Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Segui la storia  |       
Autore: theastwind    19/10/2020    3 recensioni
E' una storia d'amore e d'avventura tra Nami e... il Rosso.
Ambientata nel lasso temporale collocato prima che la ciurma entri nel Grande Blu.
Genere: Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Shanks il rosso
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
46 - Una dolorosa “rimpatriata”
 
Aveva pianto disperata, aggiungendo altra acqua a quella del mare sollevata in potenti bracciate cercando di sfogare tutto il malessere che aveva dentro…
Adesso era buio e doveva tornare dai ragazzi, da quella bella stronza di Helena e dal suo dolce e irraggiungibile Rosso che sicuramente erano ancora lì a cicalare tutti presi dai loro ricordi.
Aveva il volto segnato dal dolore, ma la consolavano il favore delle tenebre e lo scarso interesse che suscitava nel suo adorato: ora c’era solo quella…
Quei due erano stati insieme per sette mesi e alla gelosia si aggiungeva l’angoscia che Shanks potesse innamorarsi di nuovo di lei, che decidesse fermarsi lì, che… Un pensiero terrificante la folgorò, fermandola di colpo a metà nuotata:
“E se decidono di fare una rimpatriata nella stalla? – pensò mentre il cuore le si gelava - Oddio… no… Ma lui è libero… E poi è un pirata… Se la mangia con gli occhi… - e si sentiva dilaniata dal dolore alla sola idea che il suo Rosso potesse decidere di concludere in bellezza la serata con Helena – ti supplico, Shanks, non farlo…” – implorava tra sé mentre tornava dagli altri con l’inferno nel cuore e consapevole che non avrebbe potuto fare nulla per impedirlo.
 
Li trovò tutti riuniti intorno al tavolo sotto i portici come a mezzogiorno: quei pirati casinisti non facevano altro che mangiare e bere presi dai loro bagordi.
Non vedeva ancora il suo Rosso e cominciò ad avere la tachicardia:
“No… No… No…” – correndo disperata verso i ragazzi, era l’unico monosillabo che riusciva a dire, cercando con gli occhi il suo dolce amore che le stava facendo passare i guai.
Aveva già gli occhi umidi, quindi non scorse la piccola Giada che le corse incontro tutta contenta e per poco non la pestò; poi la prese in braccio e la strinse disperata: detestava sua madre, ma quella pupetta, come la chiamava Shanks, era un vero tesoro, un angioletto.
“Ciao pupetta… - le uscì, mordendosi un labbro pensando che finanche la piccoletta riusciva a stare più con il suo Rosso di quanto poteva fare lei – andiamo a mangiare?”
“No… – rispose la piccola, protendendosi e puntando il dito dietro le sue spalle – andiamo dal signore con i capelli rossi…” – mentre a Nami si gelava il sangue nel girarsi e scorgere Shanks poco distante, appoggiato ad un albero che la osservava.
Si guardarono persi l’uno negli occhi dell’altra per un lunghissimo minuto poi lui si avvicinò lentamente mentre Giada fremeva per tornare a toccargli i capelli e allungava le mani, sbilanciando Nami che si sentiva il cuore in gola e l’affanno.
“Stavo… - iniziò lui con il cuore a mille e un groppo in gola – stavo per venire a cercarti… sei sparita.”
“Ho fatto una nuotata…” – mormorò lei, evitando i suoi occhi per non fargli vedere che aveva pianto.
Shanks si avvicinò, si fermò a pochissimo da Nami e accostò il volto alla piccola permettendole di afferrargli i capelli: erano talmente vicini da poter sentire i loro respiri e il fruscio dei capelli di lui torturati dalla bimba.
Nami sentiva lo sguardo di Shanks addosso che le bruciava la pelle e nonostante morisse dalla paura di guardare, non riuscì a fare a meno di incontrare quegli occhi che amava più di tutto, che le toglievano il respiro, che sapevano mettersi in comunicazione con la sua anima, che erano le porte di un mondo dolce e inesplorato…
E restarono così vicini a guardarsi come se si fossero rivisti dopo mesi, tesissimi, innamoratissimi e con l’affanno crescente per i loro cuori impazziti mentre naufragavano negli occhi dell’altro… tutto grazie alla piccola e laboriosa parrucchiera che dal basso dei suoi cinque anni, non poteva nemmeno immaginare il dolore e l’amore che la circondavano.
Nami non riusciva più a sopportare quella vicinanza dolorosa, lo sguardo dolce e profondo di Shanks che la fissava in silenzio: quella situazione non era normale, non erano mai stati così vicini a guardarsi occhi negli occhi senza dire una parola. E si perdeva, naufragava in quello sguardo senza frontiere, in quegli occhi scuri e decisi che contenevano tutto ciò che c’era di infinito, grande e bello.
Lui si era sentito perduto quando Nami se ne era andata a fare il bagno: aveva provato a torturarla, ma lei si era sottratta al suo gioco… E ora la vedeva bella come mai e lui, innamorato perso, era obbligato a guardarla e a starle vicino per non morire, per non sentirsi a metà e per riuscire a respirare. Ne aveva sentito la mancanza mentre consolava la sua amica, mentre metteva a letto quella piccoletta, mentre cercava di non pensare alla disperazione di Helena per aver perduto il suo Diego: adesso lei gli era davanti, lo guardava con quegli occhi rossi e gonfi di un lungo pianto e gli chiedeva solo amore.
L’incontro dei loro occhi cominciò ad essere doloroso e Shanks impresse una svolta alla situazione:
“Ehi, pupetta…” – distolse lo sguardo sulla piccola mentre Nami continuava a guardarlo innamorata.
“Io mi chiamo Giada…” – l’interruppe lei.
Nami e Shanks sorrisero a quella precisazione.
“Va bene, Giada – riprese lui – andiamo a mangiare?”
“No…” – era troppo intenta a toccargli faccia e capelli.
“E se ti do un bacetto? Andiamo?”
“Sì…”
Lui sorrise dolcemente alla bimba, si avvicinò di più facendo esplodere il cuore di Nami che lo fissava adorante e schioccò un bacetto sulla guancia della piccoletta, che pizzicata dalla barba, scattò all’indietro e si grattò.
La povera Nami non riusciva più respirare: Shanks le era di nuovo vicino, anche se non per lei e i suoi capelli erano sul suo viso…socchiuse gli occhi intenta ad aspirarne il profumo e goderne la morbidezza.
“Mio dio quanto sei bello…” – le venne da gridare, ma riuscì solo a stringere le labbra per dominare le sue emozioni. 
E Shanks le diede il colpo di grazia.
Si girò lentamente verso di lei, le accarezzò lievemente la guancia facendole tornare gli occhi umidi, chiuse gli occhi e la baciò delicatamente vicino alla bocca, intento ad aspirare il suo profumo misto alla salsedine.
Rimasero a lungo attaccati e sofferenti per via della pelle che si toccava e che scottava ad entrambi, dei loro respiri agitati che non riuscivano a contenere e del pulsare selvaggio dei loro cuori che cercavano di ignorare, ma che li stordiva.
Shanks, con il cuore in gola, la sentì tremare e fremere; lei chiuse gli occhi e abbandonò la testa contro quella di lui.
“Non ce la faccio più…” – pensavano entrambi, distrutti da quel contatto che diventava sempre più frequente e necessario; Nami avrebbe voluto abbracciarlo, stringerlo e se e non staccarsi più da quello strano uomo che la faceva sentire viva e felice solo con un’occhiata e sempre con un’occhiata sapeva gettarla nella disperazione.
Poi lui si staccò, strattonato per i capelli dalla bimba che voleva riaverlo tutto per sé, la prese in braccio e si allontanò in silenzio, lasciando Nami nel baratro della follia.
 
Durante la cena si ripropose lo stesso copione del pomeriggio: Shanks ed Helena erano tornati a parlottare fra loro, ridendo e scherzando, sempre più vicini e sempre più intimi.
Nami guardava e ingoiava, ancora scossa per il bacio che lui le aveva dato senza un motivo, una parola e stava rischiando veramente di impazzire ora che lui la ignorava di nuovo e guardava la sua avvenente amica e le sue curve impossibili.
Mentre Nami viveva un autentico inferno, la ciurma del Vento dell’Est si dava ai bagordi e all’alcol coadiuvata dall’allegria contagiosa e godereccia del personale dell’azienda agricola di Helena che dai tempi di padron Diego non si divertiva così: cantavano e ballavano mentre il fuoco spandeva bagliori allegri su tutti tranne che sulla bella navigatrice.
“E’ proprio bellissima…” – pensava distrutta mentre osservava quella splendida gitana cui il fuoco non faceva che esaltare il colore bruno e caldo della pelle e la lucentezza dei capelli; così come non le sfuggiva lo sguardo perso di Shanks che fissava la sua amica come un miraggio, chiaramente abbagliato dalla sua bellezza.
All’improvviso uno dei dipendenti della fattoria, imbevuto d’alcol, gridò:
“Ballate!! Donna Helena… ballate per noi!!” – e tutti ad incitarla con acclamazioni fragorose.
“E’ vero!! – le sorrise dolcemente Shanks preso dai ricordi – tu sei una ballerina di flamenco o qualcosa del genere, se non ricordo male… visto che mi logoravi e non riuscivo nemmeno a tenere gli occhi aperti!”
“Quando ballavo nuda per te, era perché non mi avevi fatto stancare abbastanza!” – e scoppiarono a ridere di nuovo provocando un’ennesima emorragia nel cuore innamoratissimo di Nami che si sentiva morire.
“Balla per me…” – le sussurrò dolcemente Shanks stringendola delicatamente.
“Ballo! Ballo! Ballo!” – si unì a gran voce il resto della banda che non scorse la luce abbandonare gli occhi di Nami, scenderle sulle guance e bagnarle le mani.
La bellissima bruna si alzò creando silenzio e si sistemò al centro dei bagordi mentre Shanks beveva ogni suo movimento: iniziò a muoversi con grande maestria al ritmo della musica che s’intonava perfettamente al caldo di una luminosa notte estiva.
E tutti ammutolirono davanti al frusciare selvaggio delle vesti colorate della padrona di casa, davanti al luccichio dei suoi monili che risuonavano al ritmo della musica, davanti ai suoi lucidissimi capelli d’ebano e alla sua pelle che tra i riflessi lunari e quelli del fuoco aveva già fatto molte vittime tra i filibustieri.
“Sa anche ballare…” – Nami era disperata.
Soffriva tremendamente nell’accorgersi di non poter nemmeno pensare di competere con una tale bellezza: Helena era bella, simpatica, intelligente, colta, mandava avanti una fattoria di quei livelli, era affascinante, era passionale e molto caliente… Sapeva ipnotizzare anche le donne con il suo flamenco.
E Shanks non le toglieva gli occhi di dosso, era chiaramente pazzo di lei, la guardava come non gli aveva mai visto fare.
Assistette alla danza di Helena da dietro un grosso velo di lacrime. 
 
Oramai s’era fatto tardi ed erano rimasti davvero in pochi intorno al tavolo sotto l’immenso porticato della casa di Helena e si sentivano solo le loro voci che ancora bisbigliavano: avevano bevuto abbastanza e ridacchiavano felicissimi attaccati l’uno all’altra mentre la luna piena osservava indifferente e immobile il tormento di Nami che sentiva crescere il suo malessere.
Avrebbe dato qualunque cosa perché uno dei due si addormentasse sul colpo, smettendola di cicalare e ignorarla, avrebbe dato qualunque cosa per essere al posto della bella mora: la notte era troppo ideale per sprecarla dormendo…
Ad un certo punto i suoi timori si concretizzarono.
Shanks scoppiò a ridere in preda all’ennesimo ricordo subito seguito da Helena e poi le disse dolcemente:
“Mi sei mancata…”
E la baciò.
Lei assistette a tutta la scena memorizzando per sempre ogni particolare del momento più brutto della sua vita dopo aver visto Arlong sparare a Bellmer: l’espressione di Shanks mentre le si avvicinava, il modo in cui chiuse gli occhi e, infine, la sua bocca socchiusa che si poggiò su quella di Helena. 
 Nello stesso istante in cui le labbra del suo Rosso toccarono quelle di Helena, il cuore di Nami fece la stessa fine di un vaso di cristallo che cade dal terzo piano. Non riusciva a distogliere lo sguardo da quei due che restarono attaccati a darci dentro per un po’… le sembrava un incubo, non riusciva a crederci.
Poi Shanks si distaccò dalla bocca della sua amica e le sorrise con le labbra umide spazzando via anche i pezzetti più piccoli di quello che qualche minuto prima era il cuore di Nami; infine, le fece un cenno di intesa, si alzarono, la prese per mano e disse con noncuranza rivolto ai superstiti:
“Noi ce ne andiamo… Ci vediamo domani, buonanotte!”
E si allontanarono in direzione della spiaggia e della luna, mano nella mano.
 
“E’ proprio un cretino…” – pensò Ben, guardando il suo migliore amico che si allontanava mano nella mano con la bella mora, evitando gli occhi di Nami per non costringerla a preoccuparsi anche di mascherare il suo dolore.
Lucky, Yassop e Ben, nel silenzio ovattato della sera, erano convinti di aver sentito quel fragile cuore andare in mille pezzi: trattenevano il respiro, cercando di capire se fosse ancora viva…
Yassop la osservava con il cuore gonfio: quella ragazza era un’amica di suo figlio e poi era tanto dolce e così innamorata di quel coglione di Shanks…
“Ma che idiota…. – pensava pieno di rabbia – gli farei un buco tra gli occhi… Sta rovinando tutto!”
Lucky, che non amava le mezze misure, pensava:
“Domattina lo appendo per le palle all’albero maestro…”
“Speriamo che sappia quello che fa…” - si dissero tristi in cuor loro.
 
“Era proprio necessario baciarmi?” – gli domandò Helena con un sospiro quando furono in spiaggia e lontani dal gruppo.
Ma lui rimaneva in silenzio, immobile e rivolto verso il mare.
Lei gli girò intorno e lo vide con gli occhi serrati e la mano sulla bocca mentre si mordeva il labbro fino a sanguinare e non respirava nemmeno: cercava di non piangere.
“Shanks…”
Lui alzò la mano aperta: le chiedeva solo cinque minuti… per riprendersi…
 
Oramai quei due se ne erano andati da un po’.
Con gli occhi asciutti e il volto disteso, Nami si girò verso i suoi compagni di navigazione che la guardavano smarriti e disse sorridendo, riuscendo ad essere convincente:
“Ho mangiato tantissimo… Ragazzi vado a dormire che domani è mercato e mi devo alzare presto… - poi s’informò – vi serve qualcosa?”
“Adesso non saprei… – fece Lucky spiazzatissimo – te lo faccio sapere domani che anch’io mi devo alzare presto…”
“Allora… buonanotte!” – disse lei spensierata e se ne andò.
“Seguiamola… – dispose Ben troppo preoccupato – non mi piace quello sguardo: le donne innamorate sono capaci di tutto… e facciamo piano!” 
La seguirono, ma lei entrò nella stanza che la padrona di casa le aveva assegnato e si mise a letto.
Yassop, incurante della privacy di Nami, si arrampicò su un albero e la sorvegliò a lungo: gli altri erano ai piedi di quella grossa pianta, pronti ad intervenire.
 
Dopo un bel po’ lui si lasciò il labbro che sanguinava e si girò verso la sua amica:
“Grazie – sorrise e disse con un filo di voce tremante – per aver retto il gioco…” – guardandola con gli occhi umidi.
 “Sei sicuro di aver fatto la cosa giusta?” – s’informò lei mentre gli asciugava il labbro con un fazzoletto.
Qualche ora prima aveva preso la decisione di spezzarle il cuore… durante quel bacio che lui stesso non aveva saputo evitare.
Stava diventando sempre più facile avvicinarsi e stare attaccati, sempre più facile e necessario; il profumo di lei, il suo respiro, la sua pelle, gli mancavano da togliere il fiato… e poi aveva visto i suoi occhi rossi e gonfi, doveva aver pianto tutte le sue lacrime nel vederlo così preso dalla sua ritrovata amica: insomma, non aveva saputo resistere… e se non ci fosse stata la piccola Giada, sarebbe finita come desideravano da quando si conoscevano…
“Non ho mai fatto una cosa più giusta… – le sorrise con la voce rotta mentre due grosse lacrime bagnavano la mano di Helena – lo vedi che è proprio una mocciosa? - le chiese con la voce carica di dolore, tirando su con il naso, chiudendo gli occhi e cercando di contenersi – Aveva gli occhi pesti… oggi pomeriggio s’è messa a piangere… Non ha capito niente…” – e crollò in ginocchio sulla sabbia piegato dal dolore di averle spezzato il cuore.
“Mi hai chiesto di reggerti il gioco e io l’ho fatto – fece lei inginocchiandosi davanti al suo amico distrutto, asciugandogli le lacrime che non riusciva a controllare – ma credo che tu stia sbagliando…”
“Da quando la conosco non faccio altro…” – mormorò lui in preda allo sconforto fra i singhiozzi.
“Perché la vuoi allontanare?”
“Perché siamo troppo legati… – spiegò disperato, cercando di asciugarsi gli occhi senza riuscirci – lei è così giovane… ed io ho più del doppio dei suoi anni… Fa parte di un’altra ciurma e… se ne andrà quanto prima: la sto accompagnando a ritrovare il suo capitano che, tra l’altro, è pure un mio amico… – e tirava su col naso – Mi sento un moccioso frignone… – e rise – ma com’è possibile che riesci sempre a farmi dire tutto?” – chiese dolcemente alla sua amica ripensando a vent’anni prima e a come lei era riuscita a fargli parlare di sua madre e farlo sfogare.
“Forse perché siamo amici? – tirò ad indovinare lei scherzando – Comunque non mi sembra così disperata la situazione…”
“Come no? – l’interruppe lui – C’è davvero troppa differenza d’età… E Rufy se la porterà via: potrei non rivederla più…”
“E allora prendila con te!” – se ne uscì lei, convinta del colpo di genio.
“Ma che dici!? Se Rufy mi somiglia anche solo di striscio, non la lascerà andare mai… e poi io… non la voglio con me!” – e seguirono attimi di silenzio in cui lei lo squadrava attentamente.
“Ho capito… – sospirò – almeno sii sincero con te stesso! Tu hai paura! – disse mentre lui tremava nel sentirsi buttare in faccia la verità – Tu hai solo paura di perderla… come è successo con tua madre…”
Lui cadde seduto sulla sabbia e rimase in silenzio a guardarla con il volto rigato dalle lacrime.
“Ho ragione, vero?”
E Shanks le sorrise fra le lacrime:
“Non voglio perdere anche lei… non ce la farei… non sono così forte… – e chinò la testa in preda alla disperazione - Non due volte nella stessa vita… - singhiozzava in preda ad un immenso mal di stomaco – no…”
“Non è detto che la perdi…”
“E invece sì… già ci sono andato parecchio vicino… - si disperò lui – sono piuttosto sfigato in queste cose” – e rideva tra le lacrime, cercando comunque di contenerle.
E lei provò a tirarlo su di morale.
“Oh… meno male che ci vediamo ogni vent’anni! – mentre lui rideva e piangeva – senti un po’… ma da quand’è che non piangi?” – gli chiese dolcemente per sfotterlo un po’ e farlo ridere.
“Vent’anni…” – rispose lui ridendo fra le lacrime.
“Visto che ogni volta che ci vediamo finiamo per frignare - disse lei asciugandosi di nascosto le lacrime nel vederlo così disperato e cercando di essere forte per tutt’e due – o non ci vediamo più o ci vediamo con regolarità…” – e l’abbracciò stretto mentre lui finiva di versare gli arretrati.
Shanks pianse a lungo fra le braccia di Helena che alla fine gli chiese:
“L’ami così tanto?”
Lui accennò un sì con la testa.
“Mi sto legando sempre di più… Non c’è giorno in cui non mi accorgo di amarla da morire… - si disperò – e io non voglio avere bisogno di nessuno! Mi devo bastare da solo… non devo dipendere da nessuno…”
“Però non ci riesci…” – fece lei sconsolata: era solo riuscita a farlo sfogare.
“No…” – confessò singhiozzando lui, scuotendo quella massa di capelli rossi, cercando di controllarsi e sentendosi il più grande fallito dei sette mari.
 
Nami si era messa a letto, ma non riusciva a prendere sonno.
Però non riusciva nemmeno a piangere.
E nemmeno a pensare.
Aveva il vuoto assoluto nel cuore e nel cervello: completamente svuotata di ogni emozione, cercava di ascoltare il suo cuore e non si preoccupò più di tanto quando non lo sentì battere per un po’.
Rimase a fissare il soffitto e la luce della luna che filtrava dalla finestra e dalla tenda: tracciava uno strano disegno sull’intonaco, ma non riuscì a capire che cosa fosse…
Si addormentò con quel dubbio.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: theastwind