Capitolo
34: Il cimitero
“Io
continuo a dire che è una
pessima idea!” sbottò Oliver, mentre Delphini, con
la mano già appoggiata al
vecchio cancello di ferro, ribatteva: “Ed io continuo a non
ascoltarti. Così
siamo pari.”
Dopo
aver detto ciò la
giovane spinse con delicatezza il cancello, il quale si aprì
con un
agghiacciante stridio, che fece tremare di paura il povero Oliver.
“Beh,
io entro. Chi vuole
restare fuori a far compagnia al fifone, resti pure qui, ma io
entro.” Dichiarò
la ragazza e, immediatamente, Teddy esclamò: “Io
resto con Oliver.”
“Anch’io
resto!” fece la
piccola Victoire, più che altro per restare con Teddy, oltre
al fatto che
l’idea di entrare in quel cimitero non le piaceva
più di tanto…
“Non
è necessario che
restiate per forza con me… se volete entrare, fate pure. Non
mi offendo mica…”
balbettò, imbarazzato, Oliver, ma l’amico lo
tranquillizzò: “A me non interessa
visitare un cimitero. Resto con te senza alcun rimorso, te lo
garantisco.”
Ignorando
i due amici,
Delphini entrò nel cimitero, seguita a ruota da Gal e Athena.
Una
volta dentro, il trio si
accorse che il cimitero era deserto e che aveva un aspetto minaccioso,
dovuto
anche al fatto che ormai il cielo era diventato nero per le nubi di
pioggia,
anche se spesso qualche tuono squarciava il cielo, illuminando tutto.
“Che
bel ambientino… su,
diamoci una mossa, prima che si scateni il
diluvio…” commentò Gal, mentre
Delphini ridacchiava, divertita: “Dì la
verità, hai paura.”
“Non
è vero! Io sono l’Erede
di Grifondoro! Non ho paura di niente e nessuno, io!”
“Seee…
ma se l’anno scorso
avevi paura che l’Erede di Serpeverde ti stesse dando la
caccia per
ammazzarti…”
“Ehi,
io non avevo paura!
Semplicemente, non mi andava di avere a che fare con un parente di
Tu-sai-chi!
Guarda che quello lì era completamente pazzo!”
“Ne
avevi la fifa, te lo dico
io…”
Athena
osservò la desolazione
davanti a sé, poi, con un’espressione seria,
sussurrò: “Credo che Gal abbia
ragione a dirci di muoverci, Delphini. In questo cimitero sento
qualcosa…
qualcosa di molto malvagio e pericoloso…”
L’ennesimo
lampo squarciò il
cielo nero, mentre, qualche secondo dopo, un rumoroso rimbombo ruppe il
silenzio.
“Speriamo
che si muovano là
dentro… temo che qui, fra poco, si scatenerà un
vero e proprio inferno
d’acqua…” commentò Teddy,
incrociando le braccia per scaldarsi, mentre Victoire
protestava: “Spero proprio di no! L’acqua di
pioggia mi arruffa i capelli in un
modo…”
“Andiamo,
Vicky… un po’ di
acqua piovana non ti farà di certo
male…”
“Se
lo dici tu, Teddy…”
Mentre
i due parlavano,
Oliver spostò lo sguardo e vide una figura con indosso un
grosso impermeabile
giallo dirigersi verso di loro e la cosa non gli piaceva per niente.
“Ragazzi…”
sussurrò il
ragazzino, toccando Teddy con l’indice, il quale si
girò e domandò:
“C’è
qualche problema?”
Per
tutta risposta, Oliver
indicò con la testa la figura, la quale, nel frattempo, si
era fermata.
“Chi
sei?” domandò Teddy,
mettendo una mano in tasca, pronto a tirare fuori la bacchetta, se
fosse
necessario.
Piuttosto
che permettere ai
suoi amici di essere uccisi, avrebbe preferito di gran lunga venire
espulso.
“Questa
è la tomba di Tom
Riddle…” commentò Gal, osservando la
tomba con su inciso il nome del defunto,
al contrario di Delphini, la quale le diede un’occhiata
piuttosto sbrigativa,
prima di commentare: “Non era molto amato in questo
posto.”
“Come
fai a dirlo?”
“La
tomba è sporca,
circondata da edera ed erba alta. Inoltre, nessuno ci ha messo nemmeno
dei
fiori. Ciò dimostra che non era per niente amato.”
“Davvero?”
esclamò,
incredulo, il rosso, mentre Athena annuiva: “Ha ragione, Gal.
L’amore lascia
sempre una traccia, ricordatelo.”
“Che
immensa cavolata…”
sbuffò Delphini, inchinandosi per terra e toccando il
terreno ai suoi piedi
“L’amore… bah, è solo roba
astratta e senza senso…”
“Ehi,
veniamo da un mondo
magico… le robe astratte e senza senso sono il nostro pane
quotidiano.”
“Lascia
perdere, Athena. Io non
credo a quelle scemenze del vero amore o cretinate simili! Io sono e
sarò per
sempre una persona con i piedi ben ancorati a terra!”
“Non
ti farebbe male,
lasciarti trascinare dalla fantasia, una volta ogni
tanto…”
Per
tutta risposta, Delphini
fece un semplice “Ah!” prima di ritornare a
studiare con molta attenzione il
pavimento.
“Cosa
c’è che t’interessa
così tanto, Delphi?” domandò Gal,
avvicinandosi, incuriosito, all’amica, la
quale rispose: “Guardate un po’
qui…”
Gal
e Athena si avvicinarono
e notarono, increduli, che per terra c’era un grosso cerchio
di terra bruciata,
senza nemmeno un filo d’erba.
“Intorno
a questo cerchio c’è
erba alta e verde… eppure qui non cresce proprio niente. Non
lo trovate un po’
strano?” domandò, sospettosa, la ragazza e Gal
rispose: “Ma non saranno mica
stati gli alieni? Nei film lasciano sempre delle tracce di questo tipo
nel
terreno, quando atterrano con l’astronave.”
“Non
dire cavolate, Gal!
Figurati se sono stati gli alieni a fare questa roba che poi manco
esistono…”
“Beh,
noi maghi esistiamo…
perché non dovrebbero esistere anche gli alieni con la pelle
verde e gli occhi
da insetti?”
“Gal,
se io fossi un alieno
che visita un pianeta sconosciuto, sarei discreta e cercherei di
passare
inosservata! Non lascerei tracce nel terreno… e, poi, a
giudicare dal diametro
di lunghezza, l’astronave sarebbe davvero
piccola…”
“Beh,
non possiamo pretendere
che siano alti come noi…”
“Io
non credo che sia stata
un’astronave a lasciare questa traccia…”
sussurrò Athena, con aria seria e
preoccupata, osservando la terra bruciata.
Immediatamente,
Gal e
Delphini smisero di litigare e il rosso domandò:
“Sai chi ha fatto questo
lavoretto?”
“Sì…
anche se spero con tutta
me stessa di sbagliarmi…”
“Andiamo,
non tenermi sulle
spine… chi ha fatto questa roba?”
“Una
volta ho letto in un
libro che dove è stata compiuta una potente e antica magia
oscura, non cresce
più erba per secoli…”
Non
appena la Corvonero ebbe
finito di parlare, la luce di un tuono illuminò a giorno il
piccolo cimitero e
la faccia sconvolta di Gal, quella stupefatta di Delphini e, infine,
quella
seria di Athena.
“Stai
dicendo che in questo
cimitero è avvenuta una potente e antica magia
oscura?” domandò, preoccupato,
Gal e Athena annuì: “Già, inoltre, a
giudicare dalla forma, sospetto che la
forma di questa terra bruciata sia dovuta ad un calderone.”
“Un
calderone? Ma non stiamo
parlando di magia antica?” domandò Gal e Delphini,
guardandolo in malo modo,
sbottò: “Oh, che imbecille che sei! Solo
perché stiamo parlando di magia
antica, non significa che non siano coinvolte le pozioni! Guarda che le
pozioni
sono vecchie quasi quanto gli incantesimi! Sennò
perché credi che la materia
sia d’obbligo?”
“Allora
visto che la sai
tanto lunga, secondo te, di quale magia stiamo parlando qui,
Delphi?!”
“Se
guadagnassi uno zellino
per tutte le volte che mi hai chiamata Delphi, invece di Delphini,
sarei la
strega più ricca del mondo!” sbuffò la
ragazzina, prima di tornare a guardare
di nuovo il cerchio.
Dopo
un po’, Delphini propose:
“L’unica pozione antica e piena di magia oscura che
mi viene in mente è quella
che appartiene al rituale della rinascita.”
“Già
dal nome non annuncia
niente di buono…” commentò Gal e
Delphini rispose: “Infatti, non è niente di
buono, razza di scemo. Si tratta di un rituale antico che permette ad
un mago
di riottenere il proprio corpo… solo che il processo stesso
è parecchio
discutibile…”
“Perché?
Cosa chiede?”
“Tre
cose, una peggio
dell’altra: la prima cosa dell’elenco è
un osso del proprio padre, preso senza
il suo permesso.”
“Eh?!
Sul serio?!”
“Già…
‘Osso del padre, donato
a sua insaputa, rinnoverai il figlio.’”
“Cominciamo
bene…”
“E
non hai ancora sentito il
resto… senti un po’ cosa dice la strofa seguente:
‘Carne del servo, donata con
l’assenso, rinnoverai il tuo signore’.”
Notando
che Gal era rimasto
assolutamente impassabile, Delphini domandò: “Non
hai capito un’acca, vero?”
“Perché?
Cosa avrei dovuto
capire?”
“Il
fatto che un servo debba
tagliarsi una propria parte del corpo.”
“Che?!?!?!
Dici sul
serio?!?!”
“Già.”
“Ma
questa roba è
agghiacciante! Come si può rubare un osso al proprio padre e
chiedere a
qualcuno di tagliarsi una parte del corpo?!?!”
“Stiamo
parlando, infatti, di
una magia oscura e altamente pericolosa! Mica usano i fiori o le ali di
farfalla per questa roba!”
“Non
mi meraviglia che l’erba
abbia smesso di crescere…”
“E,
poi, c’è la terza e
ultima parte: ‘Sangue del nemico, preso con la forza, farai
risorgere il tuo
avversario’.”
“Posso
farti una domanda?”
“Spara.”
“Come
fai tu a conoscere
questa robaccia?!?! Dubito altamente che sia scritto in
‘Infusi e pozioni
magiche’…”
“Ho
trovato la ricetta in un
volume del Reparto Proibito.”
“Come
diavolo hai fatto ad
entrarci senza il permesso di un… ah, ma certo… i
passaggi che portano alla
Camera dei Segreti…”
“Che
intuito… sì, c’è giusto
un piccolo passaggio che porta al Reparto Proibito… prima
che avessimo
quell’avventura notturna con quei tre deficienti, spesso
m’intrufolavo là
dentro e prendevo qualche volume per esercitarmi con pozioni ed
incantesimi
avanzati…”
“In
effetti, Chris mi aveva
detto che la vecchia Pince si lamentava per la sparizione di alcuni
libri del
Reparto Proibito durante la notte, che poi, come per magia,
riapparivano dal
nulla il giorno seguente… ma come fai a ricordarti tutto
quello che c’è scritto
in quelle strofe?”
“Ho
un’ottima memoria.”
“Alla
faccia dell’ottima
memoria…”
I
due erano così impegnati a
parlare, da non accorgersi che Athena si era allontanata e si era
avvicinata ad
un vecchio tasso.
La
ragazzina girò intorno ad
esso, in silenzio.
Non
sapeva perché, ma c’era
qualcosa che l’attirava lì, come una falena
attratta dal fuoco… sentiva una
forte energia magica…
Non
oscura come nel punto
dell’erba bruciata, ma chiara, limpida, pura e sicura come
una calda coperta…
Non
appena fu davanti
all’albero, sentì una folata di vento avvolgerla
con dolcezza e, d’istinto,
chiuse gli occhi.
“Ma
quando arriva Althea? Non
vedo l’ora d’iniziare…”
sbuffò il ragazzino coi capelli rossi e il cappello
più
malridotto che si fosse mai visto, mentre una ragazzina sua coetanea
coi
capelli neri e il vestito blu lo guardava, incredula, domandando:
“Ti senti
bene, Godric?”
“Certo
che mi sento bene.
Perché non dovrei sentirmi bene?”
“Perché
tu odi quando
facciamo lezione. Non fai altro che chiedere quando finisca, per poter
tornare
ad esplorare il bosco…”
“Althea
ha promesso che
avremmo mangiato la torta che abbiamo preparato ieri, una volta finita
la
lezione e io non vedo l’ora di assaggiarla.”
“Ah,
avrei dovuto immaginarlo
che fosse una cosa legata allo stomaco…”
Ignorandola,
il giovane con i
capelli rossi si sdraiò sull’erba
all’ombra del tasso, accanto ad un ragazzino
pallido con lunghi capelli neri legati con un filo di spago vicino alle
punte
che leggeva, in silenzio, un enorme volume dall’aspetto
antico, mentre un
grosso serpente al suo fianco faceva un grosso sbadiglio.
Ad
un tratto, una ragazzina
paffutella coi capelli rossi, intenta a fare delle piccole corone di
fiori,
mentre un uccello dall’aspetto denutrito e con delle piume
nere, alzò lo
sguardo e, con un grosso sorriso, esclamò: “Sta
arrivando Althea!”
Immediatamente,
Godric si
alzò in piedi e mosse la testa a tutta velocità
finché il suo sguardo non venne
catturato da una piccola figura che era appena uscita dalla piccola
casetta
sulla collina.
“ECCOLA!!!”
strillò, tutto
contento, il rosso, cominciando a saltare da tutte le parti come una
rana
impazzita, mentre il suo orrendo cappello balzava in continuazione
dalla testa
di Godric al cielo.
Era
così impegnato a saltare,
da non accorgersi che il ragazzino coi capelli neri aveva alzato lo
sguardo,
per poi scuotere la testa, seccato, e ritornare a leggere il suo libro.
Qualche
secondo dopo, una
signora piuttosto vecchia e un po’ pienotta coi capelli
marroni e svariate
ciocche grigie legati in una crocchia, con delle rughe, un vecchio
cappello da
strega nero, degli occhiali davanti ai grandi e profondi occhi azzurri
e un
semplice abito azzurro.
Teneva
un grosso bastone con
la mano destra, mentre con l’altra aveva un cumulo di grossi
libri dall’aspetto
piuttosto vecchio.
“Althea,
siamo qui! Siamo
tutti pronti per la lezione! Forza, iniziamo!”
esultò, energicamente, Godric,
muovendo le braccia a tutta velocità.
Althea
ridacchiò divertita,
per poi dire, con una voce calda e morbida come quella del pane appena
sfornato: “Non ti ho mai visto, Godric, così
entusiasta all’idea d’iniziare una
lezione… dovrei prometterti più spesso un
dolce…”
“Ottima
idea, l’approvo!”
“Forza,
è ora d’iniziare…
allora, oggi, proverete a fare una pozione curabolle completamente da
soli.
Ormai avete imparato come si fa, vero?” dichiarò
la donna, mentre, nello stesso
istante, scriveva nell’aria la frase: ‘Oggi
tenteremo di fare nella realtà la
pozione curabolle di cui ho parlato nella scorsa lezione.’
Non
appena tutti ebbero
annuito, con un rapido movimento della bacchetta, quattro sassi si
trasfigurarono in calderoni.
“Allora,
dateci dentro,
ragazzi. Non appena avrete finito, faremo merenda.” Li
avvisò, con un sorriso,
Althea, mentre i quattro si misero al lavoro.
Dopo
un po’, Althea esclamò:
“Bene, ormai dovete aver finito tutti. Vediamo i vostri
risultati.”
Con
passo sicuro, ma gentile,
la donna si avvicinò al pentolone della ragazzina coi
capelli rossi e
l’avvoltoio denutrito, guardandolo con molta attenzione.
“Mi
sa che hai sbagliato
qualcosa nel preparare la pozione, Helga… di solito non ci
sono tutte quelle
bolle…” notò Althea e la bambina, con
un’espressione dispiaciuta, sussurrò:
“Sono proprio pessima…”
“Oh,
non dire così…
probabilmente l’hai solo mescolata troppo e in senso
antiorario… ho fatto lo
stesso identico errore la prima volta.”
“Davvero?”
“Certo
e guarda come sono
oggi! Non ti disperare, sono errori che fanno tutti.”
Dopo
aver rassicurato
l’allieva, Althea si diresse verso l’altra
ragazzina, la quale stava finendo di
mescolare, agitando la sua bacchetta.
“Ottimo
lavoro, Rowena. I
miei complimenti.” Esclamò, esterrefatta, la donna
e Rowena annuì: “Grazie,
Althea.”
“Non
è che qualcuno ti ha
dato una mano?”
“Cosa?
No!” esclamò, nervosa,
la ragazzina, mentre una piccola e arricciata ciocca corvina si
sollevava, per
poi scendere di nuovo.
Ignorando
la cosa, Althea si
avvicinò al vicino di Rowena, il ragazzino coi capelli neri,
il quale aveva
smesso di lavorare ed era tornato a leggere il suo libro, e, non appena
ebbe
guardato la pozione, rimase a bocca aperta.
“Per
la barba di mio nonno!
E’ la migliore e più perfetta pozione curabolle
che abbia mai visto in vita
mia! E’ davvero strabiliante… raggiungere un
simile risultato in così poco
tempo e all’età di dodici anni! Sono senza
parole…” esclamò la donna, ma il
ragazzino continuò a leggere tranquillamente il suo libro,
come se non l’avesse
sentita.
Vedendo
che il ragazzino non
muoveva un muscolo, Althea gli toccò dolcemente la spalla e,
immediatamente,
l’altro smise di leggere e alzò lo sguardo verso
la mentrice.
Con
un gran sorriso, la
strega fece muovere di nuovo la bacchetta e apparve la scritta:
‘I miei
complimenti, Salazar! Questa pozione è perfetta! Hai davvero
molto talento per
Pozioni.’
Salazar
si limitò ad annuire
con la testa e se ne tornò a leggere.
“Bene,
e adesso tocca a
Godric…” cominciò Althea, prima di
udire una forte esplosione.
La donna, assiema ad Helga e
Rowena, si girò nella
direzione del rumore, non tanto per vedere cos’era successo,
in quanto lo
sapevano già, ma quanto era grave il danno stavolta.
Come
le tre temevano, lo
scoppio proveniva dal calderone di Godric, il quale aveva il viso tutto
sporco
di fuliggine, mentre numerose bolle gli cominciavano ad apparire su
tutto il
corpo, e il cappello leggermente bruciacchiato sulla testa.
Tuttavia,
era il calderone
del ragazzino quello messo peggio: infatti, era completamente distrutto
e tutta
la pozione al suo interno era schizzata sul povero Godric.
“Misericordia,
Godric…
cos’hai messo in quel calderone?” gli
domandò, preoccupata, Althea, correndo a
riparare il pasticcio del giovane.
Con
un semplice gesto della
mano, fece sparire il calderone rotto, il liquido, la fuliggine e i
brufoli.
A
quel punto, con un rapido
movimento della bacchetta, fece levitare dalla casa sulla collina una
strana
boccetta che atterrò, delicatamente tra le mani rosate e
callose della donna.
“No,
Althea! Non voglio
quella roba! Mi fa male!!!” protestò Godric e la
strega, mentre versava il
liquido al suo interno su un fazzoletto di lana, dichiarava:
“Niente lamentele,
Godric. Ne abbiamo già parlato. Lo so che questo liquido da
molto bruciore,
dopotutto, è acqua e sale… ma impedisce che
quelle ferite peggiorino.”
“Sì,
ma…”
“I
giovani coraggiosi, non
hanno paura di acqua salata, Godric.”
A
giudicare dalla faccia che
fece Godric, era ovvio che Althea lo aveva messo nel sacco.
Con
delicatezza, la donna
cominciò a pulire le ferite del ragazzino col fazzoletto, il
quale, a giudicare
dalle continue smorfie facciali di Godric doveva fare parecchio male.
Una
volta che ebbe finito,
fece muovere di nuovo la bacchetta e fasciò le braccia, le
mani e buona parte
del viso del ragazzino con delle fasce apparse all’improvviso.
Non
appena ebbe finito, si
girò verso gli altri tre studenti che la guardavano, in
completo silenzio, e
notò che la piccola Helga la osservava con profonda
ammirazione.
“Vorresti
imparare Ferula,
Helga?” le domandò, con un grande sorriso, Althea
e la bambina annuì:
“Certamente! Sembra così utile… e, poi,
dato che io non sono brava come gli
altri… almeno riesco a dare una mano, anche se piuttosto
piccola…”
“Ricominciamo
con questi
discorsi, Helga? Non devi essere così ansiosa e
insicura… hai molto potenziale
in te proprio come gli altri, te lo assicuro. Semplicemente, ti
emozioni troppo.
Un giorno, sarai una delle più grandi streghe della
storia.”
“Una
come me? Oh, no, no, no…
non sarò mai al livello di Godric, Rowena e
Salazar… ma non m’importa
assolutamente. Tutto ciò che voglio, è stare con
i miei amici e avere cura
delle piante e degli animali… mi basta questo.”
“Athena,
quando avrai accesso
i dati mobili della tua connessione, faccelo sapere, ok?”
disse, seccata, una
voce femminile e, d’istinto, la ragazzina coi capelli a
caschetto e gli
occhiali sussultò.
Si
guardò intorno,
leggermente spaesata, per poi balbettare, imbarazzata:
“Scusate, ragazzi. Ero
immersa nei miei pensieri.”
Per
tutta risposta, Delphini
alzò gli occhi al cielo e si alzò in piedi,
mettendosi ad osservare con molta
attenzione il cielo ormai nero come la pece.
“Beh,
qui abbiamo finito.
Possiamo andarcene da qui… anche perché, molto
presto si scatenerà il diluvio…”
dichiarò la giovane, mentre Gal si dirigeva, verso il
cancello, sbuffando:
“Finalmente! Francamente, non ne potevo più di
questo stupido posto… questo
luogo è pieno di pericoli, altroché!”
Inaspettatamente,
il giovane
si bloccò all’improvviso, guardando, con aria
sbigottita il cancello.
Seguendo
il movimento del suo
sguardo, Delphini scoprì qual’era il motivo e non
si meravigliò che si fosse
fermato.
Davanti
a loro, c’era una
figura femminile con indosso un’impermeabile verde acido col
cappuccio
abbassato, da cui si vedevano dei lisci capelli neri e gli occhi verdi.
D’istinto,
Gal tirò fuori la
bacchetta, ma Delphini lo afferrò per un braccio, sibilando:
“Ma sei stupido?!
E se fosse una semplice babbana?!”
“E’
vero…”
“Potete
stare tranquilli,
ragazzini… lo so chi siete.” Li
tranquillizzò la donna, avvicinandosi, con un
passo calmo e tranquillo ai tre, sfoderando un sadico sorriso, facendo
preoccupare ancora di più il trio “Voi siete tre
maghi, proprio come me.”
Sentendo
ciò, Athena prese a
sua volta la bacchetta e, puntandola contro la donna,
domandò: “Che ne hai
fatto dei nostri amici?”
“Oh,
sono al sicuro… mica
potevano restare all’asciutto con la tempesta che si stava
per scatenare, non
trovate? Si sarebbero bagnati tutti come pulcini…”
Decisa
a non fargliela
passare liscia, Athena si preparò a lanciare un incantesimo.
Al
diavolo la scuola e le
leggi sulla magia dei minori… quella pazza aveva rapito i
suoi amici e
gliel’avrebbe fatta pagare, anche a costo della vita!
Ma,
proprio quando stava per
lanciare un incantesimo, sentì una voce
all’orecchio dirle: “Non farlo, non
attaccarla.”
Sgomenta,
la ragazzina si
voltò da tutte le parti.
Non
c’era nessuno intorno a
lei e quella voce che aveva sentito non apparteneva assolutamente ai
suoi
amici: non riusciva a capire se appartenesse ad un maschio o ad una
femmina,
eppure avvertiva, in quella voce una sensazione di piacevole caldo e
freschezza
nello stesso istante.
Inoltre,
il tono era dolce,
piacevole e rilassante… le ricordava il vento fresco in
un’afosa giornata
estiva…
Sapeva
che quella voce aveva
ragione, glielo diceva il suo istinto… ma non riusciva a
capire il perché.
Proprio
in quel momento, una
figura piuttosto tozza, li raggiunse di corsa, urlando:
“A-aspettate, ragazzi!
Non lanciate nessun incantesimo!”
Non
appena l’ebbero notato, i
ragazzi fecero un sospiro di sollievo.
Quello
era Oliver.
Non
appena li ebbe raggiunti,
col respiro affannato e le guance incandescenti, il giovane Tassorosso
ansimò:
“E’… dalla nostra parte… a
modo suo…”
“Ehi,
ti senti bene?” gli
domandò, preoccupato, Gal e Oliver sussurrò:
“S… sì… solo un…
attimo…”
Il
ragazzino tirò fuori dalla
sua borsa il suo respiratore contro l’asma e
cominciò a riutilizzarlo,
riprendendo una respirazione normale.
“Tutto
bene?” domandò,
proprio in quel momento, Teddy, il quale li raggiunse, accompagnato da
Victoire
e Athena gli domandò: “Sì, stiamo
bene… comunque, possiamo sapere chi è questa
signora.”
“Ah,
giusto… immagino che non
si sia presentata… beh, vi presento Ismelda Murk.”
“Ismelda
Murk? La famosa
storica della magia specializzata in morte, torture e
sangue?” domandò,
lievemente interessata, Delphini e Teddy ammise:
“Sì, proprio lei…”
“Non
sapevo si fosse
trasferita qui…”
“In
questo paese, tre
sciocchi babbani sono stati uccisi da un mago… una cosa del
genere è così
interessante… mi auguro che Orfin Gaunt li abbia fatti
soffrire un pochino
prima di ucciderli… purtroppo, li ha uccisi con
l’Avada Kedavra, quindi non ha
sparso molto sangue… nemmeno una piccola
ferita…” commentò Ismelda, mentre il
gruppo faceva una smorfia di disgusto e leggera paura.
Il
fatto che la Murk avesse
un’ossessione per queste cose era di dominio
pubblico… ma nessuno immaginava
che raggiungesse questi livelli…
“Come
ha fatto a scoprire che
eravamo dei maghi?” domandò, incuriosita, Athena e
Ismelda rivelò, con un tono annoiato:
“Ho visto il vostro amichetto coi capelli scuri diventare
giovane e coi capelli
blu di colpo dalla finestra di casa mia… non ci voleva un
genio per capire che
era un Metamorfomagus, lo stesso dono di Nymphadora
Tonks…”
“Conosceva
mia madre?” esclamò,
esterrefatto, Teddy e Ismelda scrollò le spalle:
“Certo, eravamo nello stesso
anno, solo che lei era a Tassorosso ed io a Serpeverde… ma
abbiamo avuto
parecchio a che fare, dato che avevamo entrambe amici che volevano
trovare ad
ogni costo le Sale Maledette di Hogwarts… un tipetto davvero
interessante, non
c’era niente da dire… sempre in giro a combinare
guai e scherzi con Tulip
Karasu di Corvonero, la sua migliore amica…”
“Ma…
come fa a sapere delle
abilità di mia madre?”
“Non
sai quante volte abbia visto
Tonks usare le sue abilità per trasformarsi nel professor
Ruf e fargli la
caricatura vivente durante le lezioni… quanto lo faceva,
tutti prestavano di
colpo attenzione e scoppiavano a ridere… e quella lagna di
un prof stecchito
continuava a spiegare, non accorgendosi di niente! Mai visto uno
spettro più
noioso di Ruf… e pensare che quando sentì che
c’era un insegnante fantasma ero
così felice… speravo fosse ricoperto di sangue e
catene come il Barone
Sanguinario, sempre a parlare di morti e vendette e invece mi sono
ritrovata
davanti un vecchio noioso che è semplicemente morto nel
sonno in sala
insegnanti… che colossale fregatura.”
“Sì,
credo che quella sia
l’idea iniziale di Ruf, almeno finché non apre la
bocca…” annuì Delphini, in
quanto lei stessa spesso si ritrovava a dormire durante le sue lezioni,
rese
ancora più noiose dal fatto che sapeva già tutto
quello che il prof raccontava…
Nel
frattempo, Teddy fece un
sorriso inconsciamente.
Per
puro caso, aveva scoperto
qualcosa di inedito passato di sua madre… certo, sapeva
molto sul passato dei
suoi genitori, grazie ai racconti di sua nonna e dello zio
Harry… ma vi erano
sempre molte zone d’ombra, soprattutto, per quanto riguardava
le vicende a
scuola di sua madre nel dettaglio…
Poteva
persino vederla sua
madre, coi capelli rosa corti e appuntiti trasformarsi nel professor
Ruf nel
bel mezzo della lezione di Storia della magia e
scimmiottarlo…
Ad
un tratto, un fulmine
squarciò di nuovo il cielo.
“Meglio
che ce ne andiamo,
sapete? Qui scoppia a piovere… se volete, potete stare un
attimo a casa mia…”
cominciò Ismelda e, quando si accorse che i ragazzini
stavano facendo una
faccia parecchio nervosa, rivelò: “Rilassatevi,
non ho alcuna intenzione di
farvi qualche strano esperimento… ma se volete restare vivi,
vi consiglio di
non toccare niente dei miei tesori…”
Oliver
guardò un attimo
Teddy, per poi domandargli, sottovoce: “Dovremmo
andare?”
“Abbiamo
altra scelta?” fu la
semplice risposta dell’altro.