Fanfic su artisti musicali > Demi Lovato
Segui la storia  |       
Autore: crazy lion    23/10/2020    1 recensioni
Attenzione! Questa storia si ricollega alla mia fanfiction Cuore di mamma. Leggete prima quella per evitarvi spoiler. C’è un accenno a qualcosa che accadrà nel prossimo capitolo e un altro, lieve, riferito a un fatto raccontato nel libro di Dianna De La Garza, Falling With Wings: A Mother’s Story, non ancora tradotto in italiano.
Le cose che accadono qui non sono tutte presenti nella mia long.
Il cane? È il miglior amico dell’uomo, o della donna, nel caso di Demi. Ne ha già avuti due, si chiamavano entrambi Buddy e avevano un cuor di leone che non dimenticherà mai. Adottare Batman, un tornado di due colori, l’ha aiutata ad affrontare il dolore. Sua figlia Mackenzie, di sei anni, con un passato turbolento ma costellato di speranze, è molto legata a lui. Come la mamma le ha insegnato, non rinuncia alla sua fantasia e ai propri sogni. Fra questi, un’avventura indimenticabile fatta di amicizia, coraggio e lealtà. Non solo la propria, ma anche quella di sette cuccioli fantasma.
Storia stilata con Emmastory.
Disclaimer: con questo nostro scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendiamo dare veritiera rappresentazione veritiera del carattere dei personaggi famosi, né offenderli in alcun modo.
Genere: Avventura, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 7.

 

UN MERAVIGLIOSO DONO

 
Mackenzie si trovava nella sua vecchia casa. Era tutto buio, come le altre volte, ma una luce rimaneva accesa nel salotto. Nessun rumore riempiva l'aria. Un gradino scricchiolò sotto i suoi piedi e quel rumore parve propagarsi per tutta la casa. Il cuore le saltò un battito. E se lui si fosse accorto della sua presenza grazie a quel lieve suono? Mackenzie stringeva Hope fra le braccia, ma questa non si lamentava, né piangeva. Si costrinse con uno sforzo non indifferente a non ansimare. Avendo solo cinque anni, le risultava difficile tenere in braccio, stando in piedi, una bambina, anche se aveva poco più di un mese. Un senso di smarrimento la colse: qualcosa non andava in ciò che stava vivendo. Aprì gli occhi per un momento, pensando, nel dormiveglia, che nei suoi incubi Hope di solito strepitava e strepitava e si udivano altri rumori, quel sogno invece era diverso e… sbagliato, fuori dall'ordinario rispetto agli altri. Richiuse gli occhi ed esso ricominciò, o forse non era mai terminato davvero. Non riusciva a vedere nulla, poi ci furono due spari e il silenzio, un silenzio talmente profondo da sembrare assordante.
 
 
Si svegliò di soprassalto e si alzò dal letto come se il materasso fosse stato pieno di braci ardenti. Scoppiò in un pianto quasi convulso, portandosi le mani prima al volto, poi al cuore, che batteva all'impazzata. Lo stomaco le doleva a causa dei singhiozzi. Quel sogno non era stato spaventoso come altri, ma non importava. Mesi prima non aveva avuto paura di quello che aveva fatto riguardo i cagnolini, ma questi incubi erano sempre terribili e la perseguitavano da anni. A volte le facevano ricordare qualcosa in più, altre no, anche se spesso si domandava se fossero ricordi reali o se a volte questi venissero distorti dalla sua mente. La terapia procedeva bene, in ogni caso. Mackenzie non parlava molto di ciò che ricordava, aveva preferito concentrarsi di più sui cagnolini, sulla situazione a scuola e su quella a casa e Catherine rispettava tutto questo, asserendo che l'obiettivo principale era che lei stesse bene con se stessa e con gli altri e che pian piano avrebbero rimesso a posto ogni cosa.
Non andò dalla mamma a farsi tranquillizzare. Andò in bagno e bevve un goccio d'acqua, poi rimase seduta sul letto e respirò a fondo, come la psicologa le diceva di fare quando aveva una crisi. Restò in quella posizione fino a quando Demi venne a svegliarla.
"Che ci fai già in piedi?" le chiese.
Ho avuto un incubo poco tempo fa e non sono più riuscita a dormire.
Tremò appena, ma per fortuna i battiti del cuore erano tornati quasi normali e aveva smesso di piangere.
Demi le si avvicinò e la abbracciò.
"Perché non sei venuta a dirmelo?"
Non lo so. Stavi dormendo e non volevo disturbarti, credo.
"Ti ho già detto in passato che puoi svegliarmi tutte le volte che vuoi, se hai un problema. Te lo ricordi, vero?”
La voce della mamma era dolce, com’era stata quando tempo prima le aveva già fatto quel discorso, asserendo che non poteva affrontare situazioni tanto difficili da sola, dato che era ancora una bambina.
Sì, hai ragione. Ho sognato di nuovo gli spari, ma non ho sentito nient’altro.
Nemmeno a casa parlava spesso degli incubi, ormai, ma stava imparando a rifarlo, sia con la mamma che in terapia, perché Catherine le aveva fatto capire che questo avrebbe potuto aiutarla a stare meglio.
La madre le diede un bacio e la tenne stretta. Mackenzie sapeva, senza che la donna lo dicesse, che avrebbe voluto essere in grado di scacciare quel dolore da lei, fare in modo che tutto ciò che aveva passato assieme a Hope non fosse mai avvenuto, ma non era possibile, purtroppo.
"Io sono qui, Mackenzie, tutti lo siamo. Starai meglio, vedrai. Queste parole possono sembrarti inutili o senza senso, ma ultimamente sei più tranquilla e i sintomi del disturbo post traumatico da stress sono di minuiti."
Era vero. Faceva molto meno giochi ripetitivi che rappresentavano il modo in cui aveva vissuto il trauma, gli incubi erano di meno, il sonno più regolare, non si spaventava più molto spesso quando vedeva qualcuno fumare una sigaretta, né quando udiva lo scoppio di un petardo, cose che le avevano sempre ricordato ciò che aveva passato. Ma Catherine diceva che non era ancora guarita, così come lo psichiatra che l'aveva visitata per una seconda valutazione.
Sì, ma non ricordo ancora niente.
Ed era colpa sua che ne parlava di meno, se ne rendeva conto.
"L'importante è che tu abbia una vita felice, con o senza ricordi."
La mamma glielo ripeteva spesso e quando lo faceva gli occhi le brillavano. Ci credeva davvero, ma lei non ne era convinta. Sarebbe stato sul serio così, o era una frase detta per farla stare più tranquilla? Non lo chiese, sicura della risposta che le avrebbe dato la madre e che non la convinceva.
Come staranno i cagnolini? chiese, più per distrarsi che per cambiare davvero argomento.
"Bene, ne sono sicura."
Erano ancora tutti da Selena, nessuno si era fatto vivo. La cosa non sorprendeva Mackenzie e ormai nemmeno i genitori e la zia parevano sorpresi, anche se dispiaciuti perché avevano sperato nel contrario. Ora, invece, erano sempre più convinti che si trattasse di abbandono, solo Mac sapeva la verità.
Posso andare a trovarli oggi?
"Vedremo. Prima devi fare i compiti e non so se Selena è a casa."
Mackenzie sbuffò, sperando che la mamma non l'avesse sentita.
"Cuccioli, cuccioli!"
Era Hope che, svegliatasi, doveva aver ascoltato la conversazione. Demi andò a prenderla, la vestì e la portò nella camera della sorella, che intanto aveva fatto il letto come la mamma le aveva insegnato e si era infilata una tuta da ginnastica e un pile sopra la maglia a maniche lunghe. Quel giorno avrebbe avuto educazione fisica, ma era febbraio e faceva ancora fresco. Non aveva nevicato, quell'inverno, e a Mac era dispiaciuto perché aveva sperato che i cuccioli avrebbero visto la loro prima neve.
Dopo che tutte e tre ebbero fatto colazione, Demi accompagnò a scuola le figlie. Mackenzie raggiunse Elizabeth e Katie, sue amiche ormai da mesi. Poteva definire Katie tale, a quel punto, dato che si erano avvicinate a novembre e i bambini fanno amicizia più in fretta rispetto agli adulti. Ebbero poco tempo per parlare, perché la campanella suonò. Le prime ore passarono in tranquillità, senza prese in giro da parte di Ivan e Brianna, né di nessun altro. Mackenzie si concentrò sulle lezioni e su nient'altro, scambiando ogni tanto qualche parola con le amiche o qualche altra compagna. Ma odiava la confusione durante le lezioni, per cui non scriveva e se ne stava tranquilla, a differenza di altri suoi compagni che parlavano non appena se ne presentava l'occasione.
"È bellissimo fare casino" aveva sentito dire una volta da qualcuno, e doveva ammettere di essere sempre felice quando questi bambini venivano scoperti dalle insegnanti.
Un po' le dispiaceva per loro e lei non era certo uno stinco di santo, ma a volte alcuni compagni se la andavano proprio a cercare.
A ricreazione, tutti uscirono in giardino.
"Mac, Mac, ti devo chiedere una cosa!" esclamò Katie, stringendole il braccio un po' troppo forte perché l'altra fece una smorfia. "Oh, scusa, non volevo farti male."
Parlava in modo concitato, era strano, di solito era tranquilla.
Katie, cos'è successo? Stai male? O stanno male i tuoi genitori?
"Sì, infatti, ci stai spaventando" sottolineò Elizabeth.
L'amica non rispose e le portò sotto il loro albero preferito, dove le tre si sedettero. La bambina sfregò le mani l'una contro l'altra.
"Vi devo dire una cosa molto importante, ragazze" annunciò, allungando la vocale sulla parola molto, che accentuò con la voce.
Sorrideva, quindi non doveva essere nulla di brutto.
Avanti, parla la incalzò Mackenzie.
"I miei mi hanno detto che domani andremo a prendere un cagnolino a casa di Selena, me lo regaleranno!" esplose, alzando le braccia in aria. "Penso di aver rotto loro talmente tanto le scatole con la faccenda dei cagnolini che alla fine li ho convinti, anche se hanno dovuto pensarci un po' perché un cucciolo è comunque un impegno. Ma si sono fatti dare il numero di Selena da tua madre, Mac, e accordati con lei."
"Sembra una… come si dice? Coincidenza, mi pare, ma anch'io ci andrò domani con i miei. Mamma era dalla mia parte, papà non era convinto, ma alla fine siamo riusciti a fargli cambiare idea" disse Elizabeth.
Le due bambine avevano un sorriso che andava da un orecchio all'altro. Se avessero potuto, l’altra ne era sicura, avrebbero gridato la loro gioia al mondo intero.
Mackenzie lo ricambiò, anche se il suo fu più spento di quello delle amiche.
Sono felice per voi. Purtroppo, invece, la mia mamma non ne vuole sapere. Dice che devo accontentarmi di Batman e Danny.
Aveva provato a convincerla in tutti i modi: chiedendoglielo con gentilezza, arrabbiandosi, implorandola, aveva scritto una lettera, preparato anche la letterina per Babbo Natale, ma nemmeno lui aveva esaudito il suo desiderio. Aveva sperato che la Befana le avrebbe portato uno dei cagnolini nella calza, ma quando vi aveva trovato dei dolcetti era rimasta delusa. Non era giusto che nemmeno loro l'avessero ascoltata, soprattutto Babbo Natale, che esaudiva sempre i desideri dei bambini. Di sicuro mamma Demi o papà Andrew gli avevano scritto per dirgli di portarle qualcos'altro. Se solo fosse riuscita a trovare l'indirizzo del Polo Nord!
"Non starci male, Mac. Non è ancora detto" mormorò Katie per farle coraggio.
No, quando mamma dice una cosa è quella, non cambia idea, soprattutto su questo. Sono contenta per voi, ma ora scusatemi.
Si incamminò verso l'entrata della scuola senza dare loro il tempo di replicare. Non c'era nessuno nell'atrio, così proseguì e non incontrò qualcuno che le chiedesse dove stava andando quando tutti i suoi compagni e gli insegnanti erano all'aperto. Si infilò nel primo bagno che trovò e si accovacciò per terra. Chiedeva troppo? Certo, aveva preso Danny solo pochi mesi prima, non poteva lamentarsi. Aveva degli animali, a differenza di Elizabeth e Katie e per questo doveva ritenersi molto fortunata. Ma conosceva quei cagnolini meglio di chiunque altro, li aveva aiutati in quel sogno, non era giusto che nemmeno uno fosse suo. Avrebbe potuto vedere quelli di Elizabeth e Katie, per fortuna, ma gli altri? Quanti ne avrebbe tenuti zia Selena? Avrebbe dato la mamma a uno sconosciuto, o qualche cucciolo? Al solo pensiero di perdere qualcuno di loro, gli occhi presero a bruciarle e le si riempirono di lacrime. Tentò di scacciarle, ma quando capì che era tutto inutile lasciò che le scorressero senza freni lungo le guance, sul collo e sui vestiti. Era stata a trovarli quasi tutte le settimane e anche il giorno di Natale, l'ultimo dell'anno e l’Epifania. Si sentiva parte della loro vita, ancora di più adesso che erano nella realtà e i piccoli la riconoscevano sempre più come, in un certo senso, una di loro. Era così che si sentivano quelle persone che davano via i cagnolini o i gattini quando la loro cagnolina o la loro gattina aveva finito di dar loro il latte? Provavano quel senso di vuoto allo stomaco, un vuoto che faceva male e che invadeva tutto il loro corpo? I sette piccoli e la mamma erano da Selena, ma non importava. Mackenzie li considerava più suoi che della zia, per quanto sapesse che lei li amava con tutta se stessa. Sospirò e tirò su col naso. Trasferendosi, chissà come, nella realtà, forse grazie alla sua fantasia, a quello che lei nel profondo aveva desiderato pur senza esprimerlo, i cani avevano involontariamente complicato le cose. Magari sarebbe stato meglio se fossero rimasti solo nei suoi sogni, a questo punto, almeno ora non si sarebbe sentita così male. Aveva toccato il cielo dalla felicità nel vederli nel proprio giardino e mai, mai avrebbe voluto che tornassero indietro o che la loro comparsa nella realtà non fosse avvenuta. Ma dentro di se sapeva che non sarebbero spariti dalla Terra. Quindi, si disse, anche se le cose erano più difficili, preferiva fossero andate così. Lo sfogo di poco prima, in cui aveva desiderato il contrario, era stato solo un momento di debolezza della sua mente. Certo, non poteva nemmeno considerare quei cani di sua proprietà. Li aveva solo incontrati, non erano suoi, soltanto amici che aveva aiutato. Eppure, il dolore non accennava a diminuire. Si portò una mano al petto e inalò quanta più aria possibile, pregando Dio che il peso che le gravava sul cuore si alleggerisse, ma non ottenne nulla. Il suono della campanella la costrinse ad alzarsi con uno sbuffo. Avrebbe voluto rimanere in quel bagno per il resto della giornata, con le braccia lungo i fianchi e la testa fra le ginocchia a piangere tutte le sue lacrime, ma qualcuno sarebbe venuto a cercarla, le avrebbe chiesto come stava e, notando che non si sentiva fisicamente male, l'avrebbe fatta ritornare in classe. Le gambe le tremarono, come se non riuscissero a reggere il peso del suo corpo. Sperò di non crollare a terra e si tenne al muro per qualche secondo per evitare di sbattere le ginocchia o, peggio, la testa sul pavimento. Uscì, si lavò il viso, se lo asciugò con una salvietta e tornò in classe.
"Stai bene, Mackenzie? Sei in ritardo e non sei entrata con me e i tuoi compagni."
L'insegnante di inglese, Beth Rivers, le si avvicinò non appena entrò.
Ero andata in bagno, ma sto bene, sul serio. Scusami, Beth, non lo farò più.
La donna le sorrise.
"Non preoccuparti, l'importante è che tu stia bene.” Alzò appena la voce. “Voi studenti siete sotto la nostra responsabilità, dobbiamo sempre sapere dove siete, ricordatevelo tutti, bambini. Ora va' al tuo posto, Mackenzie, abbiamo già iniziato la lezione."
Mentre tutti ripassavano i nomi degli elettrodomestici e provavano a spiegare a cosa servivano, Mackenzie attendeva il suo turno per scriverlo.
"Che ti è successo?" le chiese Elizabeth, in un sussurro quasi inudibile.
Ci sto male perché la mamma non vuole prendermi un cagnolino, tutto qui.
Minimizzò, non facendole capire quanto soffriva, per non farla sentire peggio.
"Mi dispiace, non avremmo dovuto parlarne" disse Elizabeth, rivolgendole uno sguardo colpevole.
"Sì, infatti, siamo state stupide" aggiunse Katie. "Sapevamo benissimo che la tua mamma non voleva un cucciolo."
No, ragazze. Io sono contenta per voi! Siamo amiche, dobbiamo essere felici di quello che fa sorridere le altre. Ma voglio molto bene a quei cuccioli e non poterne avere uno è bruttissimo.
Le due amiche le strinsero la mano.
"Potrai venire a trovare i nostri ogni volta che vorrai" le assicurarono, parlando all'unisono.
Mackenzie sorrise, grata.
Stavano facendo tutto il possibile per tirarla su di morale.
Vi ringrazio. Verrò di sicuro.
Rispose nel modo corretto alla domanda che la maestra le pose, spiegando a cosa serviva la lavatrice. Dopo il crollo avuto a ricreazione, non riuscì più a concentrarsi molto sulle restanti lezioni della mattina e su quelle del pomeriggio e a pranzo non mangiò molto.
"Mac, è vero che la tua mamma non ti prende un cagnolino?" le chiese Brianna, mentre si preparavano per uscire da scuola.
La bambina guardò le amiche, sicura che non fossero state loro a dirle qualcosa e le due glielo confermarono. Doveva averle sentite parlare ore prima.
Sì, e allora? le chiese, consegnandole quel biglietto con un po' troppa irruenza.
"Niente, evidentemente è così taccagna che non vuole spendere i milioni di soldi che ha per comprarti un cucciolo. Bella madre che hai."
Brianna ridacchiò.
Mackenzie soffriva quando era lei il bersaglio delle prese in giro, grazie a Dio ora molto meno frequenti. Le lezioni sul bullismo date dalle maestre e dalla psicologa della scuola avevano funzionato e ora, quando accadeva qualcosa, la bambina lo diceva alle insegnanti. Ma se, come in quel caso – ed era la prima volta che accadeva – le offese riguardavano un membro della sua famiglia… La piccola divenne rossa in viso, strinse i denti e i pugni e si costrinse a tenere le braccia immobili per non alzare una mano e colpire la bambina. Lei non era così, non era una persona violenta e non voleva diventarlo adesso. La maestra si trovava fuori dall’aula con gli altri compagni, solo loro quattro erano rimaste indietro e ci avevano messo un po’ più tempo a preparare gli zaini. E se Brianna fosse restata lì apposta per trattarla in quel modo? Era una possibilità. Se Josephine, l’insegnante di francese, fosse stata presente o avesse sentito, sarebbe sicuramente intervenuta, ma purtroppo non era così. Mac inspirò ed espirò con le narici dilatate, mentre Katie ed Elizabeth dicevano a Brianna di smetterla o avrebbero chiamato la maestra. Mac le rispose:
Mia mamma non è taccagna e fa di tutto per rendere felici me e mia sorella. Se dici così, non la conosci, per cui stai zitta.
L'altra, che non si aspettava una risposta, dato che erano poche le volte in cui Mackenzie replicava qualcosa alle offese, rimase a bocca aperta e non parlò più.
"Brava" sussurrò Katie.
Grazie. Nessuno può offendere mia mamma senza motivo. E grazie per avermi difesa, ragazze!
In macchina, Mac raccontò quanto successo alla mamma.
"Sei stata molto carina a difendermi, Mackenzie. Probabilmente quella bambina non sapeva nemmeno bene quello che stava dicendo, non dava peso alle parole, non le capiva del tutto. Forse ha sentito dire dai suoi genitori che sono taccagna, non lo so."
Per un momento ho pensato di darle un pugno ammise la bambina e abbassò lo sguardo. Sì, lo so che è sbagliato. Mi dispiace, mamma.
Demi sospirò.
"Sono felice che tu non l'abbia fatto. Capisco fossi arrabbiata, ma ricorda che prendendosela con gli altri, facendo loro del male, non si risolve nulla, anzi, si peggiorano le cose. Sei stata brava a rispondere in quel modo, senza litigare, ma la prossima volta avvisa la maestra, non importa se state per uscire. Quando io ero vittima dei bulli, avevo iniziato a scrivere lettere orribili in risposta alle loro offese, ma così ho solo peggiorato le cose. Non farlo mai. Alla fine mi sono ritirata da scuola quando tutto è venuto fuori, ma nessuno è stato punito. Ad ogni modo, la mia è una storia diversa."
Promesso.
Demi trasse un lungo respiro e Mackenzie si sentì male per lei. Non le aveva mai raccontato molto di ciò che aveva passato, ma una cosa era certa: la mamma aveva sofferto tanto anche a causa di quei bulli. Per fortuna, Mac era uscita dal periodo peggiore – o almeno così sperava – e ora gli atti di bullismo si erano trasformati in occasionali offese. Qualche tempo prima, mentre stava parlando con Elizabeth dei cuccioli, Ivan le aveva detto che era una stupida se pensava che i cagnolini fossero dei peluche, al che lei aveva replicato che non era affatto così e che, anche se lui pensava di no, era abbastanza intelligente da capire la differenza fra un peluche e un cagnolino vero.
Una volta a casa, la bambina fece i compiti e la mamma le comunicò che Selena sarebbe stata al lavoro fino a tarda sera, quindi non avrebbero potuto andare a vedere i cagnolini.
Lo sapevo che andava a finire così pensò la piccola.
Si accomodò sul divano accanto alla sorellina che, dondolando le gambine, coccolava Batman che le sedeva a fianco.
"Bau bau" disse.
Sì, brava Hope.
Mac avrebbe tanto desiderato poter comunicare con la sorella attraverso il pensiero, com'era accaduto con i cani, ma purtroppo nella realtà un collegamento mentale del genere non esisteva, perciò le sorrise e le strinse la manina. In quel momento arrivò Danny, che saltò in grembo alla più grande, si sedette e le leccò la faccia, un comportamento inusuale per un gatto.
Danny, che schifo!
In realtà non era poi così orribile, anzi, la bambina rise al contatto fra la sua guancia e la linguetta del gatto. Gli grattò la schiena e accarezzò il suo pelo morbido – reso ancora più soffice dal fatto che ora aveva messo quello invernale – fino a quando il micio le si sdraiò sulle gambe e, dopo una sinfonia di fusa che durò diversi minuti, si addormentò. La sensazione di quel corpicino rilassato contro il proprio fece spuntare un sorriso sul volto di Mackenzie, che si mosse appena. Danny si lamentò e la bambina lo accarezzò con dolcezza, una volta sola, per fargli capire che non doveva preoccuparsi, che non stava accadendo niente di brutto e l’altro si tranquillizzò. Mosse un orecchio e una zampa. Chissà cosa stava sognando! Di correre o di cacciare, o magari di stare con altri gatti, come accadeva quando usciva e girava per il quartiere. Più volte lei e la mamma l’avevano visto in compagnia di qualche altro micio, a volte sdraiati l’uno vicino all’altro, altre distanti, mentre i due si guardavano e basta. Danny era stato sterilizzato all’inizio del mese, superando l’operazione senza problemi e si era ripreso a meraviglia. In questo modo, aveva spiegato la mamma a Mackenzie, non sarebbe andato in giro a cercare una compagna rischiando più del solito di finire sotto una macchina, o di non tornare più com’era accaduto ad altri gatti del vicinato, o di farlo, sì, ma malconcio.
 
 
 
"Cavolo, siete troppo belli!" Le sue figlie e i propri animali tutti insieme? Era meraviglioso. Demi si commosse, ma nascose il viso per non far vedere le lacrime soprattutto a Hope, che probabilmente si sarebbe spaventata. "Ci vuole una foto" decretò e la scattò con il cellulare.
Mamma, viene papà stasera?
"Sì, lo aspettiamo a cena."
Demi preparò uno sformato di patate che piaceva a tutti. Mackenzie ne sarebbe stata felice, era uno dei piatti che apprezzava di più. Le dispiaceva vederla triste in quel periodo e sapeva benissimo perché stava così. Le cose a scuola non andavano male, la situazione a casa era tranquilla, la terapia proseguiva, ma a Mackenzie mancava qualcosa. Qualcosa che lei non era sicura di poterle dare. Come mamma, avrebbe sempre voluto accontentare le proprie figlie, ma essendo adulta aveva anche altre cose da considerare e poi dare ai figli quello che vogliono ogni volta non è corretto, bisogna anche dire di no, se lo ripeteva di tanto in tanto. Una parte di lei, del proprio cuore, avrebbe voluto essere come Mac, ragionare con quello e non con la testa, ma per i grandi è tutto più complicato. Aveva portato spesso a passeggiare la mamma e i piccoli, assieme a Selena e ad Andrew, li aveva accarezzati, giocato assieme a loro. Voleva molto bene a tutti e otto, negarlo sarebbe stato stupido, ma da qui a prenderne uno in casa propria… Aveva dei dubbi a riguardo e non accadeva perché Mac le chiedesse spesso di esaudire un suo desiderio, anzi, lo faceva di rado. Di sicuro Sel avrebbe trovato una casa a tutti, eppure non smetteva di pensarci, pur non dicendolo alla figlia per evitare di alimentare in lei false speranze. Quando lo sformato fu pronto, lo tagliò a fette e lo lasciò nel piatto da portata, poi mise l'omogeneizzato nella minestra per Hope. Stava per chiamare le bambine e mandare un messaggio ad Andrew, quando il campanello suonò.
"Amore!" lo salutò, allacciandogli le braccia al collo.
"Ciao, tesoro."
La voce calda e profonda dell'uomo le riempì le orecchie ma soprattutto il cuore. Andrew la strinse forte e, dato che erano sulla soglia e le bambine non li vedevano, la baciò sulle labbra. Fu un bacio delicato come un fiocco di neve che tocca il suolo. Demi aprì di più la bocca e lasciò che le loro lingue si unissero in un contatto più profondo, mentre piccole scosse elettriche attraversavano entrambi. La stretta che li univa aumentò, così come la foga dei baci seguenti, tanto da lasciarli senza fiato, mentre i loro cuori battevano a gran velocità. Si estraniarono da tutto, chiusi in una bolla in cui c'erano solo loro e nessun altro, nient'altro. Si divisero di botto solo perché Hope li stava chiamando. Il ritorno alla realtà fu troppo brusco e girò loro la testa, tanto che dovettero aggrapparsi l'uno all'altra per non cadere.
"Non ci siamo lasciati andare un po' troppo con le bambine a pochi passi?" chiese lei, ma in realtà stava sorridendo.
Non voleva incolpare nessuno dei due per quanto successo. In fondo si era trattato di baci, non si erano spogliati davanti alle piccole, né avevano fatto altri atti osceni.
"Non lo so, certo è che non sono riuscito a resistere. Ti amo e volevo dimostrartelo non solo con le parole."
La sua voce la accarezzò con dolcezza.
"Sì, anch'io. E ti amo, Andrew, ti amo tantissimo!" esclamò, le corde vocali che vibrarono tanto da minacciare di spezzarsi per l'emozione.
I due si lanciarono sguardi colmi d'amore e si sorrisero prima di entrare.
"A tavola!" chiamò Demi e le bambine si alzarono, raggiungendoli, seguite dal cane e dal gatto che corsero alle loro ciotole.
Anche se forse non era un metodo molto corretto, Demi lasciava quella di Danny sempre piena, perché il gatto si sapeva regolare e non mangiava mai troppo. La veterinaria non le aveva consigliato nulla in proposito, per cui lei si comportava così. Riempì, invece, quella del cane con alcune crocchette, perché Batman come tutti gli altri della sua specie non era in grado di regolarsi e, se gli avesse lasciato la ciotola colma tutto il giorno, sarebbe ingrassato tantissimo. Si mise a tavola dopo aver cambiato l'acqua a entrambi.
"Buon appetito" disse Andrew.
"Tito" rispose Hope, facendo sorridere tutti.
Demi la imboccò e solo dopo iniziò il suo pasto. Lo sformato era diventato tiepido, ma non aveva perso il suo gusto delicato.
"Com'è?" domandò.
L’aveva cucinato altre volte, ma desiderava comunque sapere l'opinione degli altri.
"A me piace tantissimo, amore."
Sì, buono si limitò a scrivere Mackenzie, sospirando.
"Vuoi qualcos'altro, tesoro?"
No mamma, ho detto che è buono.
“Signorina, non rispondere così a tua madre!” la rimproverò il papà, alzando appena la voce.
“Esatto, Mac, modera i toni con me.”
Demi pretendeva che le figlie la ascoltassero. Desiderava che dicessero ciò che sentivano, ma sempre portando rispetto e, se Hope ancora non capiva tutto questo a causa della tenera età, Mackenzie comprendeva benissimo, ma come tutti i figli a volte non stava attenta al modo in cui si rivolgeva ai genitori, spinta da forti emozioni.
Scusate, non volevo.
La bambina abbassò lo sguardo. Come aveva potuto? Poche volte scattava così.
"Non preoccuparti, capita.” La mamma le sorrise. “Sono solo preoccupata per te. Ne hai mangiato soltanto un boccone."
Non ho molta fame.
Demi si trattenne dal sospirare solo per non irritare la figlia.
"È per quella questione, vero? Per i cuccioli."
Da mesi la bambina le chiedeva di poterne avere uno e alla donna era dispiaciuto dirle di no, soprattutto quando a Natale le aveva regalato una bambola anziché il cagnolino che lei aveva chiesto. Il suo cuore si era spezzato quando Mackenzie, gettando a terra il suo regalo, era corsa in camera e aveva chiuso la porta, sbattendola. Solo dopo ore era riuscita, con l'aiuto di Andrew, a farla uscire di lì. Era da quel giorno che pensava a come comportarsi, valutando i pro e i contro della situazione, anche perché fino a poco più di un mese prima era stata ancora convinta che qualcuno sarebbe venuto a reclamare i cuccioli.
Sì, è per questo.
E per cos’altro, sennò? Con uno sforzo immane, la bambina riuscì a non aggiungere quel commento a quanto appena scritto.
"Non lo so, Mackenzie. Tre animali forse sono troppi. Un cucciolo ha bisogno di tempo, di energie e io a volte lavoro fino al tardo pomeriggio."
Ma papà ogni tanto viene a prenderci e stiamo qui con lui, oppure potrebbe venire la nonna dopo che ci ha prese a scuola. E poi ci sono Batman e Danny, non sarebbe da solo.
"E se conoscendosi meglio non andassero d'accordo? Ci hai mai pensato?"
In effetti era una possibilità.
Magari col tempo lo faranno, che ne sai? Sono già stati insieme tutti quel giorno ed è andato tutto bene. Ti prego mamma, almeno promettimi che ci penserai un altro po'! Ti prego!
Demi rimase per qualche momento con la testa fra le mani. Era sempre stata indecisa a riguardo, a volte propensa per il no, altre per il sì. Ma non voleva illuderla e farla stare ancora male. I suoi occhi pieni di lacrime il giorno di Natale erano stati già abbastanza. Non li avrebbe più dimenticati. Non poteva accontentare le figlie in tutto, altrimenti che mamma sarebbe stata? Ma Mackenzie desiderava tanto un cagnolino e in parte lo voleva anche lei. Tuttavia… oh, non si raccapezzava più. La sua testa era un guazzabuglio di pensieri contrastanti. Lanciò uno sguardo implorante al fidanzato.
"Ci rifletteremo, Mackenzie, ma non ti promettiamo nulla. Il fatto che ci penseremo non vuol dire che andremo a prenderlo."
Andrew le parlò in tono gentile, mettendo subito in chiaro ogni cosa.
 
 
 
La bambina sospirò.
D'accordo. Ma nel profondo la piccola sapeva che i genitori non ne avrebbero più fatto parola, o che il giorno dopo, se avesse tirato fuori l'argomento o anche no, le avrebbero dato una risposta negativa. Posso andare a letto?
Una lacrima le rotolò giù per una guancia, ma per fortuna i capelli lunghi e ricci la nascosero.
"Solo quando avrai mangiato, non voglio che tu vada a dormire senza cena, o avrai fame stanotte” le disse ancora il papà.
“Esatto” concordò la mamma.
Ma non ho fame! insistette.
Dopo un boccone si sentiva piena. Per quanto quello sformato fosse delizioso, non ne aveva proprio voglia, non aveva voglia di niente.
"Mangiane metà, allora. Mezzo piatto e poi potrai alzarti."
Mac riprese in mano la forchetta ed eseguì, nutrendosi più piano del solito, poi salutò tutti e sparì nella sua stanza. Credeva di aver accettato il fatto che la mamma non volesse quel cucciolo, ma c'erano giorni in cui la tristezza le ghermiva il cuore come una gelida mano, come quello. In altri quasi non ci pensava.
"Mac Mac non gioca?" chiese Hope mentre lei saliva le scale e alla bambina si strinse il petto in una morsa.
"No, tesoro, è stanca stasera. Giocheremo io e la mamma con te, d'accordo?" le promise il padre.
Una volta giunta davanti alla sua stanza, prese la rincorsa e si lanciò sul letto. I genitori discutevano senza alzare la voce, ma lei non fece caso alle loro parole. Nulla sarebbe cambiato. Doveva farsene una ragione e basta e imparare ad apprezzare di più quello che aveva. Fosse stato facile!
Si svegliò infreddolita e con solo le mutande e la canottiera addosso. Era sopra le coperte, si era dimenticata di infilarsi il pigiama, perciò vi provvide. Che ore erano? Scese in salotto, accese la luce e controllò: le due di notte. Tornò di sopra. Sul letto, accanto al posto in cui aveva dormito lei, c'era Danny. Quando la sentì sdraiarsi, il gattino le salì sul petto e iniziò a fare le fusa. Mackenzie era così stanca e di cattivo umore che per un solo istante pensò di scacciarlo via, ma poi si vergognò per questo e prese ad accarezzarlo. Lei amava quel micetto, l'aveva voluto così tanto e non era colpa sua se le cose non stavano andando nel verso giusto. Danny non c'entrava niente con tutta quella storia, anzi, era lì proprio perché aveva capito che qualcosa non andava e desiderava starle accanto, doveva essergli grata per questo. Gli grattò la testa e gli massaggiò la schiena, lui alzò il musetto e le sfiorò la mano con il nasino e la lingua, poi i due scivolarono piano nel sonno.
Quando Mackenzie si alzò, Batman le saltò letteralmente addosso. Lei rischiò di perdere l’equilibrio, ma riuscì a rimanere in piedi allargando le gambe e fece le coccole a quel piccolo combinaguai, che continuava a guardarla per chiederne ancora. E come avrebbe potuto, lei, resistere a quei grandi occhioni dolci?
Buongiorno anche a te, piccolo! lo salutò, continuando ad accarezzargli il pelo morbido.
Il suo cane era bellissimo, aveva il pelo sempre lucido, la mamma se ne prendeva molta cura lavandolo spesso e a volte coinvolgeva anche lei in quell'operazione non sempre semplice. Batman non amava molto l'acqua, dovevano rincorrerlo per la casa o il giardino per prenderlo, ma era necessario. Andò in cucina con i due animali di casa che la seguivano. Era il 15 febbraio, mercoledì.
Fine settimana scolastica! esultò la bambina nella sua mente.
Visto il suo umore, anche solo andare in quel posto per un altro giorno era uno sforzo non indifferente.
La mattinata passò senza alcuna presa in giro e qualche chiacchierata con le amiche che evitarono di parlare dei cagnolini. Mackenzie fece l'impossibile per dare l'impressione di stare bene, ma in realtà ogni due per tre le sembrava di sentir abbaiare e si voltava per capire se i cuccioli o la mamma fossero entrati in classe o si trovassero in corridoio, nel qual caso si agitava sulla sedia e le sue gambe, spinte da una forza sconosciuta, le imponevano di alzarsi e correre a controllare. Katie aveva perso un gattino un anno prima, investito da un'auto, e le aveva raccontato che quand'era andata all'asilo in quei giorni aveva provato le stesse sensazioni, immaginando che fosse ancora vivo. Quel che sentiva Mackenzie non era sicuramente paragonabile a ciò, ma era comunque un'emozione forte e solo grazie a un grande sforzo mentale riusciva a rimanere incollata alla sedia.
"Mackenzie?" la chiamò l'insegnante di matematica.
Sì?
"È la seconda volta che te lo chiedo: quanto fa quindici meno otto?"
La bambina fissò la lavagna sulla quale era scritta l'operazione.
Otto? tentò.
"No, riprova e scrivi sul quaderno."
La concentrazione se ne andava per i fatti suoi, non si sentiva molto presente alle lezioni quel giorno.
Sette rispose dopo un po' troppa esitazione.
"Esatto."
L'ora di matematica proseguì e l'insegnante non le pose più domande. Mackenzie si impose di prendere appunti e scrivere tutto ciò che veniva spiegato, sia in quella che nelle poche ore restanti.
Quando uscì da scuola pioveva, e la mamma la raggiunse con Hope in braccio per proteggerla con l'ombrello. Il cielo grigio rese ancora più cupo il suo umore. Quanto tempo le ci sarebbe voluto per superare quella situazione? E ci sarebbe riuscita vedendo ogni tanto i cuccioli di Elizabeth e Katie? In parte voleva andarle a trovare al più presto, in parte no perché temeva di starci ancora più male.
"Ora staranno andando a prenderli" si disse e salì in auto chiudendo un po' troppo forte la portiera.
La mamma, per fortuna, non la sgridò o non se ne accorse nemmeno.
"Che scatole, dobbiamo aspettare" mormorò Demi.
C'erano una fila di auto dei genitori venuti a prendere i figli e due scuolabus venuti a prendere bambini che abitavano più lontano, e la pioggia rendeva il tutto più lento. Attesero dieci minuti nei quali Mackenzie raccontò cos'aveva imparato a scuola e Hope spiegò che avevano giocato e guardato il cartone animato di un cane che, a quanto la sorella più grande capì, faceva amicizia con un coniglio.
"Niglio, mamma, niglio!" esclamava la bambina.
"Sì, ho capito. Sono simpatici i conigli, sai? Un giorno, se ci sarà occasione, te ne farò accarezzare uno. Magari vi porterò in una fattoria, è da un po' che ci sto pensando."
Anche i cani lo sono scrisse Mackenzie, lanciando alla madre una frecciatina che lei colse.
Demi, però, non sospirò al contrario di quanto la bambina si sarebbe aspettata.
"Sì, moltissimo, tutti gli animali lo sono, o almeno quelli domestici."
La ragazza tamburellò le dita sul volante, mettendo ogni tanto il dito sul clacson senza suonarlo. Chissà, magari avrebbe voluto, si disse Mackenzie, ma la mamma era sempre corretta e gentile con tutti. Dopo dieci minuti uscirono con calma dal parcheggio e solo quando si misero in strada Demi accelerò un po', mantenendo comunque una velocità non troppo elevata.
Mamma, dove stiamo andando?
Quella non era la strada per casa loro.
"A prendere papà al lavoro."
Perché?
Non lo facevano mai, che stava succedendo? Magari non si era sentito bene e preferiva tornare con loro piuttosto che da solo in macchina. Forse la – come si chiamava? – la depressazione di cui soffriva era peggiorata, o era stanco.
"Perché dopo dobbiamo andare in un posto bellissimo."
"Posto, posto!" trillò Hope, battendo le manine.
Mackenzie sorrise.
La mamma voleva di sicuro portarle in una pasticceria a bere una cioccolata o a mangiare qualcosa, o magari al McDonald, anche se mancava ancora tempo all'ora di cena. Meno male che per il giorno dopo non aveva compiti. Si leccò le labbra, mentre il suo stomaco brontolava alla sola idea del cibo. Che volesse farlo per distrarla e tirarle su il morale? Mackenzie non era convinta che qualcosa del genere l’avrebbe fatta sentire meglio e nascose il viso fra le mani per non mostrare alcune altre lacrime. E se non si fossero diretti lì dove sarebbero dovuti andare? A comprare qualche giocattolo? Mackenzie ci pensò e ripensò, ma nessuna delle risposte che si dava la convinceva del tutto. Dopo che il papà fu salito, la mamma girò a sinistra e imboccò una strada più trafficata delle precedenti. Trascorsero alcuni minuti di silenzio, che Mackenzie passò a guardare le gocce di pioggia che cadevano lungo il finestrino e a contarle. Un'occupazione senza senso, ma per non sbuffare o piangere preferiva tenere la mente occupata in qualche modo.
"Stiamo per arrivare, bambine, ma chiudete gli occhi, altrimenti non sarà più una sorpresa" le avvisò il padre.
Mackenzie obbedì. Aveva qualche dubbio, forse era riuscita a capire, ma il secondo dopo si ricordava che la mamma non voleva esaudire il suo desiderio, quindi si ripeteva che non poteva essere. Fece capire alla sorella che doveva chiudere gli occhi e la piccola la imitò. La macchina si fermò, Mackenzie cercò a tentoni la cintura che sganciò e aspettò che il papà le aprisse la portiera e le prendesse la mano una volta scesa. Demi prese in braccio Hope.
"Non aprite gli occhi fino a quando non ve lo diciamo noi" raccomandò.
Era una cosa bella o brutta? Doveva preoccuparsi? Mackenzie non sapeva più cosa pensare e avrebbe tanto voluto parlare per chiedere di più, ma dovette rimanere a bocca chiusa. Un campanello suonò e qualcuno venne ad aprire. Chi era? Perché quella persona e la mamma parlavano a voce così bassa? Sussurravano tanto piano che la piccola non fu nemmeno in grado di capire di chi si trattasse e la cosa non le piaceva per niente, anche se era sicura che i genitori non le avrebbero mai messe in pericolo. Era la voce di un uomo, alla quale poco dopo si unì quella che pareva di una donna, ma anche in quel caso la bambina non capì perché i suoi sussurri erano appena udibili.
Mackenzie camminò assieme al papà. Sentì il pavimento sotto i piedi, poi un tappeto e, dopo altro camminare, una porta aprirsi. Quando entrò dei dolci abbai, di cui uno più forte, riempirono l’aria e alcune zampe le batterono contro i pantaloni. Aprì gli occhi prima che i genitori le dessero il permesso e lo stesso fece Hope. Erano a casa della zia Selena, che se ne stava lì accanto e sorrideva, nella camera dei cuccioli. Erano fuori dal recinto, liberi di girare per la stanza assieme alla mamma. Allora era tutto vero. Il sospetto che lei aveva respinto, al quale non aveva voluto credere per non stare peggio, si era trasformato in realtà. Non poteva crederci, era troppo bello.
Mamma, ma tu avevi detto che non volevi un cucciolo. Perché hai cambiato idea?
La guardò con gli occhi sbarrati e Demi sorrise.
“Ho capito che era quello che, nel profondo, volevo anch’io” mormorò con voce sognante. “Tre animali saranno un impegno maggiore, ma ce la faremo e poi significherà anche che qualcun altro ci darà amore e che potremo volergli bene e questa è la cosa più importante.”
Era tutto reale o stava sognando? Si pizzicò una guancia e una piccola fitta la attraversò. No, ogni cosa era vera, così come lo era Bella che, dopo aver sfilato davanti a lei, si accucciò e prese a giocare con i lacci delle sue scarpe.
"Quanti mamma, quanti?" chiese Hope, sdraiandosi a terra per farsi leccare la faccia dai piccoli.
Demi rise a quella scena seguita da Andrew e da Selena, che fece un video.
"Sono sette, tesoro, ma possiamo prenderne solo uno."
Il campanello suonò di nuovo ed entrarono non solo Lizzie e Katie con le loro famiglie, ma anche i nonni Eddie e Dianna accompagnati dalle zie Madison e Dallas.
Anche loro prendono un cagnolino? chiese Mackenzie a Selena.
"A quanto pare Dianna se n'è innamorata mesi fa, mentre era a casa vostra, e ha convinto Eddie. Dallas e Madison hanno detto subito di sì."
Dopo che tutti si furono salutati e che le amiche di Mackenzie ebbero superato il lieve shock nel vederla lì, Eddie e Dianna si avvicinarono ai piccoli.
"Noi avremmo già scelto" fece sapere Madison, che guardava Bella con gli occhi color miele che le brillavano. "Vorremmo lei, è meravigliosa!"
"Sì, è così carina" aggiunse Dallas, utilizzando quella vocina stridula che si usa con i cuccioli.
Fu Madison a prendere in braccio la piccolina e a portarla dai genitori e dalla sorella.
"Ma ciao!" esclamò Dallas, con un sorriso che andava da un orecchio all'altro.
"Benvenuta in questa famiglia, tesoro" la accolse Eddie, mentre Dianna le baciò il pelo morbido. "Si chiama Bella, giusto?" chiese a Selena, che annuì. "Direi che le sta benissimo, perciò se siete d'accordo non glielo cambierei."
I tre furono della stessa opinione.
"Mi avete sorpresa" si intromise Demi. "Non credevo avreste adottato un cagnolino."
"Nemmeno noi, è stata una decisione improvvisa. Abbiamo parlato tutta la notte e dormito pochissimo" confessò Eddie.
"Già," riprese Dallas, "ma quando ci si innamora di un cucciolo, come si fa a dire di no?"
Sicura che Bella sarebbe stata in ottime mani, Selena consegnò a Dianna le informazioni datele dalle veterinarie riguardo i cuccioli, le disse che Bella era sverminata e che lei aveva vaccinato tutti il mese precedente, le raccomandò di presentarsi da loro al più presto e augurò alla cagnolina una vita meravigliosa con la sua nuova famiglia che poco dopo se ne andò non riuscendo a smettere di sorridere.
Nel frattempo le quattro bambine, vicine fra loro, guardavano gli altri cinque cuccioli come in trance. Esatto, cinque. Dov'era Angel? Mackenzie superò i piccoli e si avvicinò alla cuccia, anch’essa in quel momento fuori dal recinto, un grande cesta coperto da un tettuccio di stoffa. Mise la mano dentro ed eccola lì, la cagnolina se ne stava sdraiata sul fondo. La bambina sorrise. Angel era sempre stata la più dolce dei sette e anche la più timida, l'aveva dimostrato in più occasioni non solo durante il sogno, ma anche in quei mesi nei quali aveva passato del tempo con lei. Hope raggiunse la sorella e accarezzò Angel che abbaiò appena e rivolse loro lo sguardo più dolce che le due piccole avessero mai visto fare a un animale. Leccò loro le mani Leccò loro le mani e le annusò, strusciò la testa contro i loro palmi come avrebbe fatto un gattino, provò a spiccare un salto per arrivare fuori, ma cadde all'indietro. Forse un altro bambino si sarebbe messo a ridere, magari anche per tenerezza, non per prenderla in giro, ma non Mackenzie. Hope ridacchiò senza volontà di offendere, mentre la più grande aiutò la cagnolina a rimettersi in piedi, anche se non ce n'era bisogno. La cucciola si aggrappò al braccio di Mackenzie, che la sollevò e sentì il suo cuore scaldarsi, traboccando di un amore impossibile da contenere. In quel momento lo seppe. Fece uno dei suoi sorrisi più luminosi e lanciò un fugace sguardo alla sorella che parve capire, perché fece cenno di sì.
Vogliamo lei disse ai genitori, sicura che fosse stata Angel a scegliere loro, non il contrario.
Come per rimarcarlo, la cucciola leccò la faccia di Mac e allungò una zampina per toccare Hope, che gliela sfiorò.
"Va bene, è bellissima" disse Andrew.
"Vero, guarda che musetto! Come si chiama? Me l'avevi detto, ma non me lo ricordo."
Angel, mamma.
"Giusto, giusto. Perdonami, sono in otto, ogni tanto me ne dimentico qualcuno, ma non faccio apposta. Che bel nome! Ti sta proprio bene, sai piccola?"
Demetria la prese in braccio. La cucciola le si accoccolò fra le braccia, appoggiando la testolina a una sua mano. Doveva sentirsi al sicuro e protetta, altrimenti non l’avrebbe fatto. La ragazza sorrise, in estasi, mentre la mente volava al futuro, a quello che avrebbero fatto tutti e sette insieme, contando anche Batman e Danny, e a quanto la cagnolina avrebbe riempito la sua casa e, soprattutto, il suo cuore.
“Ma è dolcissima!” commentò Andrew, avvicinandosi per sfiorarle il pelo color della neve. “Ed è la tranquillità fatta cane.”
Il sorriso dell’uomo si allargò sempre più, mentre la sua fidanzata le grattava la testina. La cagnolina le leccò così tanto la mano che la ragazza dovette andare a lavarsela, ma rise, intenerita da quella dimostrazione di affetto. Se già si era affezionata a quelle piccole palle di pelo, era sicura che avrebbe amato Angel ogni giorno di più.
Mackenzie la riprese con sé con delicatezza. Se la portò vicino al viso e annusò il buon odore del suo pelo. Sapeva di erba appena tagliata, probabilmente Selena li aveva fatti uscire in giardino poco tempo prima e di terra, ma era pulito e lucido.
Non ci posso credere che è nostra! scrisse dopo averla messa giù per un momento e consegnò il foglietto al papà.
"Lo so, piccola. La mamma ci ha messo un po' per convincersi, ma anche se eri più tu a volere un cucciolo che lei, alla fine l'ha fatto perché ama gli animali e ha capito che uno in più non era un problema."
Con un sorriso che andava da un orecchio all'altro, Mackenzie si avvicinò alle amiche, circondate dai cuccioli e ancora indecise.
"Uffa, ma come facciamo a scegliere?" si lamentava Katie, lanciando sguardi imploranti ai genitori.
“Devi essere tu a decidere” le disse Chanel, sua madre.
“Ognuno di loro ci piace,” aggiunse Jace, suo marito, “ma non vogliamo che la nostra opinione ti costringa a prenderne uno rispetto a un altro.”
"Sono tutti così carini" aggiungeva Lizzie, mentre i suoi occhi passavano dall'uno all'altro con sguardo pieno di adorazione.
Le bimbe li accarezzavano, si buttavano a terra per fare la lotta con loro, li inseguivano o si facevano inseguire, non smettendo un attimo di muoversi e di ridere. Con i loro versetti anche i cagnolini sembravano farlo, cosa che aumentava l’ilarità delle piccole, Mackenzie e Hope comprese.
 
 
 
Nel frattempo, Demi si avvicinò a Mary, la madre di Elizabeth.
“Come stai?”
“Bene, grazie Demetria, e tu?”
“Anch’io.”
Si sorrisero e si presero la mano stringendosela con affetto.
Si erano conosciute molti anni prima, alla Timberline Knolls. Mary allora soffriva di bulimia e depressione. Avevano costruito un rapporto molto stretto, fondamentale per entrambe, dandosi manforte nei momenti più difficili. Non era stata solo questione di caratteri e gusti simili. Anche le difficoltà le avevano avvicinate, facendo trovare loro l’una nell’altra e viceversa un’amica, una confidente, una spalla su cui piangere e qualcuno con il quale sorridere, sorridere davvero, negli attimi più sereni. Demi era uscita a fine gennaio 2011, quasi tre mesi dopo e non si erano più sentite, ritrovandosi anni dopo proprio grazie all’amicizia fra le loro figlie.
“Anzi, forse avrei dovuto chiederti come state.”
“Giusto, come va con il piccolo?” domandò Selena e anche le altre due donne nella stanza chiesero informazioni.
“Tutto bene, grazie per averlo chiesto.”
Mary era alla fine del quarto mese di gravidanza, la pancia si vedeva piuttosto bene e la ragazza prese una mano di Demi e gliela appoggiò in quel punto.
“Non si muove” mormorò l’altra dopo qualche attimo.
Il suo tocco era troppo leggero? O troppo forte?
“Eh lo so, a volte è una piccola peste” ridacchiò Mary. “Devi parlargli, come faccio io in questi casi.”
Demetria rifletté un momento, non sapendo cosa dire.
“Ciao, piccino.” Utilizzò il tono più dolce che le riuscì. “Sono la zia Demi, sempre se vorrai chiamarmi così. Non sono una vera e propria zia, ma un’amica della mamma e non vedo l’ora di conoscerti e prenderti in braccio. Fa’ il bravo là dentro, mi raccomando. Ti voglio bene e ti aspetto, come i tuoi genitori e tua sorella.”
Accarezzò la pancia svariate volte, mentre la sua amica sorrideva, intenerita da quei gesti e d quelle parole dolci.
“Anche mio marito diceva a Katie di fare la brava” si ricordò Chanel.
“Vero. Scalciava così tanto che credevo sarebbe stato un maschio, ma del sesso non mi importava, sono stato felicissimo di avere una bambina.”
“Sì, anche per me non conta se sarà un bambino o una bambina” aggiunse Jayden. “Come diceva sempre mio nonno:
“L’importante è che i bambini nascano sani”
e sono d’accordo con lui.”
Aveva pronunciato in dialetto la frase che aveva riportato, cosa che sorprese Demi, probabilmente perché lei non era abituata a utilizzarlo. In quel momento ci fu un movimento e poi un altro e un altro ancora. Piccoli calcetti che le colpirono la mano, a volte solleticandogliela, altre dandole lievissime botte.
“È bellissimo” mormorò come in trance.
Chissà se proverò mai questa sensazione!
Il pensiero arrivò tanto improvviso che non si rese nemmeno conto che il suo cervello l’avesse formulato. Era sterile e aveva scelto di non sottoporsi ai trattamenti per la fertilità sentendosi più portata per l’adozione, ma un giorno avrebbe voluto tentare, con Andrew al fianco. Sperava solo che non avrebbe provato per anni senza risultati. Prendendo alcuni grossi respiri, riuscì a sciogliere il groppo che le si era formato in gola. Aveva una bella famiglia e per ora le andava bene così com’era. Mary aspettava un figlio e doveva essere felice per lei. Lo era, solo che a volte pensieri come quello appena fatto si riaffacciavano alla sua mente, riportando a galla il dolore per la sua sterilità. Si impose di tornare al presente e la voce dell’amica la aiutò.
“Hai ragione. Anche se ho già fatto quest’esperienza, ogni volta che lo sento muovere mi emoziono.”
“Sai se è maschio o femmina?” le chiese Selena, dopo aver ottenuto il permesso di darle del tu.
“No. Con Elizabeth l’ho chiesto, al quinto mese, quello in cui si può capire il sesso, ma stavolta io e mio marito vogliamo che sia una sorpresa.”
“E quindi comprerete vestitini sia rosa che azzurri!” esclamò Chanel, battendo le mani.
“Esatto, faremo un po’ e un po’” intervenne Jayden. “Tanto, questa cosa che le bambine vanno tutte in rosa e i bimbi tutti in azzurro è una cavolata, secondo noi.”
“Infatti. Anche Elizabeth a volte era vestita di azzurro, da neonata, e quel colore le stava anche bene.”
“Io e Demi abbiamo preso vestitini rosa per Hope, quando è arrivata” disse Andrew.
“Sì, ma anch’io ne ho acquistato qualcuno dell’altro colore e sono d’accordo con voi. Purtroppo, però, la società per la maggior parte non la pensa allo stesso modo.”
Ma quello non era il momento di iniziare discussioni difficili, per cui i genitori e Selena si concentrarono di nuovo sulle piccole.
 
 
 
Katie si accucciò per l’ennesima volta quel pomeriggio, anche se non era affatto stanca e Lady, mezza addormentata, si avvicinò a lei a una lentezza impressionante facendola scoppiare a ridere.
"Oddio, ma è divertentissima! Voglio lei, mamma. Sono sicura che ci divertiremo tanto insieme."
La donna diede un bacio alla figlia.
"Ne sono convinta anche io, tesoro. E poi lei è dormigliona come te!"
La bambina si scostò una ciocca di capelli biondi dal viso, uguali a quelli della madre.
"Ma cosa dici?" la sgridò ridendo sotto i baffi. "Ci sono le mie amiche, che figura mi fai fare?"
Mackenzie ridacchiò stando attenta a non farsi vedere, poi Katie sollevò la sua nuova, piccola amica.
Pirate leccò la mano di Lizzie, poi cercò di saltarle in braccio e lei lo prese al volo.
"Lui è venuto da me, sembra convinto, per cui lo prendo" decretò.
Il cagnolino mordicchiò i capelli della padroncina, biondi come quelli dell'amica.
"Gli stai già molto simpatica, Lizzie£ considerò Jayden.
Si avvicinò con la moglie per accarezzare il cucciolo e fu proprio Mary a chiedere a Selena se avrebbe dato gli altri in adozione.
La cantante sorrise.
"No, li terrò io. Me ne sono innamorata. Già è difficile veder andare via questi, ma so che saranno in buonissime mani, per cui proprio non riuscirei a darli tutti ad altri. Terrò con me Jet, Max, Ghost e Shirley con gioia!" Si chinò per grattare la mamma sulla testa. "Non sarà facile gestirne quattro, ma ci riuscirò. Ci sono riuscita con otto, perché non dovrei farcela con meno?"
Le due coppie ricevettero le informazioni che Selena aveva dato prima a Dianna e poco dopo se ne andarono con i loro cani, non prima di aver salutato la mamma e gli altri fratelli. Anche Demi e la sua famiglia si prepararono a tornare a casa.
"Sei stata brava, Shirley" le sussurrò Andrew. "Hai avuto dei cuccioli bellissimi."
"Sì, e sei una cagnolina buonissima. Ti prometto che ci prenderemo cura di Angel e te la porteremo spesso, così come faranno gli altri."
Shirley le leccò la mano.
Chissà se era triste, o se invece sapeva che quello era il ciclo delle cose e che doveva andare così, che prima o poi i cuccioli avrebbero preso la loro strada e forse sarebbero tornati, o magari no. Demi credeva che provasse almeno una fitta di dolore, quale mamma non lo farebbe? Si augurò che non soffrisse troppo. Avrebbe portato lì Angel quanto più spesso possibile, pur senza disturbare l'amica, in modo che le due si riconoscessero sempre.
Prima di rientrare, la ragazza si fermò in pizzeria a comprare la pizza per i tre più grandi e delle patatine fritte per Hope, alla quale avrebbe dato la minestra e forse qualche piccolo pezzo della pasta o della crosta, anche se la riteneva ancora troppo piccina per mangiarla. Andrew e gli altri rimasero in macchina, con la cagnolina che riposava tranquilla sulle gambe di lui. Mackenzie e Hope allungavano le manine e la accarezzavano mentre lei, sveglia e con gli occhi socchiusi, si godeva le coccole in estasi. Nonostante l'avesse vista spesso, Mac si stupì di quanto fosse cresciuta in quei mesi. Ringraziò Dio per averle fatto quel meraviglioso regalo, a volte la vita sa davvero sorprenderti, come aveva sentito dire.
Quella sera, dopo una buonissima cena, si addormentò con la cagnolina acciambellata accanto al proprio cuscino, Batman sui piedi e Danny vicino al fianco. Non accadeva sempre ma spesso, quando i suoi animali erano con lei, gli incubi non la assalivano o, se lo facevano, erano meno terrificanti. Adesso non ne aveva due, ma tre, non le sarebbe accaduto niente. Anche se avrebbe apprezzato che uno di loro andasse da Hope – ma i genitori non volevano che Batman, Danny o Angel dormissero con lei finché era così piccola –, per Mac non c’era cosa migliore che riposare con loro, non solo per gli incubi, ma anche e soprattutto per la compagnia che le tenevano. Sospirò e socchiuse gli occhi dimenticando i problemi, le paure, le ansie e si concentrò solo su quel momento, sul corpo di Batman addossato al suo piede, il calore di quello di Danny più in su e Angel che, nel sonno, aveva allungato una zampina verso il suo viso fino a sfiorarglielo.
Da domani vivremo ancora più avventure, vedrete promise loro, sperando che il giorno dopo sarebbe arrivato prestissimo.
 
 
 
NOTE:
1. nel suo libro Dianna parla delle lettere che Demi scriveva ai bulli, lo è venuta a sapere durante una riunione con gli insegnanti.
2. Eddie e Dianna hanno alcuni cani, anche se in questa storia non è così, ho immaginato che Bella fosse il primo per rendere per loro il momento ancora più emozionante. Uno dei cani che hanno nella realtà si chiama proprio Bella, ma non c’entra con quella che portano a casa in questa storia.

 
 

CONCLUSIONE

 
Eccoci giunte alla fine di questa mini long, un progetto iniziato mesi fa, ma che abbiamo terminato solo negli ultimi giorni. Scriverla è stato bellissimo per entrambe, sia perché ci ha fatte ridere, piangere, sciogliere per la tenerezza e, a volte, rese tristi, sia perché più andavamo avanti più, pur avendo una scaletta, ci venivano in mente idee e cose da aggiungere.
 
Io ho avuto solo una cagnolina, molti anni fa. La adoravo, si chiamava Coky ed era una bastardina, ma purtroppo è scappata e non l'abbiamo più trovata. Spero che qualcuno se ne sia preso cura con amore. Prima che scoppi a piangere perché sì, quando ci penso ancora ci sto male, continuo dicendo che per il resto, a parte un coniglio e un canarino, ho sempre avuto gatti, che sono le creature che amo di più fra gli animali domestici. Non so se un giorno vorrei un altro cane, forse sì, perché mi piacciono moltissimo, ma come ha fatto qui Demi, anch'io dovrei pensarci con calma e solo quando abiterò da sola o con un mio eventuale ragazzo o marito, che ora non ho. Sto ancora con i miei, ho due gatti e, conoscendoli, sono sicura che non andrebbero d’accordo con un cane. Scrivo tutto questo perché, mentre lavoravo alle mie parti della storia, mi immaginavo con un cane e un gatto che andavano d'accordo, un po' come, per fortuna, è successo a Danny e ai cuccioli. Ed è stato davvero bello sognare una cosa del genere.
 
Ringraziamo di cuore JustBigin45 che sta recensendo tutti i capitoli e speriamo che qualcun altro, in futuro, vorrà lasciarci la sua opinione.
 
Io ed Emmastory ci auguriamo che questa storia vi sia piaciuta, che vi abbia lasciato qualcosa e che vi resterà almeno un po' nel cuore. Sappiamo che abbiamo ancora tanta strada da fare, che possiamo sempre migliorare, ma in ogni caso continueremo ad adorare questa fanfiction per sempre.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Demi Lovato / Vai alla pagina dell'autore: crazy lion