Capitolo
33: Little Hangleton
“Quando
dicevi che questa
baracca era malconcia, non scherzavi affatto…”
commentò Gal, guardando la
vecchia e decrepita catapecchia davanti a sé.
Per
tutta risposta, Delphini
lo guardò in malo modo, per poi dichiarare: “Se
preferisci dormire per terra,
col freddo notturno e per ritrovarti domattina con la schiena tutta
piena di
sassi, accomodati pure.”
“Ehi,
dicevo tanto per dire…”
Un
po’ titubante, Teddy
guardò la porta e domandò: “Cosa devo
fare? Spingerla?”
“No,
soffia. Da come è
ridotta, basta un soffio di vento per farla cadere
giù.” Dichiarò Gal, con un
briciolo di ironia, mentre Teddy notava, sullo stipite della porta:
“Ma cos’è
quella roba sulla porta?”
“Ah,
dimenticavo. Sulla porta
c’è…” iniziò
Delphini, ma venne interrotta da un urlo spaventato di Teddy.
Con
un sospiro, la ragazza
continuò: “…La carcassa mezza
mummificata di un serpente.”
Tremanti
di paura, Oliver e
Victoire si coprirono gli occhi per non vedere, mentre Athena reprimeva
un
conato di vomito.
Gal,
invece, puntò la torcia
elettrica sul serpente e l’osservò, in completo
silenzio.
“Ma
cos’è quello schifo?”
domandò, incredulo, il rosso, mentre la Serpeverde,
incurante della cosa,
apriva la porta della catapecchia e ammetteva: “Non ne ho
idea. Era già qui
quando sono arrivata il mese scorso. Pensavo di toglierlo, ma poi ho
scoperto
che spaventa i ragazzini troppo curiosi e li tiene alla
larga.”
“Spaventa
anche me, se è per
questo…”
“Appunto.”
Cercando
di evitare di
guardare il corpo attaccato alla porta, il gruppo entrò
nella baracca, tranne
Victoire, la quale era così spaventata da restare immobile
davanti
all’abitazione con gli occhi chiusi dalla paura.
Intuendo
che fosse spaventata
a morte, Teddy le prese la mano.
Immediatamente,
la ragazzina
si calmò.
“Non
aver paura, Vicky. Ci
sono io, con te. Seguimi lentamente, ti guido io.” La
rassicurò il Tassorosso,
mentre la ragazzina lo implorava: “Non lasciarmi.”
“Te
lo prometto.”
Lentamente
e con molta
attenzione, Teddy condusse, lentamente e con attenzione, in modo da
impedirle
di farsi del male, la condusse delicatamente dentro la casa.
Se
l’esterno della casa era
orribile e fatiscente, l’interno era addirittura peggio.
Per
terra c’erano un’infinità
di bottiglie di vino vuote, cocci di vetro, vecchie padelle e pentole
arrugginite, due poltrone divorate dalle tarme e tanta di quella
polvere che i
piedi dei sei ragazzi lasciavano delle impronte parecchio nitide,
mentre il povero
Oliver cominciava a tossire e a starnutire violentemente.
“Mamma
mia, che disastro…”
commentò Gal sollevando una bottiglia, mentre Oliver lo
avvertiva, con la voce
rauca a causa del continuo tossire e gli occhi rossi dalle lacrime che
gli
uscivano copiose: “Fa attenzione ai cocci.”
“Lo
so, questa casa è ridotta
ad uno schifo… il precedente proprietario era davvero
tremendo in fatto di
pulizia… nemmeno quel rudere di appartamento della Rowle,
che, per la cronaca,
puzza di cavolo andato a male e di gatto vecchio e bagnato,
è ridotto tanto
male… però, si possono trovare un sacco di cose
interessanti se uno sa dove
cercare…” ammise Delphini, accedendo una vecchia
torcia e illuminando la
squallida abitazione.
Ad
un tratto, Oliver notò che
Athena si stava guardando intorno, con un’espressione vaga.
“Tutto
ok?” le domandò,
preoccupato, il ragazzino, mentre si soffiava rumorosamente il naso con
un
fazzoletto di carta, e la coetanea sobbalzò, come se si
appena svegliata da un
sogno.
Non
appena si accorse che tutti
la guardavano, Athena rivelò: “Ah, scusate,
ragazzi… è solo che… avverto una
strana energia…”
“Che
tipo d’energia?” domandò
Teddy e la ragazzina raccontò: “E’ solo
una sensazione, ma… la sento
chiaramente… una potente energia magica, molto
antica… e altrettanto malvagia…
qui… qui in questa casa c’era qualcosa…
di oscuro e sinistro… qualcosa di
davvero pericoloso…”
Tutti
si guardarono negli
occhi, leggermente preoccupati.
Ma
di cosa stava parlando
Athena?
Notando
che gli amici la
stavano guardando, la giovane arrossì e balbettò:
“Ma non vi preoccupate, è
stata solo una sensazione momentanea! Adesso non la sento
più! Forse è questa
casa che mi dà strane sensazioni…”
“Sì,
come l’Overlook Hotel di
‘Shining’… ho sentito che lo scrittore
prese spunto da un vero hotel infestato
in America…” commentò Delphini, facendo
ruotare col dito il suo berretto da
baseball, mentre Gal dichiarava: “Io ho visto il film in
videocassetta di
nascosto a otto anni. Mio nonno, nel suo garage, ha una vera collezione
di
vecchie cassette e, una volta che sono andato a trovarlo,
l’ho presa di
nascosto e, quando lui ronfava, l’ho guardata. Ve lo
assicuro, fa davvero paura!
Soprattutto la scena delle due gemelle che appaiano
all’improvviso e chiedono
al bambino sul triciclo di giocare con loro… davvero
spaventosa! Per una
settimana, ho avuto paura di entrare nel bagno e trovarci quella
signora morta
della stanza 237… e poi quando quel matto ha preso ha fatto
a pezzi la porta
del bagno con la scure dicendo che era il lupo
cattivo…”
“Sapevate
che il cuoco di
colore che appare nel libro, Dick Hallorran, ha fatto una piccola
comparsa da
giovane nel libro ‘It’, sempre di Steven King?
Chissà se riapparirà in un altro
suo romanzo… comunque, trovo che la Luccicanza assomigli un
po’ alla magia…” si
domandò Athena, mentre Delphini commentava: “Ok,
gente. Lasciamo perdere hotel
stregati, cuochi di colore e scrittori horror… abbiamo altro
a cui pensare.”
“E
cosa?”
“Per
esempio, dove
dormirete.”
Il
gruppo si guardò,
leggermente preoccupato.
Cosa
intendeva Delphini con
quelle parole?
“Dunque,
vediamo se ricordo
bene…” si mise a meditare la ragazzina, incurante
delle perplessità dei compagni
“C’è un letto e due divani…
mmh… mi spiace, ragazzi, ma due di voi dovrà
dormire per terra. Niente di personale, eh.”
“Aspetta
un attimo… e tu dove
vai a dormire?” l’interruppe, sospettoso, Gal e la
coetanea, con tutta la calma
del mondo, rivelò: “Ma sul mio letto,
ovviamente.”
“Il
tuo… letto?! Hai un letto
qui?!”
“Certo,
che cosa credevi? Che
io dormissi per terra con tutta quella polvere?”
“Quindi
dobbiamo starci noi
con tutta questa polvere?!”
“Io
vi ho detto che ci poteva
stare solo due, ma se voi volete dormire sul pavimento, accomodatevi
pure. Non
vi bloccherò.”
“Non
scherzare! Se c’è un
altro letto, lo devi condividere! Siamo i tuoi ospiti!”
“Infatti,
vi sto dando la
camera degli ospiti.”
“Lo
sai benissimo a cosa mi
riferisco!”
“Gal,
lascia perdere.” Lo
interruppe Oliver, col suo solito tono calmo e mite, mettendogli una
mano sulla
spalla “Dormirò io per terra. Sono sicuro che
stringendovi
un po’
nell’altro letto ci riuscirete a stare tutti.”
“Ma
neanche per sogno,
Oliver! Tu meno di tutti noi devi stare a contatto con la polvere, dato
che ne
sei allergico! Sei già ridotto ad uno straccio…
dormirò io per terra, non
preoccuparti.” L’interruppe, preoccupato, Teddy,
mentre l’amico, tossendo
violentemente, cercava di tranquillizzarlo: “No, sta
tranquillo… è solo la mia
allergia che tende ad ingigantire le cose… etciù!
Ma… ma non preoccuparti
assolutamente… non sto così male…
cough cough!”
“Non
mi sembra proprio. Il
tuo respiro è troppo affannoso… ti accompagno a
prendere un po’ d’aria fuori.”
“Grazie,
Teddy… sei sempre
così gentile…”
“Ehi,
sono pur sempre un
Tassorosso come te.”
Mentre
usciva, Teddy si voltò
verso i suoi amici e si raccomandò: “Mentre io mi
occupo di Oliver, cercate,
per favore, di rendere un po’ più pulita la
stanza… mi raccomando, non usate in
alcun modo la magia.”
“Conta
su di noi, Teddy!” lo
tranquillizzò Victoire.
Una
volta che i due
Tassorosso furono usciti dall’abitazione, Oliver
iniziò ad inspirare e ad
espirare rumorosamente.
Sembrava
che i suoi polmoni
fossero completamente ricoperti di catarro.
Dopo
un po’, il ragazzino
riebbe di nuovo un respiro normale, anche se le sue guance erano rosse
come
peperoni e aveva le lacrime agli occhi.
“Come
ti senti?” domandò,
preoccupato, Teddy e l’amico lo rassicurò, anche
se aveva la voce un po’ roca:
“Meglio… molto meglio… l’aria
notturna è l’ideale per un attacco
d’asma…”
“Immagino
che non sia la
prima volta che hai di questi problemi…”
“Altroché…
la mia stanza
dev’essere assolutamente pulita, in modo da evitare
ciò…”
“Come
hai scoperto la tua
allergia?”
“Quand’ero
alle elementari…
un giorno, siamo andati a fare una lezione di scienze nel laboratorio
e, quando
sono tornato in aula, l’ora seguente, ho cominciato a tossire
senza mai
fermarmi. La maestra mi ha mandato a farmi un giro un paio di volte, in
modo
che fermassi quella tosse una volta per tutte, dato che stavo
disturbando la
lezione… alla fine, mi ha spedito in segreteria, dove hanno
chiamato mia madre
per dirle di portarmi da un dottore, perché, secondo loro,
non stavo bene… e il
dottore ha scoperto che ho il massimo grado di allergia agli acari e
alla
polvere, di cui quel laboratorio era pieno fino a scoppiare.”
“Dev’essere
terribile vivere
con questa allergia…”
“Un
po’… ma, alla fine, ti ci
abitui. E, poi, posso mangiare tutto quello che mi pare, senza
controllare se
contengono latticini o altro… a me piace un sacco mangiare e
non sopporterei
proprio avere un’intolleranza alimentare! Così,
quando credo di essere
sfortunato ad essere allergico agli acari, penso che, almeno, non sono
intollerante
a qualcosa e ciò mi fa sentire fortunato!”
“Certo
che tu sei proprio una
persona speciale, Oliver…”
“Ma
no, cosa dici… sono solo
un semplice e normalissimo Tassorosso, per di più con una
tremenda allergia
alla polvere… non sono proprio nulla di
speciale…”
“Però,
l’anno scorso, sei
stato il primo studente non Grifondoro ad estrarre la spada di Godric
Gryffindor da millenni! Oliver, tu sei una persona generosa, umile,
leale,
sincera… se c’è qualcuno che merita di
rappresentare la Casa di Tassorosso,
quello sei tu!”
“Ma
dai… tu sei il figlioccio
Metamorfomagus di Harry Potter, sei il vanto della nostra
Casa… comunque,
grazie per le tue parole. Significano davvero molto per me.”
“Non
c’è di che, amico.”
“Ehi,
voi due! Avete finito
di chiacchierare? Noi qui, abbiamo finito.”
L’interruppe una seccata voce
femminile, senza il minimo tatto.
Oliver
e Teddy fecero un
sorriso divertito, per poi scuotere la testa.
Non
importa dove o che ore
fossero… Delphini era sempre la stessa…
I
pallidi raggi del sole entrarono
nella piccola e squallida abitazione attraverso la finestra rotta,
posandosi su
un ragazzino addormentato coi capelli blu, sdraiato per terra e coperto
solo da
una lurida e vecchia coperta.
Il
giovane provò a resistere
per qualche minuto, ma, alla fine, aprì gli occhi e fece un
rumoroso sbadiglio.
“Ohi,
ben svegliato.” Fece
una voce femminile davanti a lui.
Il
giovane alzò la testa e
vide una ragazzina sua coetanea che gli passò una
bottiglietta d’acqua che
prese al volo.
Mentre
beveva, Teddy osservò
in silenzio Delphini, mentre guardava fuori dalla finestra, come se
temesse che
qualche ficcanaso si avvicinasse alla catapecchia.
Per
qualche motivo, gli
sembrava che le guance dell’amica fossero meno rosa del
solito… ma,
probabilmente, era solo una sua impressione…
“Sei
in piedi da molto?”
domandò Teddy e la coetanea scrollò le spalle:
“Nah, da poco… sai, Asmodeus
diventa permaloso se non lascio uscire per fare
colazione…”
“A
proposito di colazione…
sai se c’è una panetteria o un bar a Little
Hangleton.”
“Un
barettino recente… si
trova vicino al pub
‘L’impiccato’… a differenza
del primo è vecchio come cucco,
dato che esiste in questo posto dimenticato da Dio fin dalla Prima
guerra
Mondiale babbana…”
“Perfetto,
quando gli altri
saranno svegli, scenderemo giù in paese a fare
colazione.”
“Dovrai
prendere le sembianze
di un adulto, allora. Sei ragazzini da soli attireranno
l’attenzione in un
villaggio così piccolo... per questo, da quando sono qui,
non sono mai scesa in
paese di giorno…”
“E
allora come hai fatto a
mangiare?”
“Andavo
fino a Great
Hangleton. E’ molto più grande di questo paese,
ma, per sicurezza, bevevo un
po’di pozione invecchiante che avevo preparato, per avere
qualche annetto in
più, circa sedici o diciassette anni. Tanto per non far
credere ai babbani che
fossi scappata di casa…”
“Che,
poi, è quello che hai
fatto…”
“Ho
solo mentito alla vecchia
per non essere costretta a trascorrere le vacanze a casa sua!
E’ stato un
incubo per quasi undici anni! Non avrei sopportato di passare
lì tre mesi!”
“E
allora perché non hai
accettato di vivere alla Tana assieme a noi?”
“Ma
che t’importa?! Figurati
se avevo voglia di venire con voi! Non ho bisogno di nessuno! Sto bene
da sola,
io!”
“Ok,
scusami… non volevo
farti arrabbiare…”
“Ecco,
bravo! Inoltre, perché
diavolo tu e gli altri siete venuti qui?”
“Gal
ha sentito un discorso
del mio padrino, in cui raccontava di un mago che, una notte, aveva
visto il
fantasma di Bellatrix Lestrange nel bosco di questo posto.”
“Bellatrix
Lestrange? La
famosa Mangiamorte? Ma non è stata uccisa nella Battaglia di
Hogwarts?”
“Beh,
sì… infatti, il mio
padrino non ci ha creduto più di tanto… comunque,
Gal era così emozionato alla
possibilità di vedere il suo fantasma che ci ha fatto venire
tutti qui.”
“Ha
perso tempo. Qui non c’è
il fantasma di nessuno, soprattutto il suo. Ho vissuto qui per un mese
e non ho
visto proprio niente di soprannaturale. Chiedilo ad Asmodeus, se non mi
credi.”
“Lo
immaginavo… comunque, il
posto è carino e, dato che non torniamo alla Tana prima di
lunedì, possiamo
fare un giro nei dintorni. Di sicuro, l’aria pura di campagna
farà molto bene a
Oliver…”
“Non
credevo che la sua
allergia fosse così tremenda… non da mai a vedere
i suoi problemi…”
“Lo
fa per non creare
problemi agli altri… non si fa alcun problema a sacrificarsi
per gli altri…”
“E’
troppo ingenuo… certe
volte, non vale la pena sacrificarsi per qualcuno…”
“Oliver
è fatto così… ha
molta bontà d’animo e cerca sempre di aiutare gli
altri… è la personificazione
vivente della Casa di Tassorosso.”
“Beh,
in ogni caso, fate come
vi pare…”
“Certo
che questo paesino è
davvero piccolo…” commentò Gal, dandosi
un’occhiata intorno, sgranocchiando un
panino al prosciutto e formaggio, mentre Oliver affermava, con una
ciambella
alla fragola in mano: “E’ vero, ma è
molto carino.”
“Io
preferisco di gran lunga
le grandi città. In città, ci sono tanti negozi
enormi, centri di bellezza,
cinema, pizzerie… c’è solo
l’imbarazzo della scelta.” Dichiarò
Victoire,
gustando il suo bombolone al cioccolato, mentre Delphini ribatteva, con
la sua
pizzetta in mano e in cappuccio della felpa ben calato sul volto per
nascondere
il suo particolare colore di capelli: “Compresi lo smog e la
confusione, topo
di città. Per questo, preferisco di gran lunga i paesi,
soprattutto se carichi
di storia. Io sono decisamente un topo di campagna.”
“Ma
i topi non sono uguali
ovunque?” domandò, allibito, Gal, mentre Delphini,
con una smorfia
d’esasperazione, dichiarava: “E’ un
riferimento alla favola del greco Esopo,
razza di somaro! E meno male che hai la madre
babbana…”
“La
letteratura, sia magica
che babbana, non è il mio forte.”
“Si
vede…”
“Dai,
non litighiamo…” cercò
di calmarli Teddy, il quale era diventato un uomo di
quarant’anni coi capelli
marroni e gli occhi azzurri “Ora che abbiamo mangiato la
colazione, che si fa?”
“Potremmo
fare una
passeggiata nella valle qui intorno…”
meditò Oliver, ma Delphini, indicando il
cielo, commentò: “Meglio di no… mi sa
che qui, tra poco, si scatena il
diluvio…”
Infatti,
il cielo, in meno di
un’ora, si era riempito di minacciose nuvole nere che avevano
persino oscurato
il sole.
“Forse,
hai ragione… è meglio
non allontanarci troppo…” commentò
Teddy e Victoire propose: “Allora facciamo
un giro del paese. Mi auguro solo che ci sia un negozio di giocattoli
qui…”
“Non
sperarci troppo,
biondina… è già tanto se
c’è un bar, in questo posto…”
le ricordò Delphini,
mentre si recava ad una fontanella per lavarsi le mani unte.
“A
me basta solo che ci sia
una biblioteca piena di libri e posso tranquillamente passare
lì la giornata e
sopportare qualsiasi cosa.” Dichiarò, con un
grande sorriso, Athena.
“Chissà
perché, ma ce lo
aspettavamo, Athena…” ridacchiò, con un
sorriso, Teddy.
Dopo
un po’, Delphini
dichiarò: “Se vi va, possiamo andare al
cimitero.”
“Al
cimitero?!” ripeterono,
increduli, gli altri, mentre Oliver, al pensiero di andare in un posto
pieno di
morti, faceva un’espressione terrorizzata.
“Sì,
c’è un cimitero davvero
niente male in questo paese… forse, è la cosa
più avvincente di questo posto…”
continuò Delphini, prima che un terrorizzato ed infuriato,
Oliver
l’interrompesse: “Scordatelo!!!! Non
andrò in un cimitero solo per far passare
la giornata!!! E se quelli tornassero in vita?!?!”
“Sono
morti, Oliver. Il bello
delle persone morte è che non ritornano in vita o
mentono.”
“N-non
se ne parla… io non ci
metto piede là dentro.”
“Molto
bene, allora sta pure
fuori dal cimitero.”
Mentre
i due litigavano,
Teddy si guardò dallo specchietto retrovisore di una
macchina lì vicina.
Quanto
gli mancavano i suoi
adorati capelli blu…
Senza
rendersene conto, i
capelli marroni del ragazzino divennero di colpo blu.
Con
la coda dell’occhio,
Delphini se ne accorse e gli urlò, adirata: “Che
accidenti stai combinando?!”
Sussultando,
come se qualcuno
lo avesse svegliato di soprassalto, Teddy si accorse che i suoi capelli
erano diventati
blu e che le rughe sul suo viso erano sparite.
“Presto,
ritorna come prima,
prima che qualche babbano ti veda, razza di stupido!”
gl’intimò, furiosa,
Delphini e, immediatamente, la faccia di Teddy tornò ad
essere di nuovo quella
di un uomo, mentre i capelli diventavano marroni.
Delphini
si guardò intorno,
nervosa.
Fortunatamente,
non c’era
nessuno in circolazione.
“Teddy,
sei un vero idiota!
Hai rischiato di farci beccare!” gli sibilò la
giovane, non appena ebbe finito
di controllare che non ci fosse davvero nessuno in giro o un
maledettissimo testimone,
e Teddy, imbarazzato e dispiaciuto: “Mi dispiace, non
l’ho fatto apposta… basta
che mi distragga un attimo e…”
“Assicurati
di non distrarti
mai più, Edward Remus Lupin, o finisci nei guai. E di quelli
grossi!”
“Beh,
almeno non ha visto
niente nessuno…”
Nessuno
dei presenti si
accorse che, da una finestra dalla casa di fronte a loro, una giovane
mano
pallida dalla forma delicata teneva leggermente spostata la tendina di
pizzo,
mentre un occhio verde guardava, con profonda curiosità, la
scena che si era
appena consumata davanti a sé.