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Autore: LysandraBlack    02/11/2020    2 recensioni
Marian è scampata al massacro di Ostagar. Garrett ha assistito alla distruzione di Lothering, mettendo in salvo la loro famiglia appena in tempo. Senza più nulla, gli Hawke partono per Kirkwall alla ricerca di un luogo dove mettere nuove radici. Ma la città delle catene non è un posto ospitale e i fratelli se ne renderanno conto appena arrivati.
Tra complotti, nuovi incontri e bevute all'Impiccato, Garrett e Marian si faranno ben presto un nome che Kirkwall e il Thedas intero non dimenticheranno facilmente.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Anders, Hawke, Isabela, Varric Tethras
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The unlikely heroes of Thedas'
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CAPITOLO 43
Life is nothing like we pictured it




 

«Pranziamo assieme?» Le chiese Ruvena, cercando senza farsi notare di distendere la schiena, intorpidita dalle ore passate al freddo a pattugliare il porto. Erano alla fine del primo turno, proprio vicino agli uffici di amministrazione portuale e quelli delle varie compagnie navali.

Marian scosse il capo, aprendo e chiudendo i pugni, le dita intirizzite. «Certo. Preferenze?»

«Qualsiasi posto al coperto.»

Trovarono una locanda più che dignitosa proprio lì vicino, facendo girare parecchi avventori quando si diressero ad uno dei tavoli liberi.

L'oste, un rubizzo omone massiccio che doveva essere stato ai suoi tempi un marinaio, dati i tatuaggi sulle braccia che spuntavano dalle maniche arrotolate della camicia, venne loro incontro con uno straccio macchiato e un boccale di birra a metà, tirando su col naso. «Cosa posso portarv-» sgranò gli occhi, riconoscendo Marian e facendo quasi cadere a terra ciò che aveva in mano. «Ser Hawke! Non pensavo... permettetemi di farvi assaggiare la birra migliore che abbiamo, e mia figlia ha fatto proprio ora uno stufato di montone che è una delizia, ve lo assicuro!»

Marian arrossì un poco, cercando di sorridere. «Sarà sicuramente buonissimo, mi fido di voi, serah. Portate due porzioni del meglio che avete.»

«Abbondanti!» Rincarò la dose Ruvena, che se la stava godendo molto più di lei. «Proteggere questa città fa venire una fame da lupi...»

L'oste schizzò verso il retro del locale, berciando qualche ordine alla cucina.

«Non mi abituerò mai ad essere famosa.» Mugugnò Marian, affondando il mento del colletto e cercando di ingobbirsi per quanto le permettesse l'armatura, in un inutile tentativo di nascondersi dagli sguardi curiosi degli astanti. «Non so come faccia Garrett a mantenere tutte quelle pubbliche relazioni tra nobili e gente comune, io impazzirei.»

«Ti dai troppo poco credito.»

«Ma fammi il favore... sono sempre stata più brava con una spada che con le parole, è lui quello affabile. Io sono quella che fa paura, o che viene presa di mira. O tutte e due le cose, se sono proprio fortunata.» Il proprietario della taverna tornò quasi di corsa con due boccali di birra schiumosa e un cestino di pane caldo. «Arrivo subito con lo stufato, Ser Hawke!»

«Direi che te la cavi più che bene.» Commentò Ruvena con un piccolo cenno del capo all'uomo che si allontanava trotterellando. «Sembra che stia servendo l'Imperatrice di Orlais.»

Marian scoppiò a ridere. «Non dire scemenze, nessuno sarebbe così contento di servire un'Orlesiana.» Afferrò uno dei boccali, annusandone rapita la fragranza affumicata e la schiuma corposa color caramello. Ne assaggiò un sorso, restandone piacevolmente sorpresa.

Ruvena fece lo stesso, lasciandosi sfuggire un verso di apprezzamento ad alta voce. «Che ne dici di saltare il resto del turno di guardia e restare qui a finirgli il barile?»

«Non tentarmi, potrei accettare...» ridacchiò di nuovo, bevendo di nuovo. «Aveva ragione, è maledettamente buona.»

«Viene da un birrificio di Hasmal, Ser, uno dei migliori dei Liberi Confini!» Si vantò l'oste, ricomparendo con due scodelle di stufato fumante. «Ne abbiamo quanto ne volete, ovviamente, anche se volete portarvene un po' a casa per berlo in famiglia... con le festività che si avvicinano, è una buona occasione!»

Marian sorrise, assottigliando impercettibilmente le labbra al pensiero che sarebbe stato un altro Satinalia senza Leandra e Carver. «Mio fratello è un appassionato, potrei chiedervi di portarne un barilotto alla sua residenza in città alta, entro domani sera?»

L'oste si illuminò di gioia, chinando il capo. «Ma certamente! Dirò subito a mio figlio di prepararsi e andare a portarglielo, non preoccupatevi di niente, è un onore!»

«Ah, figuratevi, è davvero molto buona...» Marian cercò di ricambiare l'entusiasmo, sempre più a disagio, lo stomaco che brontolava. Si allungò a prendere un pezzetto di pane, affondandolo nello stufato e assaggiando la pietanza. «Anche questo lo è, serah, fate i complimenti a vostra figlia.»

Quello si inchinò di nuovo, ringraziandola a profusione.

«Se è tanto buono, potrei averne anche io una ciotola?» Chiese una voce roca, il tono pesantemente ironico e un marcato accento del Ferelden che Marian riconobbe al volo.

L'oste si voltò come se l'avesse morso un topo. «Cosa vuoi tu, è già tanto se ti puoi permettere il pane raffermo di ieri!»

Samson rispose con un sorriso tutto denti gialli, il naso rosso dal freddo che spiccava sulla carnagione pallida e malaticcia. «Ma come, vi pare questo il modo di parlare ad un caro amico della tenente Hawke?»

L'altro restò interdetto, spostando lo sguardo da Marian al nuovo arrivato come aspettandosi che lei smentisse tutto e che, per buna pace di tutti i commensali, spedisse il fereldiano a tornare a mangiarsi il pane raffermo in un angolo dove non attirasse l'attenzione.

Marian dovette trattenersi dal non ridacchiare. «Siediti pure, Samson.» Rivolse un mezzo sorriso di scuse all'oste. «Potete portarci dell'altra birra e stufato? Non sembra, ma è un brav'uomo.»

L'omone sembrò mangiarsi la lingua. «Ma certo, arrivo subito...» chinò il capo, sconfitto, tornando verso le cucine trascinando i piedi.

«Così mi rovini la reputazione, Hawke.» Commentò Samson, allungandosi per prendere un po' di pane e cacciandoselo voracemente in bocca.

«Oh, scusa, la prossima volta mi ricorderò di sputarti addosso e cacciarti a pedate dal locale, come si conviene.»

«Meredith e il suo cane da guardia approverebbero.» Lanciò uno sguardo a Ruvena, che era rimasta impassibile e ora lo fissava con sdegno. «E anche qualcun altro, a quanto vedo.»

«Non ho niente contro di te, Samson,» lo interruppe lei, affondando il cucchiaio nello stufato con più impeto del necessario, «ma non approvo il tuo invischiarti sempre negli affari altrui.»

Le rivolse un altro dei suoi sorrisi. «Per come sono messo, invischiarmi nei fatti altrui è il mio lavoro, ora. E ci vivo abbastanza bene, grazie per l'interessamento.»

«Devo ringraziarti, a proposito.» Si intromise Marian, posando il cucchiaio. «Se non avessi aiutato Garrett e gli altri, non so se sarebbero riusciti ad arrivare in tempo.»

Samson si voltò per evitare il suo sguardo, masticando avidamente un altro pezzo di pane. «Figurati, ci ho solo guadagnato. Te l'avrà detto, immagino.»

«Sì, mi ha riferito, ma ti ringrazio lo stesso.» Insistette lei.

L'altro bofonchiò qualcosa, ma vennero interrotti dall'oste. «Ecco il cibo e la birra, anche se per uno come lui è un po' sprecata, Ser, se permettete.»

«Oh, non saprei, sotto quell'aspetto da accattone senza morale, forse c'è ancora una brava persona.»

Samson quasi si strozzò con lo stufato su cui si era avventato. L'oste lo guardò scettico, ma preferì sollevare le mani e scuotere il capo. «Se lo dite voi...»

Ruvena scoppiò a ridere, rischiando di farsi andare di traverso la birra. «Lo nasconde bene!»

«Non so se era un complimento o un insulto, Hawke, ma grazie per il pranzo.» Mugugnò l'ex-templare, prendendo un'altra cucchiaiata. «Con questo freddo del cazzo fa solo bene un po' di stufato caldo... anche se il montone ha un sapore strano, credo di essermi ormai abituato alla carne misteriosa che servono giù in città oscura.»

«Possiamo chiedere se hanno delle pantegane in dispensa, se preferisci. Conosci qualche ricetta particolare, magari con qualche salsa orlesiana da abbinarci?» Lo prese in giro lei.

«Orlesiana?!» Fece finta di sputare nel piatto, storcendo la bocca. «Meglio morire di fame. Stai tradendo le tue origini, Hawke.»

Marian si fece improvvisamente seria. «Mai.» Si portò una mano all'altezza del cuore, chiudendo solennemente gli occhi. «Non oserei mai mangiare qualcosa di quei fetenti mascherati.»

Ruvena le allungò una gomitata. «Ma se stamattina abbiamo fatto colazione con delle eclairs

Colta in flagrante, scrollò le spalle. «L'eccezione che conferma la regola. E poi, erano del forno Ava on'Ala, quindi non contano davvero come orlesiane.»

«Quello gestito da elfi, no?» Chiese Samson, interessato. «Com'è che non l'hanno ancora raso al suolo, i riccastri della città alta? Me lo chiedo da un pezzo.»

«Ci avrebbero sicuramente provato, ma è stato Garrett a fare da garante per l'acquisto e il rinnovo del locale. E poi ovviamente sfornano roba così buona che i clienti improvvisamente si dimenticano delle orecchie a punta delle proprietarie.»

«A Garrett Hawke, allora, Campione e sommo benefattore di Kirkwall!» Alzò la voce Samson, scimmiottando un brindisi verso di lei. «Possa sempre riempirsi le tasche, ma soprattutto riempirle a noialtri scansafatiche.» Tracannò metà del boccale, tornando poi a divorare lo stufato.

«A proposito di scansafatiche.» Ne approfittò Marian mentre finivano di mangiare, cercando di apparire più innocente possibile e non lasciar trapelare il fatto che ci pensasse già da un bel po'. «Non sei ancora stufo di passare il tuo tempo a mendicare per qualche pezzo di rame e dover arrabattarti ogni giorno? Sarai anche bravo a mettere il naso in ogni complotto della città, ma prima o poi qualcuno ti ringrazierà con una coltellata tra le costole.»

Samson sollevò le sopracciglia, abbozzando un sorrisetto. «Perché, improvvisamente l'Ordine sente la mia mancanza?»

Lei scosse il capo. «Sai che ci vorrebbe un miracolo per convincere Meredith a riprenderti, però i Templari non sono gli unici che fanno del bene a questa città...»

L'altro perse il sorrisetto, corrucciandosi. «Che hai in mente?»

«Dico solo che quelle mani non sono fatte per raccattare spicci da terra, Samson.» Si sporse ad afferrargli la destra, e l'uomo si irrigidì immediatamente, sorpreso. «Sono mani di chi ha brandito una spada per anni, non dirmi che non ti manca il peso di una buona lama.»

«La vita da mercenario non fa per me, troppi rischi.» Ribattè lui, ritraendo la mano e portandola sotto al tavolo. «E poi la mia personalità così affabile sarebbe sprecata con gente come quella.»

«Non ho mai parlato di mercenari, finiresti con tutti i denti rotti dopo mezz'ora, con la parlantina che ti ritrovi.» Marian scosse il capo, prendendo un sorso di birra e schioccando le labbra. «Potrei mettere una buona parola per te con il Capitano delle Guardie. Magari non entreresti subito tra i ranghi, ma dopo un po' di gavetta e qualche mese a tenere bassa la cresta, vedrebbero che vali qualcosa. È un ruolo rispettabile, dove avresti la possibilità di tornare a renderti utile ed essere soddisfatto di come hai passato la tua giornata.»

Samson aveva sgranato gli occhi e la fissava immobile, la bocca leggermente aperta. «Stai... scherzando, vero? Non dirai sul serio.»

Persino Ruvena sembrava sconvolta. «Marian-»

«Sono serissima.»

L'uomo scoppiò a ridere, forzatamente, ad alta voce. «Bella battuta, Hawke, davvero bella! Non pensavo fossi una spiritosona, complimenti.» Afferrò il cucchiaio con impeto, finendo lo stufato borbottando tra sé e sé, rosso in volto. «Proprio simpatica.»

Marian sbuffò. «Davvero, pensaci. Non dovresti buttarti via così.»

Samson non le rispose subito, pulendosi la bocca con la manica e finendo la propria birra. «Voi Hawke pensate che tutti siano meglio di quello che sono in realtà... la verità è che vi sentite in colpa perché voi ce l'avete fatta, e altri invece sguazzano nel fango.» Si alzò in piedi, guardandola finalmente negli occhi. «Non voglio la tua pietà, non me ne faccio un bel niente.» Diede loro le spalle, allontanandosi a passi larghi verso l'uscita e spalancando la porta con forza.

Ruvena sputò un insulto a mezza bocca. «Che razza di ingrato... Marian?»

Senza pensarci, Marian era già schizzata in piedi, seguendo Samson fuori dalla locanda. Gli corse dietro, afferrandolo per il braccio. Quello la strattonò per liberarsi, ruotando di mezzo giro e colpendole la gamba con la propria senza farle male, ma facendole perdere l'equilibrio.

Marian dovette lasciarlo andare, rischiando di cadere, ma l'uomo la tenne in piedi per quell'attimo necessario a riprendersi.

«Vedi che sei sprecato?»

«Dovresti imparare ad accettare un rifiuto, Hawke.»

«Sono testarda.»

Samson schioccò la lingua, voltandosi verso il molo sottostante. «Tipico di voi pomposi arricchiti.»

«Dimmi solo una cosa. Sei soddisfatto?» Insistette lei, incrociando le braccia al petto.

Sul volto dell'altro comparve una smorfia amara. «Ovviamente, ho realizzato i miei sogni.»

«Se mai dovessi rinsavire-»

«Lasciami in pace, sto bene da solo.» La zittì lui, tornando al suo solito ghigno.

Marian sospirò. «Come ti pare.» Capitolò infine. «Se però ti stufi, domani sera passa pure alla villa, ci saranno una manciata di amici stretti e una montagna di cibo e alcolici. Puoi pure startene da solo, se preferisci, ti prepareremo la sedia nell'angolo più in ombra del salotto. Sempre che Fenris non sia di cattivo umore, altrimenti dovrete litigarvela.»

Samson scosse il capo, divertito, per poi allontanarsi tranquillamente. «Buon Satinalia, Hawke.»



 

«Ancora non capisco come tu ti sia sognata di invitarlo, e se si presentasse sul serio?!» Ripetè per l'ennesima volta Ruvena, incredula.

«Non penso verrà, ma in caso saremo più che contenti di ospitarlo.» Rispose decisa Marian, varcando i cancelli della Forca con aria ostinata. Immediatamente, alcune teste si voltarono verso di lei, poteva sentire gli sguardi di parecchi colleghi puntati su di loro. «Nessuno dovrebbe passare da solo le feste.»

«Magari potessi passarle da sola, invece!» Si lamentò l'amica, sfregandosi le mani mentre entravano negli alloggi. «Mia sorella arriva stasera da Starkhaven con tutta la famiglia, sarà un putiferio, mia madre e i miei zii stanno cucinando ininterrottamente da due giorni. Ho scelto di fare doppio turno stasera e mezza giornata domani pur di stare il più lontana possibile da casa, mia madre quando ci si mette è davvero-» si zittì di colpo, mordendosi la lingua. «Scusa, non volevo, sono un'idiota.»

Marian si sforzò di sorridere. «Non fa niente.»

«No, sono una stronza, mi dispiace.» Ribattè l'altra, chinando il capo. «Non dovrei lamentarmi.»

«Ru, davvero, non importa.» Le appoggiò una mano sulla spalla, dandole una piccola pacca. «Non ti invidio per nulla con tutti quei bambini urlanti per casa, noi saremo a bere e giocare a Grazia Malevola imprecando come scaricatori di porto. Sempre che Aveline ce lo lasci fare, si intende...»

«Tenente Hawke!»

L'umore di Marian sprofondò ulteriormente, voltandosi verso Cullen e cercando di non mostrare il proprio fastidio. «Sì, Capitano?»

L'uomo, che stava parlando poco lontano da loro con un paio di reclute dall'aria afflitta, le raggiunse a grandi falcate. «Volevo proprio parlarti del Capitano Vallen, ci sono state lamentele a riguardo della sua gestione delle Guardie Cittadine.»

Ora, che Cullen se la prendesse con lei era un conto, ma che attaccasse Aveline, la quale era il perfetto esempio di come dovesse comportarsi un capitano con i propri uomini, quello era un altro paio di maniche. Marian assottigliò lo sguardo, incrociando le braccia al petto. «Che genere di lamentele, posso saperlo, signore?»

Quello si strinse nelle spalle. «Voci di corridoio, a quanto si dice, ma sostengono che tenga le sue guardie sotto una campana di vetro e che li coccoli troppo. In fondo, ne ha pure sposato uno.»

“Quanto vorrei spaccargli la testa contro quel muro di pietre sporgenti...” pensò Marian, prendendo un respiro e contando fino a cinque, la meravigliosa immagine delle cervella di Capitan Culo che colavano dalle pietre al pavimento. «Non ho sentito nulla di tutto ciò, Capitano, e posso assicurarvi che serah Hendyr, pur essendo il marito del Capitano Vallen, non riceve alcun trattamento di favore rispetto agli altri.»

«E come posso sapere che non stai semplicemente difendendo un'amica, Hawke?» La riprese Cullen, acido. «In tempi di crisi, in cui la città è rimasta senza la guida del Visconte, la Guardia Cittadina dovrebbe supportare il lavoro dell'Ordine nel tenere al sicuro Kirkwall. Se la città non si fida più del Capitano delle sue Guardie, saremo costretti a sostituirla.»

“No, impossibile...” ci ripensò Marian, stampandosi in faccia un'espressione neutra “non possono colare cervella, non ne possiede manco un pugno.” «State dicendo che avete già un rimpiazzo pronto? Perché in caso si faccia pure avanti, siano però gli uomini e i fatti ad approvare la sostituzione, per il momento io non ho sentito una sola singola lamentela sul corpo di Guardia, non da persone che volessero metterci la faccia, almeno.»

«Non occorre l'approvazione di nessun altro se non del facente veci del Visconte, che se ben ricordi è la nostra Comandante. Sarebbe un altro onere sulle mie spalle, certamente, ma accetterei anche questo per garantire la sicurezza di Kirkwall.» Cullen gonfiò pomposamente il petto, guardandola dall'alto in basso.

Marian iniziava a vederci rosso. «Posso parlare liberamente, signore?»

Ruvena la guardò allarmata, cercando di farle cenno col capo di tacere, ma l'altro annuì con aria di superiorità.

«Se fosse un'indagine seria nei confronti del Capitano Vallen, sarebbero state sporte denunce sulla sua condotta da persone che hanno lasciato nome e cognome, non sussurri alle spalle da una manciata di codardi corrotti con qualche spiccio per infamare qualcuno che si è sempre fatto in quattro per questa città e per i suoi cittadini. Sempre, Capitano, chieda pure in giro se i cittadini di Kirkwall non sono grati degli ultimi anni in cui hanno potuto contare sugli uomini e donne che il Capitano Vallen ha addestrato personalmente e che dirige con onestà e meritocrazia, invece che accettando tangenti e vendendo il proprio onore alla Cerchia, al Carta e feccia simile, come faceva il suo predecessore.»

Cullen era arrossito leggermente. «Hawke, non sono certo io a-»

«Datemi il permesso di aprire un'indagine ufficiale, signore, e sarò ben lieta di farmi da parte dopo aver scelto tra i nostri ranghi persone competenti, per non contaminare le prove per colpa dell'amicizia che mi lega al Capitano Vallen.» Fece un passo in avanti verso Cullen, la mascella serrata. «Tuttavia, finché si parlerà di stupide voci di corridoio provenienti da malelingue invidiose, non starò ad ascoltare menzogne sputate solo per screditare una delle poche persone che si meritano la carica che occupano.»

L'uomo rimase per un paio di secondi senza parole. «Hawke, non volevo insultare le capacità del Capitano Vallen, solo metterti al corrente dei fatti. Se vuoi davvero aprire un'indagine, ti do l'autorizzazione per farlo, saremo tutti più tranquilli una volta saputa la verità. Ma non voglio sentirti insinuare una seconda volta dei dubbi su chi governa questa città, tenente.» Fece un cenno col capo a lei e Ruvena, accomiatandosi rigidamente. «Vi auguro una buona serata.»

Aspettarono di essere tornate nei loro alloggi prima di commentare l'accaduto.

«Non dovresti rivolgerti a lui in quel modo, potrebbe-»

«Cosa? Rovinarmi la carriera, mettermi contro i nostri colleghi, sputarmi nella zuppa?» Marian si buttò sul letto, calciando via uno stivale con rabbia. «Avrei dovuto farmi i cazzi miei, a quei Satinalia... odio i maghi del sangue, come chiunque altro, ma nel suo caso aveva dannatamente ragione a volerlo morto.»

Ruvena si guardò alle spalle. «Non farti sentire, stanno solo cercando una buona scusa per cacciarti.»

«Oh, che lo facciano pure. Mi solo quasi fatta ammazzare da un fottuto bruto cornuto cinque volte me, ma evidentemente bastava una mezza parolina sussurrata all'orecchio giusto per farmi tenere il posto nel glorioso e nobile Ordine Templare... cosa mi sono impegnata per anni a fare, se bastava leccare il culo ad un Trevelyan?» Anche l'altro stivale seguì il gemello nell'angolo. «Fottuto Capitan Culo, se prova solo a fregare il posto ad Aveline per conquistarsi anche la Guardia Cittadina con qualche patetica scusa, lo attacco al muro. Che mi giustizino pure, almeno mi sarò tolta una soddisfazione, per una buona volta.»

«Piuttosto...» Replicò Ruvena, aspettando che si calmasse un poco e litigando con le cinghie dell'armatura. «Se vuoi possiamo indagare io e Hugh sulla faccenda. Prendiamo anche Keran, che ti deve un favore. Avrei chiesto pure ad Adrew, ma ha seguito Trevelyan ad Ostwick in licenza.»

Marian sbuffò pesantemente, aiutando l'amica a liberarsi degli spallacci e pettorale. «Mi faresti un grosso favore. Se anche la Guardia Cittadina cade sotto il controllo di Meredith, Kirkwall andrà alle fiamme. Letteralmente, credo.» Sollevò il braccio, permettendo all'altra di aiutarla a fare lo stesso.

«Figurati, almeno avrò una scusa per fare tardi domani e andarmene dopo qualche ora... ci inventeremo una visita a sorpresa, analizzeremo come distribuiscono le ronde e quant'altro, in mezza giornata dovremmo avere abbastanza dati per sistemare questa cavolata una volta per tutte.» La rassicurò Ruvena, rifilandole una pacca d'incoraggiamento sulla schiena. «E poi, il Capitano Vallen è una spalla sopra il nostro, nessuno dovrebbe azzardarsi a sparlare di lei in questo modo.»

«Sai, questa conversazione qualche anno fa non sarebbe mai avvenuta.» Commentò Marian divertita, ma grata all'amica.

«Quando smetterai di ricordarmi che ho pessimi gusti in fatto di uomini?»

Finì di togliersi la giacca imbottita, lanciandola sulla sedia accanto al letto. «Mai. Mi piace il fatto che abbiamo un sacco di cose in comune.»

Ruvena le tirò un cuscino. «Parla la futura regina di Starkhaven!»

Rispose all'attacco, tirandole il proprio. «Perché non sai dei precedenti.»

«Oh, qualcosa lo so, non temere.» Sogghignò l'altra, ripassandoglielo. «Non eri proprio discreta, durante il primo paio d'anni che hai passato qui.»

«Sempre meglio di Capitan Culo.»

Ruvena annuì solennemente. «Sempre meglio di Capitan Culo, già.»

«Se può farti stare meglio, una volta ci ho provato con Samson.» Si lasciò sfuggire Marian, scoppiando poi a ridere. «Ed è stato lui a rifiutarmi.»

L'amica la guardava come se avesse detto di essere andata a letto con l'Arishok. «Come, scusa?»

Alzò le mani, cercando di spiegare. «In mia difesa, ero estremamente ubriaca e triste. È successo quella sera in cui Bela mi ha trascinata a bere dopo le false notizie su Carver e Garrett dispersi nelle Vie Profonde. In effetti, è stato un gentiluomo.»

«Ho capito la tristezza e l'alcol, ma Samson?!» Ruvena fece una smorfia schifata, coronando il tutto da un verso disgustato. Poi, le lanciò uno sguardo di sottecchi. «Non è che ti sei già stufata del principino e vuoi tornare ai bassifondi?»

Stavolta fu il turno di Marian di rabbrividire. «Ru! Nemmeno per scherzo!»

L'altra si strinse nelle spalle. «Sei stata così gentile ad invitarlo...»

«Ci sarà anche Sebastian, ovviamente, con tutti gli altri.»

Ruvena sollevò un sopracciglio, l'aria di chi la sapeva lunga, arricciando un angolo della bocca. «Come se fosse la prima volta che ti diverti con più di qualche amico.»

Marian rimase a bocca aperta, inorridita. «Anche tu?! Ma lo sa tutta la città di quell'unica volta? È stato un caso, una sola serata!» Affondò la faccia nel cuscino.

«La tua amica parla troppo, te l'ho sempre detto.»



 

«E indovina che ci ho trovato? Trecento copie contraffatte a puntino, pronte per essere spedite ad Orlais!» Varric prese un altro sorso di birra, gesticolando animatamente verso Aveline. «Quell'infame mi aveva detto che la terza partita era andata persa per un errore di stampa, e invece se le voleva vendere da solo sottobanco.»

«Inaccettabile!» Gli diede ragione Donnic, annuendo.

«Perché non è passato dalla caserma?» Chiese invece Aveline, corrucciata. «Avremmo dovuto arrestarlo, o almeno fargli pagare i danni...»

Il nano sogghignò, dando di gomito a Garrett, seduto accanto a lui. «Oh, i danni li ha pagati eccome, sarà ancora lì a pagarli, probabilmente.»

Marian lanciò un'occhiata sospettosa al duo. «Che avete combinato?»

«Ah, niente di che, l'abbiamo gentilmente convinto a stampare cinquecento copie di tasca sua, senza commissioni. Per dimostrarci la sua buona volontà a riallacciare il rapporto di fiducia tradito.»

«Molto più efficace che fargli passare qualche giorno in cella, su questo non c'è dubbio.» Concordò Isabela, seduta sulle ginocchia di Fenris, allungandosi verso la bottiglia di vino sul tavolo e prendendone un sorso a canna, passandola poi all'elfo. «Si sarebbe solo divertito.»

«Non è esattamente una passeggiata al chiaro di luna, la galera.» Commentò Aveline piccata.

La pirata le rivolse uno sguardo furbo. «Pensi che quello non sia abbastanza immanicato da evadere nel giro di una settimana?»

Varric si strinse nelle spalle. «È utile anche a quello, in effetti...»

«Piuttosto, Aveline, Ruvena è passata alle caserme?» Si interessò Marian, curiosa. Aveva a malapena incrociato l'amica nel pomeriggio, ma l'altra le aveva strizzato l'occhio in maniera incoraggiante.

«Sì, mi ha avvertita... se trovo chiunque stia mettendo in giro fesserie del genere, lo butto in acqua a rinfrescarsi le idee.» Rispose lei, corrucciata.

Donnic annuì, rabbuiandosi. «Una di noi ha detto di avere una pista, domani dovremmo andare a scovare il responsabile.»

«Posso sapere-?»

Aveline lanciò un'occhiata ammonitrice al marito, che aveva già aperto bocca per rispondere alla templare, sollevando una mano. «Non ci provare, ci hanno detto che devi starne fuori. Cullen ti tiene il fiato sul collo, meno sai di tutta questa storia, meglio è. Ma ti prometto che si beccherà ciò che merita, e pure qualcosina in più pure da parte tua.»

Marian si morse il labbro, offesa. «Se lo dici tu... odio essere messa da parte così, però.»

«Ho visto la copertina del nuovo libro di Varric, Garrett, l'hai fatta sempre tu?» Chiese cortesemente Sebastian, cercando di virare la conversazione su argomenti più sereni.

Quello annuì. «Mi ci sono divertito.»

Lo sguardo di Marian vagò per la sala, osservando Merrill e Sandal che giocavano con Bu, Bodahn che ravvivava il focolare, le decorazioni di vetro scintillante e le lanterne di carta e stoffa che fluttuavano placidamente sul soffitto grazie all'aiuto di Anders, la luce che rifletteva tremolante sul ritratto di Leandra appeso sopra il camino.

Sebastian dovette accorgersene, perché le prese delicatamente la mano tra le sue. «Dovreste farvi un ritratto. Tutte le casate nobiliari ne hanno uno.»

I due Hawke si lasciarono sfuggire una risatina all'unisono.

«Non siamo una vera famiglia nobile.» Ribattè Garrett, prendendo un altro sorso di birra.

«Era nostra madre quella dal sangue blu... ora ci resta solo Gamlen!» Scherzò Marian, allungando il boccale a Varric perché lo riempisse.

«Ho cercato di invitarlo, in realtà, ma ha detto che aveva da fare.»

«Ubriacarsi alla Rosa, probabilmente.»

Bevvero alla salute dello zio, ridacchiando.

«A proposito di Gamlen, la sai l'ultima trovata per raccattare qualche spiccio?» Disse Garrett, allungandosi a prendere un dolcetto. «Quando sono andato a chiedergli se voleva venire qui stasera, ho trovato una lettera per lui su una gemma misteriosa. I miei tentativi di cacciargli fuori qualche informazione sono falliti miseramente e mi ha urlato di farmi i fatti miei quasi calciandomi fuori dalla porta, ma credo sia solo un modo per non farmici invischiare. Se crede all'esistenza di questa gemma, magari pensa che trovandola farà un sacco di soldi.»

«Il problema non è avere un paio di Sovrane o un intero forziere, è che finiscono tutti in qualche canale di scolo o tra le gambe di qualcuno.» Commentò acida Marian. «Sei fin troppo buono a mandargli la paghetta ogni mese, non ha mai combinato nulla di utile, poteva almeno accettare il lavoro che gli avevi offerto.»

Garrett si strinse nelle spalle. «Lo conosciamo ormai, non vale la pena di prendersela. È fatto così.»

«Spero solo non si metta in qualche guaio con questa gemma, già abbiamo dovuto intimidire più di un creditore...» intercettò lo sguardo di Sebastian, affrettandosi a chiarire «intendevo, dopo avergli restituito il denaro!» Si infilò in bocca un altro dolcetto, le guance in fiamme.

Sebastian sorrise divertito, accarezzandole la schiena e sussurrandole all'orecchio un «non ne avevo dubbi, amore» che la fece arrossire ulteriormente.

«In ogni caso, se mai decidessimo di farci ritrarre come un branco di stoccafissi imbellettati, dovremmo sequestrare Gamlen, costringerlo a lavarsi, vestirsi in maniera decente e frequentarci abbastanza da permettere al pittore di prendere pose e dettagli.» Proseguì Garrett, sogghignando. «Praticamente impossibile.»

«Anche Bu vorrebbe far parte del ritratto!» Trillò Merrill dall'altra parte della stanza, guardando la mabari con un gran sorriso. «Vero?»

Quella piegò il capo e alzò le orecchie, confusa.

«Questo complica le cose, dovremmo trovare un pittore che ama i cani.» Riflettè Marian. «Quanti Fereldiani conosciamo che facciano miracoli con un pennello?»

L'occhiata che Garrett si scambiò con Varric le segnalò il doppiosenso involontario. Il fratello lanciò uno sguardo significativo ad Anders, che scoppiò a ridere di gusto mentre Varric quasi rischiava di cadere dalla sedia.

Marian scosse il capo, soffocando una risata dietro al dorso della mano. «Idioti... siete degli idioti.»

«Oh, tesoro, non preoccuparti, rientri anche tu nella categoria.» La rassicurò Isabela, brindando verso di lei.

Stava per ribattere, quando qualcuno bussò alla porta. Si scambiò uno sguardo confuso con Bodahn, che schizzò verso l'ingresso sistemandosi la giacca nuova.

Dopo qualche secondo, vennero raggiunti da una voce roca.

«Mi fai ricevere dalla servitù, Hawke?»

Garrett si raddrizzò immediatamente sulla sedia, spostandosi impercettibilmente davanti ad Anders. «Cosa ci fa Samson fuori dalla nostra porta?»

Marian scosse il capo, alzandosi. «L'ho invitato io, ma non pensavo venisse sul serio...» Raggiunse Bodahn, che stava fissando il nuovo arrivato con somma disapprovazione.

«L'avete davvero invitato voi, Ser?» Chiese incerto, piazzato davanti alla porta.

La templare annuì, facendo cenno di entrare. «Non pensavo ti presentassi più.»

Samson si fece strada all'interno, stringendosi la giacca con qualche toppa tra le braccia, guardando sospettoso l'atrio. «A sapere che era così ricco, gli scucivo di più per il mio aiuto...» borbottò, cedendo finalmente l'indumento a Bodahn, che lo soppesò disgustato prima di appenderlo accanto ad una finestra e aprirla un poco. «Comunque, dove stavo prima avevano finito la birra buona, quindi ho pensato di venire qui a scroccartene un po', non farti illusioni.»

Marian gli elargì un sorriso. «Immaginavo. Vieni pure, ci sono anche un sacco di dolci. O carne, Lumia ha pensato dovessimo invitare mezza Kirkwall, probabilmente, perché ha cucinato l'equivalente di una fattoria...» I due fratelli che li aiutavano con la casa avevano preparato tutto quella mattina, per poi andare a godersi la mezza giornata libera e tutta la serata con la famiglia. Garrett aveva insistito che prendessero pure il giorno dopo, ma Marian li conosceva abbastanza bene da sospettare che sarebbero rientrati prima del previsto.

Non che loro mantenessero delle perfette abitudini di ordine, pulizia e cucina, ma pareva che Seth e Lumia si fossero fatti l'idea che senza di loro e Bodhan sarebbero morti di stenti sommersi dal loro ciarpame nel giro di un battito di ciglia.

Il che, guardando come Garrett, Anders e Bu riducevano la casa dopo due giorni di vacanza degli aiuti domestici, non era completamente errato, pensò Marian divertita.

L'intero gruppo si voltò a fissarli come se fosse entrata una viverna rosa in salotto. Il primo a riprendersi fu Sebastian, che da impeccabile principe qual era si alzò a salutarlo. «Buon Satinalia, serah... giusto in tempo per aprire lo champagne!»

Samson rimase a fissarlo insospettito, ma un attimo dopo anche gli altri lo salutarono più o meno cortesemente. Aveline aveva assottigliato lo sguardo e Isabela aveva un ghigno divertito sul volto, mentre Anders aveva storto appena la bocca in una smorfia infastidita, ma era rapidamente tornato a chiacchierare con Varric di chissà cosa.

Il nuovo ospite non ci mise un attimo per dirigersi allegramente verso il barilotto di birra che Marian aveva fatto portare dalla locanda del giorno prima, prendendo anche qualche fetta di maialino al latte ripieno con qualche verdura accanto.

In breve, tutti sembrarono accettare la cosa, tornando a chiacchierare del più e del meno e scambiarsi le solite battutine.

Poco prima di mezzanotte, il campanello della porta suonò di nuovo. Fu il turno di Marian di cercare una qualche spiegazione dal fratello, ma Garrett rispose solo di infilarsi le giacche e seguirlo nel cortile interno.

«È una sorpresa.» Ripeté per la seconda volta mentre Anders cercava di tenere a freno Bu, che aveva afferrato la sciarpa di Aveline e la stava distruggendo a furia di tirarla tra i denti.

«Dimmi solo se domani avrò uno dei miei cari colleghi alla gola...» sospirò Marian, lasciando che Sebastian le desse una mano ad indossare la giacca.

«Quello non sarebbe per niente una sorpresa!» La rimbeccò Isabela, ridendo e trascinandosi dietro Fenris, che la seguì di buon grado prendendola per mano.

In cortile, trovarono il nano del Carta che era venuto con loro a Vimmark, assieme alla Tal-Vashot. Stök Cadash li salutò allegramente, imbacuccato da capo a piedi in una pesante giacca imbottita di pelo, mentre Adaar sembrava a stento fare caso al freddo, avvolta in morbida lana blu e grigia, il cappuccio tirato su a coprirle le corna dal quale spuntava la lunga treccia candida.

«Pronti?» Li incalzò il nano, allargando le braccia. Dietro di lui, erano posizionati ad una distanza di un metro circa l'uno dall'altro diversi cilindri di varie dimensioni. «Piccoletta, come ti ho insegnato.»

Adaar accennò un sorriso, prima di voltarsi e muovere la mano. Alcune scintille brillarono sotto i cilindri più piccoli.

Il cielo notturno si accese di colori, lo scoppio dei fuochi artificiali avrebbe sicuramente attirato le attenzioni di tutti, ma in quel momento non le poteva importare di meno.

Sebastian la abbracciò da dietro, posandole il capo sulla spalla e restando entrambi col naso all'insù, rapiti dallo spettacolo.

Dopo un gran finale che aveva probabilmente risuonato per mezza Costa Ferita e dintorni, Stök si inchinò tronfio nella loro direzione, sommerso da applausi. Persino Adaar pareva divertita e soddisfatta. «Questo è per dimostrare che non faccio soltanto esplodere cose o persone, come dice qualcuno.» Disse il nano, le mani sui fianchi. «Sono un artista.»

«Sì, sì, un vero capolavoro...» gliela diede vinta Varric, scuotendo il capo. «Potresti farne una carriera.»

Il sogghigno dell'altro si allargò ulteriormente. «Quando scoprirò la ricetta del Gaatlok, vedrete che botti!»

«Ne sei ancora lontanissimo.» Commentò Adaar, scuotendo il capo.

Alla fine, rientrarono tutti in casa e Fenris andò a prendere lo champagne orlesiano che avevano regalato i Trevelyan ai fratelli Hawke.

«Non finiremo nei guai per il rumore, vero?» Chiese timidamente Merrill, gli occhi che ancora brillavano per la felicità. «Sarà piaciuto a tutti in città, è stato così bello!»

Marian intercettò lo sguardo complice che si scambiarono Garrett e Donnic. «Tranquilla, siamo in una botte di ferro.» La rassicurò il primo, prendendo un calice.

Samson, poco distante, schioccò le labbra in un verso di apprezzamento. «Sarà anche orlesiano ma è dannatamente morbido.» Commentò, prima di scolarsi il resto del bicchiere.

Sebastian lo guardò con disapprovazione, mentre l'altro allungava nuovamente il calice a Fenris, che ridacchiò ma gliene versò ancora. «Proporrei un brindisi, prima che iniziate tutti a bere!» Alzò la voce, sollevando il proprio.

«E chi ha mai smesso.» Lo prese in giro Fenris, fermandosi però dal prenderne un sorso.

«Non credevo che avrei mai potuto trovare gioia al di fuori della Chiesa-»

«Tesoro, non pensavo le avessi dato un nome, “Gioia” è un filo arrogante però...»

«Bela!»

Il principe alzò gli occhi al soffitto, trattenendo una risata. «Dicevo... non avrei mai immaginato di trovare persone con le quali mi sarei trovato a condividere-»

«Prima che sia l'anno nuovo, Seb!» Gli gridò Garrett, il braccio attorno alle spalle di Anders. Sorridevano entrambi, le guance arrossate per l'alcol e il freddo preso in cortile, persino il Custode.

«D'accordo, mi rimangio tutto, siete un branco di ubriaconi molesti e volgari, con i quali Andraste sa soltanto il perché mi ritrovo a passare il mio tempo!» Sbottò Sebastian, voltandosi poi verso Marian e prendendole di nuovo la mano, per poi posarvi un bacio leggero. «Fatta eccezione per la mia meravigliosa futura moglie e per il Capitano Aveline, gli unici pilastri di questa comunità allo sbando.»

Si levarono una serie di risate.

«Qualche tempo fa avrei detto che era lui il pilastro...» le strizzò l'occhio Isabela, avvicinandosi a lei una volta che Sebastian si fu spostato verso Donnic e Fenris per scambiarsi gli auguri. «Ma da quando hai iniziato a scalpellarlo, per sua fortuna non svetta più costantemente marmoreo.»

«Isabela, sei una persona orribile.» Dichiarò solennemente Aveline, raggiungendole. Marian scoppiò a ridere.

«Oh, se improvvisamente cambiassi ti mancherei da morire, ragazzona, ammettilo.»

Aveline sorrise divertita, stringendola in un abbraccio che sorprese la pirata lasciandola finalmente senza parole. «Questo sicuramente. Anche se non lo ripeterò mai più.»

Marian e Isabela si scambiarono uno sguardo ammirato, e la templare ne approfittò per unirsi anche lei all'abbraccio. «Siete le migliori amiche che avrei mai potuto trovare.» Sussurrò grata.

«Tesoro, come se non lo sapessimo...»

«Non rovinare il momento!»



 

Era ormai l'alba quando gli ospiti iniziarono a tornare a casa, almeno quelli che si reggevano ancora in piedi. Samson si ostinò a tornare barcollando in città bassa e Aveline si avviò verso casa sorreggendo un Donnic praticamente comatoso. Stök e Adaar se n'erano andati dopo che il nano aveva ripulito le tasche di quasi tutti i presenti in parecchi giri di Grazia Malevola, in un testa a testa con Isabela a chi barava meglio.

Fenris e Isabela si chiusero in una delle camere degli ospiti, mentre Merrill, che non reggeva per nulla l'alcol, dormiva già da un pezzo nell'altra, russando debolmente accanto a Bu che le faceva da guardia. Anders e Sebastian si offrirono di dare una sistemata, lasciando un poco da soli i due fratelli a ravvivare il camino prima di ritirarsi.

«È bello quando ci siamo tutti.» Parlò Garrett dopo un poco, lo sguardo puntato sulle fiamme.

Marian annuì. «Riusciamo quasi a dimenticarci tutta la merda che c'è là fuori.»

Dal quadro sopra di loro, Leandra pareva sorridere.

«Sebastian ha ragione... dovremmo farci ritrarre. Tutti insieme, però.»

Marian ridacchiò. «Quale folle avrebbe la pazienza di sopportarci tutti?»

Garrett si strinse nelle spalle. «Siamo talmente ricchi che potremmo assoldare una dozzina di pittori, ne troveremo uno con tanta buona volontà, no?»

In un impeto di affetto, gli passò un braccio sulle spalle, stringendolo. «È una buona idea. Voglio ricordarmi questi momenti.»

Garrett le si fece un poco più vicino, ricambiando. «Tanto, Gamlen non lo volevamo incorniciare in ogni caso. Il suo muso arcigno rovinerebbe l'intero ambiente.»

«Verissimo.»

Le parve di udire un rumore provenire dalla veranda, e si voltò verso la finestra aperta. Garrett sgusciò via dalla sua presa, andando in quella direzione.

Scrutarono il cortile deserto, illuminato solo dal cielo che iniziava a rischiararsi, le lanterne che lo decoravano spente prima dello spettacolo pirotecnico e rimaste tali.

Sentirono un altro fruscio di foglie, ma sembrava ormai lontano.

«Potrei andare a controllare, ma non sono certa di saper distinguere la mia spada da una bottiglia di vino, al momento.» Commentò Marian stropicciandosi gli occhi.

Garrett si grattò la barba, sovrappensiero. «Se è un ladro, sarà passato di qui per sbaglio, nessuno sano di mente potrebbe mai pensare di venire a derubare proprio noi. Siamo una macchina di morte, tutti insieme.»

Marian scoppiò a ridere, chiudendo la finestra e lasciando i problemi fuori da lì ancora per un po'.


























Note dell'Autrice: che dire, Samson sta diventando uno dei miei personaggi preferiti. E Capitan Culo può andare a morire di stenti sotto un molo, ormai. Volevo mostrare un Satinalia parecchio diverso da quello di qualche anno prima, sia come sfarzo che come risultati. Sono diventati una compagnia molto unita, quasi una famiglia. 
Alla prossima! :D

  
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