Videogiochi > Sonic
Segui la storia  |       
Autore: Indaco_    04/11/2020    1 recensioni
Mobius era una tavolozza di colori, specie, caratteri, culture, cibi e via dicendo. Pulsante di vita, la città datata secoli era un variegato multi gusto. La sua crescita economica e sociale era intessuta da persone particolari, da eventi dimenticati e poco conosciuti e da tanti, tanti soldi.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sonic the Hedgehog
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Salendo in macchina a spintoni, i passeggeri fecero ondeggiare il piccolo e antiquato veicolo. Pierre, al volante, uscì dal cortile cementato con una brusca manovra e si lanciò nella statale con l’entusiasmo di un bambino. Il suo viso era tanto radioso quanto determinato mentre seguiva il navigatore sul piccolo palmare.
Deciso a sfruttare l’occasione per portare un po’ di luce alla “sua” caserma e alla sua carriera, il furetto era davvero armato delle migliori intenzioni.
< Bene, lasciate che vi spieghi: quello con cui ho parlato al telefono prima altro non era che Barclay. Avete tutti presente chi è no? > esclamò con evidente soddisfazione mentre dallo specchietto retrovisore occhieggiava tutti i componenti della sua squadra. Gli occhi affamati di successo del furetto fecero salire la pelle d’oca alla riccia, la quale si ritrasse da quell’occhiata gelida grazie all’intervento fulmineo di Steve.
< Ti riferisci esattamente al cane? Il vice direttore della stazione centrale? > rispose stupefatto, voltandosi di proposito dal finestrino appannato.
Il furetto fece schioccare le dita, gongolante come poche altre volte. Pierre aveva lavorato come braccio destro di Barclay per svariati anni prima di essere spostato in quella caserma. Lo conosceva molto, molto bene tanto da potersi definire amico. Insomma, il furetto era legato al pezzo grosso e anche per questo i due sottoposti stravedevano per lui.
< Esattamente Steve, il dobermann o il segugio, a seconda di come tu lo voglia chiamare. Ma questo non ha importanza. In centrale è arrivata una telefonata anonima, non sono stati in grado di rintracciarla perché è stata fatta in una di quelle vecchissime cabine telefoniche. L’interlocutrice era una signora di una certa ad orecchio, la quale ha detto di aver visto avvenire scambi di … una strana farina > concluse con una risatina riportando alla lettera le parole del vice.
Jack scoppiò a ridere con ilarità superando di gran lunga la mesta risata del capo, il quale gli rivolse un’occhiata interrogativa:
< si può sapere che c’è? > domandò innervosito.
Il toro si asciugò le lacrime con il dorso della mano e respirò sfinito da quell’esplosione di allegria
< non vi pare ridicolo che un personaggio come lui possa davvero credere che sia farina? > esclamò trattenendo al massimo le nuove risate che gli stavano salendo dalla gola.
Steve sospirò, scosse la testa e ritornò a guardare fuori dal finestrino arrendendosi a quel collega troppo ingenuo. La rosa rollò gli occhi, preparandosi a sentire la sfuriata che a Pierre stava salendo a fior di labbra. Infatti, gli occhi fissi sul toro avrebbero potuto benissimo incendiare la carbonella per il barbecue.
< RAZZA DI IDIOTA! E’ DANNATAMENTE OVVIO CHE STAVA SCHERZANDO! > ringhiò il furetto pestando l’acceleratore.
Per tutto il breve percorso rimanente, tra edifici altissimi, magazzini e interminabili file di case, Pierre si accanì sul povero toro continuando a coprirlo di improperi. Smise solamente quando iniziò a vedere il luogo dove erano diretti: il mastodontico, interminabile porto di Mobius.
Nel tratto di costa non balneabile, lunga chilometri e chilometri, il porto era cresciuto in modo incontrollabile in pochi decenni. Inutile dire la ricchezza che quell’ammasso di cemento, ferro e acciaio rappresentasse per la cittadina: magazzini per lo stoccaggio, edifici dedicati alla lavorazione dei prodotti, vecchi hotel, case, pescherecci, laboratori, garage per barche e molto altro.
La costruzione selvaggia, non studiata ed eccessiva, aveva portato disordine e lavoro, rendendo alcuni quartieri laboriosi e movimentati, altri completamente deserti e abbandonati. Tra volute di fumo grigio e denso e rumori di macchinari, la zona industriale di Mobius, popolata da operai, magazzinieri e ben altro, lavorava giorno e notte nascondendosi alla vista del centro città. Al contrario, la desolazione si concentrava soprattutto nella zona dei magazzini di stoccaggio, ammassati l’uno accanto all’altro, e in quella degli antiquati quartieri residenziali ormai completamente disabitati.
Ed era proprio in uno di quei quartieri che i ragazzi si stavano dirigendo, per la precisione il più a ovest: una vecchissima località, prima di pescatori e poi di operai, confinante con l’aperta campagna.
Pierre osservava indagatore quell’ammasso labirintico di solide e piccole case che si scorgevano da lontano. A quella distanza non sembravano troppo alte e le condizioni in cui riversavano erano diverse l’una dall’altra: alcune erano fatiscenti, altre ancora necessitavano di piccole manutenzioni e in qualche caso erano addirittura crollate.
Amy, schiacciata tra Steve e Jack, riusciva a malapena ad intravedere gli edifici all’orizzonte. Ma non si dava troppa pena per quel dettaglio, troppo presa ad immaginare l’opportunità per una svolta decisiva alla sua carriera. Era la prima volta che partecipava ad un controllo di quella portata perciò, oltre ad essere elettrizzata, temeva di non sapere né come muoversi, né a cosa prestare attenzione. Ma era troppo gasata per mantenere il pensiero fisso su quei timori, non vedeva l’ora di agire: scovare criminali, acciuffarli, interrogarli. Togliere la libertà a simili personaggi significava raggiungere il suo obiettivo a piccoli passi.
Certo, non avrebbe mai fermato il giro malfamato arrestando uno dei tanti criminali che vagavano in giro per la città ma era già un buon inizio per la sua carriera no?

Pierre parcheggiò di fronte ad un condominio vuoto. Lo sguardo aggrottato del capo si posò sul labirinto di viuzze che si diramavano dietro all’edificio.
Nei sedili posteriori, i tre sottoposti non vedevano l’ora di smontare e di poter vedere dal vivo una delle zone più periferiche della cittadina.
Il porto era talmente grande che in pochi sapevano orientarsi al suo interno con disinvoltura e tantissime località erano completamente ignote alla maggioranza. 
Pierre osservò il condomio sollevando un sopracciglio a mo’ di sorpresa e con un sospiro prese parola.
< Vi avverto voi tre, il primo che non ubbidisce ai miei ordini viene automaticamente licenziato e se ne torna a casa a piedi, chiaro? > esclamò lanciando un’occhiataccia ciascuno dallo specchietto retrovisore. La rosa deglutì, in quel momento le sarebbe piaciuto restarsene seduta in quella scomodissima vettura per un’altra ora.
< Quali sono gli ordini? > balbettò con il cervello completamente in tilt all’udire quella minaccia tangibilissima.
Il furetto non le badò e scese dalla macchina con passo sicuro.
I tre non si fecero pregare e scesero anch’essi dall’auto guardandosi attorno con tanto d’occhi. Il vento dispettoso gonfiò le loro giacchette riempiendole di umidità: il mare era a tre passi da loro e la brezza trascinava goccioline lungo il suo percorso.
Il porto iniziava esattamente da lì: un rocambolesco ammasso di casette che pian piano si allargavano occupando sempre maggior spazio e volume.
L’acqua, separata dalla terraferma da un piccolo ed antico muricciolo, era coperta da un merletto di schiuma che aveva catturato tra le sue bolle rametti, foglie e pezzi di plastica varia. Le strida acute dei gabbiani provenivano da ogni direzione, un paio roteavano di fronte  a loro tuffandosi di getto sulla superficie spumosa.
Nonostante non ci fosse freddo, Amy rabbrividì e infilò le mani nelle tasche finendo di contemplare quel posto datato.
Pierre portò le mani sui fianchi e sorrise feroce
< bene, questo è l’obiettivo di oggi: nulla di particolare. Ci addentreremo ed osserveremo la situazione qui attorno. Se notate qualcosa di sospetto avvisatemi e aspettate ordini. Forza > esclamò addentrandosi  nella piccola viuzza che affiancava il condominio.
Steve si accodò immediatamente dopo il capo. Svettando per una buona spanna sopra al furetto, l’orso non era minimamente preoccupato da quel posto un po’ tenebroso e sporco, anzi, ne sembrava persino ammaliato. Jack seguì il compagno senza battere ciglio, voltando di tanto in tanto la testa per contemplare i vecchi edifici.
La ragazza, diversamente dagli altri, era un tantino nervosa ma si affrettò a seguirli senza perdere tempo. Nonostante non esistesse un vero e proprio obiettivo si sentiva davvero messa alla prova: era l’unica chance che le si poneva di fronte per migliorare la sua condizione lavorativa. Se avessero visto o udito qualcosa, Barclay avrebbe potuto aprire un’indagine e nuovi incarichi, nuovi colleghi e, soprattutto, un nuovo capo, si sarebbero sommati a quelli già presenti per dirigerne i movimenti. Per questo, con le orecchie tese al massimo e cercando di non farsi sfuggire nemmeno il più piccolo dei movimenti, procedeva cautamente pregando di trovare qualcosa.

Man mano che avanzavano le case infittivano diventando sempre più alte. Al piano terra, le numerose botteghe che diversi anni fa dovevano aver animato quel posto erano state abbandonate: su alcune vi erano ancora infissi i vecchi cartelloni con scritto “affittasi” o “vendesi”. Le vie strette erano tutte egualmente coperte da uno strato di sudiciume. Nelle zone più umide muschi ed erbacce erano cresciuti rasenti ai muri e i vicoli ciechi si erano trasformati in immondezzai da cui si levava un odore disgustoso che serpeggiava in quell’intricato dedalo.
Disegni e scritte fatte con bombolette spray deturpavano gli edifici vuoti e malandati: finestre rotte, porte mancanti, crepe sui muri, tetti sfaldati erano caratteristiche più che comuni. Ma la cosa che più colpì Amy fu la totale mancanza di vita di quel posto. Non che si aspettasse di vedere il centro della città in quel tugurio, ma era sempre stata fermamente convinta che, anche in quell’angolo di mondo, qualcuno ci abitasse. Invece le case erano vuote, disabitate e spente. L’unico rumore che si poteva udire era il brusio delle onde del mare e il vento intrappolato in quel labirinto che faceva rimbalzare il suono da una parete all’altra. Insomma un autentico quartiere fantasma popolato da famiglie di gabbiani, piccioni e topi.

La piccola comitiva, capeggiata da Pierre, dopo minuti a girare a vuoto, si fermò sui gradini di una casa ormai sfasciata. Tutti e quattro, chi più che meno, avevano setacciato palmo per palmo ogni vicolo percorso cercando qualsiasi indizio che potesse indirizzarli verso qualcosa. Purtroppo però non avevano trovato assolutamente nulla e l’iniziale entusiasmo iniziava a scemare.
Il furetto, con sguardo perplesso, si grattò mestamente il mento cercando di orientarsi e, soprattutto, di farsi venire una brillante idea. Non era affatto così che se l’era immaginata quella specie di missione. Nella sua testa tutto si era risolto in modo più semplice e non aveva certo creato un piano b.
< Che facciamo? Di questo passo porteremo a casa solamente le testimonianze dei ratti > esclamò Steve portando la mano sul fianco grassoccio. < Uhmmmm > Pierre si guardò attorno pensieroso iniziando, solo in quel momento, ad escogitare qualcosa. Di fronte a lui le piccole stradicciole portavano in qualsiasi direzione, quale doveva imboccare per assicurarsi di trovar qualcosa?
La ragazza accaldata si agitò: un’idea gli era balenata in testa ancora duecento metri fa. Indecisa se renderli partecipi o meno, arrotolò un aculeo sull'indice. La probabilità che il furetto scoppiasse e l’aggredisse di parole era tangibilissima ma era vero anche che quell’idea era affidabile e dava qualche speranza di trovare prove concrete. Con un profondo sospiro Amy avanzò e cercò di catturare lo sguardo del capo.
< Io avrei un’idea > tentennò ancora indecisa. Un piccolo barlume di curiosità fece voltare i visi verso la sua direzione mettendola ancor più in agitazione. Pierre sollevò un sopracciglio e rimase in silenzio dandole il tempo di continuare.
< I-io ho pensato, credo che …, insomma: sappiamo che la donna ha chiamato in anonimo e perciò, come hai detto tu prima, ha contattato la polizia tramite una cabina telefonica. E di certo non mi stupirei di trovarne una qui da qualche parte: tutto è stato abbandonato. Se noi trovassimo la cabina utilizzata forse potremmo anche trovare qualche indizio. Le cabine sono segnate nelle vecchie mappature, cercando su internet una vecchia piantina potremo … > esclamò cercando di interpretare lo sguardo del suo capo. Diversamente da quello che si aspettava, Pierre incrociò le braccia e parve accogliere quell’idea
< sì Amy ma il problema rimane: anche con una cartina non saprei orientarmi, non conosco queste zone. Rischiamo di perdere solamente tempo prezioso. Cercare una cabina qui è come cercare un ago in un pagliaio > rispose asciutto. La rosa aprì la bocca per ribattere ma fu prontamente interrotta da Jack che la coprì con la sua vociona.
< cosa facciamo allora? Non so voi ma io mi sono completamente perso. Non riuscirei a tornare alla macchina > sbuffò guardando la strada dietro di sé.
Pierre, già nervoso, strinse le mascelle e imprecò per la mal destrezza del suo sottoposto, chiedendosi come avesse superato l’esame di ammissione. Cercando di mantenere il tono di voce basso e calmo, si rivolse ai suoi tre
< andremo avanti finché non troveremo qualcosa. Ci siamo appena addentrati e perciò è normale che ci sia tutta questa calma. Forza, procediamo >.
I suoi sottoposti, come cagnolini con la coda tra le gambe, si accodarono immediatamente dietro di lui e lo seguirono lanciando occhiate stanche di qua e di là. Uguale fece la ragazza innervosita dal fatto che nessuno in quella comitiva le riservasse un minimo di fiducia.
Non era mai riuscita ad entrare in sintonia  con Pierre: i diversi modi di vedere le cose, i valori in cui credevano e per cui lavoravano, atteggiamenti e molto altro avevano sempre minato qualsiasi rapporto tra di loro. Non era mai nata un’amicizia ed il legame lavorativo, ormai, era così logoro che quelle mancanze di rispetto erano diventate sempre più frequenti e scontate, tanto che Amy riusciva a farsele scivolare addosso senza troppi problemi a volte. Man mano che avanzarono, quel quartiere innocuo divenne interminabile, intricato e cupo: siringhe usate e cucchiai tappezzavano i posti più nascosti, topi, ratti e occhi si muovevano attraverso le imposte chiuse. Amy rabbrividì alla vista dell’immondizia accantonata agli angoli delle strade e ancor di più trovando una pistola semidistrutta accanto alla porta di un’abitazione. Passo dopo passo, di una cosa si assicurò: quel quartiere non era disabitato come credeva. Sussurri, movimenti, fruscii e la perenne sensazione di essere osservata l’avevano resa ancor più attenta e nervosa. Con ogni senso in allerta, camminava cercando di non far rumore, girando la testa ogni due per tre per assicurarsi che nessuno li seguisse. Sensazione che amplificò passo dopo passo, fino a diventare insopportabile.
Pierre fermò la comitiva dopo una decina di minuti. Un sospiro di rabbia fece sussultare il corpo color bronzo del furetto che digrignò i denti nervoso. < Basta! > sbraitò raddrizzando le spalle e la schiena
< quel Barclay può andarsene in cu … >  
< ce ne torniamo in centrale capo? > chiese speranzoso il toro interrompendo il generoso invito.
< Sì! Non ho intenzione di sprecare un minuto di più in questa pattumiera! > ringhiò il boss facendo un veloce dietrofront. Amy impallidì a quella risposta e si slanciò abbandonando il buonsenso
< ma non abbiamo ancora trovato niente Pierre! Non possiamo andarcene! > esclamò incredula per quella scelta. Pierre le lanciò un’occhiata infuocata aggrottando le sopracciglia ridotte a due linee oblique
< zitta e muoviti! Abbiamo un mucchio di lavoro da svolgere e non abbiamo tempo per queste cacce al tesoro! Se vorranno verranno personalmente! >  gridò accartocciando le mani a pugno.
Amy, sbalordita da quel tono e da quelle parole, non riuscì a rispondere per qualche secondo. Non riusciva a credere che il furetto si lasciasse scappare una situazione così ghiotta per le loro carriere. Non si trattava solo del suo futuro, ma era un’occasione che avrebbe cambiato le cose a tutti e quattro e prima di gettare la spugna era decisa di dare e fare il più possibile.
Stava quasi per rispondere a quell’ordine completamente insensato quando un eco di una risata le arrivò alle orecchie chiaro e definito.

Le parole gli morirono in bocca e quell’attacco verbale scese subito in secondo piano. Girando la testa verso la direzione di quel suono, che le pareva straordinariamente vicino, perse completamente la voglia di rispondere a Pierre, concentrando l’udito al secondo vicolo che si diramava dalla stradina che stavano seguendo.

Spazio autrice:
Ciao a tutti! In questo capitolo mi sono concentrata molto sul rapporto tra Amy e colleghi per chiarire le varie relazioni che intercorrono tra loro, mi serviranno in futuro perciò voglio che la situazione generale sia chiara. Spero di esserci riuscita! Segnalate qualsiasi tipo di errore. Grazie.
Baci.
Indaco
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Sonic / Vai alla pagina dell'autore: Indaco_