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Autore: Geneviev    20/08/2009    0 recensioni
Festa a palazzo per il matrimonio del Re con la sua nuova Regina, venuta da lontano. Luci e musiche, danze, il profumo di una giovane dama che attende in disparte l'avvenire.
E lui, Ambasciatore di terre straniere, le sorride. Quale destino attende iscritto nella notte?
Genere: Dark, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Baci oscuri'
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Demoni e ventagli

Demoni e ventagli

[Ora ecco la coda del diavolo, quella benedetta coda che si diverte a mettere sottosopra tutte le buone intenzioni di cui è lastricato l'inferno… ]

G. Verga, Primavera e altri racconti.

_________________________

La sala era gremita di gente. Gli eleganti e sontuosi abiti, vaporosi e intarsiati di merletti e pizzi, vestivano con colori caldi i nobili e i ricchi cortigiani che partecipavano alla festa.

Le dame con le loro larghe gonne e i corpetti stretti, che mettevano in risalto le forme del corpo, si sventagliavano con eleganza il viso, muovendo le ciocche ricce che cadevano raffinate dalle acconciature appariscenti, con il viso truccato e incipriato, e i lussuosi gioielli lucenti a impreziosirle.

I signori altrettanto distinti nelle giacche di velluto e di broccato, con le larghe camice candide, con i polsini e i cravattini in pizzo morbido, e le lucide scarpe nere, con le fibbie dorate e argentate.

Il soffitto era tanto alto che la metteva a disagio, affrescato di angelici cherubini che rendevano gloria al Re. Era tutto così grande e sfarzoso, le pareti ricoperte d’oro splendevano alla luce delle candele che sfavillavano nella sala. Il mobilio era sfarzoso e ricercato, degno di un sovrano tanto eccentrico.

Il profumo dolciastro e alcolico del vino che scorreva a fiumi nel cristallo dei calici, e delle pietanze prelibate, raffinate e delicate, preparate dalle mani dei migliori chef del regno per l’occasione, si mescolava a quello dei fiori, rose, calendule, tulipani e gigli, raccolti nei mille vasi dipinti. Sembrava di essere all’esterno, nei giardini fioriti, nel mese di maggio.

La musica riempiva ogni anfratto, anche quelli che la luce delle candele non riusciva a riscaldare. Il clavicembalo, i violini, gli ottoni, i liuti, l’arpa si muovevano vibrando di vita, gettando note sopra gli invitati, invogliandoli a ballare, così che le gonne e i boccoli delle fanciulle volteggiassero ad ogni passo.

Lei se ne stava appena in disparte dagli altri ospiti, osservandosi attorno quasi a disagio. Si sentiva tanto piccola e sperduta, nel suo raffinato abito celeste, dagli orli dorati, la gonna che scendeva fastosa dai suoi fianchi, e il bustino forse troppo stretto che le premeva e alzava il petto messo in risalto dalla scollatura e dal pizzo che lo orlava.

Si malediva per aver perso il suo stupido ventaglio, per non poter nascondere il giovane viso agli occhi dei signori che la fissavano. Le gote così si arrossavano con dolcezza, impreziosendo il bel viso. Il grano dei suoi capelli, in parte raccolti dietro la nuca da una spilla di madreperla, le sfiorava morbidamente la schiena in riccioli squisiti.

A un tratto lo vide, accanto ai musici, fissare il ragazzetto che giocherellava con i tasti del clavicembalo, con il suo calice ancora pieno di vino in mano. Arrossì, ma non riuscì a distogliere lo sguardo dalla sua alta e attraente figura.

La scura giacca color giada in velluto damascato, copriva la camicia bianca, i cui polsini a sbuffo sfioravano le mani dalle lunghe dita affusolate e il bavero carezzava la pelle bianca del collo. I pantaloni neri finivano dentro gli stivali alti dell’identico colore lucido. Una spilla di cupo smeraldo fermava lo jabot bianco sotto il mento, e sul viso perfetto e stupendo erano incastonati due smeraldi altrettanto freddi e bui, come pietre rare. I lisci capelli castani incorniciavano il volto serio, dall’ossatura sottile, e alcune ciocche cadevano lambendo gli zigomi alti. Le sue labbra carnose erano ferme in un’espressione di pacata attesa.

"Volete del vino Madame". La voce bassa e sofisticata di un servo dalle guance cadenti la fece sobbalzare.

"Oh no vi ringrazio" fu la sua pronta e gentile risposta. Il paggio si allontanò insieme alla sua parrucca e al suo vassoio d’argento, seguito dallo sguardo di lei.

La fanciulla tornò ad osservare l’uomo accanto all’orchestra, e lo sorprese a discorrere con due dame. Entrambe di un’età considerevole, addobbate da gioielli pacchiani, l’una tarchiata con secchi boccoli neri, stretta in un abito celeste troppo scollato, e l’altra rachitica con il naso all’insù, vestita di rosa e verde e dai capelli rossicci pettinati in malo modo. Se fosse stata una villana, avrebbe storto il nasino, ma poi il tempo sembrò fermarsi e tutto perdere di significato perché lui… le sorrise.

La stava fissando, ignorando completamente le due donne, e quelle sue meravigliose labbra erano mosse da un sorriso galante. Ricambiò timidamente il gesto, sentendo le guance imporporarsi. Lo vide congedarsi, lasciando sorprese e offese le povere signore, e avanzare verso di lei, abbandonando il calice ancora pieno di vino rosso rubino sul vassoio di un servo che gli passava accanto.

Il cuore le balzò alla gola, iniziando a battere veloce, e prese a torturarsi le mani, chiedendosi dove fosse finito lo stupido ventaglio.

"Buona sera Madmoiselle Valentine". La sua voce era una calda brezza, bassa e penetrante.

"Ambasciatore". La ragazza si abbandonò a un educato inchino, allargando le braccia e flettendo le gambe, il capo ossequiosamente rivolto verso il basso.

"Sono estasiato dalla vostra presenza" disse Andrej, chinandosi a sua volta, allungando una mano per sfiorare la sua e avvicinare le labbra alla pelle sottile e delicata del dorso.

"Oh… mi fate troppa grazia" rispose lei, abbassando gli occhi azzurri, mente quelli verdi di lui la fissavano.

"Trovate la festa di vostro gradimento?" domandò il ragazzo senza distogliere lo sguardo dal suo capo biondo. La giovane alzò gli occhi, rivolgendoli al fondo della sala, dove c’era il Re in persona, con la bellissima e nuova consorte.

La Regina parve sentire lo sguardo della ragazza su di sé, perché la fissò con gli occhi blu, penetranti come la lama di un coltello. Era davvero una donna seducente, con lo sguardo ammaliatore, e le labbra vermiglie, e i boccoli neri come la notte. Elegantissima nell’abito rosso come sangue, con il viso illuminato dai gioielli di diamante e pizzo nero. Le sorrise amabilmente. In quell’istante si rese conto che la bellezza di quella donna era quasi inquietante, il portamento e i lineamenti esotici, come quelli del suo Ambasciatore.

"Si" rispose infine Valentine tornando a osservarlo. Un silenzio solido fra loro si erse, frantumato solo dalla musica che vibrava sulle corde degli strumenti musicali.

"Il vostro cavaliere dov’è?" chiese l’uomo accennando a guardarsi intorno.

"Sono sola" fu la risposta timida di lei.

"Ma questo è un abominio… non posso permettere che una splendida signora come voi rimanga sola in una serata come questa". Valentine guardò il viso perfetto dell’uomo, chinando il capo lusingata. La musica si fermò per un momento, sostituita da alcuni applausi apatici che presto scomparvero sotto altre note. Iniziò il valzer.

"Volete concedermi l’onore di questo ballo?" disse lui chinandosi, mentre imprimeva gli occhi smeraldo in quelli celesti della fanciulla, offrendole il braccio.

"Io…" iniziò lei titubante "…con vero… piacere". Sorrise dolcemente, arrossendo teneramente sulle gote, mentre Andrej le prendeva una mano delicata, posandola sul dorso della sua, per condurla verso il centro della sala, ove c’erano gli altri danzatori.

Arrestò il passo e l’accompagnò con un gesto del braccio fino a che ella non si fermò di fronte a lui. Le posò una mano sul fianco, mentre lei posava la sua sul rispettivo braccio di lui, e alzò l’opposta mano, fra cui teneva quella pallida e piccola della fanciulla.

Iniziarono a muoversi a ritmo della musica, Valentine si lasciava condurre dal suo galante cavaliere, mentre fissava i suoi occhi di smeraldo e il cuore le impazziva nel petto per l’emozione di essere tanto vicina a lui da poterne sentire il respiro.

"La Regina ha molto in considerazione la vostra persona" sussurrò il ragazzo in tono suadente, con voce abbastanza alta e profonda da farsi sentire dalla giovane. Valentine rimase stupita da quelle parole, scostando appena il capo indietro, mentre continuava a ballare, con la mano stretta in quella dell’Ambasciatore.

"Davvero?". Andrej sorrise amabilmente.

"Oh si… non solo la vostra famiglia è una delle più influenti a corte, ricca e feudataria di molte terre, ma voi… siete una fanciulla di grazia e bellezza incomparabili, elegante, e dai modi tanto affabili da suscitare la gelosia di molte cortigiane…" spiegò quieto con lo stesso mezzo sorriso, lanciando uno sguardo alle due signore che aveva abbandonato vicino all’orchestra, come divertito, mentre continuava a far danzare la giovane, muovendosi elegantemente a passo di musica. Valentine non riuscì a impedirsi di arrossire, e di abbassare lo sguardo per un attimo, camuffando il suo imbarazzo con un sorriso lieve.

"La Regina apprezza in particolar modo chi possiede tale potere… e cotanta bellezza…" continuò ancora, facendola roteare tenendole la mano per poi tornare a poggiarle la mano sul fianco. La ragazza sorrise ancora, con il cuore che batteva tanto forte da ovattarle la musica nelle orecchie.

"Le vostre parole mi lusingano, Ambasciatore" disse lei tornando a tuffare gli occhi in quelli verdi e meravigliosi dell’uomo, con voce pacata e cortese.

"E’ solo la verità, Madmoiselle... credo che alla Regina farebbe davvero piacere se voi diventaste sua Dama di compagnia" aggiunse il cavaliere, con voce suadente e sussurrata.

"Oh… ma sarebbe per me un onore immenso…" disse lei sorpresa e gaia di quelle parole. Andrej fece di nuovo comparire quel mezzo sorriso, stringendo appena il corpo della piccola donna a sé. La ragazza sorpresa trattenne il respiro, e si sentì mancare quando lui avvicinò il viso al suo, socchiudendo quegli occhi stupendi per respirare il profumo dei suoi capelli, sfiorandoli sensualmente.

Era un baratro in cui stava cadendo quello, un crepaccio in cui tutto si ovattava di colori tenui e la musica svaniva, in cui lui l’avrebbe trascinata. Un gesto tanto sconveniente per il luogo e l’epoca, e per la società dedita alle malelingue.

"Ambasciatore…" sussurrò Valentine, appena percettibilmente per farsi sentire dal ragazzo, con voce debolmente combattuta, in una tacita richiesta di contegno. Lui sorrise trionfante, con gli occhi da predatore ancora chiusi, sicuro di sé come un dio mentre ancora si muoveva sulle note dell’orchestra, conducendo nel ballo la giovane che stringeva a sé.

"Però… dovreste fare una cosa per me…". Andrej parlò con voce ferma e suadente, e la giovane alzò il viso modellato in un’espressione di perplessità, per incontrare i suoi occhi di smeraldo inscalfibile. Lui non rispose, si limitò a sorridere. Un sorriso diabolicamente attraente, un sorriso che solo le labbra dei dannati possono rendere così seducenti. Continuò a ballare con la fanciulla, stringendola a sé con un braccio.

"Cosa dovrei fare?" domandò Valentine torturata dal dubbio, cercando una risposta sul bel viso del ragazzo pallido, trovandovi solo muta perfezione. Ancora Andrej si limitava al silenzio e al ballo sinuoso dei loro corpi al ritmo della musica.

L’Ambasciatore avvicinò il viso alla spalla della ragazza, mentre abbassava le palpebre sull’incanto dei suoi occhi oscuri. Socchiuse la bocca, ed ecco i denti del demonio, affilati canini scintillanti come perle. Nessuno se ne accorse se non la Regina, lontana sul trono, le gambe sconvenientemente accavallate lungi dall’esser regale, circondata da paggi e dame.

La musica stava per finire il suo cammino e Andrej si chinò appena su di lei, reggendola con un braccio dietro la schiena, per posare un bacio sulla pelle bianca e liscia del suo collo. Peccaminoso terrore negli occhi azzurri di Valentine.

Le note svanirono come bolle nell’istante in cui Andrej distaccò le labbra, alzando il viso per incontrare quello arrossato della giovane e i suoi occhi innocenti, che apparivano ancor più grandi e belli.

Dove diavolo era il suo stramaledettissimo ventaglio? Possibile che nessuno si fosse accorto di quel bacio? E della porpora che impreziosiva le sue gote?

"Venite… andiamo fuori all’aria fresca". Non disse nulla la fanciulla, abbassò il capo e quando lui le fece un cenno d’invito con il braccio, s’incamminò verso le alte finestre che conducevano alla terrazza.

Andrej ancora fece comparire quel sorriso trionfante e dannato sulla bocca, mentre fissava il piccolo corpo dolcemente vestito di azzurro della ragazza che si dirigeva verso l’esterno. Solo uno sguardo rivolse alla sua Signora, che lo stava fissando e che gli fece un semplice cenno.

L’aria fresca della sera era un balsamo per la sua pelle accaldata. La ragazza si avvicinò al parapetto di fredda pietra, e vi poggiò sopra le pallide mani, sospirando per rivolgere poi lo sguardo ai giardini perfettamente ricolmi di rose e tulipani. Il cuore ancora le batteva forte nel petto, la pelle toccata da quelle labbra fredde sembrava bruciare. E ora cosa avrebbe fatto?

Sentiva i suoi passi dietro di lei, il candore delle sue gote rimaneva scottato dal rossore al pensiero di tanta irruenza, tanta passione nei suoi gesti decisi, in quei magnifici occhi verdi. Lui, il suo irresistibile demonio tentatore.

L’uomo la raggiunse da dietro e lesto le afferrò delicatamente un braccio, facendola voltare.

"Ambasciatore… non…" credo sia il comportamento che la società si aspetta da una giovane da bene, se ci vedesse qualcuno… troppo tardi, dolce Valentine. I denti del tuo Vampiro già penetrano la tenera pelle della tua gola. Le senti le zanne affondare nella carne e bloccarti il respiro, e poi il dolore e il terrore.

Andrej la cingeva fra le sue braccia, stringendola con una mano premuta sulla sua schiena e reggendole la nuca con l’altra. Il viso tuffato sulla sua spalla, il morso serrato su quell’incanto di collo a ghermire con cupidigia la ferita inferta dai canini affilati. La strinse ancor di più strappandole un gemito, mentre lasciava che le sue fredde e carnose labbra lambissero il sangue che già sgorgava. Accarezzò con la lingua la pelle martoriata, facendole male, e iniziò a bere la rossa linfa, riempiendosi la bocca per poi deglutire avido.

Valentine era pietrificata dal terrore, le braccia lungo i fianchi, il cuore che pompava frenetico e folle. Il maligno si stava cibando di lei. Più lui la stringeva, più il dolore si attenuava, e più lui la premeva contro il suo corpo più lei sentiva l’insano desiderio, la peccaminosa tentazione di abbandonarsi completamente a lui. Il suo scandaloso demonio tentatore.

La mente le si annebbiava, i muscoli perdevano forze facendola cedere e i sensi venivano meno. Ma il terrore regnava nel suo animo, sopraffacendo la passione e il malore.

"Che cosa siete?". Un filo di voce, le uniche forze che trovava.

Il Vampiro si riempì un’ultima volta la bocca malvagia del suo puro sangue e leccò perversamente la ferita, succhiando dolcemente la pelle torturata. Si staccò da lei con le labbra sporche di rosso e la fissò negli occhi. Gli occhi del Vampiro erano pozzi neri come la più oscura delle notti.

"Sono un demonio, Madmoiselle. Il vostro demonio tentatore". Una voce rauca, famelica, la voce di una fiera dal viso insanguinato, pronta ad azzannarla di nuovo. Un rantolo selvaggio scaturì dalla sua gola mentre si sporgeva di nuovo fissando il rosso sul suo collo.

"Andrej". Una voce calda e calma dietro di loro, sensualmente femminile. Il Vampiro si voltò di scatto posando gli occhi oscuri sulla figura che aveva parlato, tenendo il debole corpo della ragazza fra le braccia.

La Regina avanzava verso di loro con passo tranquillo, il flessuoso corpo formoso vestito delle regali e fastose vesti scarlatte. Fra le bianche mani teneva un ventaglio.

Gli occhi color zaffiro della donna erano rivolti alla giovane ragazza che stava fra le braccia dell’Ambasciatore, un sorriso pacato sulle labbra vermiglie. La donna tese una mano verso di lei, che la fissava con i grandi occhi azzurri pieni di terrore che cercavano aiuto.

Nessuna parola uscì dalle labbra della Regina i cui occhi erano completamente dedicati a Valentine. Con la mano bianca s’insinuò dietro il suo collo, fra i boccoli biondi, obbligando il Vampiro a lasciarla a lei. Riluttante il ragazzo lasciò che la sua Signora s’impadronisse della sua preda, mentre prendeva il ventaglio che gli tendeva. Stupido ventaglio.

"Non abbiate paura mia dolce ragazza". Una voce angelica quella della donna, terribilmente spaventosa nella sua magnifica bellezza. La giovane rimaneva tesa e il terrore non sembrava svanire dai suoi occhi azzurri, anzi pareva aumentare. Non erano quelle le parole che si era aspettata. Era debole e sentiva la testa girare, ma la Regina la reggeva con il minimo sforzo, le sorrise ancora dolcemente.

"Sarete la mia dama" le disse semplicemente, gentile. Il suo destino marchiato nella notte. La donna chinò il viso avvicinandolo al collo insanguinato di Valentine e le labbra vermiglie si posarono sulla ferita inferta dal morso di Andrej. Iniziò a bere da lei.

La sua sete era meno violenta e passionale di quella dell’Ambasciatore, era delicata. La giovane non sentiva dolore o estatico piacere, solo calma. Più la Regina beveva, più la ragazza si sentiva trasportata in un dolce limbo e provava il desiderio di rimanervi. Non si accorse di piegare le ginocchia per la spossatezza, fino a che non fu a terra, la schiena sorretta dal braccio della Vampira, inginocchiata accanto a lei. Il limbo la stava inghiottendo.

Andrej osservava tacito la scena, rimanendo immobile come una statua, in eretta postura, gli occhi verdi fissi sul viso sempre più pallido della fanciulla, sulle sue deliziose labbra socchiuse. Li distolse solo per fissare lo stupido ventaglio che teneva fra le mani, per poi spezzarlo e buttare le due metà dal terrazzo.

"Andrej" lo richiamò il sussurro limpido della sua Signora, che aveva staccato la bocca dalla gola di Valentine, e ora la fissava come una madre fissa una bambina addormentata. Solo che lei non era addormentata, stava morendo.

"Il vostro sangue…". La Regina attese che lui avvicinasse il braccio, senza degnarlo di sguardo.

"Ma mia Signora… l’avete scelta voi…". Era sorpreso nella sua incomparabile bellezza, forse spaventato. Cosa può spaventare un demonio?

"Ma voi la desiderate. Il mio sangue è troppo antico, troppo forte" spiegò la donna alzando il viso per imprimere gli occhi blu in quelli dell’Ambasciatore. Il ragazzo si ammutolì come se gli fosse stato ordinato di farlo. S’inginocchiò, lo sguardo rivolto solo a Valentine che respirava a fatica. Sentiva il battito del suo cuore, debole, agonizzante.

Scostò la manica fino a scoprire buona parte del braccio e si morse la pelle bianca del polso. Sembrò non provare dolore. Avvicinò il polso alle labbra della ragazza, sporcandole con il sangue oscuro che faticava a uscire dalla profonda ferita. Una goccia scivolò sulla lingua di lei, e come velenoso nettare la riempì di eccitazione. La giovane premette le soffici labbra sulla pelle fresca e dura del suo Vampiro e iniziò a riempirsi da bocca di quell’ambrosia. Stillava ogni lacrima vermiglia con delicato appetito, attraversata da nuove inumane emozioni come fossero scariche. Dopo due sorsi ebbe la forza di alzare le mani per cingere le dita sul suo braccio. Le palpebre rimanevano abbassate sugli occhi mentre si nutriva animatamente di quella maligna medicina, portentosa e afrodisiaca. Più guariva, più andava incontro alla morte e lentamente si alzava a sedere animata da una nuova forza, bevendo dal suo assassino.

Andrej si sentiva tirare in un vortice fatto di spine che deformava ogni cosa. Fissava il viso della sua ragazza mentre lei serrava labbra e dita sul suo braccio, era amore quello che provava? L’allontanò da sé, sottraendosi alla sua voracità, quando sentì di non poter più sopportare le spine, l’insensibilità e il torpore che stavano acquistando il suo forte corpo immortale.

Valentine abbandonò con riluttanza il suo fatale nutrimento e rimase a boccheggiare aria, con le labbra sporche di sangue. I boccoli biondi erano scomposti e gli occhi azzurri, lucidi fissavano il vuoto sul petto del ragazzo. I muscoli del suo corpo si contrarono in uno spasmo e dalla bocca ne uscì un gemito di dolore. Convulsioni, stava morendo.

Il Vampiro la cinse fra le braccia, abbracciandola. Poggiò la sua testolina alla spalla e la strinse mentre lei si muoveva fra gli spasimi sofferenti della fine. L’aria abbandonava i suoi polmoni, sembrava la stessero strozzando. Moriva soffocata, moriva avvelenata, moriva bruciata dall’interno.

Rinasceva, figlia della notte.

Dopo un lungo istante tutto si placò, Valentine si fermò pietrificata fra le braccia del ragazzo, inginocchiata a terra di fronte a lui. Rialzò il viso, respirando il profumo del collo bianco di Andrej, per cercare i suoi occhi. Il mare risplendeva in quelli di lei, un mare di terre sconosciute, un azzurro tanto bello da essere inumano, ora. Passò la lingua sulle labbra in un gesto famelico quanto accattivante.

La giovane Vampira si voltò verso la Regina in piedi accanto a loro due, ed ella le sorrise.

"Benvenuta nella notte Madmoiselle Valentine".

L’Ambasciatore l’aiutò ad alzarsi e la tenne accanto a sé, passandole un braccio attorno alle spalle mentre a sua volta fissava la sua Signora. La donna spostò gli occhi blu dalla figura della ragazza a quella di lui.

"Ora è vostra sposa". Una voce tanto delicata, il sorriso di un demonio bello come il più bello degli angeli. Un sorriso dolce di una Vampira.

"A domani". Si voltò con divina eleganza e tornò all’interno, dove ancora l’orchestra suonava per la gioia dei festeggianti.

Andrej fissò la Regina rientrare, poi abbassò gli occhi verdi su Valentine che ancora non comprendeva la bellezza delle tenebre attraverso i suoi nuovi eterni occhi da Vampira, persi nelle luci che filtravano dai vetri del palazzo. Le sfiorò il mento con le dita, per voltare e alzarle il viso. E fissarla.

I suoi occhi risplendevano nel buio di una nuova luce. Affogava in lei e lei era incantata dal suo Sire. Il Vampiro si chinò su di lei per baciarla con passione, sulle labbra, stringendola a sé con forza e impeto. La sentì stringersi contro di lui e si appagò della facilità con cui lei ricambiava il suo bacio.

Valentine era rinata e ora nulla aveva alcuna importanza. Né la festa, né l’onore di una giovane di buona famiglia, né la società di carogne di cui si apprestava a cibarsi, né il suo stupido ventaglio spezzato. Era sua e lo avrebbe amato, e odiato, in eterno.

   
 
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