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Autore: Lady R Of Rage    24/10/2020    3 recensioni
"-Quaggiù potrete chiacchierare quanto vi pare. Nessuno vi sente. Nessuno vi asciuga le lacrime se piangete. Siete all’inferno, ragazzi: ma chi siamo noi per separare una così bella famigliuola?-
Non voglio, pensa Baby 5. Voglio andare via, io sono la promessa sposa di Don Sai della terra di Kano, e lui ha bisogno di me. Serra i pugni, come se avessero ricominciato a tirarle addosso spazzatura. Deve scegliere, a un certo punto – anzi, ha già scelto, ed è troppo tardi per recriminare."
Baby 5 ha scelto: non un nuovo inizio come moglie di Don Sai, ma l’inferno, la condanna perpetua, nelle viscere ghiacciate di Impel Down, assieme a coloro con cui è cresciuta.
Dopo il calderone di sangue bollente e i tormenti di Sadi-chan, solo un’eterna attesa accoglie la sconfitta Famiglia Donquixiote. In mezzo alla neve perenne, dove nemmeno i lumacofoni mantengono il contatto col mondo, senza più un Padroncino da seguire e amare, Baby 5 non si è mai sentita meno utile.
Eppure, prima di Sai, aveva chiamato “famiglia” i suoi compagni di cella. Sarà l’inferno a ricordarle perché.
[Accennate Baby 5/Sai, Trebol/Diamante, Senor Pink/Lucian]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Baby 5, Donquijote Family, Gladius, Pica, Sugar
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gli Alti E I Bassi Della Famiglia Donquixiote'
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Tramonto Sulla Battaglia – Le Lacrime della Principessa Mansherry

"I look inside myself and see my heart is black
I see my red door, I must have it painted black
Maybe then I’ll fade away and not have to face the facts
It’s not easy facing up when your whole world is black
"
[CiaraPaint It, Black (originally by the Rolling Stones)]


Quando arriva il tramonto, Baby 5 perde il senso del tempo. Un fendente, un proiettile, la gola di un marine trafitta e la testa di una guardia che esplode in mille frammenti di sangue – e poi daccapo, con sangue e urla sempre uguali, sotto un cielo sempre meno luminoso.
Almeno stanno tornando indietro, verso il mare, lontano dal sangue e da quelle maledette esplosioni. Jora ha urlato basta, fermatevi, non abbiamo ancora perso, finché Buffalo è riuscito a stare da quelle parti. L’ultima volta che Baby 5 l’ha visto stava vomitando contro i resti di un palazzo crollato. Ha fatto cenno di no con le mani appena si è avvicinata.
Persino le teste coronate si stanno dando da fare: una regina dai capelli argentei si lancia verso l’uscita con una spada a due mani, una coppia di re viaggiano schiena contro schiena tra i muri caduti a pezzi. Un marine le si aggrappa alla gamba, piangendo. -È l’anarchia!-
O forse è successo venti minuti fa, e neanche era un marine. Era un re come gli altri, rimasto senza corona e senza potere. O un Drago Celeste a cui non si chiude più il casco.
-Portate la manichetta!- urla una voce. -Molti di loro utilizzano Frutti del Diavolo!-
Persino l’acqua è una lama, nelle mani della Marina. Un solo getto vermiglio riempie la bocca e il naso di Baby 5 di sangue. Si sente sbalzare contro la terra umida, senza fiato, il fango che le penetra sin sotto la gonna. Le unghie sprofondano nel fango, vi si aggrappano – sta strisciando nel marasma come una lucertola, il sangue nei palmi e fino in fondo alla gola.
Sfila il fazzolettone dal collo di un marine immobile senza più un braccio e si tampona il viso fradicio. Il Palazzo di Pangea, con le sue mura alte fino al sole, le ricorda le torri di Impel Down. E proprio là ero caduta in acqua, e sono sbucata fuori qui. Ancora con i capelli pesanti, il viso freddo, un desiderio di combattere che le faceva pompare il cuore nel petto.
Avanza a gattoni lungo il muro, contro un braccio che ora è carne ora è metallo. I Marine scappano a gambe levate mentre il Re di Black Drum agguanta un cannone a mani nude e lo ingoia tutto intero. Una guardia lo carica, sciabola alla mano: la regina gli serra attorno al collo un nastro violetto e gli accoltella il cuore con uno stiletto luccicante.
-Voi!- La principessa di Alabasta cavalca un’anatra grande come lei. Un anello metallico pende da una catena legata al suo mignolo e gocciola sangue sul dorso dell’animale. -Voi che c’entrate?-
-Adesso siamo ribelli!- dice il re, e mastica il cannone come se fosse un grosso biscotto grigio. -Dovresti saperlo, principessa Vivi. La storia la scrivono i vincitori, e qui stanno vincendo loro!-
-Proprio così,- urla Baby 5. Un getto d’acqua bollente disegna un arcobaleno sopra la sua testa: afferra un cadavere per la spalla, un uomo dalle spalle larghe come un tempo le aveva Doffy, e sparisce dietro di esso come fosse uno scudo senza carne. Le gocce d’acqua producono un rumore sordo contro il corpo ancora caldo.
-Stiamo vincendo, vostre maestà. Grazie per l’aiuto, anche se un po’ in ritardo.- accenna una risata, chissà poi per cosa. Le dolgono le dita, aggrappate alle spalle di quel povero disgraziato.
-La mia amica Rebecca mi ha parlato di voi,- grida la principessa sopra il boato. Un uomo sdraiato allunga la mano verso la testa del suo papero: il becco dell'animale si abbatte contro la sua mano, ributtandola a terra senza neanche un urlo.
Chissà che figura farebbe, se ci fosse qualcuno a raccontarlo. Una principessa che combatte contro l’idea stessa del comando, magari ha ammazzato qualcuno e non lo sa nessuno dei sudditi. Doffy ha sempre avuto ragione, alla fine la giustizia se la tiene chi comanda, e qui tutti fanno a gara a non essere comandati. Chissà chi comanderà, quando avranno finito. Sarebbe meraviglioso se Shalria non si facesse neanche più vedere, e tutti quelli come lei la seguissero nella stessa buca.
-Non siete gente affidabile,- continua Vivi. -Io non so che sta succedendo, ma non mi permetto di giudicarvi. Mi ricordo del vostro volto. Per quello che vale sono felice che siate stata liberata.-
L’acqua si leva di nuovo, ruggendo contro il cielo, e la regina di Black Drum tira via il compagno per le spalle. L’uomo tossisce e sbava, pulendosi la bocca con la manica della fradicia giacca.
-Spegnete quella schifezza! Anche noi re mangiamo Frutti del Diavolo.-
-Sono ordini del governo!- una voce in lontananza, sconosciuta. -Non possiamo perdere tempo a…-
Uno sparo, e l’acqua si placa tutta d’un tratto. La forma sfocata di Señor Pink le rivolge un gesto di saluto e scompare di nuovo sottoterra. Baby 5 getta via il cadavere che l'ha coperta – un volto senza occhi, senza naso, con guance di nude ossa. Il mare rifiuta chi mangia i Frutti del Diavolo, racconta la leggenda, anche se chi li mangia lo fa solamente per riempirsi lo stomaco dopo giorni di digiuno. Ma se persino quello sarà il loro nemico, dannazione, lo affronteranno a muso duro, e torneranno a casa, qualunque essa sia. Persino il desiderio di abbandonare tutto in cima alla Linea Rossa, quello a cui brindavano prima di salirvi, pare il ricordo nebuloso di un sogno, e il freddo di Impel Down è stato la loro sveglia.
Forse era proprio Doffy, che ha trovato un modo per aiutarli dal fondo di quella squallida prigione. Un sacco di sue fantasie sembrano prendere forma in quella giornata campale, e se è vero che gli portano dei giornali sul fondo di Impel Down, per qualche giorno sarà lontano dalla noia.
-Lasciateli stare, principessa Vivi!-
Un bisonte abbigliato con le insegne del Re di Sakura galoppa di fianco all’anatra. Una vecchia magrolina, con una lucida giacca di pelle, si dondola sulla sua groppa: regge un kukri nella sinistra, e con la destra si porta alla bocca una bottiglia di vino. -È ora di andare, sta crollando tutto. Ed è meraviglioso.-
Una colonna crolla di lato, trascinando con sé tre Marine. È giunta l’ora di andare: il sole svanisce oltre la Linea Rossa, le fondamenta della Città degli Dei sono state strappate alla radice. Ma dov’è la nave? Baby 5 corre lungo la pietra, i muscoli tremanti sotto le gambe insanguinate.
-Vostro padre vi attende al porto. Vi accompagniamo, lasciate che…-
Ma non importa cos’abbia da dire il re di Sakura, sono affari suoi e a lei non penserà. I re non lo fanno – quelli che non sono Doffy, almeno, e guarda un po’ anche lui dov’è finito. Gira l’angolo attorno al Palazzo di Pangea, gli stivali ormai viscidi di sangue. Potrebbe rotolarcisi, in quelle pozze rosse nell’erba. Nel vicolo cieco in cui scivola giace un unico cadavere, snello e biondo, rannicchiato contro un cassonetto con gli occhi ancora socchiusi. Baby 5 si siede a poca distanza e si sfila gli stivali, pulendosi i piedi contro i ciuffi d’erba. Sembra che vi abbiano versato dentro sangue a bottigliate. Suo, di altra gente, nobile o plebeo, non vuole più vederlo in tutta la sua vita.
Marijoa cadrà a pezzi come un castello di carte, e se qualunque cosa esiste su di loro sarà gentile, forse saranno tutti vivi per vederla. E dire che sembravano tutti d’accordo sull’idea della missione suicida, finché la Città degli Dei non era che una visione lontana. Poteva essere una bella tomba, a immaginarsela senza vederla o toccarla, ma ci sarebbero stati scomodi al momento di entrarvi.
Sorride, la schiena appoggiata al muro, stomaco e petto in fermento. Festeggeranno come ai vecchi tempi, come gli schiavi non dovrebbero fare. Si infila il primo stivale, rabbrividendo di schifo dalla pelle ancora appiccicosa.
-Anche tu ti sei rotto le scatole, vero?- chiede al cadavere, raccogliendo l’altro stivale. Le risponde un colpo di tosse, e una voce sottile e giovane.
-Baby 5…? Sei davvero tu?-
Si volta di scatto, i capelli incollati al volto, e punta il braccio-pistola. Il cadavere si muove, sbatte gli occhi, allunga la mano – socchiude due luminosi occhi neri, scuote via il sangue dai capelli e dalle corna.
Baby 5 fa un passo indietro, incespica nel tacco, si appoggia al muro senza fiato. -Dellinger…-
-Sei proprio…- il ragazzo tossisce, cingendosi il ventre con le mani; e il sangue scorre, tra le dita, sulla maglietta di glitter, sui pantaloni di pelle e sulle zeppe. Sangue misto a lacrime, che scendono da un immobile viso di marmo sempre più sfocato.
Vai da lui, è la prima cosa che le viene in mente. Il piede calzato striscia nell’erba insanguinata, quello scalzo si attorciglia su sé stesso, teso come tutto il corpo a cui appartiene. Vai da lui, è là davanti e ha b… sbatte le ciglia, tremando, o forse è Mariejoa stessa che trema con lei. Non c’è nulla di sicuro, lassù, ma è comunque abbastanza sicuro da far male: se quello che sta succedendo fosse un’illusione potrebbe sperare ancora che non è vero, che Dellinger non sta morendo, che non esiste una persona così crudele da fare del male al suo fratellino. Ficca di forza il piede nell’altro stivale e lo chiude, le dita premute sulla chiusura lampo fino a deformarsi.
Dellinger allunga il braccio, ma la mano insanguinata ricade inerte un attimo dopo.
Vai da lui, si ripete Baby 5. E un’altra volta e un’altra ancora, perché le sue gambe si sono fatte pesanti come macigni e altrettanto immobili. Dellinger coperto di sangue è un’immagine che conosce – sangue di altri, però, che sicuramente se lo meritano più di lui.
-Mi stai vicino? Ho molto male. Non mi riesco a tirare su.-
Anche la voce è sbagliata, umida, gorgogliante di rosso. Le gambe di Baby 5 cedono all’unisono, troppo lontano anche solo per sfiorarlo. Agguanta l’erba per rimanere dritta, perché quel pavimento la sta ingoiando, e Dellinger scivola via sempre più lontano.
-Vedrai che non è niente. Non è assolutamente…-
-Non sono un bambino. Lo so che non è…- Dellinger si tossisce sul petto, e il sangue scivola lungo i lustrini sulla maglia. -…non è vero. Io sapevo combattere, giuro. Dovevamo essere imbattibili, se combattevamo insieme.-
Non ha niente per rispondergli, né in bocca né in testa; piuttosto lo lascerebbe là, in mezzo all’immondizia, in una macabra parodia del giorno in cui lo trovarono, pur di non vedere più quegli occhi non più famigliari. Appoggia la mano al muro, piegandosi in ginocchio su gambe rigide ed estranee. Un’esplosione risuona in lontananza, un filo di fumo si leva oltre i tetti dei palazzi. Dellinger ride, la bocca piena di sangue.
-Mi porti da Jora? La voglio vedere. Non so come si muore.-
Altri colpi di tosse, e il sangue scorre fino ai pantaloni. L’ultima volta che qualcuno di loro ha avuto quell’aspetto, mesi prima, giaceva in un letto di neve nel luogo più crudele di tutti i mari. E poco dopo non c’era stato più, eccetto nei loro sogni più maligni e più dolci.
Di nuovo, sta succedendo di nuovo. Baby 5 serra i denti, facendoli scricchiolare. Deve prendere in braccio quel ragazzo e portarlo dove lui le ha chiesto, forse facendogli altro male, ma Dellinger vuole così e ha diritto a un ultimo desiderio. Chissà se anche Trebol…
No, non deve essere come con Trebol. Non sono più in una cella ghiacciata sotto il tetto del mare, un’intera città si stende attorno a loro, e quasi tutti i loro abitanti lottano per vivere davvero e a lungo.
Le toccherà guardarlo, quel viso rovinato, tenerselo vicino finché al suo sguardo potrà rispondere. Dellinger ha diritto a una morte che non sia solitaria, una promessa che gli hanno fatto tirandolo fuori da quel bidone anche senza bisogno di dirlo. E poi con che coraggio, dannazione, potrebbe trovarsi a dire a Jora che il suo tesoro non vedrà un’altra notte, senza essere stata là a rendergli quell’ultima sera meno dura.
-Reggiti a me,- tossisce fuori. Cinge Dellinger da sotto le spalle e le ginocchia: il ragazzo geme, lacrima, batte i denti come se avesse la febbre, e scotta per davvero. Inizia a strillare mentre lo solleva, gli occhi fuori dalle orbite, la testa reclinata sulla sua spalla.
-Se non la trovi puoi…- trattiene il respiro, le guance pallide che ribollono di rosso, -stare anche tu vicino a me. Non voglio stare da solo. Ho visto gli Uomini Pesce ed erano tanti…-
-Non parlare, stai con me,- sussurra Baby 5. Rassetta la presa su di lui e un nuovo gemito gli sfugge di bocca. Stringe i denti per non mettersi a urlare contro il cielo.
Dellinger lascia cadere la testa sulla sua spalla. -Erano tantissimi, tutti come me. Non li avevo mai visti. Mi sono bloccato, ho sbagliato.-
Non hai sbagliato, non si sbaglia quando si muore. Sembrano i pensieri di Trebol, e la sua morte era giusta – perfetta addirittura, per un uomo come lui. Procede rasente al muro, le gambe tremanti negli stivaletti appiccicosi. Un Marine col cranio fratturato giace contro una parete: lo scavalca piano tenendo Dellinger a sé. Per un attimo lo immagina al suo posto, il ragazzo che tiene in braccio; la schiena abbandonata a terra, i capelli biondi ridotti a una corolla di sangue, il visto frantumato in mezzo alla pietra. Poteva finire così, sarebbe stato peggio. Un’immagine di rosso e di giallo, ma nessuno dei due corrisponde a Jora. La mano di Dellinger si stringe alla sua spalla. -Baby 5, ti vedo sfocata.-
-Adesso troviamo Jora, ti devi fidare. Mi hai chiesto un favore, e io…-
-Non regredire per me, va bene?-
Baby 5 tossisce fuori un no e lo stringe più forte, distogliendo lo sguardo dal suo pallore.

Jora schiude le dita: la lancia che reggeva rotola in silenzio nell’erba rossa, contro l’uniforme strappata del cadavere ai suoi piedi. Avanza verso di loro con gli occhi levati al cielo, ansimando nell’abito macchiato di rosso, le labbra dischiuse quasi in attesa di un grido.
-…come?-
Baby 5 scuote la testa e serra la bocca secca. Non può dirle l’ho trovato così, sarebbe un esserne complice. Ma Dellinger sorride, il volto teso e bianco: -Ho fatto un errore.-
Jora traballa sui tacchi, si aggrappa a un palo della luce monco, le ginocchia le tremano sotto la gonna. Il volto sbianca sotto il trucco, ma vene di rosso si accendono negli occhi sgranati.
Ci sono genitori che abbandonano i loro figli, e genitori che li perdono quando vorrebbero tenerli con sé. Baby 5 conduce Dellinger dietro ai rottami fumanti di un cocchio e lo depone nell’erba; gli regge la testa, gli conduce le mani, trattenendo le urla ad ogni suo gemito e ansito. Si copre gli occhi con le mani; una sola lacrima le bagna le guance e le scorre sulle dita, nera di rimmel.
-No…- Jora cade in ginocchio, striscia nell’erba verso il corpo del ragazzo. Le unghie laccate si aggrappano ai ciuffi e li strappano assieme a manciate di terra.
-Non doveva succedere, non doveva!-
Baby 5 le appoggia una mano sulla spalla: si volta di scatto, gli occhi sgranati dietro gli occhiali. -Fila a chiamare aiuto, Baby 5! Muoviti, cazzo!-
-Mi sa che mi ha preso la pancia…- Dellinger sbatte gli occhi, vacui e vetrosi. -Non voglio che vada via. Voglio che rimanga anche lei con me.-
Solleva la mano, una farfalla bianca e rossa dai contorni sfocati, sospesa a mezz’aria su un braccio tremolante. Baby 5 la afferra mentre cade. Jora si sfila gli occhiali; lacrime multicolore le scendono lungo il mento e le macchiano il collo di brillantini.
-Tesoro mio…-
-Mi dispiace,- rantola Dellinger. -Non volevo, davvero.-
-Ti tengo io. Guarda me, amore. Non è successo niente. Guarda me-
Stringe più forte quella mano, accarezzandola. Il sangue pulsa ancora, piano, come fosse coperto da un fascio di bende. La testa ricade all’indietro, i capelli si piegano incollati alla testa. Le zanne si ritraggono nella bocca: sono denti umani a battere tra le mascelle arrossate, a serrarsi di dolore alle carezze di Jora.
Anche Baby 5 lo accarezza, ma distoglie lo sguardo. Marijoa merita di bruciare da cima a fondo, e tutti i cani dei Nobili si strozzino con il fumo. Dellinger no – si prendono tutto, sempre tutto, quello che non gli appartiene, lo agguantano con le unghie e lo portano via. I villaggi si disseccano fino a scomparire, la povera gente si trascina per le strade squassata dalla fame, e i ragazzi appena in fiore si spengono in mezzo a una guerra che quegli stessi nobili si sono tirati dietro.
Un ennesimo boato rimbomba chissà da dove. -Cazzo,- ringhia Baby 5 tappandosi le orecchie. Non può lasciare che arrivi qualcuno a togliere a Jora quello che merita. Ce ne sono poche, di madri come lei. L’avrebbe voluta lei una Jora, quando era una bambina senza neanche un nome vero. Schioppi di fucile, vetri che si rompono, una stridula voce femminile che urla basta. E il trapestio di una corsa soffocata sull’erba, sempre più vicina.
No. Baby 5 lascia andare la sua mano, si sporge verso la piazza in tumulto, sbatte gli occhi per liberarli dalle lacrime. Mariejoa non porterà via a Dellinger i suoi ultimi momenti. Altro fruscio di passi, il tintinnio dell’acciaio che viene sguainato. Baby 5 punta il braccio-fucile contro l’intruso: dall’erba emerge un fascio di capelli biondi, due lucidi occhi, un naso a punta circondato da guance arrossate. Il volto tondeggiante di una nana di Green Bit
piombo si piega, si fa carne e dita: lo sconosciuto di muove
Un secondo nano sbuca da dietro la sua spalla. Si calca in testa il tricorno verde e brandisce una spada a sua misura. L’ho già visto, ma dove?
-Principessa Mansherry, siete sicura?-
Un insetto nero grosso come un pugno descrive un ovale in volo sopra la sua testa. Quando atterra tra i due nani, Baby 5 coglie un volto sopra il torace di insetto.
-Sì, sono sicura. È la cosa giusta. Tu pensa a fare la guardia, Leo.-
Leo, il capitano dei Pirati Nani. Baby 5 appoggia la mano a terra, la testa che gira. Se avrà intenzione di salutarla rimarrà in silenzio, quei festeggiamenti sono da dimenticare come tutto il resto. E la bionda deve essere la famosa principessa Mansherry, il cui Frutto del Diavolo può guarire.
Si volta verso Dellinger: gli occhi sono aperti, le ciglia sbattono, le lacrime scendono. C’è ancora tempo. Mansherry le sfreccia davanti agli occhi. Lascia una traccia nell’erba, piegata sotto i suoi stivaletti, che si drizza con il vento umida di rugiada.
Già, il Reverie, è qui per il Reverie. Leo e l’altro, quello con il Frutto dello Scarabeo Rinoceronte, se li ricorda dai tempi del banchetto, ma della principessa Mansherry non conosce che il nome. Solleva la testa per sistemarsi la crocchia, e da sotto i boccoli dorati emergono due minuscole labbra rosa, un naso a punta, due accigliati occhi turchini che le guardano oltre le spalle.
-Principessa, fate attenzione.- Leo la tiene per il polso, e Mansherry gli stacca la mano con quella libera. -Mi ricordo le loro facce, ma non significa niente. Lascia che vada da lui.-
La principessa Mansherry si muove in un battito di ciglia – scompare dall’erba come se non vi fosse mai stata e si arrampica sul petto di Dellinger. Gli stivali bianchi luccicano di sangue, ma Baby 5 non può dire di chi sia.
-Principessa, possiamo spiegar…-
Jora la spinge da parte, gettandosi in ginocchio in mezzo al sangue. Mansherry fa un passo indietro, le piccole mani sulla bocca.
-Lei qui, signora?-
-Principessa, so quello che ho fatto, ma vi prego!-
Dellinger apre appena gli occhi, ansimando tra i denti stretti. Lo lascerebbe morire, la nana, e forse non sarebbe neanche sbagliato. Decine, centinaia di mamme e sorelle nane avranno già provato quel dolore, e il loro sangue se lo portano addosso tutti da dieci anni. Forse dovrebbe intercedere, nel nome di quella stupida vecchia alleanza sulla Yonta Maria, ma Jora inizia a parlare – gridare – prima che possa pensare a come.
-Ti prego. Vi prego! Farò quello che vorrete. Sarò la vostra schiava.-
-Io non possiedo schiavi,- risponde Mansherry, e Jora urla verso terra. Le lacrime sul suo viso bagnano il corpo del ragazzo a terra, e la vocina di Dellinger esala una risata.
-Mi fai i-il solletico.-
-VI PREGO!- Jora si allunga oltre il corpo di Dellinger, gli occhi sgranati al di sotto degli occhiali, le lacrime che scendono lungo il viso ribollente di sangue. Spalanca gli occhi. -Vi darò la mia vita, e-ecco.- Sfila il pugnale dalla cintura e se lo punta alla pancia. -La mia per la sua. Pagherò il mio debito, se lo salverete.-
Baby 5 distoglie lo sguardo, rantolando: in fondo non si ottiene nulla per niente. Se vogliono che Dellinger muoia e Jora sia dannata a vita potrebbero andarsene e lasciare che succeda.
-Principessa, non c’è da fidarsi di quella gente.- esclama Leo. Mansherry non si volta: carezza la pancia di Dellinger, seguendo con le dita la traccia del sangue. Ed è allora che Baby 5 capisce, e il terrore scivola via assieme al morso al suo stomaco.
Si inginocchia di fianco a Jora e appoggia le mani sulle sue. Non tremano, contro l’impugnatura del coltello: si sarebbe pugnalata davvero se avesse offeso una principessa diversa. Conduce la lama lontano dal ventre della vecchia, schiude le sue dita una ad una. Il coltello scivola nell’erba, sparendo nei ciuffi alti.
-Io non voglio niente,- dice la vocina di Mansherry alle sue spalle. -Sono qui per i feriti. Tutti quanti.-
-Tutti quanti-, ripete Jora, e tira Baby 5 verso di sé, lontano da Dellinger. Mansherry siede sulla maglia sporca di sangue del ragazzo e piange guardando in alto, lontano dai suoi occhi. Non sorride, non si acciglia, non singhiozza nemmeno. Come se quelle lacrime fossero un dovere da principessa: da fare malvolentieri, ma da fare.
Leo e l’altro attendono di fianco alla ruota del cocchio, ma Baby 5 non gli rivolge che uno sguardo fugace. Anche i nani non li rivedranno più, dopo quella disavventura, e non è a lui che affiderà la salvezza del suo fratellino. Il petto di Dellinger si alza, si abbassa, il sangue sgorga dalla sua bocca in un fiotto sottile come un filo da cucito.
Jora tira su col naso. -Principessa, io…-
Mansherry sbatte gli occhi, versando nuove lacrime. -Non importa se siete persone cattive. Qui ci sono i Draghi Celesti, con loro tutti sono buoni.-
Quando si allontana dal corpo del ragazzo, la macchia di sangue sul suo petto non si espande più nella stoffa della maglia. Dellinger si pulisce la bocca, gattona fino alla spalla di Jora e si aggrappa al suo vestito. -Sono vivo,- mormora. -Sono vivo.-
Le dita della destra di Jora si affannano sulla sinistra, sfregano e scivolano. L’anello di rubini le scappa dall’indice e scivola nell’erba.
-Prendetelo.- Jora agguanta l’anello e lo avvicina al volto di Mansherry. -Vi assicuro che è autentico. Sicuramente voi nani avete bisogno…-
-Non voglio nemmeno i suoi gioielli. Per favore, la smetta. Voglio solo una cosa.-
Jora deglutisce, tirando su col naso. Le sue dita si allentano attorno al braccio di Baby 5, l’indice dell’altra mano sfiora l’impugnatura del pugnale.
-Che cosa vuoi?-
Mansherry si asciuga le lacrime, drizzando la testolina.
-Che lei non dimentichi questo giorno. Addio, signora.-
I nani corrono via così veloce da non vederli uscire – solo uno schizzo bianco sul prato, e i ciuffi d’erba piegati che si raddrizzano. Dellinger si asciuga le lacrime e si accuccia più vicino al braccio della vecchia.
-Andiamo via? Per favore.-
Jora lo conduce ad alzarsi. -Abbiamo fatto tutto quello che potevamo. Se possiamo tornare vivi dobbiamo farlo adesso. Io porto Dellinger alla nave: riesci a coprirci?-
Baby 5 non risponde neanche di sì: carica la pistola nel braccio e corre lungo la via principale, schizzando sangue dalle pozzanghere rosse che ne percorrono la lunghezza. E poi la discesa del marciapiede semovente, che non si muove più, scoperchiato da entrambi i lati, la piattaforma scorrevole divelta da bocche di pietra. Gli schiavi sciamano verso il mare – uomini in corsa, sirene sfreccianti sulle code, persino due Giganti. Jora e Dellinger corrono insieme, il ragazzo prima, la vecchia poi, una nuvola di arte gonfia e luccicante alle loro spalle. Anche quella giornata è giunta alla fine.
-Andiamo tutti via! Via!-
Si sente quasi consolata a rientrare nella mischia. Una manciata di Uomini Pesce cava gli occhi a un Pacifista abbattuto , una donna corpulenta falcia guardie con un mitragliatore più grosso di lei; una muta di segugi guizza tra i cadaveri, morde, assaggia, strappa via i resti di schiavi e padroni finché non gli grondano dalle fauci. Uno si avvicina al piede di Baby 5: lo muta in una sciabola e gli taglia di netto la testa.
-Andiamo via! Alla nave!-
Un cavallo di legno alto come un treno emerge trottando da un crocevia. Dall’alto della sella, Sugar brandisce un fucile a canne mozze. Lo punta verso un drappello di Marines: -Divorateli! Tratteneteli!-
I giocattoli accorrono in un torrente di colori – macchie rosse su boccoli biondi, pellicce bianche e nere, carrozzerie azzurro fiammante e abiti a quadretti variopinti. Una bambola di porcellana decapita un marine con un colpo di sciabola, un orsetto di peluche snuda denti che paiono quelli di un cinghiale. -Fermatemi, vi prego!- singhiozza un pupazzo a molla. -Sono Santo Jayden, quella ragazzina mi ha maledetto!-
Una sirena, rannicchiata di fianco a un cespuglio, tampona freneticamente la coda insanguinata. Dellinger se la carica in spalla e corre verso il porto, così veloce da non vedersi. Anche Pica ha le spalle cariche, di almeno cinque bambini. E ancor più ne regge la Kuja corpulenta che lavorava assieme a Lao G. -Seguite noi!- urla Baby 5. -Verso la nave! Ce la facciamo!-
Un proiettile fischia a un palmo dal suo orecchio, un ragazzo di fronte a lei crolla a terra con un palmo di testa in meno. I piedi grattano e sbattono negli stivali viscidi di sudore di cervella, di sangue suo e di chissà chi. Diamante batte le mani e urla in cima a una carrozza senza più ruote, roteando la spada insanguinata. -Di qua! Il porto è di qua! Seguite la mia musica, vi porteremo via!-
E anche la Legendary Child è un diamante, luminosa da abbagliare in mezzo alle ordinarie navi marroni. Buffalo guizza a un palmo dalla sua testa e atterra leggero sul ponte, Senor Pink nuota a delfino tra i piedi dei Pacifista. Un bagliore argenteo esplode alla sua destra, uno schiaffo bagnato la rovescia a terra, così caldo da fumare e sfrigolare. L’occhio destro schiocca e si spegne, nero, denso; dita viscide le percorrono il volto e il labbro.
Acqua salata, che schifo. Solleva un braccio verso la Legendary Child e tossisce fuori una richiesta d’aiuto, ma dalla sua bocca esce solo altra acqua viscida. Piedi a dozzine le corrono intorno, la superano, le schiacciano le braccia e la schiena. Allunga di nuovo la mano e scuote i capelli fradici dalla testa: due occhi neri incontrano i suoi, due mani forti la cingono da sotto le ascelle, due file di denti ingialliti si serrano.
-Ci siamo, coraggio,- ansima una voce roca. Baby 5 serra gli occhi, fa uscire le lacrime, li riapre. A Kikyo manca un pezzo di volto, dalla guancia alla mascella sinistra, e il sangue le colora il collo e il petto di un rosso appiccicoso, ma se la carica sulle spalle come se pesasse meno di una piuma. -Non tutti noi abbiamo mangiato dei Frutti, e l’o-onore delle Kuja è un’arma da sé.-
Baby 5 chiude gli occhi. La spalla di Kikyo, sottile e spigolosa, preme contro la sua pancia. Un’altra esplosione in lontananza, due, tre, cinque. Basta. Anche da distrutta, quella maledetta città si porta via quanta più gente possibile. Assapora le sue lacrime e si lascia condurre, sdraiare contro un suolo di legno, coprire con una coperta troppo liscia per essere vera.
-C’è Baby 5,- dice una voce femminile. -Sono tutti. Attendiamo il segnale per salpare, Diamante-sama.-
Si guarda le mani e le braccia con l’occhio aperto: ha perso un’unghia, e combattendo non ci aveva fatto caso. Metà della sua gonna, uno straccio tutto sangue, le pende strappata contro le ginocchia. Una sconosciuta voce maschile urla qualcosa sul mollare le cime, ma non forte abbastanza, perché se Baby 5 chiude gli occhi sente e vede ancora i minuti di prima. Le grida, le esplosioni, le vite che scompaiono in tributo a quelle degli altri; le viscere sui muri, il sangue nei rigagnoli, le ossa bianche come conchiglie che spiccano sui corpi disarticolati degli schiavi e dei carnefici.
-Guarda,- dice Kikyo. -Il Palazzo di Pangea sta andando a fuoco.-
Baby 5 non guarda un bel niente, perché non ha la forza di drizzare il collo, ma se le Kuja sono così onorevoli le basta sentirne parlare una per sapere che va tutto bene. Un altro tesoro che i Nobili Mondiali potevano imboscarsi, e che gli scivola via dalle mani nella giornata più bella dai tempi ormai nebulosi delle sue nozze.
E quando Doflamingo lo saprà – e prega che sia così, dannazione, ne ha diritto – persino Impel Down gli sarà un po’ più dolce.
Una forma annebbiata si siede al suo fianco, armata di garze e disinfettante. Baby 5 sbatte le palpebre – Kyuin sfoggia un graffio sulla guancia destra, che le spacca a metà il sopracciglio, e sulla sua cintura pende un’ascia insanguinata fino al manico. Le fascia il dito, il braccio, la spalla, le chiede se ha ancora male. Baby 5 scuote la testa e la abbraccia per traverso con tutte le sue forze.
Due braccia muscolose e scure si schiudono di fronte a lei mentre sviene.


A.A.:
Io non so che dire, davvero. 
Io a questa long ci tengo. È molto importante, mi ha fatto conoscere delle persone a cui voglio molto bene e aiutata a trovare la mia "nicchia" nel fandom di One Piece. Le ragioni per cui non l'ho ancora finita e la sto aggiornando a rilento sono molteplici.
Innanzitutto ho ricominciato a studiare, frequento una Laurea Magistrale in Giornalismo e sono abbastanza presa anche da quella. 
Secondariamente ho un'ispirazione continua per un sacco di cose su un sacco di personaggi, non c'è modo di fermarsi, più scrivo le mie idee più me ne vengono. Oltre a questa long e alla storia su Caesar Clown che ho finito l'altra volta ci sono anche una BartoCav, una su Smoker e Tashigi, i capitoli seguenti di Mille Porte Aperte e Nakama di Passaggio, una su Jinbe, Moria e Shirahoshi (no, non ho estratto questi personaggi con un random generator... scoprirete che cos'è quando la finirò), una raccolta celebrativa per quando uscirà il millesimo capitolo di One Piece, e chissà quanto altro ancora. 
Aggiungiamo poi i problemi generici di ispirazione, nonché di autostima (sono ancora convinta che finire una storia "matura" con una battaglia baracconosa e caciarona come questa serva solamente a non renderla più matura, ma ormai l'ho concepita così e tant'è), ed ecco perché dall'ultima volta che ho aggiornato sono passati mesi. 
Ma la finirò, lo prometto. In maniera non forzata o frettolosa, la finirò perché ci tengo e voglio che il prodotto finale sia impeccabile. 
Siamo ancora alla battaglia di Mariejoa, che finalmente è finita con un sacco di altri camei. Ho inserito Vivi, Dalton, Kureha e l'adorabile Karoo per questione di completezza. Wapol e Kinderella non sono personaggi popolarissimi, ma a me piacciono tantissimo e trovo che abbiano una dinamica molto interessante. Naturalmente ho fatto combattere anche lei, perché dovevo. 
Avevo valutato di dare a Baby 5 anche l’Ambizione dell’Armatura, ma poi mi sono accorta che ad avere Armatura e Percezione è gente come il CP0 (eccetto Spandam, duh, lui ha solo l’Ambizione della Merda Secca), figli di Big Mom fortissimi come Smoothie, Oven, Perospero e Cracker, gli Alti Ufficiali di Donquixiote, Marco, Jozu, Vista, Mihawk, Law, Barbanera, Sabo, Garp, Tsuru, gli Ammiragli e Grand’Ammiragli, Zoro, Sanji, le Sorelle Gorgoni minori e Santo Jinbei Martire In Croce Per Noi. Per quanto adori Baby 5 e voglia darle maggiori capacità combattive… mi sembrava troppo.
/invece ad avere solo l’armatura sono, per esempio, tutte le Kuja, Boo (il fratello di Sai), Kawamatsu e Ryuma, quindi gente comunque fortina/
Infine la trama di Mansherry, che ha avuto origine da un certo mio flusso di coscienza. Volevo uccidere qualcuno per rendere meno "comicbook movie-eschi" questi capitoli, e Dellinger mi sembrava la vittima designata per indicare l'ingiustizia di Mariejoa e delle giovani vittime che si porta via. Ma c'era qualcosa che mi bloccava (in primis il timore che qualcuno dei miei lettori potesse mangiarmi viva), e ci ho pensato. Poi ho deciso di proiettare la sensazione "effettiva" del perdere qualcuno, ma senza portarlo via. La presenza di Mansherry e dei suoi poteri curativi si è rivelata in questo senso l'escamotage perfetto, soprattutto considerando i suoi precedenti con Jora. Personalmente sono soddisfatta del risultato, anche se una parte di me pensa che dovrei essere meno codarda e ucciderlo. 
Rimane che la guerra è finita, Mariejoa è in mille pezzi. 
E adesso che si fa?
Lady R
  
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