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Autore: Crudelia 2_0    23/10/2020    1 recensioni
[Storia partecipante al contest “Double, double, toil and [drabble]- Contest”indetto da CatherineC94 sul forum di Efp.]
[Sirius/Bellatrix]
E per sbrogliarsi da quel nodo scorsoio che è diventato il profumo di Bellatrix, Sirius fa l'unica cosa che è in potere di fare per strapparle quella smorfia dal viso — cede al serpente, si arrende all'angelo caduto.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Sirius Black | Coppie: Sirius Black/Bellatrix Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, II guerra magica/Libri 5-7
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Nickname: Crudelia 2_0
Prompt:  Enrico V  ̶   Posso sorridere, e uccidere mentre sorrido.
 
Storia partecipante al contest “Double, double, toil and [drabble]- Contest”indetto da CatherineC94 sul forum di Efp
 
 
 
Il bacio di Giuda
 
 
 
 
«Non fare sciocchezze, Felpato».
Questo gli dice James, con una mano sulla maniglia della porta di casa e sulla bocca la linea più seria che gli abbia mai visto — e forse se avesse saputo che sarebbero state le ultime parole che gli avrebbe sentito pronunciare ci avrebbe riflettuto un po' di più, un po' meglio.
Ma in quel momento non capisce, lo guarda confuso, poi lo saluta. Perché non è bene sostare immobili davanti ad un'abitazione, soprattutto se la soglia in questione è quella di casa Potter.
Ci riflette per un po', mentre si dirige nell'appartamento muffito che non ha ancora preso la briga di cambiare da quando vive da solo.
Lui non fa sciocchezze, per Merlino, lui è un soldato. Lui si concentra sulla guerra, sulla prossima missione, senza spingere troppo in là i pensieri. E quello che verrà dopo... Beh, verrà.
Lui non è come i suoi amici: non ha nulla da perdere. Non è come James, che ha una donna e un figlio; non è come Remus, afflitto da quella malattia che è una maledizione; e non è come Peter, che pur essendo Grifondoro non è mai brillato per il coraggio.
Ma ormai Sirius il suo errore l'ha fatto. Ha pensato a quella parola — donna — e il cervello ha iniziato a viaggiare.
 
 
 
Quando pensa alla parola donna Sirius ha ben chiara l'immagine di ciò che intende. Cerca di ignorarla, ma lei torna più forte e perversa di prima.
Lei ha sempre provato gusto nel far soffrire gli altri e con lui non ha mai fatto eccezione.
Ed è come sprofondare nel mare. Sempre più freddo, sempre più nero — come gli occhi di lei.
 
 
Sirius è probabilmente troppo giovane per guardare una donna, ma quel pomeriggio delle vacanze di Natale, coricato davanti al caminetto a sfogliare una rivista di Quidditch, qualcosa in lui si accende — o forse è l'innocenza a spegnersi, come una fiamma che smesso di essere alimentata.
Nulla è diverso all'apparenza: il Salotto Verde è sempre stato il rifugio dei cugini dopo i pasti troppo abbondanti che sua madre si ostina a voler vedere in tavola i giorni precedenti al Natale. In attesa del the annoiano il tempo in compagnia, giocando a Sparaschioppo o facendo i compiti.
E non c'è davvero alcuna differenza, mentre la neve scende leggera all'esterno, Sirius lo sa. Tranne quel dettaglio che continua ad attirare la sua attenzione.
Gli occhi continuano a saettare via dalle parole. Da quanto tempo è fermo su quella pagina?
Ma davvero non può fare nulla, è impotente.
Lui sa che non c'è niente di diverso, all'apparenza, tranne la gonna troppo corta di sua cugina.
E sembra che lo faccia di proposito, Bellatrix, a stare seduta con le gambe accavallate sul bracciolo della grande poltrona. E ogni volta che gira la pagina del tomo di trasfigurazione sbuffa e si affossa un po' di più, e la coscia bianca come il latte mostra altri centimetri che per Sirius sono tanto preziosi quanto roventi lungo la gola — e pugni contro lo stomaco e qualcosa di più viscido un po' più sotto.
 
La ragazza sospira un'altra volta e Sirius sobbalza. Non è stato abbastanza attento, e sa ancora prima di alzare gli occhi in quelli neri della cugina che è stato scoperto.
Si aspetta uno sguardo disgustato, di sdegno, la smorfia altezzosa che Bellatrix è solita esibire e Sirius si è scoperto conoscere così bene.
Invece, Bellatrix sorride.
Oh, non c'è gioia sulle sue labbra o nei suoi occhi dalle palpebre pesanti. È presente però un'ironia e una comprensione capitale che fanno venire i brividi.
Sirius si sente arrossire e scatta in piedi.
Scappa dalla stanza, sentendosi un vigliacco e sporco, ma la risata di Bellatrix lo rincorre come un'eco tormentosa — pugnalate alla schiena e schiaffi in faccia.
 
Sirius ci fa il callo, a quel sorriso, negli anni seguenti. Sa che sarà presente sulla bocca della cugina ad ogni loro incontro tanto quanto lo vedrà nelle sue fantasie, quando la sera è troppo stanco per combattere contro se stesso e si concede sollievo immaginando quelle labbra che sogghignano fra le sue gambe.
Cerca di evitarla, ma Grimmauld Place sembra conoscere ogni sua debolezza e si ritrova Bellatrix davanti ad ogni angolo, con quel sorriso che urla che sa, che conosce i suoi pensieri.
Come quando la scorge uscire dal bagno avvolta da un asciugamano bianco che è quasi uno schiaffo contro i suoi capelli neri.
Ringrazia la sua buona stella per non aver fatto sì che lei si girasse e lo vedesse, perché appena il suo tallone scompare dietro l'angolo deve correre nel bagno che è ancora pregno del suo odore e strofinarsi a denti stretti, fingendo che non sia stata la visione di sua cugina, mezza nuda, a ridurlo in quelle condizioni.
 
Ed è troppo giovane, ancora, alcuni anni dopo.
È sempre d'inverno che le è vicino, quando il mondo si assopisce un po' di più ad ogni ora e il silenzio della piazza penetra nella casa scura e avvolge ogni cosa, quando il rumore della neve che cade copre il raschiare dei denti di lui e la risata soddisfatta di lei.
Bellatrix è figlia delle tenebre e l'inverno pare cadere addosso come un mantello alla sua regina. È Lucifero: l'angelo più bello ripudiato dal cielo.
Ma Sirius lo sa che non è stata la sua bellezza — seppur inarrivabile con quegli occhi che sanno d'infinito — a farla precipitare dalla volta e schiantarsi sulla terra. È la sua pazzia: la pelle troppo pallida su cui spiccano tagli rossi e lividi che mostra come ferite di battaglia; i capelli ostinati e selvaggi — la prima cosa che si nota di lei — che rendono chiaro fin da subito che ancora deve nascere l'essere in grado di domarla; la risata troppo acuta e il tono assurdamente cantilenante che assume quando si fa beffe di qualcun altro.
Sirius impazzisce quando la sente parlare con quel tono da bambina e lo guarda con il labbro inferiore spinto in fuori.
È quasi alto come lei, nei suoi quindici anni che sono quasi sedici, e non esita a spingerla contro il muro.
E tutti i rimproveri — Sirius non essere violento, Sirius sta’ composto, Sirius non prendere a calci tuo fratello tua cugina l'elfo il divano — risuonano tutti insieme nella mente e svaniscono, annegati dalla risata che lei gli sputa in faccia nonostante le braccia bloccate con le dita affondate fino alle unghie.
«Allora esiste questo coraggio Grifondoro, cugino», gli ride in faccia, sottolineando il loro legame di sangue con un lampo malizioso negli occhi perché lei sa.
«Smettila di ridere», ringhia Sirius. Affonda i pollici nell'incavo dei suoi gomiti e la preme con più forza contro la parete, ma a nulla servono i suoi sforzi. Lei è ancora lì, bella e potente e letale come una dea, con quel sorriso sulle labbra.
Non è neanche sorpresa che lui abbia reagito dopo anni di tentazioni, tutto è solo divertimento.
Sirius sente la rabbia — il disgusto, il desiderio — crescere dentro come un rampicante, una pianta velenosa che è sbocciata annaffiata dalle amorevoli gocce di malizia, seduzione e peccato a cui Bellatrix l'ha sottoposto.
L'unica risposta che ottiene è ancora una volta una risata, tanto acuta da perforare i timpani e ovattare tutti gli altri suoni.
«Ma io sorrido sempre», canticchia allungando le vocali fino ad essere indecente.
Poi gli si avvicina fino a soffiargli sulle labbra, e Sirius rimane pietrificato dal profumo che emanano i suoi capelli e lo avvolge — eppure la sensazione è sempre quella: annega, annega, annega.
«E potrei uccidere sorridendo».
 
Il contrasto tra i denti bianchi e le labbra rosse è così forte che per un momento Sirius ne rimane confuso. È il pomo della discordia, sua cugina, il premio offerto alla donna più bella e al contempo frutto proibito.
Desiderio e dannazione eterna.
La comprensione arriva meno violenta, lenita dalla sua vicinanza. Ma le implicazioni sono così tante, così sporche, così malsane che Sirius non fa altro che arrossire a metà fra rabbia e vergogna, impotente del suo limbo fra ragazzo e uomo.
Bellatrix lo sa, scorge le debolezze altrui da bravo angelo tentatore qual è, e sorride ancora una volta, un ghigno malefico a riprova delle sue parole.
Sirius stringe i denti fino a sentirli stridere, ma nessun dolore riesce a non far nascere in lui la consapevolezza che era intrinseca del suo costante cercarla e fuggirle.
Perché sa che lei sorride continuamente come la bambina viziata che è stata e la donna prepotente ed instabile che sta diventando.
 
Lo sa lui — e lo sa lei — che quel sorriso fa morire ogni volta un pezzo della sua anima, perché lo fa sentire parte di quella famiglia che lui ripudia con tutto se stesso, appartenente a valori in cui non crede e che per molto tempo l'hanno fatto sentire sbagliato.
Ma lei sa — e lo sa lui — che di quel sorriso ne morirebbe. Non cerca amore e ancora non conosce la precisa frustrazione del desiderio sessuale, ma Sirius è certo che se avesse quel sorriso a portata di mano lo rinchiuderebbe in uno scrigno e lo custodirebbe gelosamente, solo suo fino ad ossessionarlo — possederlo.
 
E per sbrogliarsi da quel nodo scorsoio che è diventato il profumo di Bellatrix, Sirius fa l'unica cosa che è in potere di fare per strapparle quella smorfia dal viso — cede al serpente, si arrende all'angelo caduto.
Fa forza sulle gambe e sposta il peso contro il suo petto deliziosamente prosperoso. Le loro labbra s’incontrano in una lotta che è desiderio di vincita e supremazia, uno scontro che Sirius non bada a vincere: le morde il labbro inferiore e gode del gremito di dolore che gli bagna le orecchie.
Affonda di più i denti e le unghie e tutto ciò che gli importa è farle male, dimostrare alla dea che un martire suicida non si arrende senza combattere, ricordandole che lui è un soldato e lei, serpente tentatore troppo bello per gli angeli e troppo perfido per il diavolo, non potrà averlo.
Non lui, almeno lui.
 
È il sapore del sangue sulle labbra a farlo arretrare, a lasciarla come se fosse diventata incandescente.
Due passi indietro sono sufficienti per riempirsi gli occhi di lei: dei suoi capelli spettinati, dei segni delle sue dita — rossissimi su pelle bianca — che urlano accuse vecchie come il mondo, delle sue pupille dilatate e accese dalla pazzia, della goccia vermiglia che le accarezza le labbra e lei lecca via con un movimento osceno della lingua.
Altri due passi indietro e la potenza della dea si affievolisce, ma Sirius continua a sentire sottopelle il desiderio malsano di toccarla e passarle le mani addosso e passarle le mani dentro.
Si volta e fugge come un codardo, ma la sua risata lo insegue — una ferita a tradimento, di nuovo.
 
 
 
Era stato un bacio di Giuda.
Questo lo capisce ad Azkaban, mentre pezzi di cuore e pezzi di anima si sfilacciano sotto il fiato dei Dissennatori.
Ma chi è stato il traditore?
Lui ha tradito la famiglia in favore di ideali più nobili.
Lei ha tradito la sua stessa umanità in favore della famiglia — di un pazzo.
Sirius la sente ridere fra le mura umide e sporche della sua cella. Si tappa le orecchie e affonda le dita nei capelli e graffia e strappa, ma non capisce se quella risata risuona nell'aria o nella sua mente.
Ha passato anni a fuggirle e lei l'ha sempre rincorso sorridendo in quel suo modo peculiare da far perdere la testa, ora sono rinchiusi nello stesso posto e Sirius deve combattere ogni giorno per non pensare quanto sarebbe facile chiedere di lei e trovarla.
Lei, angelo ripudiato e diavolo mancato, l'ha inseguito in un inferno personale fatto di demoni mentali che alimenta con il suono stridulo della sua risata.
Ogni giorno più strozzata, ogni giorno più acuta, ogni giorno più folle.
Non fare sciocchezze gli aveva detto James, perché non sapeva che la sciocchezza più grande l'aveva già fatta — bacio di Giuda, non puoi toccare un dio e pensare di uscirne senza colpa.
 
 
 
Lei ride ancora e Sirius pensa d'impazzire — com'è sempre stato, com'è giusto che sia.
Sono sempre stati uguali e lo sono ancora adesso, l'errore è forse stato accorgersene solo ora che è tardi. Tardi per rimediare, tardi per vivere.
Giovani invincibili, cadaveri dietro le sbarre, spettri lasciati allo sbaraglio in un mondo che è andato avanti mentre loro marcivano in compagnia di se stessi — e di quella risata folle.
Bellatrix ride mentre lo attacca e Sirius stringe i denti.
È lei in vantaggio come lo è sempre stata.
Perché Sirius sa, con una lucidità improvvisa che non è data dall'età matura, che sono la stessa anima spezzata e nata in due corpi. Sono così uguali da farsi male, ma lo stesso dolore l'ha provato per i vent'anni passati senza vederla.
Avrebbe dovuto ucciderla quando ne aveva avuta l'occasione, pressata contro un muro e in balia delle sue labbra. Ma non era riuscito, sopraffatto da lei.
Incrociano gli occhi per un momento — nero nel nero, pazzia nella pazzia, anima nell'anima — e il mondo rallenta e perde ogni suono nel marasma di quella battaglia.
Sirius la vede sgranare gli occhi e capisce che anche lei ha capito.
Ma Bellatrix è la dea e l'angelo caduto e il serpente e la mela e non ha pietà: alza la bacchetta e colpisce.
 
Sirius cade con una lentezza che ha il sapore del sonno oltre il velo.
Mentre la vita scivola più lontano riesce ancora ad incurvare le labbra: finalmente c'è silenzio nel suo mondo tormentato, la sua risata si è spenta.
Eppure, lei non ha mai mentito: poteva sorridere, e uccidere mentre sorrideva.
 
 
 
 
 
 
NdA: questa storia è stata D I F F I C I L E. Inizialmente Sirius doveva avere delle caratteristiche simili ad Enrico V (un giovane scalmanato che diventa uomo e poi l'eroe di cui tutti hanno bisogno, in soldoni), ma come sempre i personaggi mi sfuggono dalle mani e iniziano a fare cosa vogliono.
Sirius è il mio grande dubbio. È combattuto già da giovane, diviso fra gli ideali in cui è cresciuto e l'uomo che vorrebbe essere, in mezzo poi c'è Bellatrix. Ai suoi occhi bellissima e pazza, diventa il simbolo di tutto ciò che lui rinnega ma al contempo desidera.
Il dopo Azkaban è tutto un gran caos e non so come definirlo nemmeno io, ho solo cercato di rispettare il prompt, e spero un po’ di esserci riuscita.
Credo che sia la storia più introspettiva che abbia mai scritt0, e mi scuso per i dialoghi praticamente inesistenti.
 
Un abbraccio,
Crudelia

 
   
 
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