Libri > Forgotten Realms
Segui la storia  |       
Autore: NPC_Stories    22/10/2020    2 recensioni
L'anno scorso ho fatto l'inktober con Erika, quest'anno lei ha trovato questo fantastico promptober chiaramente a tema drow.
Non so se riuscirò a scrivere tutti i giorni, probabilmente saranno storie brevissime, non so se ci saranno dei disegni, ma so che i prompt sono troppo belli e cercherò di tirarne fuori qualcosa, probabilmente missing moments di altre mie storie.
Genere: Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

22. Punishment


1325 DR, primavera, in una locanda vicino a Secomber

I due bambini fissarono con orrore la tragica caduta del barattolo, che ruotò su se stesso per quasi un intero giro prima di impattare rovinosamente al suolo. Ogni speranza che potesse non rompersi andò in frantumi insieme al vetro sottile di cui era fatto. Il suo contenuto, una specie di polvere gialla, si sparse sul pavimento di legno come se fosse esplosa una bomba.
“Oh, merda secca” sussurrò Amber, con un filo di voce.
Cercò con lo sguardo suo fratello Tek’ryn, corresponsabile di quel disastro. I suoi occhi azzurri, identici a quelli di Amber, erano colmi di paura viscerale. Non rispose all’esclamazione della sorella, si limitò a guardarla come un cerbiatto davanti alla balestra del cacciatore, aspettando inconsciamente che lei gli desse un ordine. In una situazione di crisi, lei era la femmina, lei avrebbe saputo cosa fare.
“Questa è colpa tua che ti sei venuto a nascondere nel laboratorio di Tinefein” recriminò la piccola drow, mettendosi subito sulla difensiva. “Non so cos’è questo coso che abbiamo rotto, ma nostra sorella sarà arrabbiatissima.
Tek’ryn si sentì mancare il respiro. Krystel lo aveva adottato e l’aveva portato a casa sua, in Superficie, permettendogli di vivere accanto alle sue vere figlie. Non aveva mai osato parlare per primo alle sue nuove sorelle, le femmine non reagivano mai bene quando un maschio prendeva la parola per primo, ma loro erano state gentili con lui. Non lo avevano mai picchiato, né gli avevano gridato contro. Per di più Amber, che era quasi sua coetanea e anche sua sorella da parte di padre, aveva subito cercato la sua amicizia e complicità. In soli pochi mesi erano diventati inseparabili e con lei si era permesso di abbassare la guardia, di giocare, una cosa che nella sua precedente famiglia drow non gli era mai stato permesso di fare. Adesso quei loro giochi li avevano messi nei guai, e tanto.
“Che… che cosa facciamo?” Sussurrò Tek’ryn, terrorizzato.
“Tinefein scoprirà che sei andato a sbattere contro il suo mobiletto” insistette Amber, che era troppo giovane e immatura per capire il trauma che stava risvegliando nel fratello. Lei aveva avuto un’infanzia normale, dove la peggior punizione per una marachella era una sgridata o al massimo gli arresti domiciliari in camera sua. Quindi, com’era normale per una bambina di otto anni e mezzo, stava cercando di scaricare la colpa su qualcun altro. “Io al posto tuo mi nasconderei da qualche parte finché non è tutto dimenticato!”

Tek’ryn aveva un’idea molto drow di che cosa fosse una punizione.
Sua sorella Tinefein non si era mai mostrata violenta, ma era sempre così seria. Non gli aveva mai rivolto un sorriso, a differenza di Krystel e dell’altra sorella, Hilda. Tinefein si aggirava per la casa come un fantasma silenzioso e passava tutto il tempo nell’infermeria, quasi che lo volesse evitare.
Ora lui non solo aveva fatto irruzione nel suo piccolo mondo mentre lei era via, per un motivo futile come giocare a nascondino, ma aveva anche rotto uno dei suoi preziosi barattoli.
Non aveva modo di sapere come avrebbe reagito, ma era chiaro che la sorella maggiore lo sopportava a stento. Se avesse fatto un simile screzio a una delle sue sorelle naturali, quando viveva a Eryndlyn, loro gli avrebbero fatto passare ogni voglia di giocare, a suon di frustate. Possibile che anche Tinefein potesse fare una cosa del genere?
Tek’ryn avrebbe avuto i mezzi per scoprirlo. Poteva fare affidamento sui suoi poteri da veggente se sentiva minacciata la sua sicurezza. Però in quel momento aveva paura di farlo. Aveva una paura viscerale di scoprire che la sua nuova famiglia sotto sotto non fosse diversa da quella vecchia, che la maledizione di essere drow l’avesse seguito anche in Superficie, e che per tutti quei mesi si fosse fidato delle persone sbagliate.
Era stato così dannatamente difficile cominciare ad aprire il suo cuore a quelle persone, se adesso sua sorella gli avesse fatto del male… il dolore fisico sarebbe stato il minore dei problemi.
Dopo aver finalmente abbassato la guardia, dopo essersi convinto che aveva il permesso di essere solo un bambino, dopo aver decostruito almeno in parte la sua armatura, sarebbe stato troppo crudele dover soffrire di nuovo.
Tek’ryn non poteva accettare di aver commesso un simile sbaglio di valutazione, non aveva il coraggio di sbirciare cosa gli riservasse il futuro.
Fece quello che qualunque bambino di dieci anni avrebbe fatto: scappò fuori dall’infermeria e corse a perdifiato attraverso il cortile, andando a cercare un posto dove nascondersi.

Nessun adulto si accorse della sua assenza, fino a quella sera. Il sole stava ormai calando e Krystel suonò la campana della cucina per richiamare la famiglia a cena. Si era impegnata molto, perché non era facile cucinare qualcosa di buono con le provviste rimaste all’inizio della primavera. Era troppo presto per avere già un nuovo raccolto e ci si doveva arrangiare con i rimasugli di magazzino dell’autunno precedente, sempre che fosse sopravvissuto qualcosa all’inverno. Quell’anno era stato particolarmente magro e il pranzo dell'equinozio di primavera aveva esaurito le scorte di granaglie, zucchero e marmellate. Negli ultimi tempi Krystel aveva dovuto usare la magia sempre più spesso, per creare cibo dal nulla, ma quella pappetta insapore non poteva essere definita davvero cibo e andava integrata con altri alimenti e spezie per darle una consistenza e un sapore. Era sempre più difficile inventarsi qualcosa ma la strega non avrebbe mai permesso che la sua famiglia soffrisse la fame.
Così, quando suonò la campana, le sue tre figlie arrivarono a raccolta fiduciose e affamate. Tek’ryn spiccava per la sua assenza.
Krystel sollevò un sopracciglio, perplessa.
“Amber? Dov’è tuo fratello?”
La bambina si mise le mani dietro la schiena e ondeggiò leggermente sui talloni, cercando di assumere un’aria innocente.
“Non lo so, mamma” recitò, e non era del tutto una bugia. Tecnicamente non sapeva dove fosse andato quando era corso via. Aveva provato a seguirlo, ma a quell’età un anno di differenza si faceva sentire, lui aveva le gambe più lunghe ed era scappato come se avesse un mastino infernale alle calcagna. “Prima giocavamo a nascondino. Ma si è nascosto così bene che non l’ho più trovato.”
Krystel sentì un brivido lungo la schiena. Qualcosa non quadrava. Tek’ryn non si sarebbe nascosto così a lungo, non avrebbe saltato la cena. Le sue fini orecchie elfiche sicuramente avevano sentito il richiamo della campana.
“Le sere di primavera sono ancora fredde. Vado a cercarlo” decise la strega di punto in bianco.
Le sue figlie si scambiarono uno sguardo e decisero di aiutarla, sparpagliandosi per cercarlo meglio.

Un’ora di ricerca non produsse alcun risultato. A questo punto perfino Amber cominciava ad essere preoccupata, soprattutto in reazione agli atteggiamenti di sua madre e delle sue sorelle.
Krystel era sempre più in ansia, tanto che alla fine si risolse a usare un piccolo rituale per trovare il bambino scomparso. Solo che per farlo le serviva una componente che non aveva. Sarebbe stato più facile se Tek’ryn fosse stato il suo figlio naturale.
Si armò di pazienza e mise entrambe le mani sulle spalle di Amber.
“Piccola, voglio fare una magia per trovare tuo fratello. Ma per farlo, devo individuarlo attraverso il suo sangue.”
Amber la guardò senza capire. Si fidava di sua madre, ma non aveva alcuna esperienza di rituali. Non le era mai stato permesso di assistere mentre sua madre compieva magie complesse.
“Se io e lui fossimo davvero imparentati, potrei usare il mio sangue per trovare il suo. Ma non posso. L’unica che condivide il suo sangue qui sei tu, perché siete figli dello stesso padre. Mi permetterai di pungerti un dito? Me ne basta soltanto una goccia, tesoro mio, prometto che non farà male.”
Una bambina normale avrebbe avuto paura degli aghi, ma Amber conviveva con graffi, tagli e punture fin da quando aveva imparato a camminare. Da piccola si buttava nei cespugli di more del tutto incurante delle spine, correva a piedi nudi anche sui sassi e non le importava di dover sopportare un po’ di dolore per arrivare dove voleva. Per lei era un inconveniente temporaneo, perché sua madre era sempre pronta a guarirla. Per questo si fissò per un momento le dita nere come se volesse sceglierne una, poi porse una mano a Krystel senza la minima esitazione.
Krystel frugò nella sua scarsella, cercando un astuccio che portava sempre con sé: conteneva un piccolo kit per il cucito. Nel frattempo si fece portare dalle sue figlie una ciotolina con dentro dell’olio.
“Pronta, piccola?” Chiese, prendendo la manina di Amber nella sua.
Amber annuì, con espressione coraggiosa. Krystel le punse un dito.
La bimba aveva un modo tutto suo di dimostrare dolore, era così fin da quando era piccolissima. Il suo volto rimaneva impassibile, non le sfuggiva nemmeno un gridolino, era come se incamerasse il suo desiderio di gridare solo per poi esprimerlo, con tutta la dignità di una principessa, attraverso un’imprecazione sboccata. Tanto più forte il dolore, tanto più grave l’imprecazione.
Krystel fu lieta di constatare che era riuscita a non farle troppo male, perché Amber sbottò “porca paletta!”, che era un po’ come indicare che su una scala da uno a dieci, quel dolore non arrivava nemmeno a uno. Quella volta in cui si era rotta una caviglia inciampando nella tana di un coniglio erano quasi scesi i santi dal cielo per invitarla a moderarsi.
La strega spinse l’ago appena sotto la barriera della pelle, poi lo estrasse e schiacciò con delicatezza il polpastrello, lasciando cadere una goccia di sangue nella ciotola. Il sangue rimase ben separato dall’olio, senza amalgamarsi. Fece ondeggiare leggermente la ciotola, mentre Amber si metteva il dito in bocca per fermare la piccola emorragia.
Bastò una breve formula magica e la goccia di sangue si spostò di un terzo di giro lungo la circonferenza della ciotola, indicando la direzione in cui si trovava la persona il cui nome Krystel aveva appena sussurrato: Tek’ryn.
È una fortuna conoscere il suo vero nome, altrimenti sarebbe molto più difficile, pensò Krystel. Senza un nome specifico, quell’incantesimo avrebbe semplicemente indicato Amber, o in sua assenza il suo parente più prossimo nel raggio di alcune miglia. Un vero problema se a tenere in mano la ciotola era sua madre.

Alla fine riuscirono a trovarlo. Si era allontanato più del previsto, andando a nascondersi in un vecchio capanno abbandonato e fatiscente.
“Tek’ryn!” Appena l’ebbe individuato, Krystel poggiò a terra la ciotola e si sporse per prenderlo fra le braccia. Il ragazzino all’inizio cercò di tirarsi indietro, ma non appena la madre adottiva riuscì ad acchiapparlo, si arrese e si lasciò tirare fuori. Venne subito stritolato in un abbraccio che sapeva di sollievo e di paura.
Tek’ryn ricambiò debolmente l’abbraccio, ma il suo sguardo terrorizzato rimaneva fisso su Tinefein. Lei però non sembrava seria e greve come al solito; sembrava preoccupata, come Krystel, come Hilda.
§Stai bene, piccolo?§ Gli chiese lei, muovendo le mani nel codice gestuale drow.
Il ragazzino si divincolò dall’abbraccio e si avvicinò a Tinefein, a testa bassa.
“Mi dispiace” mormorò “ho rotto il tuo barattolo. Sono scappato perché avevo paura della punizione.”
Tinefein rispose solo con il silenzio, come sempre. Poi fece una cosa inaspettata: si accovacciò per essere alla sua stessa altezza e gli afferrò il mento in una mano, delicatamente, per costringerlo ad alzare la testa.
§Devi guardarmi in faccia mentre parli, piccolo, perché devo leggere le tue labbra. Non posso sentirti.§
Il giovanissimo drow rimase spiazzato a questa rivelazione, e all’improvviso tutti i pezzi del puzzle andarono al loro posto. Tinefein non parlava mai, non si girava se chiamata da lontano, non perché fosse superba e altezzosa ma perché il suo mondo era immerso nel silenzio.
“Oh, no” mormorò, impallidendo. “Tu non ci senti, sorella? Per questo mi parli solo a gesti? Non è perché io non ti piaccio? Eppure tu… non ho mai percepito un benvenuto da parte tua, e pensavo che mi odiassi.”
Tinefein rimase un momento confusa, ma poi scosse la testa. C’era ancora un’ombra di tristezza nei suoi occhi.
§Parlo a gesti con tutti, perché non posso parlare a voce. Ma hai ragione. Io non ti ho mai dato il benvenuto. E non posso farlo ancora, non sono pronta.§
Nonostante le sue parole criptiche, i suoi gesti non avevano la scattosità di chi è nervoso o arrabbiato. Tinefein prese il viso di Tek’ryn fra le mani e lo guardò negli occhi, stabilendo un qualche tipo di contatto con lui.
E lui, che per natura aveva poteri psionici che manifestava attraverso la vista, per la prima volta in vita sua vide un pezzettino di passato.
Vide Krystel pesantemente incinta, seduta accanto al camino con gli occhi colmi di lacrime. Vide di nuovo Krystel ma questa volta con un fagottino in braccio, le spalle che tremavano sotto il peso di emozioni contrastanti. Vide Tinefein da piccola, più piccola di lui, che inseguiva Krystel dappertutto e si appendeva alla sua gonna chiedendole attenzioni con il suo atteggiamento, perché non poteva parlare, non l’aveva mai fatto.
E poi, per la prima volta, percepì i sentimenti di Tinefein direttamente come se fossero i suoi, senza passare per la vista.
Capì, in quel momento, che sua sorella sapeva di non essere stata voluta. Aveva vissuto per tutta la vita con quella tremenda consapevolezza. E poi era arrivato lui, che era stato voluto così tanto da essere stato adottato, anche se era il figlio di un’altra donna.
Tinefein era rimasta così scioccata dal suo arrivo che a distanza di mesi ancora non sapeva come gestire i suoi sentimenti. Lo invidiava, come non aveva mai invidiato i suoi fratelli naturali, e non riusciva ad amarlo. Una parte di lei si sentiva una persona orribile per questo, sentiva di essere immatura e senza cuore, e quindi l’unica cosa che riusciva a fare era mantenere le distanze.
Poi la giovane donna interruppe il contatto, staccando le mani dal piccolo volto del fratello.

§Mi dispiace§, segnalò, con il codice gestuale. Tek’ryn era talmente sconcertato che ormai aveva dimenticato anche la paura di essere punito. §Mi dispiace, non dovrei caricare un bambino di simili problemi.§
“No… non preoccuparti” sussurrò, senza sapere bene cosa dire. “Non voglio starti fra i piedi se non mi vuoi. Non entrerò più nella tua infermeria.”
§Puoi entrarci se sei malato o ferito, sciocchino§, lei trovò la forza di sorridergli. §Ma non combinare più guai. Lo so che hai fatto cadere il mio barattolo.§
“Sc… scusa. Se mi devi punire… va bene…” accettò, coraggiosamente.
§No, non ti voglio punire, non proprio. Ma hai distrutto la mia riserva di camomilla in polvere. Quando crescerà di nuovo, andrai a raccoglierla tu. Insieme ad Amber, perché ci scommetto che è anche colpa sua. Così vedrete quanto lavoro comporta, e imparerete a rispettare le cose degli altri.§
Tek’ryn riuscì a capire tutto di quel discorso, tranne camomilla che era una parola che nel codice gestuale drow ovviamente non esisteva, e Tinefein aveva dovuto inventarla. Ma immaginò che, al momento giusto, gli sarebbe stato spiegato cosa fare.
E quella punizione era giusta ma molto più leggera di quanto avesse temuto, soprattutto considerando che quella sorella non lo amava particolarmente.
Forse, dopotutto, non aveva sbagliato a fidarsi di questa nuova famiglia.
E forse dover lavorare agli ordini di Tinefein avrebbe costretto entrambi a far evolvere il loro rapporto.



********************
Nota orientativa: questa storia si svolge alcuni mesi dopo Trauma e pochi giorni dopo Fey Day. In questa storia Tek'ryn ha dieci anni e Tinefein ne ha circa ventotto, è un'adolescente emotiva per gli standard elfici, per questo non controlla le sue emozioni come vorrebbe. Tek'ryn e Tine hanno entrambi dei traumi irrisolti, sebbene per motivi diversi.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Forgotten Realms / Vai alla pagina dell'autore: NPC_Stories