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Autore: sunonthesea    28/10/2020    0 recensioni
Un demone e un angelo decidono di sventare l'Apocalisse.
Ma non è quello che state pensando. Il demone in questione, almeno in questo caso, non è un amante dei Queen né un guidatore di macchine antiquate, ma una giovane che voleva soltanto vivere una vita semplice in una fattoria.
E l'angelo non è proprio il tipo da collezionare libri antichi e bere tè, più da partecipare a risse dietro ai bar e guidare un pandino sgangherato capace di mettere solo musica degli Elio e le Storie Tese.
Il piano, infine, è quello di adottare lo stesso Anticristo, mica fare da balie! È un metodo più sicuro, per risolvere il problema alla radice.
Perché niente potrà andare storto in questo modo, vero?
Vero?
Genere: Comico, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un pandino sfrecciava per le strade di campagna. La nebbia era fitta, tale da poter essere tagliata con il coltello come fosse una fetta di torta.

La guidatrice stava ascoltando la musica, seduta in quel piccolo abitacolo. I capelli violacei erano spettinati e appiattiti sopra i grandi occhi azzurri, mentre le note degli Elio e le Storie Tese.

Ci sono due cose che bisogna sapere su questo pandino: punto primo, tutti i dischi che entrano nei suoi cassetti finiscono inevitabilmente per diventare cd del Meglio del Nostro Meglio della band già citata, e punto secondo, era di proprietà di un angelo.

E che angelo!

Tecnicamente immortale, Jophiel era riconosciuta come la peggiore delle arringhe angeliche. Sempre pronta a fare casino sia in terra sia in cielo, non stava simpatica praticamente a nessuno. Forse il motivo era da andare a cercare nel suo caratterino che ha sempre lasciato un po’ a desiderare, oppure nella sua abitudine a bere grappa come fosse Coca-Cola, cosa che inevitabilmente le donava un aroma riconoscibilissimo all’alito.

Ma con molta probabilità era il primo motivo, lei era sempre stata attenta alla sua igiene dentale.

-Cazzo, arriverò in ritardo- borbottò tra sé e sé, stringendo le dita attorno al volante in plastica.

Era sicura che sarebbe arrivata in ritardo, perché la seconda cosa peggiore che Sua Madre aveva creato oltre a lei era la nebbia.

Aveva sempre odiato la nebbia.

Alzò il volume della radio, incappando in una delle canzoni che preferiva: Servi della Gleba. La voce arguta di Elio seguiva i movimenti dell’auto tra i tornanti, accompagnandola con quelle parole piene di emozioni: allora, come è andata con la tip-JOPHIEL.

Nel sentire il suo nome e nel sentire quell’interferenza che conosceva fin troppo bene, lasciò andare un lungo sospiro.

Dimenticava di avere dei capi, a volte.

-Buonasera capo, come sta andando in Inghilterra?-

MALE la voce dell’Arcangelo Gabriele, dal vivo, era molto più soave di quel gracchiare immondo che proveniva dalle casse IL NOSTRO FRATELLO AZIRAPHALE È QUASI PIÙ INETTO DI TE.

Che gioia. Almeno uno.

-È sulla Terra da molto più tempo di me, è ovvio che sia diventato un rammollito-

TU NON DOVRESTI NEMMENO ESSERE SULLA TERRA IN QUESTO PRECISO ISTANTE.

E questo Jophiel lo sapeva più che bene, ovviamente. Si era fatta un giretto, si era nascosta bene e bam! Idolo dei mortali, angelo protettore delle lesbiche, dei giocatori amatoriali di calcetto e dei musicisti prog rock in meno di un decennio.

Tutto ciò che è elencato non era propriamente ufficiale, ma a furia di dirsi costantemente le stesse bugie per lei erano diventate delle mezze realtà.

Rimase in silenzio, per poi umettarsi infastidita le labbra. -Mi hai chiamato solo per farmi il culo o per darmi altre comunicazioni importanti?-

Dello statico.

L’ANTICRISTO È NATO. L’APOCALISSE STA ARRIVANDO. Poche frasi scarne, ma quanto bastavano per far accapponare la pelle dell’angelo.

L’Apocalisse, eh? Probabilmente avevano visto troppi film. Ne aveva visto uno, poco tempo prima. Pessimo finale: morivano tutti.

-Quindi, la distruzione della vita sulla Terra?-

ESATTAMENTE.

-Tutta tutta?-

TU SALIRAI CON NOI, QUANDO QUESTA APOCALISSE ACCADRÀ. E COMBATTERAI AL NOSTRO FIANCO NELLA GRANDE GUERRA.

Ah, sì. La guerra. La Grande Guerra, certo. Quella guerra, Paradiso contro Inferno. Certo, certo. Ricordava tutto a perfezione.

Nonostante lei fosse in modo risaputo un’amante delle risse, non amava le guerre. Ne aveva vissute troppe, nella sua meravigliosa esperienza di scambio culturale con i terrestri.

E, per dire le cose onestamente, bastavano e avanzavano.

-Ovvio, capo- borbottò, per poi emettere un singulto di gioia. Nella nebbia aveva visto uno di quei cartelli che si usano nelle autostrade, quelli che riflettevano ogni cosa, con una sola scritta. Una sola, per farle tornare il buon umore: Pocapaglia.

Per chi non fosse esperto di geografia di luoghi sperduti, Pocapaglia è un paesino minuscolo nel mezzo delle Langhe piemontesi: una chiesa, un castello, un cimitero, un campo da calcio con annesso baretto e una manciata di case tutte trascinate sul fianco di una collina di argilla gialla, pronta a franare in ogni secondo.

SONO CONTENTO CHE TU ABBIA ACCETTATO. AVEVO TIMORE CHE USASSI ALCUNI DEI TUOI ROZZI VOCABOLI UMANI.

Jophiel non aveva usato i suoi rozzi vocaboli umani perché non ne trovava di abbastanza bassi da appioppare al superiore. -Quale dovrà essere il mio ruolo in questa buffona...volevo dire piano geniale?-.

PER ORA, ALMENO FINCHÉ NON AVREMO ALTRI DETTAGLI, STANNE FUORI. ERA SOLTANTO PER INFORMARTI, NULLA DI PIÙ.

Poté tirare un sospiro di sollievo, mentre il suo cervello stava cercando il modo migliore per terminare la conversazione. -Grazie della comunicazione, capo. Buona serata- il tono era esattamente quello che avrebbe avuto un cliente spazientito sentendo l’ennesima chiamata da parte della Tim.

Ma non c’era più bisogno di essere così annoiati. Nel luogo dove stava andando, e con la “persona” che doveva incontrare, bisognava solo essere allegri.

 

Non so se qualcuno qui ha letto Bar Sport, di Stefano Benni. In questo libro si parla di questi cosiddetti “bar peso”: bar di bassa qualità, frequentati da una clientela variegata e spesso nelle aree meno abitate dall’uomo.

Per farla breve, il baretto a fianco del campo da calcio era un bar peso: una decina di tavoli in croce si stagliavano sotto il soffitto basso, due di questi ancora abitati da vecchi clienti che terminavano una partita a briscola e un terzo nell’angolo abitato solo da una figura femminile.

Era lì che Jophiel si stava avviando, i passi lenti e strascicati osservati con attenzione dalla barista mezza addormentata sul bancone.

Si sedette, davanti a lei un’altra ragazza: i capelli biondi come il grano brillavano alla luce della lampada al neon sopra la sua testa, mente il rossetto rosso come il fuoco era abbinato agli occhi dello stesso colore, celati (malamente) da un paio di lenti opache.

-Come andiamo, Abrahel?- il tono di Jophiel era sempre stato così...informale, ma in quel momento pareva essere arrivato su un altro livello di sciatteria.

-Sai che ora mi faccio chiamare Ada, Jo- il tono dell’altra era spazientita, le dita tamburellanti sul tavolo, ma non stava perdendo la calma.

Essenzialmente perché aveva disimparato a perderla.

Jophiel rispose con un sorriso sornione, creando grossi cerci sulla superficie del tavolo. -Sei sempre la solita, tesoro- le strizzò l’occhio, lo sguardo ammiccante – era dall’ottantacinque…? Dall’ottantacinque che non ti vedevo-.

-Dal novantadue- precisò la bionda, la noia che usciva da ogni sua singola parola –eri in un bar in centro a Bologna a duettare Felicità con una tipa totalmente casuale ed eravamo entrambe ubriache.

-Serata epica, davvero-

-Ho dovuto portarti in braccio fino all’hotel perché ti eri dimenticata come ci si disubriaca-.

-A volte ubriacarsi come gli umani è bello, dovresti provare-.

Ada alzò gli occhi dietro le lenti, irritata. Non era il momento giusto per fare quei discorsi. Bisognava parlare di cose serie, serissime.

Aveva letteralmente il figlio di Satana addormentato sotto il tavolo in una cesta, non era proprio il caso di mettersi a fare discorsi sull’alcolismo di Jo.

-Allora- Ada posò le mani sul tavolo, cercando di iniziare un discorso sensato –è successo un casino. Non so da dove iniziare, ma-

-Se parli della fine del mondo, so già ogni cosa- l’altra la interruppe, guardandosi le unghie –mi ha detto tutto il mio capo, e stavo proprio per fare una telefonatina al mio cuginetto londinese-.

-Aziraphale?-

-Sì-

-Quello grasso?-

-Be’, sì-

-Capelli biondi…?-

-Quello con cui hai fatto a botte nel 1867, proprio quello-

-Non volevo proprio arrivare a quel punto-

Jo scrollò le spalle, beandosi dell’espressione confusa dell’altra –in qualche modo arriviamo sempre a quel punto-.

-In ogni caso- il sospiro annoiato dell’altra sanciva la fine di quella conversazione per iniziarne una nuova –sono contenta che tu sia a conoscenza di tutto, mi hai risparmiato tanto tempo, amo-.

-No aspe’ cos’è sto amo scus-

Sul tavolo apparve la cesta, un bambino addormentato profondamente al suo interno. Era un marmocchio (o marmocchia) bello, in salute. Non sembrava proprio il pargoletto del demonio.

-Cos’è sto coso?! Che diamine è sto coso!?- il disgusto sul volto di Jo era tutto un programma. Era un angelo, sì, ma i bambini? Mai visti. Mai visti e mai amati.

- Il mio cugino londinese mi ha avvisato della presenza dell’anticristo nelle vicinanze. Lui, o lei, è la chiave dell’apocalisse-

- Ma noi non vogliamo l’apocalisse-

-Certo che no, vogliamo davvero perdere tutto questo?- il demone si guardò intorno, abbassando gli occhiali per qualche istante solo per far vedere i suoi occhi all’altra. Era una domanda retorica: loro amavano quel posto.

-No- l’angelo, d’altro canto, non poté fare a meno che sbattere gli occhi nervosa, sperando che nessuno dei presenti avesse effettivamente visto gli occhi prodigiosi. Gli umani non avrebbero apprezzato occhi rossi da serpente.

-Davvero?-

-Solo perché una volta ho quasi rischiato di dare fuoco a tutta la nazione non significa che io voglia dare fuoco al mondo- sbuffò, materializzando tra le mani una bottiglia di grappa -è il titolo di una canzone-.

Ovviamente, l’altra portò gli occhi al cielo, lasciando che l’angelo si mordesse le labbra con imbarazzo. Era un loro piccolo rituale, quello. Jo faceva un commento stupido, Ada poi portava gli occhi al cielo.

Era una cosa loro, che facevano letteralmente dall’alba dei tempi.

-Comunque- l’angelo si sporse verso di lei, lo sguardo che luccicava di quella strana luce che solo gli angeli potevano avere nelle loro iridi azzurre come la loro casa. -Qual’è il tuo piano? Perché tu hai un piano, giusto?-.

L’altra distolse lo sguardo, mordendosi l’interno della guancia. -Ovviamente- rispose, la voglia di cambiare argomento palpabile nella sua vocina sottile e forzata.

-Allora sei pregata di comunicarmelo-

-Fingiamo di fingere- con il fare da esperta che amava così tanto, si sporse verso l’altra appoggiando i gomiti al tavolo e alzando le sopracciglia. -I miei superiori mi hanno detto di portare il picinin in un convento qua vicino, in modo da darlo ad una coppia di ricconi che Belzebù ha trovato abbastanza deplorevoli per educare l’Anticristo-

-Ti seguo-

-Bene- nel notare gli sguardi aggrottati dell’angelo, continuò senza darsi un apparente freno. -Io, invece, farò finta di scambiarlo. In modo da ridare il loro effettivo figlio alla coppia, e tenerci per noi l’Anticristo-

-E perché?- alla singola idea di avere un coso perennemente tra i piedi, oppure convivere con Ada, a Jo venne voglia di addormentarsi e non svegliarsi mai più.

Entrambe le cose erano già successe, e nessuna era finita bene.

Gli occhi serpentini del demone si fecero vacui di delusioni, mentre un sospiro sprezzante andava a levarsi dalla sua bocca. -Perché così educheremo il ragazzino, o ragazzina, e bam! Sarà una persona sensata che non avrà voglia di fare casino-.

Aveva senso, come piano.

Dopo aver pronunciato quelle parole, la bionda porse la mano all’altra, che la squadrò come se fosse una sorta di scoria nucleare.

-È il piano più stupido che abbia mai sentito- pronunciò, il labbro alzato e gli occhi vibranti di confusione.

-Lo so-

-Potrebbe fallire e mandare letteralmente a puttane il mondo-

-Be’, certo-

-Se ci scoprono potrebbero farci fuori-

-Fa parte del divertimento-

Un sorriso. Un’espressione confusa.

Una stretta decisa.

-E allora facciamolo-.

   
 
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