessimi rapporti con la sua famiglia. A proposito, dovrò scrivere loro. Godric solo sa come farò a rintracciarli, Immanuel ha troncato i rapporti con loro anni fa.” Sospirò. “Che gran, guaio, che gran guaio… proprio all’inizio dell’anno scolastico! Dovremmo trovare un docente sostituto, e al più presto.”
Ted annuì, scrutando il volto dell’uomo, e poi l’ambiente circostante: un tempo quell’ufficio doveva essere stato accogliente, lo dicevano i tendaggi pesanti, e caldi, con i colori Tassorosso. Confortevole era una qualità ben apprezzata da quella Casa.

Adesso però per l’incuria dell’uomo il disordine regnava sovrano, rendendo tutto singolarmente tetro.
Soffriva di depressione, forse.
Alcolismo, scarso igiene… non si tagliava la barba da giorni…
Gazza tornò indietro con Madama Chips, che quando vide la povera salma soffocò un singhiozzo, mettendosi una mano davanti alle labbra. Era rimasta immutata negli anni, considerò Ted. “Oh, povero, povero professore… Erano giorni che gli dicevo, oh, che gli dicevo di venire in infermeria a farsi controllare! Aveva una così brutta cera…”
Vitius le si avvicinò, prendendole la mano tra le sue, dandole una pacchetta. “Su, su Poppy… è uno spettacolo triste, lo so. Ma chi è causa del suo mal…”
“Oh, Preside! Non lo dica neanche per scherzo!”
Ted si voltò verso la porta.
Eppure…

Inspirò appena, poi fece una smorfia, e tornò a voltarsi verso i due. Vitius, dopo aver convenuto con l’infermiera che era meglio lasciarlo nelle sue stanze, agitò la bacchetta e recitò un ‘corpus locomotor’ facendo sollevare il corpo dalla poltrona. Lo adagiò sul letto della stanza attigua, componendolo in modo che sembrasse addormentato.
“Non ci si abitua mai alla morte… Era un uomo ancora nel pieno delle proprie forze, un professore così capace…” mormorò l’infermiera con un lieve sospiro. Prese un’espressione imbarazzata quando ricordò che una frase simile l’aveva usata per il povero professor Lupin Senior, il cui figlio ora le stava accanto.
“Poppy, puoi assicurarti che dal San Mungo qualcuno venga a prendere la salma e ne disponga il funerale? Credo che Ziel fosse originario della Baviera, forse avrebbe voluto essere seppellito là…” guardò l’uomo, poi scosse la piccola testa. “Coraggio andiamo. Non c’è più niente da fare per lui qui.” Si voltò, seguito dalla donna. “Professor Lupin, viene?”
“Subito… volevo prima controllare se per caso non aveva tra le sue cose… non so, un indirizzo, una fotografia della sua famiglia. Per contattarli.” Sorrise appena. “Sarebbe triste se nessuno venisse a rendergli l’ultimo omaggio, non trova?”
“Certo, naturalmente. Ma temo che non troverà nulla.”
“Proverò comunque.”

Aspettò che si fossero richiusi la porta dell’ambiente alle spalle, poi uscì dalla stanza e puntò la bacchetta contro la libreria, almeno apparentemente.
Homenium Revelio!” esclamò infatti, e James sentì che il mantello gli veniva strappato di dosso, facendolo tornare di nuovo visibile.

“James…” sorrise Teddy, in tutta tranquillità, incrociando le braccia al petto. “Allora a quanto pare Harry non l’aveva semplicemente lasciato in soffitta, e perso tra tutte quelle cianfrusaglie.”
Il ragazzo si schiarì la voce, sorridendogli di rimando con un’ammirevole faccia da schiaffi.
“Ci ho messo un po’ a scovarlo. Credevo fosse il vecchio mantello di zio Ron. Era davvero male in arnese. Ma come hai fatto a capire che ero qui?”

“Intuizione, diciamo. E il tuo dopobarba, Jamie. Perdonami, ma è terribile.”
“Ah.” Si annusò ma non lo trovò così male.
“E immagino che tu ci abbia rintracciati con la vecchia Mappa Del Malandrino.”
“Uh, la conosci?”
Ted rise. “Jamie, mio padre era uno dei creatori.”
James sbuffò. “Giusto… comunque papà non ha più motivo di venire a Hogwarts, no? Ormai non è più uno studente. A cosa gli serviva? Era nel suo studio, e l’ho presa. Non credo neanche se ne sia accorto.”

Ted sospirò, chiudendo la porta della camera da letto dell’uomo. “Tralasciando la tua preoccupante propensione ad appropriarti di oggetti non tuoi…”
“Erano di mio padre, quel che suo è mio! No? Più o meno…” si strinse nelle spalle.
“… Comunque non dovresti essere qui. Dovrei punirti, lo sai? Uscire dalla Sala Grande e sgattaiolare per i corridoi…”
“Ero solo curioso! Il vecchio Gazza aveva una faccia così spaventosa, pensavo fosse incazzato per le fatture orcovolanti al secondo piano.” Guardò verso la porta. “E’ morto sul serio?” si informò un po’ titubante. Era riuscito ad arrivare solo alla fine.

Ted annuì. “Infarto. Non c’era nulla che la medicina magica o quella babbana potessero fare. Non credo abbia sofferto…”
“Cavolo…” borbottò guardandosi attorno. “Era una brava persona, anche se non faceva altro che farci trasfigurare uccellini in tazze da the.”

Ted gli mise una mano sulla spalla. “Ne sono sicuro. Purtroppo anche le brave persone muoiono…” sorrise dolcemente, e James si sentì stringere il cuore. Teddy non si era mai mostrato arrabbiato, addolorato o triste per il fatto di essere orfano.
Certo, aveva sua nonna Andromeda, aveva loro… ma non aveva i suoi genitori.
Sembrava quasi che non volesse essere di peso a nessuno, neanche con la sua mancanza.
Solo a pensare di non poter vedere i suoi, sebbene rompiscatole, lui si sentiva mancare l’aria.
La morte è una cosa schifosa… Per quelli che restano.
“Mi punirai per essere venuto a ficcare il naso?” chiese guardandolo di sottecchi. Ted scosse la testa, sbuffando.
“No. Per questa volta no.” Guardò verso la porta. “E poi non posso punire tre studenti a sole poche ore dalla mia investitura…”
James corrugò le sopracciglia. “Tre?”
Che quei due cretini di Lor e Lys mi abbiano seguito? Assurdo, non lo farebbero mai. E poi ci scoprirebbero subito così.

Chi fu ad aprire la porta furono invece il fratello e Thomas. Il primo evidentemente contrito, il secondo vagamente annoiato.
James battè le palpebre.
“Voi due…?”
“Non fare quella faccia indignata, Jam! Per chi credi siamo venuti? Per evitare una punizione a te, testa di troll!” sbottò Albus rosso in viso. Essere beccato ad infrangere le regole da Teddy era per lui la più cocente delle umiliazioni.  

“Oh, ma falla finita! Siete venuti perché siete due impiccioni, come me! Almeno io non sono ipocrita!” e non potè fare a meno di lanciare un’occhiata alla cravatta verde-argento del fratello.
Albus serrò le labbra, guardandolo male. “Sei proprio in una bella posizione per criticarci, Jam…”
Ted guardò Thomas, che fino a quel momento se ne era rimasto in silenzio. Lo vide guardare l’ambiente con un’occhiata complessiva, soffermandosi sulla macchia odorosa del tappeto.

… ha buono spirito di osservazione…
“Forza, smettetela.” Li rimbrottò “Avete infranto il regolamento, tutti e tre. Per stavolta passi, non vi toglierò punti e non dirò a nessuno della vostra scappatella. Ma ora tornate ai vostri dormitori.”
Al si mordicchiò l’angolo di un labbro, come faceva sempre quando era nervoso o voleva chiedere qualcosa senza averne il coraggio.
“Tedd-… cioè, professor Lupin… il professore Ziel è… morto?”
“Sì, purtroppo…”
Albus impallidì leggermente, annuendo. Non era il loro Capo-Casa però aveva avuto un sacco di lezioni con lui, ed era un uomo gentile, con un buffo accento teutone. Anche le sue tazzine avevano sempre ali e becco non lo rimproverava mai. Sentì un groppo alla gola.

Sentì anche la mano di Tom alla base della schiena. Non l’avrebbe mai consolato in pubblico – anche se erano Teddy e Jamie – ma quello era il suo modo per dirgli che c’era.
Prima che se ne andassero, a testa bassa e penitenti – forse nel caso di Thomas non era l’aggettivo adatto, ma Ted fece finta di non notarlo – il giovane li richiamò.
“Ragazzi, mi raccomando. Non ditelo a nessuno. Ci penserà il Preside domattina, a dare il triste annuncio.”
Quando furono fuori James schioccò la lingua, infastidito. “E’ assurdo che un uomo della sua età crepi così, fulminato. L’anno scorso stava benissimo. Per la barba di Merlino, quanti anni aveva, una cinquantina?”
“Capita molto più spesso di quanto tu non creda, specialmente nel mondo babbano. La medicina preventiva può servire, ma il cuore è una macchina complicata.”

“Era un alcolizzato, altrochè…” sbuffò James. “Sapete come si dice. S’è scavato la fossa da solo.”
“Piantala!” sbottò Albus rabbioso. “Se beveva così tanto era perché aveva dei problemi, no? Non te lo ricordi quando ci ha raccontato delle rappresaglie dei mangiamorte al suo paese? Sono cose che ti segnano.”
“Papà era il Prescelto, eppure non mi sembra sia attaccato alla bottiglia.” Replicò salace. “Uno i ricordi li può affrontare anche senza litri di whiskey incendiario in corpo.”
“Per te è sempre una questione di coraggio, eh?” serrò la mascella Albus.

A volte detestava suo fratello, per essere così ottuso, trincerato nei suoi pregiudizi. Non erano ideali Grifondoro quelli, anche se li spacciava per tali. “Non tutti sono disposti ad affrontare le proprie paure, sai?”
“Beh, dovrebbero. È così che si diventa uomini.” Scrollò le spalle. “Perché ti arrabbi tanto? Ziel non era mica il tuo direttore, no?”
“Cosa cazzo c’entra?.” Sibilò Al. “A volte sei davvero uno stronzo.”
“Ehi, ehi, piano nanerottolo con le parole grosse…” sbuffò contrariato. “Sei capace di dimostrarmi che hai ragione? Perché se non ne sei capace è inutile che gracchi tanto.”
“Se ne sono capace…?” sentiva la bacchetta nella tasca dei pantaloni, e voleva così tanto tirarla fuori. Sarebbe stato assolutamente idiota, stupido. Si limitò ad inghiottire il boccone amaro e abbassare i pugni contratti.

“Per essere uno che sa difendere le proprie convizioni sei straordinariamente poco incline al dialogo costruttivo, James.” Si introdusse Tom, sempre con quel suo tono monocorde. “Comunque mi sembra ridicolo scaldarsi tanto per una morte dovuta a cause naturali. Era malato, ed è morto. Tutto qui. Altre speculazioni sono inutili.”
James fece una smorfia: detestava quando il cugino aveva quell’aria saccente. Cioè lo detestava sempre. Ma aveva ragione. E guardando l’aria scombussolata e rabbiosa del fratello minore capì che non ne valeva davvero la pena.

Non gli piaceva litigare con Albus, ma accadeva più spesso di quanto non volessero entrambi. Albus era diverso da lui. Era sensibile, emotivo, dolce. Eppure c’era qualcosa in lui di innegabilmente Serpeverde. Scusava troppo le debolezze altrui. Anche le sue.
“Sì… beh. Scusa Al. Hai ragione. Non sta bene parlar male di un morto.” Gli tese la mano. “Dai, pace.”
“Non abbiamo più cinque anni. Vaffanculo Jamie.” Lo freddò, ignorando la mano e andandosene. Tom trattenne un sorriso, che però a James non sfuggì.

“Che cazzo hai da ridere?” lo aggredì.
“Dimentichi troppo spesso che siamo Serpeverde. A noi non basta una stretta di mano…” si chinò al suo orecchio. “Dieci punti in meno a Grifondoro per essere uscito senza permesso.” Si raddrizzò, dandogli una pacca sulla spalla. “Buonanotte, James.”
Le imprecazioni di James si udirono a lungo, quella notte.

 
 
****
 
 
Corridoi, nei pressi della Torre di Grifondoro.


“Malfoy, stammi lontano almeno tre passi!”
“Devo ricordarti, Rosey-Posey, che dobbiamo camminare appaiati?”
“Non è scritto sul regolamento! E non chiamarmi così, sottospecie di Schiopodo!”

“Rosey? O Posey? Quale dei due non ti piace?”
Rose lo guardò ringhiando. Scorpius era a pochi passi da lei, con il solito beffardo sorriso stampato in faccia. Sul mantello era appuntata la spilla con una ‘P’ luccicante. Il leone rampante sembrava ammiccarle malizioso.

Naturale. Il primo turno di sorveglianza dei corridoi tocca a me, e in coppia con Malfoy.
Ci sono altri quattro prefetti, ed ovviamente io vengo sorteggiata con Malfoy!
Aveva voglia di urlare.
Il ragazzo la raggiunse, prevedibilmente, scuotendo appena la testa.
“Rosie, Rosie… dovremmo cercare di andare d’accordo.”
“Tu non vuoi andare d’accordo con me, vuoi darmi il tormento!”
Touchè.”
L’avrebbe ucciso alla fine della nottata. Forse anche prima.

Decise di ignorarlo. Lasciò che le si affiancasse e che cominciasse a fischiettare un’orrenda filastrocca che terminava, a quanto ricordava dalla sua infanzia, con la cruenta uccisione del protagonista.
Scorpius era… un Malfoy.
Non c’era altro modo per definirlo. Modello Grifondoro, più unico che raro, ma altrettanto metifico. Suo padre aveva ragione a definirli dei grandissimi…
Gli epiteti erano molti, e neanche uno sarebbe mai stato lusinghiero.
Aveva la pelle pallida e malaticcia di quella schiatta, i capelli quasi bianchi, gli occhi slavati di un grigio color pozzanghera depressa, e poi era straordinariamente allampanato.
Ah, e aveva il mento appuntito.
Come facevano a trovarlo ‘bello come un angelo peccatore’ era un vero mistero.
Certo, non era orrendo come una pustola urticante. Sicuro, aveva la pelle liscia e non era stato aggredito da migliaia di foruncoli come era accaduto al povero Ernie Rodriguez, ma…
Da lì a considerarlo nella rosa dei belli di Hogwarts ce ne passava.
È solo perché è Capitano della squadra di Quidditch e sa cantarsela. Come Jamie. Solo che almeno James è un bel ragazzo. Non che questo lo giustifichi ad essere un deficiente, ma almeno giustifica lo stuolo di cretine che gli sbava addosso.
“Lo so, sono così bello che non mi si può togliere gli occhi di dosso.” Sussurrò Scorpius.
Merda! L’aveva beccata a guardarlo!
“Mi chiedevo come fosse possibile che qualcuno potesse considerarti meno che repellente, Malfoy…” gli sorrise zuccherosa pregando Merlino che non si fosse notata la sua vergognosa vampata di imbarazzo. I corridoi erano male illuminati dalle torce, magari...

Scorpius non si scompose minimamente, picchiettandosi invece pensieroso il mento con due dita. “Immagino per via del fatto che sono un abile giocatore di Gobbiglie.”
Rose dovette trattenersi per non increspare le labbra in un sorriso.

Malfoy era un idiota, ma se non altro dimostrava di avere auto-ironia. Tratto non Malfoy. Sua madre le aveva confermato che il padre ne era totalmente sprovvisto.
“Cosa ha detto tuo padre della tua nomina a Prefetto?” gli chiese dopo un po’. Se c’era una cosa che odiava era il silenzio. Cresciuta in una casa continuamente rumorosa, il silenzio la metteva a disagio. Scorpius invece sembrava cullarcisi piacevolmente.
Le sorrise e dovette ammettere che almeno aveva i denti dritti.
“Ha corretto il porridge della colazione con una sana dose di vino elfico.” Rise, facendola inevitabilmente ridacchiare. Si maledisse, ma fortunatamente l’altro non glielo fece notare.
“Più o meno è la sua reazione media a tutto quello che mi accade qua dentro.” Si fece un attimo serio, poi scrollò le spalle, continuando a camminare.
“Non è contento della tua nomina?”
“Della nomina? No, di quella è contento. È solo che crede che il rosso-oro sbatta un po’, sai, noi Malfoy abbiamo colori più nordici.”

Rose annuì, pensierosa: non ci aveva mai pensato ma probabilmente la famiglia di Scorpius non aveva preso bene la decisione del Cappello. I Malfoy, per come gliel’aveva raccontata suo padre, erano sempre stati, per generazioni, Serpeverde. Senza via di scampo.
“Però sai, alla fine l’importante è che mi dimostri superiore. La Casa non ha tanta importanza. Semplicemente ovunque dovrò essere il numero uno.” Sogghignò, facendola sbuffare.
“Devi sempre scherzare?” lo redarguì. “Non riesci ad essere serio?”
“Perché essere seri?” ribattè con un sorriso allegro. “Il mondo è già abbastanza noioso di suo, Weasley. Dovresti farti una bella risata ogni tanto. Alla tua età non dovresti temere le rughe.”
“Cretino!” sbottò, dandogli un colpo sul braccio. “Io rido. Un sacco.”
“Ma non con me. Questo mi rende triste.” Battè le palpebre significativamente. Dovette di nuovo trattenersi per non sorridergli. La sua vicinanza fuori da un contesto pubblico era inquietante. Riuscivano persino ad essere ironici senza sbranarsi.

… Già. Stavano chiacchierando.
Lo notò un po’ perplessa.
“Rido con i miei amici, Malfoy, e tu non sei uno di loro.” Lo freddò facendo un paio di passi avanti, per distanziarlo. Lo sentì ridacchiare alle sue spalle, ma non si voltò per guardarlo male. Avevano ancora mezz’ora prima di tornare ai dormitori, dovevano cercare di coesistere.
Si avvicinò ad una delle finestre trigonali del corridoio, guardando il silenzioso paesaggio scozzese, e la Foresta Proibita che si stagliava a perdita d’occhio illuminata da una luna piena, lattiginosa. Scorpius le si avvicinò, dando un’occhiata.
“Non si vedono stelle stasera…” considerò. Era un genio nel riavviare una conversazione morente. Probabile fosse un corso extra che facessero seguire ai figli di Purosangue o qualcosa del genere.

“La luna, è troppo brillante. Per questo non si vedono.” Ribattè, per non essere da meno. Da meno, mai.
“Da qui secondo te si vede Hogsmeade?”
“Dubito, considerando che è al lato opposto rispetto alla Foresta. Punti cardinali labili, Malfoy? Preoccupante, per un giocatore di Quidditch.”
Scorpius fece una smorfia, gratificandola di un punto segnato al suo orgoglio mastodontico.

Prima che potesse però cantare vittoria una scia luminosa, verde, attraversò il cielo sgombro di nuvole, tagliandolo esattamente a metà.
Muti assisterono alla parabola velocissima che disegnò prima di andare a morire da qualche parte all’interno del bosco.
“… Cosa diavolo è stato?” Malfoy fu il primo a parlare. Sembrava sinceramente sconcertato, ed era un’espressione che non gli aveva mai visto in faccia.
“Stella cadente? Anche se siamo un po’ fuori periodo.”
“Non essere stupida, Weasley. Le stelle cadenti non hanno quel colore.”

“Dipende dalla composizione chimica, genio.” Sibilò Rose irritata. “O per te, povero Purosangue, dalla composizione di elementi che si trovano all’interno della scia della cometa.”
Scorpius la guardò male di rimando. Era impallidito, lo notò confusa.
“Non ne ho mai visto una verde.” Ribattè, serrando la mascella. “Merda, non sarà stato…”
Rose capì. La scia, il colore anomalo, la velocità. Sembrava proprio…

“Il Morsmorde era nero, e partiva da un cumulunembo in cielo. Non ci sono nuvole stanotte, Scorpius.” Possibile che avesse creduto…?
Beh, ovvio, non credo che suo padre gli abbia mai spiegato nel dettaglio come venivano richiamati i servi di Voldemort. E tantomeno suo nonno.

I mangiamorte, benchè ormai da anni privi di una guida, non erano certo spariti dal mondo, nè si erano dissolti alla fine della guerra. Molti di loro erano scappati alla cattura, riparando in paesi stranieri. Alcuni avevano taglie stratosferiche sulla testa, ma probabilmente vivevano una vita tranquilla in qualche paese franco.
Vide il ragazzo tirare un lieve sospiro di sollievo. “Naturalmente. Che idiota.” Mormorò a bassa voce prima di staccarsi dalla finestra, allontanandosi. Rose, dopo un’ultima occhiata al cielo, ora privo di strambi fenomeni siderali, lo raggiunse.
Camminarono un po’ in silenzio poi fece per prendere la parola. Scorpius la precedette.
“Non sono un codardo.” Scollò dal palato. “Se mai venissero… a rendere conto alla mia famiglia li affronterei.”
“Perché dovrebbero?”
Scorpius fece una smorfia amara. “Lo sai il perché Weasley.”
Rose arrossì: certo che lo sapeva. La famiglia di Scorpius aveva partecipato alla Seconda Guerra Magica, e per buona parte dal lato sbagliato. Solo alla fine avevano fatto le scelte giuste. Specialmente Narcissa Malfoy, la nonna di Scorpius. Sua madre le aveva raccontato di come avesse salvato la vita a zio Harry, mentendo a Lord Voldemort in persona.

‘La guerra impone spesso delle scelte drastiche Rosie. Bisogna saperle riconoscerle, prima di tutto, quando ci si presentano. E poi seguirle, a discapito della paura e dell’incertezza. I Malfoy, Narcissa in particolare, hanno agito per se stessi, ma così facendo hanno agito anche per il Bene Comune. È difficile poterli giudicare.’
In seguito anche Lucius Malfoy aveva collaborato con il Ministero, fornendo nomi e nascondigli.
Da un certo punto di vista, alcuni mangiamorte potrebbero avere dei motivi per volersi vendicare… in effetti.
“È solo che ho pensato…” continuò il ragazzo, prima di fermarsi. Sospirò. “Niente. Non ho pensato.”
Rose si morse un labbro: era la prima volta che lo vedeva così… vulnerabile.

Già, era la parola giusta. Era serio, teso, preoccupato.
È pietà quella che provi per Malfoy, Rosie?
La voce della sua coscienza sembrava quella di suo padre.
“Forse era un UFO.” sorrise al suo sguardo perplesso. “Dischi volanti. Sai, persone da altri pianeti venute a visitarci. È una cosa babbana.”
Scorpius ricambiò il sorriso, quietando i suoi sensi di colpa. Se sorrideva andava tutto bene. Scorpius sorrideva sempre. “Sì, ne ho sentito parlare. Per quanto ne so il più delle volte sono idioti che affatturano oggetti babbani spedendoli in aria, o cercando di volarci sopra.”  

Rose pensò alla Ford di famiglia, ma non disse nulla. Malfoy avrebbe avuto tutto il diritto di ironizzarci sopra. Meglio non dargli altro materiale.
Gentile sì, ma fessa no.
“Già, il più delle volte. All’ufficio regolazioni rapporti coi Babbani hanno un sacco da fare per questo motivo.”
Arrivarono alla fine del corridoio, e tornarono indietro. Nessuna matricola persa e in lacrime.

Niente Jamie o gemelli Scamandro che si muovevano furtivi nell’ombra. Notte tranquilla.
Tornarono alla torre, salendo lentamente le scale. Si scambiarono qualche parola, ma non molte. Il compagno sembrava aver perso la capacità di scherzare. Era strano, ma Rose l’attribuì anche alla stanchezza. Era da poco passata mezzanotte dopotutto.
“Sai…” cominciò prima di attraversare il ritratto della Signora Grassa. “Potrebbe essere caduta nella Foresta Proibita.”
Rose scosse la testa, con un sorrisetto divertito. “Dubito, ma se fosse così, sarebbe da qualche parte inaccessibile.” scrollò le spalle. “E comunque cosa vorresti fare, andare a controllare? È proibito.”
Malfoy sorrise, senza risponderle direttamente. “Sei sempre così drastica nel dare la tua opinione, Weasley?” la canzonò.

Argh. È tornato, in tutto il suo splendore.
Rose serrò appena le labbra. “Cerco di arginare quelli come te, Malfoy.”
Scorpius ridacchiò. “Te l’avevo detto che sarebbero state ronde interessanti… non hai disatteso le mie aspettative.”
Rose fece una smorfia, guardando di nuovo verso la finestra.

Davvero una strana stella cometa.
 
 
****
 

Da qualche parte nella Foresta proibita…
 
Si accese una sigaretta, guardando l’ammasso di brulicanti esseri deformi che stavano risalendo la collinetta su cui si era seduto. La scosse, facendo cadere la cenere sul manto erboso, umido e di un verde brillante.  
Il viaggio per quelle bestie schifose non doveva essere stato particolarmente comodo, stimò, ma purtroppo pensare di insegnargli a materializzarsi era del tutto fuori discussione.
Non erano abbastanza intelligenti, prima di tutto. Ed avrebbero rischiato di farsi esplodere durante il processo.
Uno degli esseri prese forma umana. A quanto gli aveva detto era il capo. In effetti indossava un rudimentale copricapo, fatto di piume e ossa. Parlava un inglese raccapricciante.
Anche se certo, parlare è una parola grossa – considerò disgustato dalla pelle traslucida dell’essere e gli occhi obliqui color rubino.
“Ordinate…” sibilò. Sembrava più ordinargli di ordinare, ma glissò. Era stanco e aveva le ossa indolenzite per la troppa umidità. Voleva stendersi in un letto passabile e farsi una dormita.
Prese un’altra boccata alla sigaretta. Un’usanza schifosamente babbana che in tutti quegli anni di esilio aveva preso, suo malgrado. Se non altro, fumarsi una sigaretta era un buon modo per passare il tempo.

“Cercate la pietra.”
 

 
****

 

 
Commenti:
Sotto metto i volti dei nuovi protagonisti. Ovviamente non siete tenuti a visionare e uniformarmi all’idea che ho di loro. Che chiunque se li immagini a suo piacimento!
Questa è la mia versione. :P

Michel Zabini
Loki Nott

  
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