La cena aveva tutto un altro sapore quella
sera: il telegiornale era una presenza costante, il telecomando passava da un
canale all’altro cercando aggiornamenti su un eventuale nuovo stato d’allerta. Ogni
notizia si accavallava a quella precedente, variava solamente il volto di chi
presentava l’edizione straordinaria di turno. Taemin
s’era reso conto di come quel bombardamento mediatico stesse lavorando non solo
sulla sua testa, ma anche all’interno della mente dei due ragazzi che gli
stavano di fronte. Per la prima volta, dall’ingresso al dormitorio, aveva
consumato la sua cena in silenzio. Silenzio forzato, innaturale. Tentò di
smuovere la situazione rivolgendosi a Mark attraverso un approccio
professionale empatico ed interessato.
Certo non facile con lui, ma neppure impossibile, complice anche la
consapevolezza di un’amicizia di lunga data con Kai. Questo
l’aveva aiutato a mantenere le dovute distanze per un avvicinamento non troppo
approfondito, anche perché dall’altra parte non c’era mai stato un vero e
proprio impegno verso un rapporto più stretto. Averci a che fare però con una
certa frequenza, con un numero limitato di persone, avrebbe aumentato
considerevolmente la percentuale di occasioni da condividere. Respirò, se ne
sarebbe fatto una ragione: si trattava pur sempre di lavoro.
«Allora, Kai sa già in cosa consisterà l’allenamento.
Ho bisogno di una sessione intensiva della fase centrale nella seconda parte
del programma, quella a base lenta. Credo proprio sia ciò su cui dovremmo
lavorare tutti.» Con “tutti” intendeva soprattutto Mark, ma non riteneva fosse
necessario sottolinearlo: non voleva certo punzecchiare il suo lato permaloso,
non quella sera.
Kai si intromise serio, lasciando da parte il solito
sorriso bonario che lo contraddistingueva. «Io credo sia importante
focalizzarsi sugli assoli, invece. Poi potremmo ritrovarci sulla coreografia di
gruppo.»
Mark tentava di seguire e distinguere i due ragionamenti opposti, ma la sua
attenzione era in parte assorbita dalla voce ripetitiva del televisore: trovava
davvero difficile concentrarsi, ma ben poco importava l’ordine di esecuzione
degli esercizi, gli bastava trascorrere con l’amico parte del tempo
preventivato qualche giorno prima. Allenarsi sarebbe stato un surplus, anche se
ne avrebbe tratto un certo vantaggio personale. Avrebbe unito l’utile al
dilettevole.
«Sono d’accordo, lavoreremo prima sulle esibizioni singole. Kai,
senti, dovrei parlarti, potresti raggiungermi in sala dopo cena?»
L’amico acconsentì con un sorriso lieto, come era solito fare. Taemin dalla sua annuì distrattamente a quel genere di
richiesta, non notando affatto qualcosa di diverso dalle abitudini comuni.
La cena si concluse con uno strano senso di inquietudine a riempire lo spazio
rimanente all’interno dello stomaco. Il sollievo si fece strada soltanto quando
i notiziari si quietarono lasciando spazio alla programmazione quotidiana. Così,
complice l’assenza improvvisa di numeri scioccanti e preoccupanti stime
statistiche, la tensione scemò; tempo un’ora al massimo ed i messaggi sulle
home dei social s’erano diradati. La preoccupazione lasciò spazio alla
stanchezza, e con essa la voglia di staccare la testa e riposare.
«Devo chiedertelo, Kai, davvero. Devo, perché sono
stufo.»
«Di cosa stai parlando?» Il ragazzo osservava l’amico con fare curioso, constatando
la contrarietà più che palese dell’altro. «Tutto bene? Sembri incazzato.»
Mark non lo era davvero, si sentiva solamente stanco. Parecchio stanco.
«Non potresti smetterla?»
Kai rise a disagio, non riuscendo ad inquadrarlo
completamente: sentiva una certa pressione da parte sua, non riuscendo a
risalire alla fonte precisa. «Senti, se sei nervoso perché ho scelto di stare
qui ad allenarmi invece di venire da te… beh, mi spiace, ma quando si tratta di
lavor-»
Venne interrotto da una certa aggressività.
«Lavoro, o Taemin? Scommetto quanto vuoi, ti giuro… fossero
stati Lukas o Ten, non ti saresti fermato, giusto?»
Era completamente spiazzato: stava tentando di farlo sentire in colpa? Per
assurdo, ci stava riuscendo.
«Rispondi.»
Kai avvertì seccarsi la gola, un improvviso senso di
impotenza afferrargli le viscere e mordergli la trachea. Mark lo stava mettendo
spalle al muro. Per cosa poi?
«Cazzo, cosa ti costa essere sincero una volta tanto?» Lo sguardo malinconico
si adombrò lasciando spazio ad un improvviso scatto d’ira: Mark batté
violentemente il pugno chiuso sul muro, inchiodando le proprie iridi roventi su
quelle liquide dell’altro.
«Allora? Sto aspettando.»
Il ragazzo si sentiva in soggezione, la salivazione era aumentata di nuovo
provocandogli un’inevitabile sensazione di deglutizione continua, inefficace.
Andò a vuoto, la saliva non aveva raggiunto nemmeno metà dell’esofago, s’era
semplicemente riversata in bocca con un ritrovato sapore acido.
«Ah, lascia stare. Torniamo di là, domani ci aspetta una giornataccia. Ti va un
caffè?» Lo sguardo truce, illuminato di un lampo di cattiveria e rabbia, si
spense in un sorriso amaro.
Che era stato? Si chiese Kai con un sospetto anomalo
a solleticargli la mente: qualcosa di indefinito, nebuloso, un fumoso
presentimento che ancora non aveva preso forma. Non era certo comportamento da
Mark questo, ma non parve il caso di approfondire, non al momento. Un solo
episodio, un gesto insolito non ancora ripetuto non voleva dire certo qualcosa.
Sembrava tutto a posto, come nulla fosse accaduto.
Non era successo niente in fondo.
Kai si rasserenò alle parole sussurrate dai propri
pensieri, non ci avrebbe dato poi tanto peso. Perdere la pazienza così poteva capitare
a chiunque, era naturale, era umano.
Nulla di preoccupante, pensò a cuor leggero.
Si spostarono in corridoio incontrando Taemin a metà
strada: Kai abbassò lo sguardo sentendosi
improvvisamente nudo di fronte all’altro, e del malinconico benessere ritrovato
di Mark non c’era più traccia.
«Sei un invasato.» Sussurrò il ragazzo senza farsi udire da Kai.
Mark lesse il labiale e gli sorrise: la conversazione era stata origliata
quindi, non che gli importasse poi molto. In fondo, avrebbe fatto differenza?
Probabilmente no.