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Autore: Il corsaro nero    31/10/2020    1 recensioni
La scuola di Hogwarts è famosa in tutta l'Inghilterra, soprattutto per le sue quattro Case, da cui sono usciti streghe e maghi famosi in tutto il mondo... ma ciò che molti non sanno, è che tra quelle mura, sono nascosti incredibili e affascinanti segreti che solo quattro prescelti hanno la possibilità e il dovere di conoscerli tutti... quattro prescelti legati in maniera indissolubile fin dalla nascita...
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Delphini Riddle, Harry Potter, Minerva McGranitt, Nuova generazione di streghe e maghi, Teddy Lupin
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Capitolo 34: Il cimitero

 

“Io continuo a dire che è una pessima idea!” sbottò Oliver, mentre Delphini, con la mano già appoggiata al vecchio cancello di ferro, ribatteva: “Ed io continuo a non ascoltarti. Così siamo pari.”

Dopo aver detto ciò la giovane spinse con delicatezza il cancello, il quale si aprì con un agghiacciante stridio, che fece tremare di paura il povero Oliver.

“Beh, io entro. Chi vuole restare fuori a far compagnia al fifone, resti pure qui, ma io entro.” Dichiarò la ragazza e, immediatamente, Teddy esclamò: “Io resto con Oliver.”

“Anch’io resto!” fece la piccola Victoire, più che altro per restare con Teddy, oltre al fatto che l’idea di entrare in quel cimitero non le piaceva più di tanto…

“Non è necessario che restiate per forza con me… se volete entrare, fate pure. Non mi offendo mica…” balbettò, imbarazzato, Oliver, ma l’amico lo tranquillizzò: “A me non interessa visitare un cimitero. Resto con te senza alcun rimorso, te lo garantisco.”

Ignorando i due amici, Delphini entrò nel cimitero, seguita a ruota da Gal e Athena.

Una volta dentro, il trio si accorse che il cimitero era deserto e che aveva un aspetto minaccioso, dovuto anche al fatto che ormai il cielo era diventato nero per le nubi di pioggia, anche se spesso qualche tuono squarciava il cielo, illuminando tutto.

“Che bel ambientino… su, diamoci una mossa, prima che si scateni il diluvio…” commentò Gal, mentre Delphini ridacchiava, divertita: “Dì la verità, hai paura.”

“Non è vero! Io sono l’Erede di Grifondoro! Non ho paura di niente e nessuno, io!”

“Seee… ma se l’anno scorso avevi paura che l’Erede di Serpeverde ti stesse dando la caccia per ammazzarti…”

“Ehi, io non avevo paura! Semplicemente, non mi andava di avere a che fare con un parente di Tu-sai-chi! Guarda che quello lì era completamente pazzo!”

“Ne avevi la fifa, te lo dico io…”

Athena osservò la desolazione davanti a sé, poi, con un’espressione seria, sussurrò: “Credo che Gal abbia ragione a dirci di muoverci, Delphini. In questo cimitero sento qualcosa… qualcosa di molto malvagio e pericoloso…”

 

L’ennesimo lampo squarciò il cielo nero, mentre, qualche secondo dopo, un rumoroso rimbombo ruppe il silenzio.

“Speriamo che si muovano là dentro… temo che qui, fra poco, si scatenerà un vero e proprio inferno d’acqua…” commentò Teddy, incrociando le braccia per scaldarsi, mentre Victoire protestava: “Spero proprio di no! L’acqua di pioggia mi arruffa i capelli in un modo…”

“Andiamo, Vicky… un po’ di acqua piovana non ti farà di certo male…”

“Se lo dici tu, Teddy…”

Mentre i due parlavano, Oliver spostò lo sguardo e vide una figura con indosso un grosso impermeabile giallo dirigersi verso di loro e la cosa non gli piaceva per niente.

“Ragazzi…” sussurrò il ragazzino, toccando Teddy con l’indice, il quale si girò e domandò: “C’è qualche problema?”

Per tutta risposta, Oliver indicò con la testa la figura, la quale, nel frattempo, si era fermata.

“Chi sei?” domandò Teddy, mettendo una mano in tasca, pronto a tirare fuori la bacchetta, se fosse necessario.

Piuttosto che permettere ai suoi amici di essere uccisi, avrebbe preferito di gran lunga venire espulso.

 

“Questa è la tomba di Tom Riddle…” commentò Gal, osservando la tomba con su inciso il nome del defunto, al contrario di Delphini, la quale le diede un’occhiata piuttosto sbrigativa, prima di commentare: “Non era molto amato in questo posto.”

“Come fai a dirlo?”

“La tomba è sporca, circondata da edera ed erba alta. Inoltre, nessuno ci ha messo nemmeno dei fiori. Ciò dimostra che non era per niente amato.”

“Davvero?” esclamò, incredulo, il rosso, mentre Athena annuiva: “Ha ragione, Gal. L’amore lascia sempre una traccia, ricordatelo.”

“Che immensa cavolata…” sbuffò Delphini, inchinandosi per terra e toccando il terreno ai suoi piedi “L’amore… bah, è solo roba astratta e senza senso…”

“Ehi, veniamo da un mondo magico… le robe astratte e senza senso sono il nostro pane quotidiano.”

“Lascia perdere, Athena. Io non credo a quelle scemenze del vero amore o cretinate simili! Io sono e sarò per sempre una persona con i piedi ben ancorati a terra!”

“Non ti farebbe male, lasciarti trascinare dalla fantasia, una volta ogni tanto…”

Per tutta risposta, Delphini fece un semplice “Ah!” prima di ritornare a studiare con molta attenzione il pavimento.

“Cosa c’è che t’interessa così tanto, Delphi?” domandò Gal, avvicinandosi, incuriosito, all’amica, la quale rispose: “Guardate un po’ qui…”

Gal e Athena si avvicinarono e notarono, increduli, che per terra c’era un grosso cerchio di terra bruciata, senza nemmeno un filo d’erba.

“Intorno a questo cerchio c’è erba alta e verde… eppure qui non cresce proprio niente. Non lo trovate un po’ strano?” domandò, sospettosa, la ragazza e Gal rispose: “Ma non saranno mica stati gli alieni? Nei film lasciano sempre delle tracce di questo tipo nel terreno, quando atterrano con l’astronave.”

“Non dire cavolate, Gal! Figurati se sono stati gli alieni a fare questa roba che poi manco esistono…”

“Beh, noi maghi esistiamo… perché non dovrebbero esistere anche gli alieni con la pelle verde e gli occhi da insetti?”

“Gal, se io fossi un alieno che visita un pianeta sconosciuto, sarei discreta e cercherei di passare inosservata! Non lascerei tracce nel terreno… e, poi, a giudicare dal diametro di lunghezza, l’astronave sarebbe davvero piccola…”

“Beh, non possiamo pretendere che siano alti come noi…”

“Io non credo che sia stata un’astronave a lasciare questa traccia…” sussurrò Athena, con aria seria e preoccupata, osservando la terra bruciata.

Immediatamente, Gal e Delphini smisero di litigare e il rosso domandò: “Sai chi ha fatto questo lavoretto?”

“Sì… anche se spero con tutta me stessa di sbagliarmi…”

“Andiamo, non tenermi sulle spine… chi ha fatto questa roba?”

“Una volta ho letto in un libro che dove è stata compiuta una potente e antica magia oscura, non cresce più erba per secoli…”

Non appena la Corvonero ebbe finito di parlare, la luce di un tuono illuminò a giorno il piccolo cimitero e la faccia sconvolta di Gal, quella stupefatta di Delphini e, infine, quella seria di Athena.

“Stai dicendo che in questo cimitero è avvenuta una potente e antica magia oscura?” domandò, preoccupato, Gal e Athena annuì: “Già, inoltre, a giudicare dalla forma, sospetto che la forma di questa terra bruciata sia dovuta ad un calderone.”

“Un calderone? Ma non stiamo parlando di magia antica?” domandò Gal e Delphini, guardandolo in malo modo, sbottò: “Oh, che imbecille che sei! Solo perché stiamo parlando di magia antica, non significa che non siano coinvolte le pozioni! Guarda che le pozioni sono vecchie quasi quanto gli incantesimi! Sennò perché credi che la materia sia d’obbligo?”

“Allora visto che la sai tanto lunga, secondo te, di quale magia stiamo parlando qui, Delphi?!”

“Se guadagnassi uno zellino per tutte le volte che mi hai chiamata Delphi, invece di Delphini, sarei la strega più ricca del mondo!” sbuffò la ragazzina, prima di tornare a guardare di nuovo il cerchio.

Dopo un po’, Delphini propose: “L’unica pozione antica e piena di magia oscura che mi viene in mente è quella che appartiene al rituale della rinascita.”

“Già dal nome non annuncia niente di buono…” commentò Gal e Delphini rispose: “Infatti, non è niente di buono, razza di scemo. Si tratta di un rituale antico che permette ad un mago di riottenere il proprio corpo… solo che il processo stesso è parecchio discutibile…”

“Perché? Cosa chiede?”

“Tre cose, una peggio dell’altra: la prima cosa dell’elenco è un osso del proprio padre, preso senza il suo permesso.”

“Eh?! Sul serio?!”

“Già… ‘Osso del padre, donato a sua insaputa, rinnoverai il figlio.’”

“Cominciamo bene…”

“E non hai ancora sentito il resto… senti un po’ cosa dice la strofa seguente: ‘Carne del servo, donata con l’assenso, rinnoverai il tuo signore’.”

Notando che Gal era rimasto assolutamente impassabile, Delphini domandò: “Non hai capito un’acca, vero?”

“Perché? Cosa avrei dovuto capire?”

“Il fatto che un servo debba tagliarsi una propria parte del corpo.”

“Che?!?!?! Dici sul serio?!?!”

“Già.”

“Ma questa roba è agghiacciante! Come si può rubare un osso al proprio padre e chiedere a qualcuno di tagliarsi una parte del corpo?!?!”

“Stiamo parlando, infatti, di una magia oscura e altamente pericolosa! Mica usano i fiori o le ali di farfalla per questa roba!”

“Non mi meraviglia che l’erba abbia smesso di crescere…”

“E, poi, c’è la terza e ultima parte: ‘Sangue del nemico, preso con la forza, farai risorgere il tuo avversario’.”

“Posso farti una domanda?”

“Spara.”

“Come fai tu a conoscere questa robaccia?!?! Dubito altamente che sia scritto in ‘Infusi e pozioni magiche’…”

“Ho trovato la ricetta in un volume del Reparto Proibito.”

“Come diavolo hai fatto ad entrarci senza il permesso di un… ah, ma certo… i passaggi che portano alla Camera dei Segreti…”

“Che intuito… sì, c’è giusto un piccolo passaggio che porta al Reparto Proibito… prima che avessimo quell’avventura notturna con quei tre deficienti, spesso m’intrufolavo là dentro e prendevo qualche volume per esercitarmi con pozioni ed incantesimi avanzati…”

“In effetti, Chris mi aveva detto che la vecchia Pince si lamentava per la sparizione di alcuni libri del Reparto Proibito durante la notte, che poi, come per magia, riapparivano dal nulla il giorno seguente… ma come fai a ricordarti tutto quello che c’è scritto in quelle strofe?”

“Ho un’ottima memoria.”

“Alla faccia dell’ottima memoria…”

I due erano così impegnati a parlare, da non accorgersi che Athena si era allontanata e si era avvicinata ad un vecchio tasso.

La ragazzina girò intorno ad esso, in silenzio.

Non sapeva perché, ma c’era qualcosa che l’attirava lì, come una falena attratta dal fuoco… sentiva una forte energia magica…

Non oscura come nel punto dell’erba bruciata, ma chiara, limpida, pura e sicura come una calda coperta…

Non appena fu davanti all’albero, sentì una folata di vento avvolgerla con dolcezza e, d’istinto, chiuse gli occhi.

 

“Ma quando arriva Althea? Non vedo l’ora d’iniziare…” sbuffò il ragazzino coi capelli rossi e il cappello più malridotto che si fosse mai visto, mentre una ragazzina sua coetanea coi capelli neri e il vestito blu lo guardava, incredula, domandando: “Ti senti bene, Godric?”

“Certo che mi sento bene. Perché non dovrei sentirmi bene?”

“Perché tu odi quando facciamo lezione. Non fai altro che chiedere quando finisca, per poter tornare ad esplorare il bosco…”

“Althea ha promesso che avremmo mangiato la torta che abbiamo preparato ieri, una volta finita la lezione e io non vedo l’ora di assaggiarla.”

“Ah, avrei dovuto immaginarlo che fosse una cosa legata allo stomaco…”

Ignorandola, il giovane con i capelli rossi si sdraiò sull’erba all’ombra del tasso, accanto ad un ragazzino pallido con lunghi capelli neri legati con un filo di spago vicino alle punte che leggeva, in silenzio, un enorme volume dall’aspetto antico, mentre un grosso serpente al suo fianco faceva un grosso sbadiglio.

Ad un tratto, una ragazzina paffutella coi capelli rossi, intenta a fare delle piccole corone di fiori, mentre un uccello dall’aspetto denutrito e con delle piume nere, alzò lo sguardo e, con un grosso sorriso, esclamò: “Sta arrivando Althea!”

Immediatamente, Godric si alzò in piedi e mosse la testa a tutta velocità finché il suo sguardo non venne catturato da una piccola figura che era appena uscita dalla piccola casetta sulla collina.

“ECCOLA!!!” strillò, tutto contento, il rosso, cominciando a saltare da tutte le parti come una rana impazzita, mentre il suo orrendo cappello balzava in continuazione dalla testa di Godric al cielo.

Era così impegnato a saltare, da non accorgersi che il ragazzino coi capelli neri aveva alzato lo sguardo, per poi scuotere la testa, seccato, e ritornare a leggere il suo libro.

Qualche secondo dopo, una signora piuttosto vecchia e un po’ pienotta coi capelli marroni e svariate ciocche grigie legati in una crocchia, con delle rughe, un vecchio cappello da strega nero, degli occhiali davanti ai grandi e profondi occhi azzurri e un semplice abito azzurro.

Teneva un grosso bastone con la mano destra, mentre con l’altra aveva un cumulo di grossi libri dall’aspetto piuttosto vecchio.

“Althea, siamo qui! Siamo tutti pronti per la lezione! Forza, iniziamo!” esultò, energicamente, Godric, muovendo le braccia a tutta velocità.

Althea ridacchiò divertita, per poi dire, con una voce calda e morbida come quella del pane appena sfornato: “Non ti ho mai visto, Godric, così entusiasta all’idea d’iniziare una lezione… dovrei prometterti più spesso un dolce…”

“Ottima idea, l’approvo!”

“Forza, è ora d’iniziare… allora, oggi, proverete a fare una pozione curabolle completamente da soli. Ormai avete imparato come si fa, vero?” dichiarò la donna, mentre, nello stesso istante, scriveva nell’aria la frase: ‘Oggi tenteremo di fare nella realtà la pozione curabolle di cui ho parlato nella scorsa lezione.’

Non appena tutti ebbero annuito, con un rapido movimento della bacchetta, quattro sassi si trasfigurarono in calderoni.

“Allora, dateci dentro, ragazzi. Non appena avrete finito, faremo merenda.” Li avvisò, con un sorriso, Althea, mentre i quattro si misero al lavoro.

Dopo un po’, Althea esclamò: “Bene, ormai dovete aver finito tutti. Vediamo i vostri risultati.”

Con passo sicuro, ma gentile, la donna si avvicinò al pentolone della ragazzina coi capelli rossi e l’avvoltoio denutrito, guardandolo con molta attenzione.

“Mi sa che hai sbagliato qualcosa nel preparare la pozione, Helga… di solito non ci sono tutte quelle bolle…” notò Althea e la bambina, con un’espressione dispiaciuta, sussurrò: “Sono proprio pessima…”

“Oh, non dire così… probabilmente l’hai solo mescolata troppo e in senso antiorario… ho fatto lo stesso identico errore la prima volta.”

“Davvero?”

“Certo e guarda come sono oggi! Non ti disperare, sono errori che fanno tutti.”

Dopo aver rassicurato l’allieva, Althea si diresse verso l’altra ragazzina, la quale stava finendo di mescolare, agitando la sua bacchetta.

“Ottimo lavoro, Rowena. I miei complimenti.” Esclamò, esterrefatta, la donna e Rowena annuì: “Grazie, Althea.”

“Non è che qualcuno ti ha dato una mano?”

“Cosa? No!” esclamò, nervosa, la ragazzina, mentre una piccola e arricciata ciocca corvina si sollevava, per poi scendere di nuovo.

Ignorando la cosa, Althea si avvicinò al vicino di Rowena, il ragazzino coi capelli neri, il quale aveva smesso di lavorare ed era tornato a leggere il suo libro, e, non appena ebbe guardato la pozione, rimase a bocca aperta.

“Per la barba di mio nonno! E’ la migliore e più perfetta pozione curabolle che abbia mai visto in vita mia! E’ davvero strabiliante… raggiungere un simile risultato in così poco tempo e all’età di dodici anni! Sono senza parole…” esclamò la donna, ma il ragazzino continuò a leggere tranquillamente il suo libro, come se non l’avesse sentita.

Vedendo che il ragazzino non muoveva un muscolo, Althea gli toccò dolcemente la spalla e, immediatamente, l’altro smise di leggere e alzò lo sguardo verso la mentrice.

Con un gran sorriso, la strega fece muovere di nuovo la bacchetta e apparve la scritta: ‘I miei complimenti, Salazar! Questa pozione è perfetta! Hai davvero molto talento per Pozioni.’

Salazar si limitò ad annuire con la testa e se ne tornò a leggere.

“Bene, e adesso tocca a Godric…” cominciò Althea, prima di udire una forte esplosione.

 La donna, assiema ad Helga e Rowena, si girò nella direzione del rumore, non tanto per vedere cos’era successo, in quanto lo sapevano già, ma quanto era grave il danno stavolta.

Come le tre temevano, lo scoppio proveniva dal calderone di Godric, il quale aveva il viso tutto sporco di fuliggine, mentre numerose bolle gli cominciavano ad apparire su tutto il corpo, e il cappello leggermente bruciacchiato sulla testa.

Tuttavia, era il calderone del ragazzino quello messo peggio: infatti, era completamente distrutto e tutta la pozione al suo interno era schizzata sul povero Godric.

“Misericordia, Godric… cos’hai messo in quel calderone?” gli domandò, preoccupata, Althea, correndo a riparare il pasticcio del giovane.

Con un semplice gesto della mano, fece sparire il calderone rotto, il liquido, la fuliggine e i brufoli.

A quel punto, con un rapido movimento della bacchetta, fece levitare dalla casa sulla collina una strana boccetta che atterrò, delicatamente tra le mani rosate e callose della donna.

“No, Althea! Non voglio quella roba! Mi fa male!!!” protestò Godric e la strega, mentre versava il liquido al suo interno su un fazzoletto di lana, dichiarava: “Niente lamentele, Godric. Ne abbiamo già parlato. Lo so che questo liquido da molto bruciore, dopotutto, è acqua e sale… ma impedisce che quelle ferite peggiorino.”

“Sì, ma…”

“I giovani coraggiosi, non hanno paura di acqua salata, Godric.”

A giudicare dalla faccia che fece Godric, era ovvio che Althea lo aveva messo nel sacco.

Con delicatezza, la donna cominciò a pulire le ferite del ragazzino col fazzoletto, il quale, a giudicare dalle continue smorfie facciali di Godric doveva fare parecchio male.

Una volta che ebbe finito, fece muovere di nuovo la bacchetta e fasciò le braccia, le mani e buona parte del viso del ragazzino con delle fasce apparse all’improvviso.

Non appena ebbe finito, si girò verso gli altri tre studenti che la guardavano, in completo silenzio, e notò che la piccola Helga la osservava con profonda ammirazione.

“Vorresti imparare Ferula, Helga?” le domandò, con un grande sorriso, Althea e la bambina annuì: “Certamente! Sembra così utile… e, poi, dato che io non sono brava come gli altri… almeno riesco a dare una mano, anche se piuttosto piccola…”

“Ricominciamo con questi discorsi, Helga? Non devi essere così ansiosa e insicura… hai molto potenziale in te proprio come gli altri, te lo assicuro. Semplicemente, ti emozioni troppo. Un giorno, sarai una delle più grandi streghe della storia.”

“Una come me? Oh, no, no, no… non sarò mai al livello di Godric, Rowena e Salazar… ma non m’importa assolutamente. Tutto ciò che voglio, è stare con i miei amici e avere cura delle piante e degli animali… mi basta questo.”

 

“Athena, quando avrai accesso i dati mobili della tua connessione, faccelo sapere, ok?” disse, seccata, una voce femminile e, d’istinto, la ragazzina coi capelli a caschetto e gli occhiali sussultò.

Si guardò intorno, leggermente spaesata, per poi balbettare, imbarazzata: “Scusate, ragazzi. Ero immersa nei miei pensieri.”

Per tutta risposta, Delphini alzò gli occhi al cielo e si alzò in piedi, mettendosi ad osservare con molta attenzione il cielo ormai nero come la pece.

“Beh, qui abbiamo finito. Possiamo andarcene da qui… anche perché, molto presto si scatenerà il diluvio…” dichiarò la giovane, mentre Gal si dirigeva, verso il cancello, sbuffando: “Finalmente! Francamente, non ne potevo più di questo stupido posto… questo luogo è pieno di pericoli, altroché!”

Inaspettatamente, il giovane si bloccò all’improvviso, guardando, con aria sbigottita il cancello.

Seguendo il movimento del suo sguardo, Delphini scoprì qual’era il motivo e non si meravigliò che si fosse fermato.  

Davanti a loro, c’era una figura femminile con indosso un’impermeabile verde acido col cappuccio abbassato, da cui si vedevano dei lisci capelli neri e gli occhi verdi.

D’istinto, Gal tirò fuori la bacchetta, ma Delphini lo afferrò per un braccio, sibilando: “Ma sei stupido?! E se fosse una semplice babbana?!”

“E’ vero…”

“Potete stare tranquilli, ragazzini… lo so chi siete.” Li tranquillizzò la donna, avvicinandosi, con un passo calmo e tranquillo ai tre, sfoderando un sadico sorriso, facendo preoccupare ancora di più il trio “Voi siete tre maghi, proprio come me.”

Sentendo ciò, Athena prese a sua volta la bacchetta e, puntandola contro la donna, domandò: “Che ne hai fatto dei nostri amici?”

“Oh, sono al sicuro… mica potevano restare all’asciutto con la tempesta che si stava per scatenare, non trovate? Si sarebbero bagnati tutti come pulcini…”

Decisa a non fargliela passare liscia, Athena si preparò a lanciare un incantesimo.

Al diavolo la scuola e le leggi sulla magia dei minori… quella pazza aveva rapito i suoi amici e gliel’avrebbe fatta pagare, anche a costo della vita!

Ma, proprio quando stava per lanciare un incantesimo, sentì una voce all’orecchio dirle: “Non farlo, non attaccarla.”

Sgomenta, la ragazzina si voltò da tutte le parti.

Non c’era nessuno intorno a lei e quella voce che aveva sentito non apparteneva assolutamente ai suoi amici: non riusciva a capire se appartenesse ad un maschio o ad una femmina, eppure avvertiva, in quella voce una sensazione di piacevole caldo e freschezza nello stesso istante.

Inoltre, il tono era dolce, piacevole e rilassante… le ricordava il vento fresco in un’afosa giornata estiva…

Sapeva che quella voce aveva ragione, glielo diceva il suo istinto… ma non riusciva a capire il perché.

Proprio in quel momento, una figura piuttosto tozza, li raggiunse di corsa, urlando: “A-aspettate, ragazzi! Non lanciate nessun incantesimo!”

Non appena l’ebbero notato, i ragazzi fecero un sospiro di sollievo.

Quello era Oliver.

Non appena li ebbe raggiunti, col respiro affannato e le guance incandescenti, il giovane Tassorosso ansimò: “E’… dalla nostra parte… a modo suo…”

“Ehi, ti senti bene?” gli domandò, preoccupato, Gal e Oliver sussurrò: “S… sì… solo un… attimo…”

Il ragazzino tirò fuori dalla sua borsa il suo respiratore contro l’asma e cominciò a riutilizzarlo, riprendendo una respirazione normale.

“Tutto bene?” domandò, proprio in quel momento, Teddy, il quale li raggiunse, accompagnato da Victoire e Athena gli domandò: “Sì, stiamo bene… comunque, possiamo sapere chi è questa signora.”

“Ah, giusto… immagino che non si sia presentata… beh, vi presento Ismelda Murk.”

“Ismelda Murk? La famosa storica della magia specializzata in morte, torture e sangue?” domandò, lievemente interessata, Delphini e Teddy ammise: “Sì, proprio lei…”

“Non sapevo si fosse trasferita qui…”

“In questo paese, tre sciocchi babbani sono stati uccisi da un mago… una cosa del genere è così interessante… mi auguro che Orfin Gaunt li abbia fatti soffrire un pochino prima di ucciderli… purtroppo, li ha uccisi con l’Avada Kedavra, quindi non ha sparso molto sangue… nemmeno una piccola ferita…” commentò Ismelda, mentre il gruppo faceva una smorfia di disgusto e leggera paura.

Il fatto che la Murk avesse un’ossessione per queste cose era di dominio pubblico… ma nessuno immaginava che raggiungesse questi livelli…

“Come ha fatto a scoprire che eravamo dei maghi?” domandò, incuriosita, Athena e Ismelda rivelò, con un tono annoiato: “Ho visto il vostro amichetto coi capelli scuri diventare giovane e coi capelli blu di colpo dalla finestra di casa mia… non ci voleva un genio per capire che era un Metamorfomagus, lo stesso dono di Nymphadora Tonks…”

“Conosceva mia madre?” esclamò, esterrefatto, Teddy e Ismelda scrollò le spalle: “Certo, eravamo nello stesso anno, solo che lei era a Tassorosso ed io a Serpeverde… ma abbiamo avuto parecchio a che fare, dato che avevamo entrambe amici che volevano trovare ad ogni costo le Sale Maledette di Hogwarts… un tipetto davvero interessante, non c’era niente da dire… sempre in giro a combinare guai e scherzi con Tulip Karasu di Corvonero, la sua migliore amica…”

“Ma… come fa a sapere delle abilità di mia madre?”

“Non sai quante volte abbia visto Tonks usare le sue abilità per trasformarsi nel professor Ruf e fargli la caricatura vivente durante le lezioni… quanto lo faceva, tutti prestavano di colpo attenzione e scoppiavano a ridere… e quella lagna di un prof stecchito continuava a spiegare, non accorgendosi di niente! Mai visto uno spettro più noioso di Ruf… e pensare che quando sentì che c’era un insegnante fantasma ero così felice… speravo fosse ricoperto di sangue e catene come il Barone Sanguinario, sempre a parlare di morti e vendette e invece mi sono ritrovata davanti un vecchio noioso che è semplicemente morto nel sonno in sala insegnanti… che colossale fregatura.”

“Sì, credo che quella sia l’idea iniziale di Ruf, almeno finché non apre la bocca…” annuì Delphini, in quanto lei stessa spesso si ritrovava a dormire durante le sue lezioni, rese ancora più noiose dal fatto che sapeva già tutto quello che il prof raccontava…

Nel frattempo, Teddy fece un sorriso inconsciamente.

Per puro caso, aveva scoperto qualcosa di inedito passato di sua madre… certo, sapeva molto sul passato dei suoi genitori, grazie ai racconti di sua nonna e dello zio Harry… ma vi erano sempre molte zone d’ombra, soprattutto, per quanto riguardava le vicende a scuola di sua madre nel dettaglio…

Poteva persino vederla sua madre, coi capelli rosa corti e appuntiti trasformarsi nel professor Ruf nel bel mezzo della lezione di Storia della magia e scimmiottarlo…

Ad un tratto, un fulmine squarciò di nuovo il cielo.

“Meglio che ce ne andiamo, sapete? Qui scoppia a piovere… se volete, potete stare un attimo a casa mia…” cominciò Ismelda e, quando si accorse che i ragazzini stavano facendo una faccia parecchio nervosa, rivelò: “Rilassatevi, non ho alcuna intenzione di farvi qualche strano esperimento… ma se volete restare vivi, vi consiglio di non toccare niente dei miei tesori…”

Oliver guardò un attimo Teddy, per poi domandargli, sottovoce: “Dovremmo andare?”

“Abbiamo altra scelta?” fu la semplice risposta dell’altro.

   
 
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