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Autore: NPC_Stories    29/10/2020    2 recensioni
L'anno scorso ho fatto l'inktober con Erika, quest'anno lei ha trovato questo fantastico promptober chiaramente a tema drow.
Non so se riuscirò a scrivere tutti i giorni, probabilmente saranno storie brevissime, non so se ci saranno dei disegni, ma so che i prompt sono troppo belli e cercherò di tirarne fuori qualcosa, probabilmente missing moments di altre mie storie.
Genere: Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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29. Necromancer


Waterdeep, estate 1373 DR

La necromanzia non era una pratica ben vista, ma secondo la famiglia Domedias questo pregiudizio era figlio di una visione miope e di una pessima rappresentazione mediatica. Certo, era anche colpa dei necromanti che facevano effettivamente delle stronzate moralmente questionabili come rianimare scheletri e lanciarli contro gli onesti cittadini, evocare potenze oscure per trasformarsi in lich o rubare energia vitale a vittime innocenti. E sì, forse a ben guardare la maggior parte dei necromanti era così. Ma era poi vero? Fa più rumore un albero che cade, che una foresta che cresce.
Ad ogni modo, secondo la famiglia Domedias, tutto questo non inficiava la validità e la nobiltà degli studi sulla necromanzia in sé. Il misterioso confine fra la vita e la morte era oggetto di curiosità per tutte le creature mortali, era perfettamente logico che fosse così, e nel tempo decine e centinaia di menti illuminate erano riuscite a piegare le energie della magia per poter pizzicare quel confine, per poterlo attraversare indenni, o addirittura per renderlo sfumato.
Non tutti ad esempio sapevano che secondo alcune scuole di pensiero anche gli incantesimi di guarigione rientravano sotto il cappello della necromanzia, in quanto magie che manipolavano le energie vitali[1]. Ma oltre a questo, c’erano altri usi per la necromanzia che potevano essere utili al bene comune: ad esempio, distruggere i non morti. In condizioni di necessità, perfino interrogare i cadaveri poteva essere una pratica accettabile, utilizzata anche dalla Guardia Cittadina per risolvere omicidi. Era praticamente divinazione, solo con i defunti. Anche proiettare il proprio spirito nel Piano Astrale era necromanzia, e chi aveva mai detto che fosse una cosa malvagia?
Comunque, lasciando da parte le considerazioni sui vari e poliedrici usi della necromanzia, quello su cui la famiglia Domedias era particolarmente specializzata era lo studio e il contenimento dei non morti pericolosi. Herz Domedias, il più anziano membro della famiglia ancora in vita, era uno studioso di magia divina. Sua sorella Julienne, la più giovane, si occupava dell’altra metà del cielo: la magia arcana. Alec, il loro fratello di mezzo, preferiva tenere in mano una balestra o una spada anziché un libro. Aveva una collezione di balestre, a dirla tutta: vecchie, nuove, consacrate, perfino una balestra infusa di potere maligno che non usava mai ma che teneva come trofeo; l’aveva strappata alle dita fredde e due volte morte di uno scheletro senziente che aveva distrutto. Alec era un po’ troppo spericolato, secondo i suoi fratelli; un tempo aveva la sorella Anne a dargli manforte, gli copriva le spalle con le sue bacchette, ma poi era stata uccisa da un vampiro e lui era diventato se possibile ancor più spericolato, anziché imparare un po’ di sana prudenza.[2]
Da qualche tempo anzi era diventato ancor più pericoloso aggirarsi nel cimitero, un lich fuori di testa fissato con la magia del tempo aveva iniziato a far esperimenti sulla gente, quindi l’accesso al cimitero era stato proibito o contingentato il più possibile. Quanto a distruggere il lich o cacciarlo via, si era dimostrata un’impresa molto ardua, perfino per i tre fratelli esperti nella caccia ai non morti. Dopo mesi di stallo, la cosa poteva ormai definirsi una difficile e tesa convivenza.

Herz Domedias era impegnato nello studio della manipolazione dell’energia positiva, un’arte molto delicata che di solito i chierici approcciavano con la guida della fede, ma uno studioso come lui non poteva accontentarsi di risposte raffazzonate. I chierici sapevano canalizzare l’energia della vita per tenere a distanza i non morti, e lui non si capacitava del fatto che questo potere non fosse replicabile tramite lo studio e la puntuale sperimentazione. Possibile che fosse davvero una concessione divina? Ma come faceva la gente a vivere senza certezze matematiche, solo sulla spinta di parametri non misurabili? La cosa lo faceva diventare matto.[3]
“Fratello” una voce femminile lo chiamò da dietro la porta chiusa del suo studio, accompagnata da un discreto bussare. “La Civilar Dee è venuta a trovarci. Con un… visitatore.”
Herz poggiò le mani sulla scrivania, ai lati del tomo che stava leggendo, e si diede una leggera spinta per allontanare la sedia dal tavolo. Di norma non avrebbe interrotto la sua routine per un visitatore, ma la Civilar Dee era una persona interessante. Era un ufficiale di medio livello della guardia cittadina, una Civilar appunto, un rango simile al luogotenente: meno di un capitano e più di un sergente. Non era questo a renderla interessante, però: la ragazza era anche una mezza-vampira. Lei e la famiglia Domedias avevano una storia, recente ma movimentata, di collaborazione nei casi più strani.

Nel frattempo, fuori dal portone del palazzo dei Domedias, la Civilar Dee e un visitatore incappucciato attendevano il ritorno di Julienne.
“Sentì un po’, mi spieghi com’è che ti chiamano Dee?” Domandò lui dopo un po’, per rompere il silenzio.
La dhampir si guardò le punte delle scarpe, un po’ a disagio.
“Quando fono andata a regiftrarmi all’anagrafe di Waterdeep” raccontò, controvoglia “ho trovato un impiegato un po’ duro d’orecchi. Non riufhiva a capire che il mio nome è Dee Dee e non ho un cognome. Quindi ha decifo che Dee era il nome e l’altro Dee era il cognome.”
L’uomo, che si comportava come se avesse una certa confidenza con lei, sbuffò una risata prima di riuscire a controllarsi.
“Vaffanculo?” La giovane sibilò fra i denti.
Questo lo fece solo ridere di più.

Pochi minuti dopo Julienne tornò alla porta con suo fratello Herz, e i due vennero scortati in un salottino. Era una delle poche stanze della casa effettivamente pulita e tirata a lucido; per il resto, la magione dei Domedias sembrava produrre polvere perfino dalle pareti. Era chiaro che la famiglia non navigava nell’oro, i pavimenti di legno scricchiolavano ad ogni passo e le candele avevano il cattivo odore del sego vecchio. Un tempo doveva essere stata una famiglia ricca, prestigiosa. Forse era la loro professione a renderli poco popolari.
Herz Domedias si sedette su una poltrona e indicò a Dee Dee e al visitatore di fare lo stesso. Julienne rimase in piedi.
“Vi posso offrire una tazza di tè” propose, con una strana inflessione nella voce “ma se ricordo bene, a te non piace, vero Dee Dee?”
“No, infatti” confermò la dhampir. “Apprezzo il pensiero, ma no grazie.”
“E immagino che i morti non bevano” continuò la donna, occhieggiando l’incappucciato.
L’uomo allargò le braccia, come per scusarsi. Le sue mani erano coperte da guanti neri, sembrava che cercasse di nascondere ogni centimetro della sua pelle.
“Purtroppo no. Ma ditemi, è così evidente?”
I due fratelli necromanti si scambiarono uno sguardo.
“No” rispose Herz, dopo un momento di riflessione. “A dire il vero, no. Niente freddo innaturale, niente aura di terrore, niente puzza di decomposizione, non corrompete le cose che toccate e non avete cercato di risucchiare la vita a nessuno. Per di più, è pieno giorno e non temete il sole. Se gli allarmi magici di questa casa non ci avessero avvisati, non avremmo avuto modo di sospettare… anche se, finora, non ci avete mostrato il vostro volto. C’è forse qualche orrendo dettaglio rivelatore che state cercando di nascondere?”
L’incappucciato sorrise, ma loro non potevano vederlo.
“Niente che non nasconderei anche se fossi vivo” annunciò, facendo scivolare il cappuccio dietro le spalle e abbassando la sciarpa leggera che gli copriva la parte inferiore del volto.
I due fratelli capirono all’istante il motivo per cui si era camuffato in quel modo: era un elfo scuro, un drow. Non sarebbe stato ben accolto a Waterdeep, né vivo né morto.
A parte la pelle nera e i capelli argentei, però, il suo aspetto non presentava altre minacce. Niente occhi iniettati di sangue o completamente cavi, niente denti appuntiti, né carne marcescente.
“Un drow” ricapitolò Herz, senza scomporsi. Nemmeno Julienne sembrava turbata, anzi, si sporse verso di lui con maggiore curiosità. “Però nulla nel vostro aspetto suggerisce che tipo di non morto siate. Una bella sfida!” Il negromante sorrise, come se fosse compiaciuto per quella novità.
“Un lich sotto l’effetto di un incantesimo che preserva il vostro corpo” ipotizzò Julienne.
“Ho avuto il piacere di conoscerne una” il drow sorrise, amabile. “Sembrava morta un minuto prima, davvero! Poteva quasi apparire viva. Ma nei suoi occhi ogni tanto si vedevano delle scintille di magia, un riflesso del potere che senza dubbio la teneva in… vita” raccontò, ricordando un incontro di molti decenni prima.[4]
“Un vampiro che ha trovato il modo di resistere alla luce del sole?” Tentò Herz, anche se era un’ipotesi azzardata.
L’elfo scuro scosse la testa e sorrise apertamente, per mostrare i canini. Erano normali.
“Forse non appartenete ad alcuna specie nota di non morti” continuò il fratello maggiore, perché non intendeva desistere “ma siete un negromante che si è immerso nella sua arte fino al punto da passare dalla vita alla non morte, senza soluzione di continuità?”
“Oh, no, io non sono un mago” il drow si schernì “sono un umile guerriero.”
“Uno zombie” riprovò Julienne “il cui cadavere è stato preservato dalla putrefazione e in cui è stata risvegliata artificialmente l’intelligenza.”
“Ora mi ferite profondamente” il guerriero si mise una mano sul cuore, che tanto non batteva. “Io ho ancora la mia anima, grazie tante. Non sono un fantoccio con un’intelligenza artificiale!”
Herz si prese il mento fra due dita, giocherellando con la barba corta mentre rifletteva su quell’indovinello non vivente.
“Ci sono molti tipi di non morti, eppure così su due piedi non mi sovviene cosa possiate essere. Se potessi consultare i miei tomi per qualche giorno, sono certo che ne verrei a capo.”
“Vi prego, permettetemi di farvi risparmiare tempo. Sono un fantasma” l’elfo scuro gettò la maschera, rivelandosi con un gesto accomodante della mano.
Herz sembrò sinceramente sorpreso da quella notizia.
“Capisco il vostro stupore, ma permettetemi di chiarire un malinteso secolare. I fantasmi non sono davvero incorporei. Sono perfettamente solidi, sul Piano Etereo. È solo la manifestazione sul Piano Materiale che ci rende trasparenti e intangibili, ma se riusciamo a venire da questa parte grazie a un Portale o a un incantesimo, manteniamo la nostra corporeità.”[5]
Nel silenzio completo che seguì questa spiegazione, Julienne s’illuminò e alzò un pugno al cielo, piegando le labbra in un sorriso appena visibile. Non era tipa da sorridere con gioia, mai. “Lo sapevo!” Annunciò. “Avevo teorizzato da tempo che in realtà i fantasmi fossero corporei! Lo studio del Piano Etereo mi ha portato a questa conclusione, e le mie teorie sul confine poco netto fra necromanzia ed evocazione…”
“Sì, grazie, sorella. Non annoiamo i nostri ospiti con dettagli tecnici.” La invitò Herz, lanciandole un’occhiata seria. Come ogni studioso, non voleva divulgare i segreti di famiglia.
“In verità, la speranza di annoiarmi con dettagli tecnici è proprio il motivo che mi porta qui” il fantasma li prese in contropiede. “Come tutti gli spiriti senza pace, anche io ho una missione che devo compiere prima di poter… andare oltre. La mia missione però è a più ampio respiro; io ero… io sono un seguace di Eilistraee. So che la mia dea non mi ha abbandonato solo perché sono morto, io sono ancora un utile strumento per Lei. Dovete capire che la mia gente ha degli obiettivi, fra cui rivalutare la nostra razza e portare aiuto a chi ne ha bisogno. Le ragioni che mi hanno portato a scegliere questa vita e questi valori sono… personali, diciamo così. Forse è per questo che sono rimasto come fantasma. Le ragioni personali sono sempre le più forti, le meno sane. Le mie, in particolare, sono ossessive. Non posso lasciare questo mondo finché c’è ancora bisogno di me. Non posso concedermi la pace finché non avrò fatto abbastanza per bilanciare il male che ho fatto in gioventù.”
I due fratelli si scambiarono un’altra occhiata. Era vero che loro si occupavano di non morti, ma di solito lo facevano con la violenza. Non avevano idea di come aiutare un fantasma, qualcuno che avrebbe potuto cessare di essere un non morto solo quando avesse risolto le sue questioni in sospeso.
“E quando potrete onestamente dire di aver controbilanciato il male che avete fatto?” Domandò Julienne, facendo un’osservazione molto puntuale. “Esiste un’unità di misura per il male fatto, o per il bene?”
“No” il drow sorrise tristemente, ma la ricompensò con un leggero cenno del capo per aver centrato il punto. “Immagino che sarò libero quando il mio senso di colpa si affievolirà, ma il senso di colpa è ciò che alimenta il mio senso del dovere, quindi in definitiva è quello che mi tiene in vita. O in non-vita. Non ho veramente la certezza che sarò mai libero. Forse rimarrò un fantasma per sempre.”
“E come sperate che possiamo aiutarvi?” Herz prese la parola, cercando di non suonare troppo brusco. Non voleva far arrabbiare il loro ospite, i fantasmi non sono forze con cui scherzare.
“Non mi aspetto che possiate aiutarmi ad andare oltre,” ammise, “non sono qui per questo.”
“Il mio amico non è un fentimentale” confermò Dee Dee. “È un guerriero. Un guerriero con un obiettivo.”
“Un obiettivo che è anche un’ossessione” rincarò lui. “Non sono qui perché mi aiutiate a smettere di essere un fantasma. Sono qui per proporvi uno scambio. Voi studiate i non morti, vero? Avete mai studiato uno come me? Sapete cosa può fare esattamente un fantasma? Non uno che va in giro intrappolato nei suoi stessi gorghi mentali, non uno che usa i suoi poteri in modo istintivo e casuale per abbattere i viventi per invidia, ma un fantasma lucido e competente che conosce i suoi punti di forza e sa sfruttarli?”
Herz Domedias si sentì all’improvviso la gola secca.
“No” ammise, in tono un po’ gracchiante. “Nessuno ha mai messo davvero le mani su un fantasma.”
“Io vi offro la possibilità di farlo” propose il drow. “Sarò un soggetto di studio efficiente e collaborativo, se in cambio voi mi aiuterete a diventare ancora più performante, a sfruttare al meglio la mia natura e i miei poteri. Vi posso giurare che le mie intenzioni sono buone, ma non ho problemi a sottopormi a incantesimi che attestino la verità. E siccome sono virtualmente immortale, non c’è limite agli esperimenti che potreste fare.”
Julienne, già pallida di suo, sbiancò e finalmente si sedette. Herz al contrario aveva uno scintillio esaltato negli occhi.
“Dovremo verificare le vostre parole” annunciò, contenendo a stento l’entusiasmo. “Ma di certo, il fatto che la Civilar Dee abbia parlato in vostro favore è una buona cosa. Per quanto a lungo potete trattenervi?”
Il drow scrollò le spalle. “Per il tempo che vi occorrerà, suppongo. Gli elfi non hanno mai fretta, i morti ancora meno.”
Lui era, dopotutto, uno spirito molto ragionevole. Non era consumato dalla frenesia degli spettri vendicativi o dall’autocommiserazione dei fantasmi che si trascinavano per il mondo per raccontare a tutti le loro disgrazie. La sua faccenda in sospeso era un obiettivo, non molto concreto, ma pur sempre un obiettivo. A lunghissimo termine.



********************
Note:
[1] In effetti gli incantesimi di guarigione appartengono alla scuola Necromanzia in AD&D seconda edizione e in D&D quinta edizione, mentre nelle mie storie, che ricordo sono basate sulle regole di D&D 3.5, la guarigione rientra nella scuola di evocazione perché l'idea è che si evochi l'energia positiva per infonderla nelle persone e curarle.
[2] La morte di Anne Domedias è già citata nella storia 11. Darkness.
[3] Herz Domedias non è un chierico, ma un Archivista, una persona che studia le tradizioni di magia divina ma senza essere fedele a un dio in particolare.
[4] Sta parlando degli eventi riportati nell'ultimo arco narrativo di Jolly Adventures.
[5] Vi giuro, è così, è confermato in questo articolo. Ed ecco il motivo per cui D&D 3.5 è la mia edizione preferita. Il livello di dettagli, in questa e altre cose. Questa è l'unica edizione in cui i fantasmi siano descritti fino all'ultimo pelo del corporeo culo e non "sono spettri intangibili, fanno uuuuuh, sono legati al mondo da questioni in sospeso". Nope. In 3.5 te li potevi pure giocare. In teoria anche in Pathfinder 1, ma in D&D 3.5 sono meglio supportati dalle regole (e non solo da quelle relative a loro, ma anche dalle regole di contorno).
   
 
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