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Autore: theastwind    25/10/2020    2 recensioni
E' una storia d'amore e d'avventura tra Nami e... il Rosso.
Ambientata nel lasso temporale collocato prima che la ciurma entri nel Grande Blu.
Genere: Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Shanks il rosso
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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047 – Spese
Aveva da poco aperto gli occhi e dalla finestra entrava una luce obliqua e diretta, dava ad Est e s’illuminava con le prime luci dell’alba.
Guardava le forme che il nascente sole disegnava sulle pareti e ripensava alla luce della luna della sera precedente, una luna splendente che aveva illuminato due sagome che, mano nella mano, si erano allontanate verso la spiaggia.
E allora, come un torrente, si sentì travolgere dalla disperazione nel realizzare che la notte era passata e il suo Rosso l’aveva trascorsa con un’altra donna mentre lei dormiva da mocciosa quale era.
Ma non avrebbe potuto farci niente, non avrebbe potuto opporsi: lui era libero di stare con chi voleva e di fare sesso con chi voleva…
Era piegata sul letto in preda ad un fortissimo mal di pancia e non riusciva a respirare; il sole si levava alto e indifferente alle sue sofferenze come aveva fatto quella stronza di luna della sera precedente.
“E adesso come faccio?” – si ripeteva terrorizzata all’idea di rivederlo e di scoprire sul suo viso i segni di una notte d’amore, all’idea che lui potesse intuire l’inferno che aveva vissuto e stava vivendo.
Poi, all’improvviso, si ricordò dei morsi e dei baci di quel pomeriggio, del bacio della sera precedente e si sentì male: in preda alle vertigini, perse l’equilibrio e si sbilanciò sul letto cadendo per metà, sbattendo la testa sul pavimento.
 
I tre marinai di Shanks si erano addormentati solo all’alba ai piedi dell’albero: avevano fatto i turni per sorvegliare Nami ed evitare che commettesse sciocchezze.
“Ehi, ragazzi! – fece una voce allegra – Che fate qui?”
Si svegliarono di soprassalto e, quando videro che si trattava del loro capitano idiota, scattarono in piedi incazzatissimi pronti a menargliene di santa ragione.
“Brutto idiota…” - esordì Lucky subito bloccato da Ben con un cenno della mano. Poi questi si rivolse a Shanks, guardandolo malissimo:
“Non mi interessa che cosa hai fatto né perché l’hai fatto – mentre l’altro si scioccava – ma oggi non ci dire niente: non ti vogliamo sentire!” – e se ne andarono sdegnati mentre Shanks li mandava a fanculo con un cenno della mano.
Poi guardò il posto in cui li aveva trovati, alzò gli occhi e riconobbe la finestra della stanza che Helena aveva assegnato alla sua dolcissima ragazza. Abbassò lo sguardo, sorrise tra sé e ringraziò i suoi amici per aver vegliato su di lei.
 
Si riprese perché sentì qualcuno bussare forte alla porta.
Riuscì a mettersi in piedi sentendo una strana umidità, si girò a guardare il materasso e lo vide macchiato di sangue.
“Ecco… - sorrise di dolore, pensando che non avrebbe proprio potuto passare la notte con Shanks – mi sono tornate, evviva!” – si disse con sarcasmo andando ad aprire la porta barcollando.
Quando l’aprì per poco non le venne un infarto: Helena, quella stronza, l’era venuta a svegliare per beffarsi di lei.
“Posso entrare?” – le chiese la bella mora.
“La casa è tua…” – rispose lapidaria, dandole le spalle, controllando le mani che voleva stringere intorno a quel collo che cercò di non guardare per non scorgere i segni che il suo Rosso le aveva lasciato di sicuro…
Tornò al letto perché le girava la testa.
La donna entrò, chiuse la porta dietro di sé e restò a guardarla.
Nami invece la evitava: non voleva vedere i segni della notte che aveva passato con Shanks, non voleva mostrarle che la odiava e la invidiava con tutta sé stessa.
“Da uno a dieci, quanto mi stai odiando adesso?” – le chiese la padrona di casa, fissandola con fermezza.
“E perché dovrei? – le sorrise Nami, mentendo spudoratamente e con convinzione, spiazzandola – Non ti conosco nemmeno!”
Helena la guardava sconcertata: quella ragazza aveva lo sguardo del pirata ed era decisamente forte, una roccia…
“Ecco perché Shanks è pazzo di lei – sorrise tra sé – è come lui: pirata e pericolosa… È granitica!”
“Meglio così… - si riprese Helena che notò la macchia sul materasso – ti sono tornate, eh?”
“Mi dispiace… è successo mentre dormivo…”
“Non fa niente… sono cose che capitano…” – riuscì a replicare la mora che voleva farle una proposta e non sapeva da dove cominciare. Poi si fece forza:
“Se ti vuoi lavare, il bagno è in fondo al corridoio, sulla destra – le spiegò – e non ti preoccupare per il letto: ci penserà Marta, la signora che mi aiuta a mandare avanti la fattoria… – e aggiunse – Gli altri si sono alzati da un po’ e hanno già mangiato: ti consiglio di mettere qualcosa sotto i denti… Fa caldo e il tuo flusso è piuttosto abbondante, potresti svenire…”
“Grazie, sei gentile!” – le sorrise di nuovo Nami, gelandole il sangue.
Ma la mora continuò imperterrita.
“Io devo andare al mercato… e… Shanks… mi ha detto che devi comprare qualcosa… – sentiva l’elettricità che aveva liberato pronunciando quel nome e aspettava la tempesta – magari… possiamo andarci insieme?” – propose in attesa del tifone.
“Perché no? – ridacchiò Nami, facendole tremare la colonna vertebrale e aggiunse - Tra una mezz’ora?”
“Ok…” – accettò Helena, sospirando di sollievo nell’uscire da quella stanza al Polo Nord.
“Ehi, Shanks… - si disse, ridacchiando tra sé – mi sa che tra voi due il moccioso sei tu…”
Nami si lavò e cercò di ricomporsi per affrontare quella giornata.
Nello specchio si vedeva come quando faceva parte della banda di Arlong…
Ora doveva comportarsi come durante quegli otto anni: Arlong le aveva ucciso la madre e lei aveva fatto parte dei suoi partecipando alle vicende del gruppo degli uomini pesce; Shanks le aveva distrutto il cuore e lei ora faceva parte della sua banda…
Doveva solo fingere che tutto andasse bene.
“In fondo non mi sono sbagliata… - pensò mentre due grosse lacrime violavano il coprifuoco che si era imposta – i pirati sono sempre pirati… E anche stavolta Rufy mi salverà portandomi via da lui e restituendomi la libertà…” – si diceva, sapendo che le sarebbe stato particolarmente difficile liberarsi del suo amore per il comandante del Vento dell’Est…
Si schiaffeggiò forte per riprendersi, smise di piangere, si stampò un sorriso in faccia e scese a far colazione, ripetendosi:
“Non è successo niente, non è successo niente, non è successo niente…”
 
Shanks era tornato al porto con i suoi e si affaccendava sulla nave senza riuscire a smettere di pensare a lei. Era terrorizzato al pensiero di rivederla, di scoprire che aveva pianto, che era stata male per lui…
E poi i suoi tre amici lo guardavano schifati e lui cominciava ad innervosirsi.
Stava per smadonnare quando sentì la vocina della sua parrucchiera personale che lo chiamava e gridava alla mamma di fermare il carretto vicino a quel “signore con i capelli rossi”.
“Ciao, pupetta!” – le rivolse un largo sorriso che gli restò ghiacciato sulla faccia quando si accorse che sul carretto c’era anche lei…
Aveva difficoltà a deglutire e si sentiva le ossa instabili: per la prima volta in vita sua una donna lo faceva tremare!
Lei non sembrava più lei… La sua personalità l’avvolgeva come un’aura e si poteva tagliare con il coltello, era calma e tranquilla, troppo tranquilla e bella, ma così bella che Shanks voleva urlare. Lei scese dal carretto con eleganza e semplicità, stordendolo e piegandogli le ginocchia.
Andò verso di lui e si fermò prima di dirigersi alla nave:
“Ciao, Rosso! – lo salutò sorridendo come sempre mentre a lui esplodeva il cuore – sto andando al mercato, ti serve qualcosa? Mi vuoi dare gli infradito così cerco un calzolaio? Ehi Lucky, allora mi dici che ti serve che sto andando?” – chiese al grassone che si era fermato poco distante da loro, cercando di non essere indiscreto.
Rimase a guardare Shanks negli occhi con una serenità troppo perfetta e il vuoto assoluto aspettando una risposta e lui, mai in vita sua, aveva sentito di dover abbassare lo sguardo…
Riuscì a dominarsi e a guardarla di rimando, ma si sentiva male e aveva i brividi.
“No, ci vado io dal calzolaio…” - replicò con un filo di voce mentre lei rispondeva con un – “Ok…” – e passava oltre.
Parlottò un po’ con Lucky e poi salì sulla nave a prendere i soldi mentre gli uomini che avevano assistito alla scena ed Helena si guardavano in silenzio.
 
Il mercato era un po’ fuori città e si svolgeva con cadenza settimanale.
Lungo la strada Helena avrebbe voluto scambiare due chiacchiere con Nami, ma questa si era messa a giocare con sua figlia, la parrucchiera di Shanks, e la bella mora era preoccupata per la piccolina: Nami non aveva uno sguardo normale…
Arrivarono al mercato e lei comprò tutto, sfogando nello shopping parte della frustrazione che provava e riempiendosi uno zaino di cioccolata: avrebbe dovuto ancora viaggiare su quella nave e aveva bisogno di un forte sostegno per affrontare il suo Rosso (che malgrado tutto rimaneva tale) e gli spazi ristretti in cui vivevano.
Quando lo aveva visto salutare la piccola, le si era fermato il cuore e quel suo splendido sorriso le aveva rimesso il fuoco nelle vene, sciogliendo in parte l’inverno che aveva dentro; non c’era niente da fare: lui era lui e restava il suo Rosso, l’uomo dei suoi sogni, dolcissimo e bellissimo come sempre.
Quando gli aveva parlato si era sentita tremare dentro e l’aveva guardato, sforzandosi di non pensare che sulla sua pelle c’erano ancora i baci, i morsi e le mani di quella stronza che, in una scala da uno a dieci, lei odiava 200. Per non parlare dell’effetto che quel labbro spaccato le aveva procurato nel cuore… non voleva neanche immaginare come se l’era procurato.
“In fondo, però, - sospirava, acquistando molti e bellissimi vestiti – la colpa non è di nessuno se non mia che mi sono innamorata di un pirata bello e più grande di me…” – e si sorprendeva a domandarsi per ogni capo che prendeva se e quanto sarebbe piaciuto a Shanks.
E così rimediò alle mutande con il panda, cercando di non piangere ripensando a quel pomeriggio e alla barba, al respiro e alla bocca di lui che quella bastarda si era goduta per tutta la notte (ora la odiava 400) e rimediò alla divisa del bordello, mordendosi le labbra per non lasciarsi andare ai ricordi di lui al tavolo 12, di quando lui le disse che era grassa e la sua taglia non sarebbe servita alle colleghe…
Comprò due paia di sandali nuovi, creme profumate e altre chincaglierie luccicanti che la facevano stare meglio e sentire più donna; comprò saponi, shampoo, bagnoschiuma, spugne riempiendo una borsa enorme che, con grande difficoltà, rovesciò sul carretto sotto lo sguardo perplesso di Helena con cui ancora non si degnava di scambiare una parola.
Passeggiando silenziosa per le bancarelle, ripercorreva con la mente tutti gli avvenimenti degli ultimi giorni, le espressioni del suo Rosso e i suoi sorrisi: guardava tutto e toccava gli oggetti appesi senza riuscire a creare niente.
Il suo cervello era un contenitore di immagini, luoghi, volti e sensazioni: non si sentiva granché bene e barcollava in preda alla confusione, debole per via del ciclo, con quel mal di pancia onnipresente e quel seno gonfio e dolorante…
In tutto quel marasma di impulsi celebrali arrivò davanti alla bottega del calzolaio cercando il suo Rosso con gli occhi, ma senza insistere: riprese a camminare.
Non riusciva a formulare pensieri di nessun tipo: non una frase, non un sussurro, non un “quanto viene questo?” o un “mi pare piuttosto caro”. Prendeva gli oggetti, li mostrava al negoziante e con la mano porgeva il prezzo che decideva lei: nessuno riusciva a strapparle una parola.
Ad un certo punto della passeggiata, la pupetta di quella mega stronza di Helena le tirò le dita che pendevano inerti dalla sua mano e le disse:
“La mamma ha detto che dobbiamo tornare…. È tardi!”
Lei abbassò lo sguardo e le sorrise, seguendola con gli occhi mentre tornava dalla sua mamma che da lontano la guardava preoccupata.
   
 
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