Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: piccolo_uragano_    18/10/2020    4 recensioni
(UMILE SEQUEL DI "PIU' DI IERI...")
«Non farei mai niente per infastidirti» spiegò subito. «Quantomeno, non intenzionalmente» aggiunse, sottovoce.
Lei allargò il sorriso. «Grazie»
«Grazie?»
«Sì: grazie»
«E per che cosa?»
«Per quello che hai detto: non è affatto scontato»
Lui fece spallucce, e lei riconobbe il Draco Malfoy di cui le avevano raccontato i suoi fratelli. «Mi pareva il minimo, sai, non ferire le persone a cui tieni e stare sempre dalla loro parte, cose così. Ci ho messo un po’, ma l’ho imparato»
«Quindi starai sempre dalla mia parte?»
«Cascasse il mondo, Anastasia Black, sarò dalla tua parte»
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Weasley, Nuovo personaggio, Sirius Black | Coppie: Draco/Astoria, Hannah/Neville, Harry/Ginny, Lavanda/Ron, Remus/Ninfadora
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Ti amo più di ieri e meno di domani.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


24. 
maledizione

Draco fu svegliato dal suo stesso alito, e questo, si disse, non poteva che essere di pessimo auspicio. Mentre strizzava gli occhi e si rendeva conto di quanto fosse difficile avere a che fare con tutta quella luce, realizzò di sapere di vomito e di avere un mal di testa terribile, che mai aveva avuto in anni di onorevoli e più che rispettose sbronze. Mentre raccoglieva tutte le sue forze per mettersi a sedere, realizzò di non essere a casa sua, e che i colori che riempivano quelle pareti erano ben diversi da quelli che invece riempivano le mura della Malfoy Manor. Prima di potersi mostrare schifato dagli stemmi rossi e oro o dai poster di modelle babbane o dal disordine, si impegnò a mettere a fuoco la figura seduta ai piedi del letto in cui aveva dormito per un numero indefinito di ore.
Sebbene sentisse di poter giurare di aver visto Anastasia arrabbiata varie volte, la versione della piccola Black che si trovò davanti era decisamente peggio di ogni suo ricordo o aspettativa. Braccia conserte, sguardo fisso, e una netta delusione stampata in fronte. Quella faccia, pensò, avrebbe decisamente spaventato anche Voldemort in persona.
Cercò di dire qualcosa, ma mentre si sforzava di ricordare come mutare i pensieri in suoni, sentì un bruciore in gola – oh, ci mancava solo questa!
«Se ciò che hai da dire non sono scuse o spiegazioni» disse allora lei. «Puoi decisamente risparmiarti il fiato, stupido troll»
Draco corrucciò la fronte senza rendersene conto. Quel tono freddo non le apparteneva, e per un secondo gli parve di non riconoscerla. Si schiarì di nuovo la voce e riuscì a sussurrare un «Che ore sono?» mettendosi seduto e cercando disperatamente un orologio.
«È l’ora delle spiegazioni» sputò di nuovo lei, senza mutare espressione. «Sei sparito per tre giorni, tre giorni!» Anya si alzò dal letto e si posò una mano sul fianco per mettersi a guardare fuori dalla finestra.
Draco, sul comodino, anziché un orologio trovò una foto magica – quello era Harry Potter? No, niente cicatrice. Si avvicinò per vederla meglio. Quattro ragazzi si abbracciavano ridendo nel cortile di Hogwarts. In uno riconobbe Robert, Kayla e Anya in ugual misura, e vide anche delle tracce di sua madre e sua zia Bellatrix. Il giovane Sirius passava un braccio attorno ad un Harry Potter senza cicatrice e con gli occhi scuri, mentre un giovane ma già patito Remus Lupin alzava le sopracciglia e diceva qualcosa a quello che, senza dubbio, era un versione felice e mano-munito di Peter Minus. Istintivamente, fece per allungare la mano verso la foto, ma vide Anya afferrarla con più velocità.
«Loro non ti riguardano» ringhiò di nuovo, appoggiando con cura la foto ad una cassettiera piena di polvere e tornando a guardare fuori dalla finestra, passandosi una mano sul viso. «Hai intenzione di dirmi qualcosa, o ti devo Maledire?»
«Non-»
«Non mi sfidare» rispose di scatto lei voltandosi. «Perché ho passato più di dieci ore guardandoti dormire, e ho ripassato tutte le maledizioni che conosco»
«Anastasia …» sospirò mettendosi di nuovo seduto. «Cosa … cosa è successo?»
«Ti sei scolato più Whiskey Incendiario di ogni altro mago nella storia» spiegò lei con disappunto. «Aberforth era preoccupato, ma non so come tu sei riuscito a telefonarmi e siamo corsi a prenderti»
«Siamo
«Io, Fred e Blaise»
«Blaise?!»
«Ero da lui, quando mi hai chiamata»
«Eri … eri da Blaise? E perché mai?»
«Ero venuta a cercarti, razza di scemo!» alzò i toni lei allargando le braccia. «Tre giorni senza sapere dove fossi! Tre dannati giorni! Kora non poteva dirmi niente, a casa non c’eri, al telefono non rispondevi mai e io avevo quel dannato esame! Ero disperata!» scosse la testa e allacciò di nuovo le braccia sul petto, lasciando il peso su un fianco per battere sul vecchio pavimento di legno con il tallone.
«Siete venuti a prendermi?» domandò lui con un filo di voce.
«Credimi, vedendoti adesso, avrei preferito lasciarti lì a morire nel tuo stesso vomito»
«Ho vomitato» concluse lui, trovando una spiegazione a quell’alitosi.
«Avevi già vomitato quando siamo arrivati, ma Fred ti ha fatto vomitare di nuovo per sicurezza»
«Fred
«Fred!» affermò lei spalancando gli occhi. «Dopo che siamo fuggiti dalla cena a casa mia per venirti a cercare da Blaise!» sbraitò. «Per le mutande di Merlino, Draco, perché la diciottenne sono io ma quello che si ubriaca nei pub sei tu
Lui prese un respiro profondo. «Avevo … avuto una terribile giornata. Più di una, in effetti. E avevo molto … a cui pensare»
Nel momento in cui lo disse, si rese conto di averla ferita ancora di più. Anya scosse la testa impercettibilmente e lui fu sicuro di vedere un velo di lacrime dietro i suoi occhi.
«Draco, te lo chiedo per l’ultima volta» disse allora in un soffio. «Dove sei stato?»
Fu lui, allora, a cercare il suo sguardo per scuotere la testa e sentì che anche dietro i suoi occhi c’erano delle lacrime di puro e straziante dispiacere.
Anastasia, del tutto inaspettatamente, tornò verso il letto di fretta per sedersi davanti a lui. «Draco, non … non c’è niente di cui tu non possa parlare con me. Niente, te lo giuro» a quel punto, una lacrima le rigò il viso angelico, e lui sentì il cuore spezzarsi in mille pezzi davanti alla consapevolezza di essere l’artefice di quel dolore. «Io voglio … voglio rimanerti accanto, qualsiasi cosa accada. Possiamo andare dove vuoi, possiamo fuggire anche subito e …» lui fece per asciugarle la guancia e lei lo precedette, come per volersi scusare di quel pianto. «Non posso aiutarti, se non so cosa succede» disse. «Ha a che fare con me? Ho fatto qualcos-»
«No» la fermò allora lui. «No, Anya, io … non ha niente a che fare con te, e io non voglio che abbia niente a che fare con te» una frase tanto lunga gli sembrò costare uno sforzo immenso.
«E allora?» domandò lei. «Possiamo affrontare tutto. Tutto! Lo sai. E se è per … per i bambini, o per i miei, o per i miei fratelli, glielo dirò oggi stesso, e gli farò cambiare idea su di te, e …»
Lui, di nuovo, scosse la testa con aria mortificata.
«Draco, te ne prego» lo implorò di nuovo allora lei. «Cosa sta succedendo?»
Draco sospirò e si avvicinò a lei per pulirle la guancia. Anastasia, però, si alzò di nuovo e si allontanò dal letto. «Hai fatto qualcosa di male?»
Draco scosse la testa.
«Sei … sei in pericolo?»
Di nuovo, lui negò con un cenno.
«E non me lo vuoi dire»
«Non posso»
«Potresti, invece» sospirò lei.
«No, amore mio» anche il suo tono si spezzò. «Vorrei, ma non posso»
«Potresti, ma non vuoi» ritrattò lei. «Perché non c’è niente che tu non possa dirmi, e lo sai. Io … ti ho presentato i miei nipoti, ti ho portato al castello con i Lupin e Nicole, e … ti ho cantato la canzone di Rose» accennò un sorriso che non aveva niente di felice. «Pensavo … che fossimo allo stesso punto»
«Sai che è così»
«No» rispose lei secca, voltandosi di nuovo verso la finestra. «Esci»
«Non stavo cercando di Leggerti»
«Esci da casa mia, stronzo»
Draco ci mise qualche secondo per uscire da quel letto, cercando di non soffermarsi a pensare che fosse il letto di gioventù di Sirius Black. Finse di sistemarsi la camicia, raccolse le scarpe ai piedi del letto, e con un colpo di bacchetta sistemò la questione dell’alito. Fece attenzione a fare tutto con meticolosa attenzione, mentre Anastasia rimaneva immobile a guardare fuori dalla finestra, trattenendo il pianto ed il respiro. Quando recuperò il maglione, si voltò a guardare la sagoma di Anastasia e rimase qualche secondo immobile come lo era lei, come per volersi mettere sulla stessa linea d’onda e farle capire che, per quanto a lei potesse apparire sbagliato quello che in quel momento lui le stava facendo, in realtà ai suoi occhi fosse la cosa più giusta, leale e protettiva che avesse mai fatto in più di trent’anni.
«Anastasia Elizabeth Helen Black» disse, sulla soglia.
Lei si voltò lentamente, mostrando senza timore uno sguardo pieno di dolore. «Dimmi cosa sta succedendo»
«Non posso»
Anya si coprì naso e bocca con le mani. «Ci sono … ci sono innumerevoli cose che non mi sarei mai aspettata, da questa vita. E tu fai parte di moltissime di queste. Non mi sarei mai aspettata di trovarti, di trovarmi in te e di regalarti così … così tanti piccoli pezzi di me, che adesso mi guardo allo specchio e vedo anche te, e se ti guardo, vedo anche me. Però mi sarei aspettata di valere per te quello che tu vali per me» guardò verso il soffitto per ricacciare indietro le lacrime.
Draco sentì il chiaro istinto di fermarla. «Tu sei – sei la cosa più bella che mi sia successa negli ultimi trent’anni, Anastasia»
«Eppure, non sono abbastanza per sapere cosa fai o dove sei» sospirò lei. «Ecco, un’altra cosa  che non mi sarei mai aspettata è …» lo guardò dritto negli occhi così intensamente che gli fece male. «è di innamorarmi di te, eppure … di odiarti così tanto in questo momento da non poter sopportare di averti davanti agli occhi»
Draco sentì quelle parole, così semplici e così importanti, colpirgli il cuore come una freccia, e si trovò ad ammettere che avrebbe preferito una di quelle maledizioni da lei menzionate poco prima. Almeno, per quelle c’era rimedio – quasi tutte, quantomeno. Ma quelle parole erano peggio di tutte le maledizioni che conoscesse, perché era la sola maledizione a ledere entrambi, e in modi irreparabili.
Avrebbe voluto rispondere, sentiva che avrebbe dovuto e voluto farlo, sentiva di doverglielo, ma sentiva anche che c’erano delle promesse fatte a sé stesso pochi giorni prima che andavano mantenute, e la più importante di queste era lasciare fuori Anastasia da tutta questa storia.
Così, promettendosi per l’ennesima volta di tenere fede solo a sé stesso, prese un respiro profondo, e piegò gli angoli della bocca in un velo di tristezza. Scosse la testa, si infilò il soprabito di renna e voltò le spalle a quella stanza rossa e oro, e a quella ragazza a cui avrebbe voluto dire troppe cose, ma se c’era una cosa che aveva imparato quella mattina, era che trasformare i pensieri in parole era davvero, davvero complicato.
Lasciò la stanza sentendo il cuore e la testa oltremodo pesanti, e sicuramente non era colpa dei postumi. Si costrinse a mettere un piede dietro l’altro, scendere le scale senza cadere, urlare, inciampare, piangere, sbraitare o addirittura radere la suolo quella casa vecchia di secoli. Raggiunto l’ultimo gradino, dalla cucina vide uscire Blaise, che gli mostrò un’espressione scocciata.
«Non dire niente» gli chiese il biondo in un sussurro.
«Oh, amico, non c’è niente che io ti possa dire» rispose Blaise. «Credimi, fai già abbastanza pena senza che io dica niente. Hai preso tutto? Ti porto a casa»
Draco non riuscì ad obbiettare. Abbassò la testa e aspettò che Blaise gli facesse strada, non riuscendo a non guardare su per le scale, ma trovando solo polvere e teste di elfi.
 
«Sono stata così scema!» Anastasia nascose il viso tra le mani, seduta sul divano di velluto. «Non si dice una cosa del genere in quel modo!»
«Anastasia, non credo esistano regole sull’argomento» le disse Minerva, seduta sulla poltrona da Preside. «Se hai detto quello che sentivi in quel momento, hai fatto bene»
«Ma non era quello che sentiva lui!» si lamentò ancora lei.
«Non m’importa, di quello che sentiva o sente lui. Tu sei stata sincera, come lo sei sempre»
Anya si alzò dal divano di scatto, emettendo un suono simile ad un ringhio e saltando sul posto. «Minnie, ho fatto una stronzata, per Morgana, una grandissima stronzata! Non mi devi sempre elogiare! Perché per una volta non mi dici che ho fatto una stronzata?!»
Anche Minerva si alzò, notando che i toni della figlioccia si erano accesi. «Calmati» le impose, con tono fermo. «Quando sarà il momento di sgridarti, non mancherò. Quando penserò che tu abbia sbagliato, sarò la prima a fartelo notare»
Anastasia si rimise seduta, con le braccia incrociate e l’espressione di una bambina colta a rubare la marmellata.
«Ma ti proibisco di pensare di avere sbagliato, in questo caso: hai confessato al ragazzo che ami i tuoi sentimenti, e l’unica a non essersi accorta che tu fossi innamorata, Anastasia, eri tu»
«Avrei dovuto lanciagli una qualche maledizione e lasciarlo a morire alla Testa di Porco» borbottò lei. «Adesso starei meglio»
«Ecco, questa sarebbe stata una stronzata»
Anya spalancò gli occhi.
«Non dire a nessuno che l’ho detto, ma non c’erano altri modi per esprimere le dimensioni colossali di un errore del genere»
Allora si lasciò cadere sullo schienale del divano e fissò il soffitto. «Forse questa giornata non è mai esistita» concluse. «Forse sto sognando. O forse sono morta!»
«O, forse» suggerì la madrina. «Stai crescendo»
«Sì, ma tu hai detto una parolaccia»
Minerva sapeva che, in un altro momento, Anastasia avrebbe riso tantissimo. Vista la situazione, si accontentò di vederle piegare gli angoli della bocca e scuotere la testa, lieta di averle dato un momento di leggerezza.
La giovane Black, poi, passandosi una mano sul viso, in fronte e poi tra i capelli con aria nervosa, non poté evitare di alzare lo sguardo e notare, non meno di un metro sopra la sua testa, un paio di occhiali a mezzaluna che celavano uno sguardo orgoglioso e commosso di un mago di cui non aveva ricordi materiali, ma solo racconti e affetto da persone per lei più che importanti. Si alzò e senza mostrare la minima esitazione, si posizionò sotto al quadro di Albus Silente, esattamente come aveva fatto qualche mese prima, ma con intenzioni, idee e sentimenti completamente diversi. Non gli disse niente, ma rimase a guardarlo per non meno di un minuto. Poi, dopo aver retto lo sguardo egregiamente, si voltò verso Minerva.
«Posso andare dai miei cugini?»
 
«Gli hai praticamente detto di andarsene» contestò Lyall.
«Sei il solito» si lamentò Nicole. «Poteva risponderle»
«Ma lei gli ha detto di andarsene!» replicò il più giovane. «Voglio dire, gli ha detto di essere innamorata e di non sopportare di averlo lì: sono due messaggi troppo diversi per una sola frase! Io probabilmente sarei rimasto lì in piedi a cercare di capire come reagire per delle ore
«Tu non fai testo, Lyall» gli disse il fratello. «Hai la capacità emotiva di un calderone»
«Questo non è vero» si lamentò allora Lyall. «Io seleziono molto bene le cose e le persone per cui sprecare e impegnare emozioni»
«E il novantacinque percento di queste cose accuratamente selezionate riguarda il Quidditch» sbuffò Nicole.
«E il restante cinque percento siamo noi tre» aggiunse Ted.
«E infatti sono quello che soffre di meno!» esclamò Lyall.
«Cazzo, Lyall, ricordami di chiederti consigli più spesso!» ironizzò Anya, con lo sguardo comunque rivolto verso il Lago, senza girarsi verso di loro.
«Tecnicamente non hai chiesto consigli» le fece notare la cugina. «Hai raccontato la tua ultima stronzata e poi ti sei fumata mezzo pacchetto guardando il Lago»
«Sto pensando» spiegò Anastasia, spazientita.
«Non ha senso piangere su pozione bevuta, mon amour» le rispose allora Nicole.
A quel punto, Anastasia si voltò verso di loro con espressione perplessa. «E allora cosa dovrei fare?»
«Smettere di dare messaggi ambivalenti» si intromise Lyall.
Nicole e Ted scossero la testa.
«Forse dovresti capire cosa senti davvero» ipotizzò Ted. «E poi andare a chiarire»
«Magari prima della prossima partita» aggiunse Lyall.
«Lyall!» lo sgridò il fratello.
«Che c’è? Ci hanno sempre portato fortuna! E le bevute post partita erano davvero divertenti!» si guardò attorno e colse il gelo che era sceso tra loro. «Tranne l’ultima volta, s’intende. Dannati Scott»
Anya scosse la testa e accennò un sorriso. «Non credete che abbia fatto una stronzata?» chiese quindi, guardando i suoi consiglieri più fidati.
«Io credo che tu abbia dato due messaggi troppo contrastanti» le disse di nuovo Lyall. «Ma non credo che sia una stronzata: insomma, hai fatto e detto quello che ti sentivi, no? Ecco, allora non può essere sbagliato»
«Per quanto mi costi ammetterlo» aggiunse allora Nicole. «Lyall ha ragione: non è stata una mossa saggia, non la trovo una cosa irreparabile»
«E poi» concluse Ted. «Non esistono emozioni sbagliate. Me lo hai insegnato tu, ricordi? Se senti certe cose, c’è un motivo. Forse tu non lo vedi, perché non sei pronta o perché non hai cercato nei posti giusti, ma c’è un motivo»
«Ti ho insegnato questo?» si stupì Anya.
«Questo e un sacco di altre frasi che uso per beccare»
Anastasia sorrise e allargò le braccia. E loro tre, come in una danza, si avvicinarono e la abbracciarono quasi fino a farle male.





NdA: se vi sentite gasati per questo capitolo e quelli che arriveranno, sappiate che io lo sono almeno il doppio.
E friendly reminder che non esistono emozioni sbagliate, ricordatevelo sempre (e ricordatelo anche a me, se vi capita). 
Buona settimana a tutt*!

fatto il misfatto, 
C
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: piccolo_uragano_